Radicali liberi e stress ossidativo
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La prima definizione di “stress ossidativo” risale al 1985 ad opera di Sies H. che lo definisce come un’alterazione dell’equilibrio tra fattori pro- e anti-ossidanti in favore dei primi che può determinare un potenziale danno. Un corretto equilibrio tra sostanze ossidanti ed antiossidanti (il cosiddetto equilibrio ossido riduttivo o equilibrio redox) è essenziale per una serie di funzioni fisiologiche, in quanto numerose proteine coinvolte nelle catene di trasduzione intracellulare dei segnali (recettori, chinasi e fosfatasi, fattori di trascrizione) sono sensibili ad alterazioni anche lievi di tale equilibrio. Piccole alterazioni hanno solitamente un significato fisiologico, di “modulazione”, mentre gli squilibri maggiori finiscono facilmente per produrre disfunzioni, danno cellulare, apoptosi o necrosi.
Il termine stress ossidativo identifica, pertanto, una condizione patologica causata dalla perdita del fisiologico equilibrio fra la produzione e l’eliminazione di specie chimiche ossidanti. Le specie ossidanti sono prodotti della normale attività metabolica ed a concentrazione fisiologica, svolgono importantissime funzioni a livello cellulare e sistemico.
In condizioni fisiologiche la cellula mantiene al suo interno uno stato riducente grazie ad un
bagaglio di enzimi e molecole che controbilanciano la produzione di ROS. Se la generazione di ROS eccede le capacità antiossidanti della cellula stessa, o si verifica una diminuzione dei meccanismi di detossificazione, si viene ad instaurare una nuova condizione che prende appunto il nome di stress ossidativo. Questa condizione sembra giocare un ruolo di primaria
importanza in numerose patologie e può provocare effetti tossici attraverso la produzione di
specie chimiche reattive che danneggiano le componenti della cellula, incluse proteine, lipidi ed acidi nucleici. Pertanto, livelli non fisiologici di ROS sono deleteri per le cellule ed in particolare per gli spermatozoi che sono tra le cellule più sensibili allo stress ossidativo.
I radicali liberi o specie reattive dell’ossigeno o ROS (Reactive Oxygen Species)
I radicali liberi o ROS sono atomi o molecole molto reattivi e ossidanti prodotti dal metabolismo dell’ossigeno, dunque dalla respirazione cellulare.
In chimica, si definisce radicale (o radicale libero) un’entità molecolare molto reattiva avente vita media di norma brevissima, costituita da un atomo o una molecola formata da più atomi, che presenta un elettrone spaiato: tale elettrone rende il radicale estremamente instabile e reattivo. Quando si verifica que sta situazione, il radicale instabile cerca immediatamente di recuperare la sua condizione di stabilità per cui inizia una ricerca spasmodica, indiscriminata e velocissima per recuperare l’elettrone mancante: in questa brama di “accoppiamento” i radicali sono molto aggressivi e attaccano parti fondamentali delle cellule, per esempio i grassi e le proteine presenti sulle membrane cellulari ma anche degli organuli interni della cellula e gli acidi nucleici (DNA e RNA, patrimonio genetico) custoditi nel nucleo delle cellule. Per raggiungere la stabilità, infatti, i radicali liberi sottraggono un elettrone da altre molecole, ossidandole. In questo modo il radicale ottiene un numero di elettroni pari e non più spaiati, il che lo rende stabile. Il problema è che la molecola da cui il radicale libero ha sottratto un elettrone, diventa a sua volta instabile, dunque il processo attivato dal radicale continua: si innesca in questo modo una reazione «a catena» che, se non viene arrestata in tempo, finisce col danneggiare le strutture cellulari e creare una situazione chiamata, come accennato, “stress ossidativo”. Pertanto, il cosiddetto stress ossidativo non è altro che uno squilibrio tra radicali liberi e antiossidanti nel corpo, in cui i primi prevalgono sui secondi; lo squilibrio sarebbe alla base di diverse patologie, tra cui malattie neurodegenerative, cardiache, diabete e altro ancora.
Quando in una reazione chimica esiste una specie chimica (ad esempio molecola, atomo o ione) che cede elettroni aumentando il numero di ossidazione (ovvero il numero totale degli elettroni), la specie chimica che perde elettroni è detta “riducente“; allo stesso tempo, la specie chimica che acquisisce elettroni riduce il numero di ossidazione e viene detta “ossidante“. Pertanto una reazione di ossidoriduzione o redox (composto dall’inglese reduction, riduzione e oxidation, ossidazione) può essere pensata come lo svolgersi contemporaneo di due distinte “semireazioni”, una di ossidazione e l’altra di riduzione; quindi le semireazioni di riduzione e di ossidazione comportano sempre un cambiamento nel numero di ossidazione; in particolare un’ossidazione comporta un incremento del numero di ossidazione, mentre una riduzione comporta una diminuzione del numero di ossidazione.
