Vitamina K
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La vitamina K, o naftochinone, fa parte delle vitamine cosiddette liposolubili, vale a dire che si sciolgono nei grassi; vengono accumulate nel fegato e non devono essere assunte di continuo attraverso i cibi; il corpo la rilascia a piccole dosi quando il suo utilizzo diventa necessario.
Sono state descritte tre forme di vitamina K, tutte importanti per la coagulazione:
- vitamina K1 (fillochinone), è la forma naturale della vitamina assunta attraverso l’alimentazione. È presente principalmente negli ortaggi a foglia verde e partecipa attivamente al mantenimento del sistema di coagulazione sanguigna. Serve anche a evitare calcificazioni nelle arterie e permette alle ossa di trattenere il calcio e svilupparsi correttamente
- vitamina K2 (menachinone), viene prodotta all’interno dell’organismo (produzione endogena), a partire dalla forma K1, dai batteri normalmente presenti nell’intestino. Si trova anche negli alimenti fermentati come il formaggio, nelle uova e nel burro. Il natto, un cibo giapponese derivato dalla fermentazione dei fagioli di soia, rappresenta l’alimento più ricco in assoluto di questa vitamina. La vitamina K2 è quella che sembra apportare più benefici alla salute perché, rispetto alla vitamina K1, esercita un maggiore effetto protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari e degenerative del sistema nervoso. Inoltre, contribuisce a prevenire l’osteoporosi agendo in sinergia con altre vitamine liposolubili quali la vitamina A e la vitamina D
- vitamina K3 (menadione, liposolubile), di origine sintetica e inserita in farmaci cui è affidato il compito di regolare i processi di coagulazione del sangue.
Le diverse forme della vitamina K vengono assorbite in tratti differenti dell’intestino.
La vitamina K1 viene assorbita a livello dell’ileo con un meccanismo energia-dipendente mentre i menachinoni pare che vengano assorbiti nel colon. In entrambi i casi il corretto assorbimento dipende dalla normalità delle funzioni biliare e pancreatica e viene favorito dalla presenza di grassi. Successivamente la vitamina K viene inserita nei chilomicroni e da qui passata alle VLDL ed alle lipoproteine a bassa densità (LDL) da cui viene ceduta ai tessuti.
La vitamina K viene immagazzinata assai poco e per di più presenta un tempo di emivita di circa 17 ore, il che ne rende necessario un continuo apporto ottenuto dalla dieta e dai batteri sintetizzatori che si trovano nell’intestino (E. Coli).
La vitamina K2 e la K1 vengono sottoposte, poi, a β-ossidazione ed escrete con le urine come tali o coniugate con acido glucuronico. Il menadione viene eliminato con le urine agganciato ad un gruppo solfato, fosfato o glucuronide.
La vitamina K agisce come coenzima di una carbossilasi che determina carbossilazione di residui di acido glutammico per formare l’acido γ-carbossiglutammico (Gla). Ciò fa sì che possano venir rese attive alcune proteine:
- la protrombina ed i fattori VII, IX ed X della coagulazione del sangue,
- le proteine C, M, S, Z plasmatiche,
- l’osteocalcina e la proteina Gla della matrice a livello dell’osso.
In particolare, i due residui carbossilici che si trovano nel Gla, che in condizioni fisiologiche sono ionizzati, sono in grado di legare il Ca2+ o due molecole di Gla di una stessa proteina.
La forma attiva della vitamina K è l’idrochinone (KH2), ottenuto da una reazione di riduzione catalizzata da una riduttasi dipendente da NADPH e da gruppi sulfidrilici. Durante la reazione di carbossilazione per generare Gla, l’idrochinone viene trasformato in epossido, il quale, ad opera di una epossido riduttasi, viene riconvertito in vitamina K.
Alcuni farmaci anticoagulanti (come il warfarin) svolgono la loro azione andando ad inibire le reduttasi, bloccando la formazione di vitamina KH2 e determinando una diminuzione di alcuni fattori della coagulazione. Per contro nei casi in cui è prescritta una tale terapia il paziente che non abbia il desiderato valore del Tempo di protrombina deve assumere il meno possibile alimenti ricchi di vitamina K.
