Un consumo leggero e moderato di vino è associato a un minor rischio di complicazioni cardiovascolari
Pillole di conoscenza
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Un consumo leggero e moderato di vino è associato a un minor rischio di complicazioni cardiovascolari, secondo uno studio multicentrico condotto da ricercatori dell’Università di Barcellona, dell’Hospital Clínic e dell’August Pi i Sunyer Biomedical Research Institute (IDIBAPS), del Physiopathology of Obesity and Nutrition Networking Biomedical Research Centre (CIBEROBN) e dell’Università di Navarra (UNAV). Lo studio, pubblicato sull’European Heart Journal, si basa sull’analisi di un biomarcatore dell’assunzione di vino, in particolare l’acido tartarico, presente nell’uva. È stato condotto su 1.232 partecipanti al progetto PREDIMED, un importante studio epidemiologico scientifico in nutrizione sugli effetti della dieta mediterranea sulla salute cardiovascolare.
Secondo i ricercatori, “non c’è dubbio che un consumo eccessivo di alcol abbia gravi conseguenze sulla salute. Tuttavia, gli effetti di un consumo moderato e responsabile di vino sono ancora oggetto di dibattito nella comunità scientifica. I risultati di questo studio e di altri dovrebbero aiutare a collocare il consumo moderato di vino al suo giusto posto come elemento della dieta mediterranea, considerata la più sana al mondo”.
Oggigiorno, c’è molta controversia sugli effetti sulla salute del consumo moderato di bevande alcoliche in generale e di vino in particolare. Ramon Estruch sottolinea che “parte di questo dibattito è dovuto a risultati contrastanti di studi che hanno indicato un effetto protettivo del vino, mentre altri non hanno riscontrato alcun effetto del genere”. Queste differenze potrebbero essere spiegate da possibili errori nei registri del consumo di vino. “Gli studi epidemiologici che valutano il ruolo del vino nel tasso di eventi cardiovascolari si basano spesso su informazioni auto-riportate sul consumo di vino. Si tratta di dati affidabili, ma soggetti a errori di misurazione dovuti a ricordi imprecisi o percezioni distorte sulla desiderabilità sociale del consumo di bevande alcoliche”, spiega. In risposta a questo problema, i ricercatori di questo studio hanno misurato il consumo di vino mediante indagini sulla frequenza di assunzione di cibo, che hanno confermato con un biomarcatore oggettivo: la concentrazione riscontrata nelle urine di acido tartarico, una molecola prodotta principalmente nell’uva e raramente sintetizzata da altre specie vegetali.
Sebbene il consumo eccessivo di alcol abbia gravi conseguenze sulla salute, un nuovo studio multicentrico fornisce nuove prove del fatto che bere da mezzo bicchiere di vino a un bicchiere pieno di vino al giorno potrebbe aiutare a ridurre il rischio di problemi cardiaci.
Una riduzione dal 38% al 50%
Utilizzando questa metodologia, lo studio ha analizzato il consumo di vino e gli esiti cardiovascolari in una coorte di pazienti PREDIMED. In totale, sono stati valutati 1.232 partecipanti, di cui 685 che hanno avuto un evento cardiovascolare (morte cardiovascolare, infarto miocardico, ictus o insufficienza cardiaca) e 625 che sono stati selezionati in modo casuale.
L’analisi dei dati mostra che un consumo leggero di vino (tra un bicchiere a settimana e meno di mezzo bicchiere al giorno) riduce il rischio di avere una complicazione cardiovascolare del 38%, ma questa riduzione raggiunge il 50% quando il consumo è moderato (tra mezzo bicchiere e un bicchiere al giorno). Tuttavia, quando il consumo supera un drink al giorno, l’effetto protettivo scompare. I ricercatori avvertono anche che “quando parliamo di consumo moderato di vino, è sempre durante i pasti, mai tra i pasti”.
Ulteriori studi per confermare i risultati
Nonostante queste conclusioni, Inés Domínguez sottolinea che “il disegno osservazionale dello studio limita la capacità di stabilire la causalità”, e gli esperti sottolineano che sono necessarie ulteriori ricerche: “I risultati degli studi di coorte dovrebbero sempre essere confermati per una maggiore certezza”. A questo proposito, indicano due possibili vie d’azione. La prima implicherebbe la progettazione di studi di intervento nutrizionale randomizzati, assegnando casualmente i partecipanti a gruppi con diverso consumo di vino. “Si tratta di studi molto costosi da condurre. Ce n’è uno in corso ora, ma i risultati richiederanno ancora quattro o cinque anni”, aggiungono. La seconda sarebbe quella di studiare i meccanismi di questi effetti protettivi del vino sul sistema cardiovascolare, come la ricerca sul potere antinfiammatorio dei polifenoli del vino, come il resveratrolo e altri composti fenolici. “Conoscere i meccanismi conferisce molta plausibilità ai risultati degli studi epidemiologici di coorte”, concludono.
Inés Domínguez-López, Rosa M Lamuela-Raventós, Cristina Razquin, Camila Arancibia-Riveros, Polina Galkina, Jordi Salas-Salvadó, Ángel M Alonso-Gómez, Montserrat Fitó, Miquel Fiol, José Lapetra, Enrique Gómez-Gracia, José V Sorlí, Miguel Ruiz-Canela, Olga Castañer, Liming Liang, Lluis Serra-Majem, Frank B Hu, Emilio Ros, Miguel Ángel Martínez-González, Ramon Estruch, Urinary tartaric acid as a biomarker of wine consumption and cardiovascular risk: the PREDIMED trial, European Heart Journal, 2024; ehae804