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Stato di contaminazione delle acque in Italia

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Il Rapporto nazionale pesticidi nelle acque – Dati 2019-2020 (ed. 2022), realizzato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) insieme alle 21 Agenzie Regionali (ARPA) e Provinciali (APPA) per la protezione dell’ambiente –  ha lo scopo di esaminare lo stato di contaminazione delle acque superficiali e sotterranee derivante dall’uso dei pesticidi, sia in termini di diffusione territoriale, sia in termini di evoluzione temporale. Indirettamente il rapporto consente anche di verificare l’efficacia delle misure adottate per la tutela dell’ambiente acquatico.  previste nella fase di autorizzazione e di utilizzo di tali sostanze. Dai dati si evince che:

  • In Italia, in agricoltura si utilizzano circa 122.000 tonnellate all’anno di prodotti fitosanitari (ISTAT, 2020), che contengono circa 400 sostanze diverse.
  • Nel biennio 2019-2020 sono stati analizzati 31.275 campioni per un totale di 2.492.581 misure analitiche, il numero delle sostanze cercate nel 2020 corrisponde a 406.
  • Le indagini 2020 hanno riguardato 4.388 punti di campionamento e 13.644 campioni.
  • Nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei 1.837 punti di monitoraggio; nelle acque sotterranee nel 23,3% dei 2.551 punti.
  • Sono state trovate 183 sostanze diverse, rappresentate per la maggior parte da erbicidi.
  • Il risultato complessivo indica un’ampia diffusione della presenza di pesticidi.
  • Nel Nord del Paese la presenza dei pesticidi risulta più elevata di quella media nazionale, arrivando a interessare il 67% dei punti delle acque superficiali e il 34% delle acque sotterranee (forse perché le indagini sono generalmente più rappresentative)
  • Nelle acque superficiali, 561 punti di monitoraggio (30,5% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti ambientali.
    • Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono: gli erbicidi glifosato e il suo metabolita AMPA, metolaclor e il metabolita metolaclor-esa, imazamox, esaclorobenzene e nicosulfuron, tra i fungicidi azossistrobina, dimetomorf, carbendazim e metalaxil.
  • Nelle acque sotterranee, 139 punti (il 5,4% del totale) hanno concentrazioni superiori ai limiti.
    • Le sostanze più rinvenute sopra il limite sono: i metaboliti metolaclor-esa e atrazina desetil desisopropil, gli erbicidi bentazone, glifosate e AMPA (acido aminometilfosfonico) e imazamox, l’insetticida imidacloprid e il fungicida metalaxil.
    • nel 2020, la frequenza di ritrovamenti nei campioni raggiunge il valore massimo del 57,2%.
      • Le sostanze che maggiormente contribuiscono a determinare i superamenti sono il glifosate e il metabolita AMPA.
    • L’indicatore è pressoché stabile nelle acque sotterranee, con valori intorno al 5%. I metaboliti metolaclor-esa e atrazina desetil desisopropil e l’erbicida bentazone sono tra i principali responsabili di non conformità.
  • Dal 2011 al 2020 si è verificata una sensibile diminuzione delle quantità messe in commercio, indice di un più cauto impiego delle sostanze chimiche in agricoltura, dell’adozione di tecniche di difesa fitosanitaria a minore impatto e dell’aumento dell’agricoltura biologica.

I dati del Rapporto segnalano pertanto una contaminazione vasta e diffusa delle acque, ancora più allarmante se si tiene presente che, anche quando le concentrazioni risultano inferiori ai limiti ambientali, i pesticidi possono in combinazione dare luogo a effetti cumulativi non accettabili.

Conoscere questi dati è molto importante perché proprio in queste settimane gli Stati dell’Unione Europea, Italia compresa, si sono trovati a decidere se continuare a consentire l’uso del glifosato (preso ad esempio perché il più il più diffuso, ma la norma vale per tutti i pesticidi) o vietarlo una volta per tutte. Purtroppo al di là di tutte le precedenti dichiarazioni e delle evidenze circa la pericolosità della sostanza, il tanto auspicato divieto all’impiego di questo erbicida non c’è stato.