Attività e funzioni
La vitamina K ha un ruolo fondamentale nel processo di coagulazione del sangue, processo che serve a riparare le ferite e a evitare emorragie (perdite di sangue), e assicura la funzionalità delle proteine che formano e mantengono in forma le ossa.
Più specificamente, la vitamina K assicura il corretto funzionamento di un enzima che permette la sintesi di alcune proteine coinvolte nella coagulazione. La carenza di questa vitamina che può verificarsi, seppur raramente, in seguito a malattie che ne impediscono l’assorbimento intestinale, o a prolungati trattamenti con antibiotici, comporta quindi emorragie.
La vitamina K svolge un ruolo di primaria importanza per la salute dell’apparato cardiocircolatorio, poiché riduce anche il rischio di formazione di calcificazioni nei vasi sanguigni e di formazione della placca aterosclerotica (arteriosclerosi). Inoltre, mobilizzando il calcio dai vasi e dai tessuti molli verso le ossa contribuisce a mantenere la salute di queste ultime.
Fonti di vitamina K
La vitamina K si trova sia negli alimenti vegetali che in quelli animali ed in più viene sintetizzata dai batteri intestinali. Le più importanti fonti naturali di vitamina K1 sono le verdure a foglia verde: spinaci, cavoli,
broccoletti, lattuga, cime di rapa, ma anche altri alimenti di origine vegetale. Ad esempio, è presente nei legumi, negli oli vegetali, nella frutta (mirtilli, fragole, kiwi, fichi) e, in minor quantità, in alcuni alimenti di origine animale (carne, uova, fegato di maiale e di manzo). I prodotti fermentati quali i formaggi e lo yogurt intero, invece, contengono la vitamina K2, anche se in quantità inferiori. Tuttavia, mentre soltanto il 10% della vitamina K1 presente negli alimenti viene assorbito, la vitamina K2 derivante dal cibo è assorbita quasi completamente.
Indicazioni nutrizionali
Per evitare la carenza di vitamina K1, la raccomandazione è quella di assumere almeno duecento grammi di verdura ogni giorno. Inoltre, sarebbe auspicabile mangiare quotidianamente anche cibi fermentati (yogurt, formaggi), in modo da introdurre anche una certa quantità di vitamina K2. L’apporto di quest’ultima dovrebbe essere assicurato dalla sua produzione da parte dei batteri intestinali presenti all’interno dell’organismo (produzione endogena). Tuttavia, l’alterato equilibrio, spesso presente, tra le specie di batteri (disbiosi) ne può alterare la produzione rendendola insufficiente.
Il fabbisogno medio (o quantità minima indispensabile) di vitamina K non è stato definito (vitamine). Tuttavia, secondo i LARN (Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana) stilati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), le quantità di vitamina K corrispondenti a un’assunzione adeguata nelle diverse fasce di età, indipendentemente dal sesso, sono le seguenti:
LARN PER LE VITAMINE: ASSUNZIONE ADEGUATA PER LA POPOLAZIONE (su base giornaliera) |
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Vitamina K (microgrammi, μg) |
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LATTANTI | 6-12 mesi | 10 |
BAMBINI-ADOLESCENTI | ||
1-3 anni | 50 | |
4-6 anni | 65 | |
7-10 anni | 90 | |
11-14 anni | 130 | |
15-17 anni | 140 | |
ADULTI | ||
18-29 anni | 140 | |
30-59 anni | 140 | |
60-74 anni | 170 | |
≥75 anni | 140 | |
GRAVIDANZA | 140 | |
ALLATTAMENTO | 140 |
Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU). LARN – Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana: VITAMINE
Il fabbisogno giornaliero di vitamina K, o naftochinone, negli adulti è di circa 140 microgrammi al giorno, quantità che è soddisfatta da una dieta normale.
Carenza di vitamina K
Vista la diffusione della vitamina K nei cibi e la produzione batterica, è difficile avere quadri carenziali. Negli adulti si può avere carenza di tale vitamina a seguito a patologie da malassorbimento, alterazioni della bile, alcolismo, prolungate terapie a base di antibiotici e antiinfiammatori non steroidei che distruggono la flora batterica intestinale produttrice della vitamina K2.
