Robbia | Rubia Tinctorum
La robbia comune o garanza è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Rubiaceae. ad andamento strisciante, con fusto e foglie ricoperti da aculei rivolti verso il basso. Da aprile a giugno la pianta produce dei piccoli fiori con corolla gialla, raggruppati in infiorescenze a “pannocchia” che lasciano il posto a frutti tondeggianti, nerastri e lucidi (bacche) al cui interno è presente un solo seme. Periodo di fioritura: aprile giugno.
E’ una specie di origine asiatica (dal Medio Oriente e Turchia all’Asia Centrale). Coltivata in passato in tutta Italia per le sue proprietà tintorie, e raramente naturalizzata, è oggi in via di scomparsa. Cresce in boscaglie e siepi, al di sotto della fascia montana.
Il suo nome (robbia dei tintori) è dovuto al fatto che dalle sue radici, raccolte da esemplari al terzo anno di vita, essiccate e macinate si ottiene una sostanza colorante rossa simile alla porpora chiamata dai tintori “rosso di garanza” o “rosso adrianopoli“.
Il nome Rubia deriva dal latino ruber “rosso” ed indica che la pianta era ben conosciuta nel mondo romano proprio per le sue qualità tintorie; tinctorum = dei tintori.
Dalla radice, che contiene diversi composti polifenolici (antrachinoni), si otteneva sin da tempi antichissimi un colorante rosso (alizarina), da cui derivano sia il nome generico (dal latino “ruber”, rosso) che quello specifico.
La pianta possiede delle proprietà medicinali e può essere utilizzata come astringente, colagoga, diuretica, emmenagoga, lassativa.
E’ tuttavia un’erba tossica contenendo lucidina che possiede attività genotossica e probabilmente carcinogenica.
Curiosità: Le proprietà tintorie di questa pianta erano note ai Persiani, agli Egizi e, ancor prima, in India. Dagli scritti di Ippocrate e Teofrasto si sa che era conosciuta dai Greci, Dioscoride scrive che era coltivata nella zona di Ravenna, Plinio il Vecchio parla di piantagioni nei dintorni di Roma; quest’ultimo nel I sec. d.C., nella Naturalis Historia (XXXV), elogia la lacca rossa ottenuta dalla Rubia tinctoria per il suo potere colorante ma ne elogia anche le proprietà medicinali. Eraclio in De coloribus et artibus romanorum scrive che, combinata con allume, era utilizzata per tingere di rosso il cuoio.
Si hanno poi testimonianze di diffuse coltivazioni di robbia in tutto l’impero di Carlo Magno (VIII sec.) e del suo uso durante il Medioevo.
Nel 1300 a Milano, ma soprattutto a Firenze, si annoverano circa 300 laboratori artigiani per la lavorazione della lana e la tintura dei tessuti con pigmenti naturali, tra cui la robbia, secondo una regolamentazione molto rigida che consentiva di raggiungere risultati di grande effetto.
La robbia ha poi conosciuto una notevole fortuna nei secoli XV e XVI, particolarmente in ambito fiammingo, e dal ‘500 cominciò ad essere utilizzata su tela. Nel cinquecento a Lanciano, in Abruzzo, in occasione delle famose fiere, insieme ai panni di lana prodotti localmente ed in altre regioni, venivano commercializzati grandi quantitativi di robbia, guado ed altri pigmenti.
Nel XIX secolo fu usata per tingere i pantaloni rossi delle uniformi dei soldati francesi.
Il suo utilizzo declinò dopo il 1868 quando due chimici tedeschi, Carl Graebe e Carl Liebermann, stabilirono la struttura dell’alizarina e riuscirono a riprodurla sinteticamente. Nonostante ciò, la robbia continua ancora oggi ad essere coltivata localmente ed utilizzata nell’artigianato asiatico ed africano e per tingere la lana dei tappeti di produzione artigianale, soprattutto in Persia.
L’estrazione del colore dalla robbia viene effettuata pestando i rizomi freschi e ponendoli poi a macerare in acqua per circa 10 h. Al termine si filtra il tutto e si lascia decantare per circa 2h. Il pigmento ottenuto si può applicare in bagno di tintura al tessuto precedentemente trattato (mordenzato) con allume, ottenendo tinte rosse abbastanza chiare, tendenti all’arancione, dette in passato Rosso Turco. Questo nome deriva dall’uso che ne veniva fatto in Turchia per la tintura dei tipici fez. Il colorante ottenuto è utilizzato per tingere il cuoio e fibre tessili come il cotone, la lana, il lino; largamente usato anche miscelato con altri coloranti in pittura ed in miniatura. L’intensità e la tonalità del colorante varia in funzione del mordente usato (sali metallici o idrossidi usati per fissare il colorante al substrato), con toni che vanno dal rosso al rosa, all’arancio, al lilla, al marrone, al nero.