Vitamina D
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La vitamina D è una vitamina liposolubile che fa parte di un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da 5 diverse vitamine: vitamina D1, D2, D3, D4 e D5. Le due forme più importanti dall’attività biologica molto simile sono la vitamina D2 o ergocalciferolo e la vitamina D3 o colecalciferolo. Questa viene principalmente sintetizzata dalla cute per effetto della luce solare sul 7-deidrocolesterolo e l’ergocalciferolo (vitamina D2) derivante dall’ergosterolo che si assume con l’alimentazione. Entrambe queste forme necessitano dell’attivazione da parte di rene e fegato in 25-idrossi-vitamina D, che rappresenta pertanto la forma attiva, capace di favorire l’assorbimento intestinale del calcio, l’eliminazione renale del fosforo e la liberazione del calcio dall’osso.
La quantità di vitamina D3 e di vitamina D2 dipende dalla esposizione alle radiazioni ultraviolette, dalla superficie cutanea esposta, dal suo spessore e pigmentazione e dalla durata della permanenza alla luce. Nei mesi estivi la sovrapproduzione di vitamina D ne consente l’accumulo nel fegato, da cui viene prelevata quando necessario, per cui non è necessario assumerla con regolarità attraverso i cibi.
La vitamina D è stata scoperta nel 1918 in seguito all’osservazione che l’olio di pesce e la luce solare avevano un effetto curativo sul rachitismo. Infatti la peculiarità di questa vitamina è che può essere introdotta come tale con l’alimentazione o può essere sintetizzata nell’organismo a livello della pelle quando questa è esposta ai raggi del sole (per tale motivo è anche detta “vitamina raggio di sole”). L’esposizione alla luce solare è tuttavia sufficiente a garantire un’adeguata quantità di vitamina D sintetizzata a livello della cute.
Attività e funzioni
La funzione principale e più nota della vitamina D è quella di favorire il processo di mineralizzazione dell’osso, aumentando l’assorbimento intestinale di fosforo e calcio, e diminuendo l’escrezione di calcio nell’urina.
La vitamina D prodotta nella pelle, o introdotta con la dieta e assorbita nell’intestino, passa nel sangue dove si lega a una proteina specifica che la trasporta ai diversi organi e tessuti. Nel fegato e nel rene la vitamina D viene trasformata prima in calcidiolo e poi in calcitriolo, la molecola dotata di attività biologica.
La quasi totalità delle cellule dell’organismo è in grado di legare la vitamina D attraverso una proteina presente all’interno della cellula, detta recettore della vitamina D, ed è pertanto sottoposta all’azione della sua forma biologicamente attiva (calcitriolo). Oltre alle azioni sul tessuto osseo, la vitamina D ne svolge numerose altre tra cui quella di favorire il buon funzionamento del sistema di difesa dell’organismo (sistema immunitario). In particolare, la vitamina D è importante per l’attivazione della prima linea di difesa contro alcuni microrganismi patogeni poiché aumenta la capacità delle cellule del sistema immunitario, preposte a questa funzione, di eliminare microrganismi. Inoltre la vitamina D ha la capacità di modulare la risposta infiammatoria controllando il grado di attivazione di molte cellule del sistema immunitario e la produzione di fattori che intervengono nell’infiammazione.
Fonti principali
Il 10-20 per cento del fabbisogno giornaliero di vitamina D proviene dall’alimentazione. Oltre ai cibi arricchiti a livello industriale, come molti cereali per la prima colazione, pochi alimenti ne contengono quantità apprezzabili; uno di questi è l’olio di fegato di merluzzo. Seguono, poi, i pesci grassi (come i salmoni e le aringhe); il fegato; il latte ed il burro e altri derivati del latte; le uova (tuorlo), le verdure verdi, taluni funghi.
Tutto il resto si forma nella pelle a partire da un grasso simile al colesterolo che viene trasformato per effetto dell’esposizione ai raggi UVB. Una volta prodotta nella cute o assorbita a livello intestinale, la vitamina D passa nel sangue. Qui una proteina specifica la trasporta fino al fegato e ai reni, dove viene attivata.
