Salsapariglia | Smilax Aspera L.
La salsapariglia nostrana (Smilax aspera L.) è una pianta monocotiledone perenne appartenente alla famiglia delle Liliaceae che cresce spontanea in quasi tutto il Mediterraneo. In Italia è nota anche col nome comune di stracciabraghe, stracciabrache, strazzacausi, rovo-cervone, rovo-cerrone o anche salsa paesana. Altri l’hanno sempre chiamata semplicemente ellera spinosa, in riferimento alla spinosità dei suoi rami e foglie.
Nei media, la salsapariglia è uno degli alimenti preferiti dai Puffi, per la pozione magica di Gargamella.
Smilax (Smilace) era il nome di una ninfa della mitologia greca che, perdutamente e infelicemente innamorata del giovane Croco, suicidatosi perché non poteva amarla per l’opposizione degli Dei dell’Olimpo, fu trasformata in un rampicante. Secondo altri, il termine deriva dal greco smilé (raschietto) e dal latino asper (pungente) e definisce in maniera assai eloquente la morfologia di questa pianta rampicante.
La Smilax aspera è una pianta arbustiva con portamento lianoso, rampicante, dal fusto flessibile e delicato, ma in realtà cosparso di spine acutissime. Le foglie, a forma di cuore, hanno i margini dentati e spinosi, e spinosa è anche la nervatura mediana della pagina inferiore. I fiori, molto profumati, sono piccoli, giallicci o verdastri, poco vistosi e raccolti in piccole ombrelle; fioriscono, nelle regioni a clima mediterraneo, da agosto ad ottobre. I frutti sono bacche rosse, riunite in grappoli, che giungono a maturazione in autunno. Contengono semi minuscoli e rotondi. Insipide e poco appetibili per l’uomo, costituiscono una fonte di nutrimento per numerose specie di uccelli.
Si tratta di una pianta spontanea, particolarmente diffusa nei boschi e nelle isole. Resiste tranquillamente a lunghi periodi di siccità e la si vede diffusamente nella macchia mediterranea, nelle isole Canarie, nell’Africa subsahariana e in Asia centrale (India, Bhutan, Nepal). In Italia è comune in gran parte della penisola, nelle isole maggiori e minori; al Nord è rara e si presenta solo in stazioni isolate (Trieste, Grado, Chioggia, Cervia).
Oggi, questo arbusto perenne è considerato un fitodepuratore per la sua capacità di bonificare i terreni contaminati da metalli pesanti e sostanze tossiche; essa è in grado di crescere e prosperare anche in terreni contaminati da alte concentrazioni di metalli pesanti, tra cui piombo, bario, zinco e cadmio. La sua capacità consiste nell’assorbire queste sostanze nelle radici per poi trasferirle nelle foglie. In questo modo i livelli di tossicità si abbassano notevolmente e gli inquinanti non si trasferiscono nella catena alimentare.
Sfregata in maniera vigorosa, la salsapariglia produce una schiuma che ricorda quella prodotta dai cavalli quando sudano. Da qui il nome: salsa (schiuma) e pariglia (coppia di cavalli).
La radice della pianta contiene numerosi principi attivi tra cui la smilacina, la salsasaponina, l’acido salsasapinico. Ha proprietà diaforetiche e depurative. Può essere utilizzata in infusi e decotti per curare l’influenza, il raffreddore, i reumatismi, l’eczema. Ha inoltre proprietà espettoranti ed emetiche (se somministrata in dosi abbondanti) e gli estratti vengono usati in formulazioni galeniche per migliorare l’assorbimento dei principi attivi farmacologici.
Nel Salento (Puglia) i germogli teneri di questa pianta vengono raccolti e utilizzati alla stregua degli asparagi selvatici, preparati previa bollitura in frittata; con le uova; sott’olio (in conserva); in insalata, lessati e conditi con olio e aceto di vino. Il loro sapore è leggermente amarognolo, ma gradevole ed è molto apprezzato nella preparazione di zuppe, minestre, frittate e sformati di verdure.
Dalla salsapariglia, in Spagna, si ricava una bevanda analcolica a base di estratto di radice, zucchero, miele e acqua
Controindicazioni
Il consumo di questa pianta è collegato all’insorgenza di alcuni effetti collaterali, il più grave dei quali è l’irritazione della mucosa gastrica.