I soggetti con trombosi venosa profonda e cardiopatici a rischio di tromboembolia sono routinariamente trattati con antagonisti della vitamina K (warfarin o dicumarolo) e seguono questa terapia per molti mesi, se non per diversi anni. Sono categorizzati come i più a rischio di sviluppare carenze serie di vit. K, a meno che non introducano periodicamente probiotici (es. lattobacilli) per implementare le funzioni sintetiche della flora batterica intestinale.
Particolarmente importante, invece, può essere la carenza nei neonati, fenomeno che si può verificare per vari motivi: la vitamina K passa poco attraverso la placenta (ovvero, ridotto trasferimento dalla madre al feto durante la gravidanza); basso contenuto nel latte materno; il fegato produce un inadeguato quantitativo di fattori della coagulazione e l’intestino, nei primi giorni di vita, è sterile.
La carenza si manifesta all’inizio con aumento del tempo di coagulazione e diminuzione della protrombina, poi con segni clinici che vanno dalle petecchie sino a grandi emorragie. Dato che la vitamina K partecipa attivamente alla fissazione del calcio nelle ossa attraverso le proteine Gla ed osteocalcina, in soggetti predisposti la sua carenza può addirittura causare fenomeni osteoporotici antecedenti a disordini coagulativi.
Questi eventi, che potrebbero verificarsi nella prima settimana di vita, vengono efficacemente prevenuti tramite la somministrazione di una dose unica (per via intramuscolare, più efficace) o dosi multiple (per via orale) di vitamina K subito dopo la nascita. Seguendo le ultime linee guida sul parto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la Società Italiana di Neonatologia (SIN) consiglia una somministrazione unica di 0.5-1 milligrammo (a seconda del peso) di vitamina K intramuscolo in tutti i neonati, compresi quelli nati prima del termine. In casi eccezionali i genitori possono scegliere la somministrazione orale.
La profilassi (prevenzione) alla nascita serve anche a ridurre il rischio di emorragia tardiva, che potrebbe verificarsi tra il primo e il terzo mese nei neonati allattati al seno, essendo il latte materno povero in vitamina K. Per questi ultimi, comunque, è consigliata la prosecuzione dell’integrazione con 25 microgrammi (mg) al giorno per via orale dal 15° giorno per 12 settimane. L’utilizzo di latte artificiale, già arricchito in vitamina K, non prevede, invece, alcuna integrazione.
I livelli di vitamina K, inoltre, possono essere bassi nei ragazzi e negli adulti con malattie croniche che riducono la capacità di assorbimento a livello intestinale, quali la colite ulcerosa, la fibrosi cistica o la celiachia, così come in seguito a prolungati trattamenti con antibiotici. Livelli molto bassi possono verificarsi anche nelle persone anziane con fibrillazione atriale o altri problemi cardiaci o che soffrono di trombosi venosa (formazione di coaguli nei vasi sanguigni) e seguono, pertanto, una terapia anticoagulante. I farmaci ad azione anticoagulante (ad esempio, warfarin), infatti, riducono la coagulazione del sangue bloccando proprio l’attività di questa vitamina. In questi casi è raccomandato il controllo regolare dei livelli di coagulazione.
Livelli estremamente bassi di vitamina K possono causare emorragie (perdite di sangue) e sanguinamenti di diversa importanza: sangue dal naso, sanguinamento dalle gengive, lividi, gravi emorragie cerebrali.
Una dieta bilanciata invece non porterà mai a una carenza di vitamina K.
Eccesso di vitamina K
L’eccesso di vitamina K, o naftochinone, negli adulti è molto raro e altrettanto rari sono i suoi effetti: vomito, anemia, trombosi, sudorazione eccessiva, vampate di calore, senso di oppressione al petto.
Un eccesso di vitamina K, o naftochinone, può essere riscontrato nei neonati nel caso in cui siano state somministrate dosi troppo alte di integratori vitaminici; tale situazione porta a sintomi tipici a quelli dell’itterizia.