Attività biologiche:
- favorisce il processo di mineralizzazione dell’osso, aumentando l’assorbimento intestinale di fosforo e calcio, e diminuendo l’escrezione di calcio nell’urina;
- promuove una crescita e uno sviluppo regolare specie delle ossa e dei denti;
- attraverso il controllo del livello di calcio nelle cellule è in grado di influenzare la secrezione di diversi ormoni;
- svolge un’importante attività nel modulare il funzionamento del sistema immunitario. In particolare, la vitamina D è importante per l’attivazione della prima linea di difesa contro alcuni microrganismi patogeni poiché aumenta la capacità delle cellule del sistema immunitario, preposte a questa funzione, di eliminare microrganismi. Inoltre la vitamina D ha la capacità di modulare la risposta infiammatoria controllando il grado di attivazione di molte cellule del sistema immunitario e la produzione di fattori che intervengono nell’infiammazione.
Carenza di vitamina D
La vitamina D – si è detto – viene assorbita nell’intestino tenue in presenza della bile. Una volta assorbita, la vitamina D viene idrossilata, a livello epatico, per formare il calcifediolo (25-idrossicolecalciferolo), il più abbondante metabolita presente nel circolo ematico. Un’ulteriore ossidazione, a livello renale, comporta la formazione del calcitriolo (1,25-diidrossicolecalciferolo), il metabolita attivo della vitamina D, che favorisce il riassorbimento di calcio a livello renale, l’assorbimento intestinale di fosforo e calcio ed i processi di mineralizzazione dell’osso.
Pertanto, malattie a carico del fegato, del pancreas, dell’intestino e della colecisti possono determinarne una riduzione dell’assorbimento, come pure altri disturbi dell’assorbimento dei grassi e l’uso di farmaci antiepilettici.
Livelli ottimali di vitamina D nell’organismo
Per la valutazione della vitamina D si misurano i livelli del suo precursore calcidiolo [generalmente indicato con la sua formula chimica 25(OH)D] nel sangue; la sua concentrazione viene espressa in nanogrammi per millilitro (ng/ml) o in nanomoli per litro (nmol/L). Variazioni stagionali nei livelli di vitamina D nel sangue sono ben documentate, con valori più alti in estate e in autunno e più bassi in inverno e primavera. La zona geografica in cui si vive (latitudine), il colore della pelle, il sesso e il peso corporeo contribuiscono alla variabilità dei livelli di vitamina D nel sangue.
Non c’è un consenso unanime nella comunità scientifica e medica su quali siano i livelli ottimali di vitamina D e sulla definizione clinica di carenza. In un recente documento dell’Associazione Italiana degli Endocrinologi Clinici, si considerano sufficienti nella popolazione generale valori uguali o maggiori di 20 ng/ml (50 nmol/L), ma si raccomandano livelli uguali o superiori a 30 ng/mL (75 nmol/L) in presenza delle seguenti condizioni di rischio e/o malattie:
- osteomalacia
- osteoporosi
- età avanzata, con storia clinica di cadute o di fratture non traumatiche
- gravidanza e allattamento
- obesità
- stili di vita con ridotta o assente esposizione al sole
- sindrome da malassorbimento
- malattie renali croniche
- insufficienza epatica
- fibrosi cistica
- iperparatiroidismo
- assunzione di farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D, antiepilettici, glucocorticoidi, farmaci per l’AIDS, antimicotici, colestiramina
In una recente nota dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco, 2019) vengono indicati come valori desiderabili di 25(OH)D nella popolazione adulta valori compresi tra 20 e 40 ng/mL. Valori indicativi di “carenza” di vitamina D sono individuati, invece, per valori di 25(OH)D inferiori a 20 ng/mL.
C’è un generale consenso nelle linee guida nazionali e internazionali nel consigliare l’assunzione di vitamina D (supplementazione) solamente nei primi 12 mesi di vita, al dosaggio di 10 microgrammi (400 unità internazionali o UI) al giorno. Nella popolazione adulta, la succitata nota AIFA chiarisce che è giustificato l’inizio della supplementazione di vitamina D, per valori di 25(OH)D < 20 ng/mL, cioè in presenza di carenza accertata di vitamina D, e in categorie a rischio come persone istituzionalizzate (persone in strutture riabilitative, ricoveri assistiti) donne in gravidanza o in allattamento e persone affette da osteoporosi.