Le specie chimiche reattive
In base alla natura dell’elemento il cui atomo è direttamente responsabile della reattività, si distinguono
- specie reattive incentrate sull’ossigeno (Reactive Oxygen Species, ROS), o alternativamente ROI (da Reactive Oxygen Intermediate),
- specie incentrate sull’azoto, denominate RNS (Reactive Nitrogen Species) o RNI
- specie incentrate sul carbonio (reactive carbon species, RCS)
- specie incentrate sullo zolfo (reactive sulphur species, RSS)
- specie incentrate sugli alogeni, in particolare sul cloro (RAS/RClS)
solo per citare le più rilevanti dal punto di vista biologico. In ognuna di queste classi, è possibile individuare due sottoclassi, le specie radicaliche (radicali liberi) e quelle non radicaliche, sulla base, rispettivamente, della presenza o meno nella loro compagine, di elettroni “spaiati”, ossia disposti singolarmente nei rispettivi orbitali. Per convenzione, la funzione radicalica viene indicata con il simbolo “•” (che indica l’elettrone spaiato); gli ioni vengono accompagnati nella rappresentazione dal numero di cariche positive (indicate da un numero seguito dal simbolo “+” o da tanti segni “+” quanto sono le cariche positive) o negative (indicate da un numero seguito dal simbolo “-” o da tanti segni “-” quanto sono le cariche negative).
Tuttavia le più importanti restano le ROS e le RNS.
ROS (Reactive Oxygen Species)
Le specie reattive dell’ossigeno, i ROS, sono i radicali liberi a maggior diffusione. I più importanti ROS sono l’anione superossido O2-, il perossido d’idrogeno H2O2 e il radicale ossidrilico •OH.
- L’anione superossido (O2-) è prodotto dalla riduzione incompleta di O2 durante la fosforilazione ossidativa, da alcuni enzimi (xantina ossidasi) e dai leucociti. Viene inattivato dalle superossido dismutasi (SOD) che, combinandolo con 2H+ e catalizzando la reazione tramite il suo cofattore metallico (Fe, Mn, Cu, Zn o Ni) lo converte in H2O2 e O2. Se non viene inattivato danneggia i lipidi di membrana, proteine e DNA, può inoltre stimolare la produzione di enzimi nei leucociti. Generalmente ha un raggio d’azione limitato.
- Il perossido d’idrogeno (H2O2) è spesso neutralizzato dalla glutatione perossidasi o da alcune ossidasi contenute nei perossisomi. Viene metabolizzato dalla catalasi dei perossisomi in H2O e O2 che catalizza la reazione tramite il suo gruppo eme e dalla glutatione perossidasi nel citosol e nei mitocondri.
- Il radicale ossidrilico (•OH) è generalmente un prodotto dell’idrolisi dell’acqua da parte di radiazioni, oppure è un prodotto della reazione di Fenton a partire dal perossido d’idrogeno (con lo ione ferroso Fe2+ quale catalizzatore). È il ROS più reattivo ed è prodotto dai leucociti a partire dal perossido d’idrogeno per distruggere patogeni, ma se in eccesso provoca danni alla membrana plasmatica, alle proteine e agli acidi nucleici. Viene inattivato per conversione in H2O da parte della glutatione perossidasi.
RNS (Reactive Nitrogen Species)
Le specie reattive derivate dall’azoto (RNS) di maggior interesse sono:
- il monossido di azoto (NO) e
- lo ione perossinitrito (ONOO–).
Il monossido di azoto viene prodotto a partire dall’amminoacido L-arginina dalla NO sintasi che degrada l’arginina a citrullina liberando una molecola di NO. Questo processo è fondamentale per la regolazione di vari aspetti del sistema cardiovascolare e del sistema nervoso centrale. L’enzima ossido nitrico sintasi esiste nell’uomo in più isoforme diverse, le più importanti delle quali sono: NO sintasi neuronale (nNOS), presente nei neuroni e nel muscolo scheletrico; NO sintasi inducibile (iNOS) presente nel sistema cardiovascolare e nelle cellule del sistema immunitario e NO sintasi endoteliale (eNOS), presente nell’endotelio.
Il monossido di azoto (NO) o ossido nitrico è un gas inorganico composto da un atomo di azoto (N) e un atomo di ossigeno (O); è un gas incolore e inodore, molto reattivo, un forte ossidante e reagisce con materiali combustibili e riducenti; al contatto con l’aria si trasforma in biossido di azoto.
