Salsapariglia | Smilax aspera
La salsapariglia nostrana è una pianta monocotiledone della famiglia delle Liliaceae. In Italia è nota anche col nome comune di stracciabraghe o strazzacausi; questi termini indicano le possibili conseguenze dovute alla presenza delle acuminate spine nella pianta. Nel Sannio beneventano sono conosciuti anche col nome di rascolaiatti (graffia gatti). Oggi, questo arbusto perenne è considerato un fitodepuratore per la sua capacità di bonificare i terreni contaminati da metalli pesanti e sostanze tossiche.
È una pianta arbustiva con portamento lianoso, rampicante, dal fusto flessibile e delicato, ma cosparso di spine acutissime. Le foglie, a forma di cuore, hanno i margini dentati e spinosi, e spinosa è anche la nervatura mediana della pagina inferiore. I fiori, molto profumati, sono piccoli, giallicci o verdastri, poco vistosi e raccolti in piccole ombrelle; fioriscono, nelle regioni a clima mediterraneo, da agosto ad ottobre. I frutti sono bacche rosse, riunite in grappoli, che giungono a maturazione in autunno. Contengono semi minuscoli e rotondi. Insipide e poco appetibili per l’uomo, costituiscono una fonte di nutrimento per numerose specie di uccelli.
È diffusa in Messico, nelle isole Canarie, in Africa centrale (Repubblica Democratica del Congo, Kenya, Etiopia), in Asia centrale (India, Bhutan, Nepal) e nelle regioni dell’area mediterranea. In Italia è comune in gran parte della penisola, nelle isole maggiori e minori. Cresce spontanea nei boschi e nelle macchie. È uno dei più tipici componenti della macchia mediterranea sempreverde, ove forma spesso degli intrichi impenetrabili.
Il nome generico, che presso i Greci designava piante molto diverse, nella letteratura latina è stato usato per designare piante lianose munite di spine; il nome specifico in latino significa “ruvido, scabro, pungente” alludendo alla spinosità della pianta. Smilax (Smilace) era il nome di una ninfa della mitologia greca che, perdutamente e infelicemente innamorata del giovane Croco, suicidatosi perché non poteva amarla per l’opposizione degli Dei dell’Olimpo, fu trasformata in un rampicante.
Sfregata in maniera vigorosa, la salsapariglia produce una schiuma che ricorda quella prodotta dai cavalli quando sudano. Da qui il nome: salsa (schiuma) e pariglia (coppia di cavalli).
La radice contiene numerosi principi attivi tra cui la smilacina, la salsasaponina, l’acido salsasapinico. Ha proprietà sudoripare e depurative; agisce a livello dell’apparato urinario, in particolare sulle coliche renali (specie a destra) con la cistalgia caratteristica e il sedimento sabbioso nelle urine; ha, inoltre, un’azione positiva su cistiti e prostatiti croniche di soggetti litiasici. E’ utile per abbassare la febbre alta poiché è un diaforetico naturale: favorisce, cioè, la sudorazione e accelera il processo di guarigione. Può essere utilizzata in infusi e decotti per curare l’influenza, il raffreddore, i reumatismi, l’eczema. Ha inoltre proprietà espettoranti ed emetiche (se somministrata in dosi abbondanti) e gli estratti vengono usati in formulazioni galeniche per migliorare l’assorbimento dei principi attivi farmacologici.
Nel Salento (Puglia) i germogli teneri di questa pianta vengono raccolti e utilizzati alla stregua degli asparagi selvatici, preparati previa bollitura in frittata; con le uova; sott’olio (in conserva); in insalata, lessati e conditi con olio e aceto di vino.
La salsapariglia è uno degli alimenti preferiti dai Puffi.
Controindicazioni: La salsapariglia può causare irritazione della mucosa gastrica. Perciò, prima di cominciare ad usarla, è bene rivolgersi al proprio medico. La salsapariglia, inoltre, va evitata quando si assumono farmaci diuretici e digitalici.