Si raccomanda, in ogni caso, di rivolgersi al proprio medico per verificare se sia necessario sottoporsi al controllo dei livelli di 25(OH)D nel sangue e/o assumere vitamina D. La scelta del farmaco da usare, i dosaggi e le modalità di somministrazione dovranno essere prescritti dal medico curante.
Fabbisogno giornaliero
L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA, dal nome inglese European Food Security Agency) ha recentemente aggiornato i valori dietetici di riferimento (DVR) per la vitamina D ed indicato come fabbisogno giornaliero di vitamina D:
- 10 microgrammi al giorno (400 unità internazionali o UI), per bambini fino a tra 7 e 12 mesi di età.
- 15 microgrammi al giorno (600 unità internazionali o UI), per gli adulti
Le donne durante la gravidanza e l’allattamento necessitano di dosi maggiori. Un vantaggio dell’adeguata disponibilità di vitamina D si manifesta soltanto dopo aver soddisfatto il fabbisogno di calcio e di fosforo.
Data la peculiarità della vitamina D che può essere efficacemente sintetizzata dall’organismo in seguito all’esposizione al sole, si precisa però che questi valori sono stati calcolati assumendo una produzione attraverso la pelle minima o assente. La necessità di introdurre vitamina D con la dieta può essere minore o addirittura nulla in presenza di produzione cutanea della vitamina D (ossia di adeguata esposizione al sole).
Si ribadisce il concetto che la vitamina D deve essere dunque somministrata soltanto quando si manifestano particolari sintomi o forti carenze. Inoltre l’acquisto di farmaci che la contengono richiede la prescrizione di un medico, perché gli eccessi possono essere tossici. L’AIFA afferma che l’integrazione di vitamina D è consigliata con valori inferiori a 12 ng/mL (30 nmol/L). Al di sopra di questi livelli è raccomandata la sua somministrazione solo in caso di specifiche patologie, come l’osteoporosi. Per chi non soffre di particolari disturbi è sufficiente trascorrere più tempo all’aria aperta, senza dover monitorare i propri livelli di vitamina D con frequenti esami del sangue.
L’AIFA ha inoltre specificato le situazioni in un cui il medico può consigliare di assumere la vitamina D e i casi in cui non è opportuno.
Per soggetti in terapia con antiepilettici, glucocorticoidi e altri farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D o in adulti affetti da malattie che causano malassorbimento, come il morbo di Chron o la fibrosi cistica, la vitamina D dovrà essere assunta se i valori sono inferiori a 20 ng/mL (o 50 nmol/L).
Invece quando si soffre di osteoporosi o iperparatiroidismo bisognerà integrarla quando i livelli sono al di sotto di 30 ng/mL (o 75 nmol/L).
Integratori
Sono presenti sul mercato diversi integratori alimentari contenenti quantità variabili di vitamina D, da sola o insieme ad altre vitamine e sali minerali. È importante sottolineare che questi integratori non devono mai essere considerati come sostituti di una dieta varia ed equilibrata né di uno stile di vita sano (leggi la Bufala). Gli integratori alimentari di vitamina D, inoltre, (come tutti gli integratori alimentari) non hanno proprietà curative (terapeutiche) né capacità di prevenzione e cura di malattie, al contrario dei farmaci contenenti vitamina D che devono essere assunti solo su prescrizione medica.
Effetti indesiderati
Assunta in dosi appropriate, la vitamina D è generalmente considerata priva di effetti dannosi. Tuttavia, assumerne dosi eccessive può causare ipervitaminosi D con evidenti manifestazioni cliniche quali: confusione, apatia, vomito ripetuto, dolori addominali, poliuria, anormale produzione o escrezione di urina, polidipsia, aumento del senso di sete, disidratazione, ipercalcemia, accumulo di calcio nel sangue.
