Storica sentenza della Corte di Giustizia UE: fatta chiarezza sul cosiddetto meat sounding
Pillole di conoscenza
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Lollobrigida flop: si potranno chiamare hamburger, bistecca o salsiccia i prodotti a base vegetale. La decisione della Corte Ue” così titola un articolo apparso su il Fatto Quotidiano.
La Corte di Giustizia UE ha infatti stabilito che – ad eccezione di motivi del tutto particolari in cui un Paese abbia già adottato una denominazione legale per un determinato alimento a base di proteine vegetali (e quindi non vi siano denominazioni specifiche protette per legge, ndr) – “uno Stato membro non può vietare l’uso di termini tradizionalmente associati a prodotti di origine animale per designare un prodotto contenente proteine vegetali”. Per i giudici europei i prodotti vegetariani possono invece essere commercializzati e pubblicizzati in Unione europea utilizzando anche i termini tradizionalmente associati alla carne. Si può scrivere ‘bistecca’, ‘salsiccia’, ‘scaloppina’ e ‘hamburger’, a patto che gli ingredienti siano indicati in modo chiaro sulla confezione.
La Corte di Giustizia Ue ha così accolto il ricorso di quattro associazioni francesi contro un decreto di Parigi, che vietava l’uso di denominazioni come ‘bistecca’ o ‘salsiccia’ per prodotti contenenti proteine vegetali, anche in caso fossero inserite indicazioni aggiuntive come ‘vegetale’ o ‘soia’ per spiegare al consumatore di cosa fosse effettivamente fatto il prodotto. La decisione avrà certamente impatto in Italia, dove il divieto di meat sounding adottato attraverso la controversa legge che blocca la produzione e la commercializzazione della carne coltivata nel Paese è quindi contrario al diritto europeo (v. in particolare il contenuto dell’articolo 3.
Il pasticcio che andava previsto (ed evitato) – poteva accadere ed è accaduto. Da più parti, d’altro canto, è stato fatto notare al governo Meloni che la legge era stata approvata in violazione della procedura europea TRIS e che la vicenda rischiava di trasformarsi nell’ennesimo pasticcio. Già nel 2020, il Parlamento europeo aveva respinto la proposta di vietare alle aziende di utilizzare termini come ‘hamburger’ e ‘bistecca’ per i prodotti a base vegetale. E la Lega tuonò: “Il Parlamento europeo non blocca la ‘carne senza carne’ e così facendo danneggia il Made in Italy e i consumatori. Sul mercato potranno rimanere finti hamburger senza che sia segnalata con chiarezza la totale assenza di carne”. In realtà, però, è sempre stata una priorità quella di garantire una corretta e trasparente informazione ai consumatori sugli effettivi ingredienti dei prodotti acquistati al supermercato. Per il ministro Matteo Salvini l’Ue si mostrava “sempre più paladina del fake-food. Non bastava il vino senza uva e il formaggio senza latte. Ora anche la carne senza carne”.
Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che voleva seguire la legge francese (ora bocciata) deve prenderne atto e farsene una ragione.
Si tratta di un settore in forte crescita che mette in commercio prodotti, utilizzando termini ormai sdoganati, come polpette di ceci o burger di pesce. Secondo gli ultimi dati Circana (settembre 2024), il mercato al dettaglio dei prodotti plant-based in Italia vale oltre 640 milioni di euro ed è cresciuto del 16% tra il 2021 e il 2023. Ora, alla luce della decisione della Corte Europea, il governo italiano deve tempestivamente rispettare l’impegno preso con il settore plant-based a rivalutare la norma e abolire il divieto di meat sounding.