Il Vino

Vini dealcolizzati

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I vini dealcolizzati o dealcolati o vini NOLO, dall’inglese no/lo(w) alcohol, sono vini che, attraverso un processo tecnologico avanzato, hanno una percentuale ridotta di alcol rispetto ai loro equivalenti tradizionali. Questo permette di apprezzare i sapori, gli aromi e le sfumature delle uve, mantenendo una bevanda leggera e delicata. I vini dealcolizzati rappresentano una scelta ideale per

  • le occasioni in cui si desidera godere appieno di una bottiglia di vino senza gli effetti dell’alcol
  • per quanti non possono bere alcol per motivi culturali, di salute o per altre necessità che riguardano il regime alimentare
  • per ampliare la platea dei fruitori e rendere il vino una bevanda più inclusiva e regalare a chiunque il piacere di un buon bicchiere

La possibilità di dealcolizzazione, ovvero la rimozione di alcol dopo la fermentazione alcolica, ad oggi era riservata ad annate particolarmente calde, in cui gli zuccheri si concentrano più del necessario, dando vita a vini eccessivamente alcolici rispetto alle annate standard, o ai gusti del mercato. Oggi invece si chiede di eliminare l’alcol per creare due nuovi prodotti:

  • vini analcolici, in cui l’alcol sia massimo lo 0,5%;
  • vini a ridotto contenuto di alcol, che coprono la fascia tra lo 0,5% e il 9%.

Non ci sono ancora normative approvate, ma l’Unione Europea ci sta lavorando da tempo: già nel 2018 è stata presentata una proposta, poi rifinita ad aprile 2021, di modifica al Reg. n. 1308/2013 per definire le pratiche enologiche ammesse per vini dealcolizzati. La proposta prevede, tra le altre indicazioni, che questi prodotti rientrino a pieno titolo nei “vini”, tema piuttosto controverso che ha portato a prese di posizione contrapposte nel settore: c’è chi non vede niente di male in questo, e chi vorrebbe che si usassero nomi come “bevande a base di vino”.

Una nota importante è che solo i vini parzialmente dealcolizzati potranno rientrare tra le produzioni a indicazione geografica o denominazione protetta, come gli IGT o le DOC/DOCG.

In realtà, il vino “zero alcol” si inserisce nel trend più ampio delle bevande NOLO, che include anche birra e spiriti, e più in generale nel settore dei prodotti healthy, che negli ultimi anni sta conquistando fette di mercato. Ad esempio, nel 2021, anno di svolta dopo le incertezze del 2020, un’analisi sulle vendite di prodotti salutari mostra come la vendita di vini analcolici sia cresciuta del 27% rispetto all’anno precedente.

Dalla birra “zero”, che ha già conquistato una grossa fetta di mercato, al Gin Tonic analcolico, il mercato delle bevande NOLO, seppur piccolo, muove già cifre impressionanti: più di 3 miliardi di dollari nei soli USA nel 2021! Come possiamo spiegare un simile successo? In parte, è dovuto ai cambiamenti delle abitudini dei consumatori durante e post-pandemia. Sono venute meno le occasioni di uscita e di socializzazione, e ci si è abituati naturalmente a consumare meno alcol, oltre a propendere per uno stile di vita più regolare e salutare.

Ma non solo. Iniziative come il Dry January, ovvero l’astenersi dall’alcol nel mese di gennaio dopo gli eccessi delle feste, dimostrano questa spinta alla moderazione: una ricerca di Morning Consult sembra attestare che il 19% degli adulti ha partecipato a questa astensione nel 2022, a fronte del 13% nel 2021; una moda in forte aumento, trainata dai Millennials.

Un’altra spinta verso le NOLO arriva dai giovani, la cosiddetta Gen Z: i ventenni di oggi sono più attenti alla salute e ai problemi legati all’alcol, e consumano meno vino rispetto ai Millennials o ai Baby Boomers (in usa il 50% dei consumatori di vino ha più di 55 anni). In particolare, la Gen Z beve mocktail (cocktail senza alcol), birre, soft drink, e altri alcolici a bassa gradazione. Nel vino, preferiscono i vini sostenibili, biodinamici o naturali: una delle sfide dei vini NOLO è proprio la conquista di questa fascia di pubblico, che finora, tra le bevande a bassa gradazione, sta lasciando indietro proprio il vino, forse perché viene visto come più vecchio e meno “easy” rispetto ai cocktail.

Da non sottovalutare poi la componente religiosa: il mondo arabo, storicamente un mercato analcolico, sta vedendo crescere la richiesta di drink da aperitivo o da fine dining ad alcol zero, di ispirazione occidentale. Famose sono ad esempio le bottiglie simil-champagne riempite di succo di frutta frizzante con cui si brinda a tavola in Arabia Saudita: perché dunque non sostituirle con un vero Champagne, ad alcol zero? Proprio l’Arabia Saudita, secondo uno studio di IWSR, è il quinto Paese al mondo per consumo di birra analcolica: sarà pronta anche per il vino analcolico?