Se l’ipervitaminosi si protrae nel tempo, può causare depositi di calcio nel rene e nel cuore con conseguenze anche gravi sul funzionamento di questi organi.
Livelli di calcidiolo nel sangue superiori a 150 ng/ml (375 nmol/L) indicano una ipervitaminosi o intossicazione da vitamina D. Negli individui sani, l’ipervitaminosi D si verifica come conseguenza dell’assunzione di dosaggi eccessivi di vitamina D, mentre non esistono casi di intossicazione da vitamina D conseguenti all’eccessiva esposizione al sole o all’eccessiva assunzione di alimenti che contengono vitamina D.
L’ipervitaminosi D può anche essere conseguente ad alcune malattie:
- malattie granulomatose
- alcuni linfomi
- ipercalcemia infantile idiopatica
- sindrome di Williams-Beuren
La vitamina D può alterare l’efficacia o favorire la comparsa di effetti indesiderati (effetti collaterali) di alcuni farmaci di uso comune quali:
- farmaci per il cuore, nelle persone sottoposte a terapia con farmaci che contengono digitale, la contemporanea assunzione di vitamina D potrebbe aumentare il rischio di ipercalcemia e relativi effetti sul ritmo cardiaco
- farmaci per la pressione, se si assume vitamina D l’efficacia dei farmaci a base di diltiazem o di verapamil può essere ridotta
- diuretici, alcune classi di questi farmaci (i diuretici a base di tiazide) usati per abbassare la pressione del sangue potrebbero ridurre l’eliminazione di calcio urinario. Ciò, se si sta assumendo vitamina D, potrebbe portare ad ipercalcemia
- farmaci per la psoriasi, la combinazione di vitamina D con calcipotriene (esso stesso un analogo della vitamina D), potrebbe aumentare il rischio di sovradosaggio di vitamina D e causare eccesso di calcio nel sangue (ipercalcemia)
Alcuni farmaci possono invece interferire con la sintesi o con l’assorbimento della vitamina D, ad esempio:
- farmaci antiepilettici e anticonvulsivi, alcuni di questi farmaci (fenobarbital e fenitoina) possono aumentare la degradazione della vitamina D e ridurre l’assorbimento del calcio
- farmaci per la perdita di peso, l’assunzione di colestiramina o lipstatina per la perdita di peso può ridurre l’assorbimento di vitamina D
- farmaci per abbassare il colesterolo, l’assunzione di alcune statine (es. atorvastina, lovostatina e simvastatina) può influenzare il metabolismo della vitamina D e dunque alterare i livelli di calcidiolo nel sangue
- steroidi, l’assunzione di prednisone può ridurre l’assorbimento di calcio e influenzare il metabolismo della vitamina D
- lassativi, l’uso a lungo termine di alte dosi di lassativi può ridurre l’assorbimento di vitamina D e del calcio
Interazioni
L’assunzione concomitante di vitamina D ed antiacidi a base di alluminio dovrebbe essere evitata, in particolar modo nei pazienti con insufficienza renale. Il colecalciferolo infatti può favorire l’assorbimento dell’alluminio, il quale può a sua volta causare effetti tossici acuti caratterizzati da alterazioni della personalità, convulsioni e coma. I pazienti in cui l’associazione non può essere evitata dovrebbero essere attentamente monitorati nei confronti di tali effetti.
I seguenti farmaci possono ridurre l’assorbimento sistemico della vitamina D causando effetti avversi correlati a deficienze vitaminiche inclusi ipocalcemia e iperparatiroidismo secondario: colestiramina, colestipol, cimetidina, oli minerali, orlistat.
La combinazione di calcio, vitamina D e diuretici tiazidici può portare ad un eccessivo incremento dei livelli plasmatici di calcio.
L’uso di supplementi a base di calcio e vitamina D può ridurre l’efficacia dei calcio antagonisti.
I pazienti in terapia con diuretici o calcio antagonisti dovrebbero consultare il proprio medico prima di iniziare un trattamento con vitamina D e/o supplementi di calcio.