La Commissione europea ha ritirato la proposta di legge sul taglio all’uso dei pesticidi chimici in agricoltura e nelle aree verdi urbane. Il Regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi (Sur, “Sustainable use of pesticides regulation”) presentato per la prima volta a giugno 2022 prevedeva di dimezzare l’uso dei pesticidi nell’Unione entro il 2030. Oltre al taglio dei pesticidi, la Commissione ha deciso di cancellare anche altre misure restrittive tra cui l’obbligo di ridurre del 30% le emissioni del settore entro il 2040 e l’obbligo di mettere a riposto il 4% dei terreni coltivabili, anche se dal 60% al 70% del suolo in Europa è in cattivo stato, il che impatta negativamente sulla capacità produttiva degli stessi agricoltori.

E’ opportuno allora ricordare cos’è il glifosato.

Il glifosato è l’erbicida più usato a livello mondiale per eliminare le piante indesiderate in agricoltura e nella gestione del verde pubblico: dai seminativi ai frutteti, dagli orti ai parchi pubblici, fino al diserbo di strade e ferrovie. Brevettato negli anni Settanta da Monsanto e oggi commercializzato da aziende come Bayer, è usato in agricoltura da oltre 50 anni. Il suo impiego è però aumentato notevolmente con la diffusione delle colture OGM (come per esempio la soia Roundup Ready di Monsanto-Bayer), che sono state modificate geneticamente per resistere a questo erbicida.

Il glifosato agisce ad ampio spettro, aggredendo tutte le parti verdi delle piante con cui entra in contatto. Insieme ai suoi prodotti di degradazione, si accumula inoltre nel terreno, danneggiando gli organismi che vivono nel suolo e compromettendo l’assorbimento di micronutrienti utili a difendere le piante dalle malattie. Questo erbicida è pertanto una delle principali cause di contaminazione delle acque e interferisce con l’equilibrio ecologico di fiumi e laghi. In effetti, il glifosato non danneggia solo le erbe infestanti, ma tutto l’ambiente circostante, compresa la fauna selvatica: uccelli, anfibi, insetti e lombrichi. Diversi studi avvertono che, alle concentrazioni che spesso si trovano nell’ambiente, questo erbicida può interagire con il microbiota intestinale delle api, rendendole più vulnerabili alle malattie, nonché influire sul loro sistema nervoso e sulla riproduzione. Nel 2015 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), facente parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha classificato il glifosato come «probabilmente cancerogeno per gli esseri umani». Studi più recenti hanno evidenziato che il glifosato potrebbe danneggiare il sistema nervoso ed essere correlato a malattie neurologiche come il morbo di Parkinson, oltre a influire negativamente sul sistema ormonale. Infine, l’esposizione al glifosato anche a bassissime dosi sembra indurre alterazioni di importanti parametri biologici che riguardano lo sviluppo sessuale, le genotossicità e il microbioma intestinale, ovvero i batteri buoni dell’intestino. L’esposizione delle persone al glifosato avviene sia attraverso la sua presenza nell’ambiente, sia attraverso i residui negli alimenti, con rischi più elevati per le lavoratrici e i lavoratori agricoli che maneggiamo direttamente l’erbicida.

Alla luce di quanto sopra, è sconvolgente ignorare che le alternative al glifosato esistono. Coltivare senza fare uso di erbicidi di sintesi è già possibile e l’agricoltura biologica ne è un esempio. È possibile limitare l’uso di pesticidi ai casi di stretta necessità, anche con una gestione integrata delle piante infestanti (Integrated Weed Management, IWM), cioè integrando le pratiche agricole fisiche, meccaniche, biologiche ed ecologiche con la vasta conoscenza ormai a disposizione sulle piante coltivate e sulle infestanti. Un’agricoltura senza pesticidi evita di aumentare la resistenza nelle specie infestanti, riduce l’erosione del suolo e protegge la biodiversità.

Una transizione verso tecniche che non utilizzino sostanze chimiche di sintesi sarebbe una grande opportunità per l’agricoltura del nostro Paese e la tutela del Made in Italy. Ma i Governi, nonostante la pressione dell’opinione pubblica contraria alla proroga di questo erbicida di cui sono state accertate e denunciate le ripercussioni negative sulla salute umana e sull’ambiente, si sono espressi favorevolmente circa la proroga per altri 10 anni per l’uso del glifosato, in attesa di una “proposta più matura”.

Redazione amaperbene.it

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