È ancora presto per dire se i vini analcolici saranno una parte importante del settore in futuro: sicuramente non sono più trascurabili, e come sempre noi osserviamo da vicino anche questo trend per vedere come si evolverà.

Cosa dice la legge?

Vini a minore contenuto alcolico sono sempre esistiti: basta interrompere la fermentazione prima che sia conclusa, per avere un prodotto con un residuo zuccherino importante e un minore sviluppo alcolico. È il principio con cui si ottengono anche i vini passiti, come il Vin Santo.

In questo caso, però, lo scopo è ricreare un vino il più possibile simile alla sua versione alcolica, mantenendo aromi e gusto dell’originale. Per questo il mosto deve essere comunque fermentato: senza fermentazione, infatti, otterremo niente più che un succo d’uva. Come definire, quindi, un vino a basso o zero contenuto alcolico? Con leggere differenze tra i vari Stati membri, in media l’alcol minimo in un vino (con eccezioni come i passiti o i vini speciali) in UE è attorno al 9%.

Come ottenerli

Come per un vino a gradazione regolare, l’uva viene sottoposta a fermentazione alcolica, al termine della quale l’alcol viene rimosso totalmente o parzialmente.

Il processo di dealcolizzazione di un vino consiste nel sottrarre una parte o la quasi totalità dell’etanolo contenuto nei vini, secondo la definizione adottata dall’Oiv, l’Organizzazione internazionale della vite e del vino (Oeno 394A-2012), sulla quale si è basata la nuova Politica agricola comune post 2020 che li ha autorizzati nel 2021. Lo scopo è ottenere prodotti di origine vitivinicola a ridotto o basso contenuto alcolico. Il tema è stato al centro delle discussioni politiche del Vinitaly 2024 con critiche al governo e al ministro Francesco Lollobrigida da parte sia di Federvini sia di Unione italiana vini per l’assenza di una legislazione in materia, su una categoria merceologica che per molti rappresenta una ghiotta opportunità per l’industria nazionale.

Per ottenere un prodotto vitivinicolo dealcolizzato sono tre le tecniche di separazione (recepite dal regolamento Ue 2021/2117), che possono essere usate sia singolarmente sia in modo combinato:

  1. la distillazione,
  2. le tecniche di membrana (osmosi inversa)
  3. l’evaporazione sotto vuoto.

Possono essere utilizzate da sole o combinate.

La distillazione

Il processo di distillazione avviene in due fasi. Il vino viene condotto in una colonna di distillazione a una temperatura di 30 gradi, che consente una delicata estrazione dei composti altamente volatili. Il processo viene, quindi, ripetuto per la rimozione della componente alcolica. Il limite di questa tecnica è che diversi composti aromatici evaporano con l’alcol.

Il limite del tenore alcolico che discrimina «dealcolizzato» e «parzialmente dealcolizzato» è quello accettato dall’Oiv nel 2012, pari a un volume alcolometrico dello 0,5%. Può definirsi dealcolato un vino che ha subito una riduzione del titolo alcolometrico iniziale superiore al 20 per cento. I termini «dealcolizzato» (fino a 0,5%) o «parzialmente dealcolizzato» (sopra 0,5% ed entro la gradazione minima prevista dalla specifica categoria di vino sottoposto a dealcolizzazione) sono consentiti per il vino, per il vino spumante e per il vino frizzante gassificato. Sono esclusi i liquorosi, i vini da uve appassite o stramature, gli spumanti gassificati. La dealcolizzazione totale, come ricorda la stessa Oiv, è limitata ai prodotti senza denominazione di origine o indicazione geografica. Mentre la dealcolizzazione parziale è consentita per tutti i vini, i vini spumanti e i vini frizzanti gassificati.

Le tecniche di membrana (osmosi inversa)

Questa tecnica, più famosa per la purificazione dell’acqua, è usata in enologia sia per eliminare acqua (quindi ottenendo l’effetto inverso di aumentare il grado alcolico del vino), che l’alcol.

Nel secondo caso, il vino è sottoposto ad alte pressioni, e viene fatto passare attraverso una membrana, che sfrutta la diversa permeabilità dei vari componenti del vino stesso: in questo modo si rimuove una parte di liquido che contiene alcol e acqua. Quest’ultima viene a sua volta separata dall’alcol in un passaggio successivo, e poi reimmessa nella parte di vino dealcolificato. Si tratta di una metodologia molto efficace, che permette il passaggio selettivo solo dei componenti voluti, e consente una perdita di aromi molto contenuta.

Si tratta quindi di una filtrazione a pressioni elevate, tramite membrane estremamente sottili pari a un milionesimo di millimetro (nanofiltrazione), con cui vengono estratti i composti aromatici e i composti fenolici. L’operazione viene fatta prima della rimozione dell’alcol dal vino attraverso la distillazione. Le quantità d’acqua che si ottengono tramite questa tecnica (permeato) vengono aggiunte di nuovo al vino per abbassare la gradazione alcolica complessiva. Questo passaggio, erroneamente interpretato, aveva sollevato a metà 2021, in fase di discussione della Pac, un vespaio di polemiche con la Coldiretti che aveva parlato di «vino annacquato». Il limite è che l’etanolo che viene estratto dal vino non può essere riutilizzato perché eccessivamente diluito in acqua.

L’evaporazione sotto vuoto

Questa tecnica, più famosa per la purificazione dell’acqua, è usata in enologia sia per eliminare acqua (quindi ottenendo l’effetto inverso di aumentare il grado alcolico del vino), che l’alcol.

Detta anche distillazione in colonna, questa tecnica si avvale di una colonna sottovuoto all’interno della quale si trovano una serie di coni rotanti alternati a coni fissi. La distillazione avviene in due passaggi: nel primo, in cui non si superano i 28 gradi, lo scopo è solo raccogliere gli aromi, mentre il secondo, che raggiunge fino a 50 gradi, consente la vera e propria evaporazione dell’alcol.

L’alcol etilico ha una temperatura di evaporazione di circa 78° C, più bassa dell’acqua (100° C). In condizioni di sottovuoto, che abbassano la temperatura di evaporazione, a circa 20° C si riesce a eliminare l’alcol senza rimuovere l’acqua. Solo una parte del vino viene completamente dealcolizzata per ridurre al minimo la perdita complessiva di aromi.

Il vino viene innanzitutto inserito dall’alto all’interno della colonna e man mano scorre verso il basso, creando un film sottile, mentre i coni rotanti sono in movimento. Questo causa l’evaporazione degli aromi, che vengono raccolti e conservati separatamente, mentre il liquido scorre verso il basso, raccogliendosi nei coni fissi. Il vino privato degli aromi viene raccolto e reimmesso nella colonna per il secondo passaggio, in cui si ripete il processo già descritto, innalzando la temperatura: in questo modo è l’alcol a evaporare, e sui coni fissi rimane dunque il vino privato della componente alcolica.

Al termine del processo, il vino dealcolizzato, gli aromi, ed eventualmente anche parti di vino non distillato, vengono ricombinate insieme per ottenere un vino a bassa o nulla gradazione alcolica. Questo metodo consente una minima perdita di aromi, garantendo una buona qualità del prodotto finale.

L’eliminazione dell’alcol dal vino possono comportare comunque dai cambiamenti importanti al prodotto. Prima di tutto c’è una perdita di volume. In genere in un vino l’alcol rappresenta il 12-13% del volume; andare a toglierlo comporta una riduzione almeno pari di volume, ma spesso anche maggiore perché insieme all’alcol viene rimossa dal vino anche una quantità più o meno piccola di acqua. Quindi da 100 litri di vino a gradazione alcolica del 12%, si otterranno non più di 88 litri di vino dealcolato. Una perdita in volume che potrebbe essere compensata con l’aggiunta di acqua, cosa a cui l’Italia però si è detta fermamente contraria e su cui anche la Commissione Europea sembra d’accordo.

La riduzione o la quasi totale eliminazione dell’alcol poi può cambiare alcune caratteristiche organolettiche del vino, in particolare quelle legate al corpo e agli aspetti olfattivi e aromatici.

Infine, dal momento che l’alcol è di per sé un conservante, la sua riduzione comporta una minore stabilità microbica del vino, quindi l’uso dei solfiti rimane fondamentale, a meno che non si voglia ricorrere ad una pastorizzazione.

Le tipologie di vini senza alcol

Riguardo le tipologie di vini, si possono produrre vini dealcolati bianchi, rossi e rosati, fermi o spumanti, spumanti di qualità, spumanti di qualità aromatici, vini frizzanti e vini frizzanti gassificati.

Non possono essere prodotti invece vini dealcolati liquorosi (anche perché sarebbe un controsenso), vini dealcolati da uve passite o stramature e spumanti gassificati.

È possibile anche indicare la varietà e l’annata, facendo riferimento al vino base di partenza.

In teoria si possono produrre anche vini Doc e Igt dealcolati, ma per farlo è necessario che il disciplinare di produzione della Doc o dell’Igt lo preveda espressamente.

Per tutti i vini con un grado alcolico inferiore al 10% è necessario indicare in etichetta la data di consumo preferenziale, cioè la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”.

Per quanto riguarda il nome, per l’Unione europea un vino dealcolato si può chiamare vino. Anche perché è un vino a tutti gli effetti: non è infatti un succo di frutta o un surrogato. Non è un succo di frutta perché il processo fermentativo (o i processi fermentativi nel caso il vino abbia fatto anche fermentazione malolattica) c’è stato, e quindi non è un succo di uva. Non è un surrogato perché è un vino, prodotto da un vino di base da cui è stato tolto l’alcol.

Voluto dal mercato, il vino senza alcol va visto come una nuova opportunità per la nostra viticoltura, insieme e accanto a quello tradizionale.

Redazione amaperbene.it

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