Nel corpo umano, l’NO agisce come un importante messaggero intra- ed inter-cellulare regolando numerosissime funzioni. Dopo adeguata stimolazione (meccanica o chimica), le cellule endoteliali producono l’NO che, in parte, diffonde nel compartimento ematico, riducendo l’aggregabilità delle piastrine e l’adesività dei leucociti alle pareti dei vasi sanguigni, e, in parte, raggiunge la sottostante muscolatura liscia vascolare inducendone il rilasciamento. I conseguenti effetti anti-aggreganti, anti-infiammatori ed anti-ipertensivi sono ritenuti di grande importanza nella prevenzione dell’aterosclerosi.
Derivati (nitrati/nitriti esteri) sono impiegati nella terapia dell’insufficienza coronarica, nella prevenzione e cura dell’angina pectoris (Carvasin®); nella cura dell’impotenza (sildenafil, (Viagra®) agisce “prolungando” la durata d’azione dell’NO a livello dei corpi cavernosi del pene, contribuendo in questo modo a migliorare la funzione erettile).
Oltre all’effetto primario sull’endotelio, all’NO è riconosciuto un ruolo determinante di mediatore biochimico in numerose altre funzioni, a livello cerebrale (es. controllo dell’apprendimento e della memoria), gastrointestinale (modulazione delle secrezioni e della motilità), respiratorio (modulazione del tono della muscolatura liscia bronchiale), renale (autoregolazione del flusso ematico), e così via.
L’NO, in quanto radicale, ha un’importante funzione nei meccanismi di difesa dell’organismo nei confronti delle infezioni batteriche e, probabilmente, nel controllo della crescita dei tumori. A questo proposito occorre aggiungere, comunque, che condizioni di aumentato stress ossidativo – es. eccessiva produzione di anione superossido – comportano la conversione dell’NO in perossinitrito, una forma radicalica alla quale è legata la tossicità del mediatore primario.
il NO svolge un ruolo chiave come molecola di segnalazione cellulare (secondo messaggero), è coinvolto nella risposta immunitaria, è un potente vasodilatatore (partecipa all’erezione del pene); come gas terapeutico è utile per trattare alcune condizioni mediche, come l’ipertensione polmonare nei neonati e l’insufficienza respiratoria acuta negli adulti.
Il monossido di azoto è anche un inquinante atmosferico prodotto principalmente dalle attività umane, come le centrali elettriche, i veicoli a motore e le industrie; contribuisce alla formazione di smog e all’inquinamento dell’aria [il suo contributo all’effetto serra è tuttavia relativamente basso rispetto ad altri gas serra più abbondanti, come il diossido di carbonio (CO2) e il metano (CH4)]. L’esposizione prolungata o a livelli molto elevati di monossido di azoto può essere tossica per l’organismo umano e può causare danni agli organi interni, in particolare ai polmoni e al sistema nervoso.
Il perossinitrito (ONOO-) è formato dalla reazione tra monossido di azoto e ione superossido. Viene convertito in HNO2 dalle perossiredossine presenti nel citosol e nei mitocondri. Può danneggiare lipidi, proteine e DNA.
Dopo che ha agito, l’NO viene trasformato in una serie di derivati, quali i nitriti ed i nitrati, che si accumulano, in funzione della quantità del mediatore primario prodotto, nel sangue ed in altri fluidi extracellulari per poi essere definitivamente allontanati dall’organismo attraverso le urine. I livelli plasmatici ed urinari di nitriti/nitrati correlano abbastanza bene con la produzione “endogena” di NO, anche dopo particolari terapie.
Effetti dei radicali liberi
Mentre in condizioni fisiologiche i sistemi di difesa cellulare riescono a limitare i potenziali effetti dannosi dei radicali liberi, l’accumulo degli stessi (stress ossidativo) risulta generalmente dannoso.
All’interno delle cellule, i radicali liberi agiscono come molecole di comunicazione. A basse concentrazioni sembrano aumentare la crescita, la riproduzione e la sopravvivenza cellulare. Ad alte concentrazioni, possono indurre la morte cellulare. I radicali liberi tendono a danneggiare particolarmente tre componenti della cellula: i lipidi, le proteine e gli acidi nucleici.
- Danni a carico dei lipidi con conseguente lipoperossidazione. In questo caso, i principali bersagli sarebbero rappresentati dagli acidi grassi polinsaturi, particolarmente diffusi sulle membrane cellulari, con conseguente alterazione della struttura cellulare e nei casi più gravi morte cellulare. I radicali liberi, in presenza di ossigeno, reagiscono con i doppi legami dei lipidi di membrana generando dei perossidi lipidici che, essendo reattivi, si propagano determinando un danno esteso alle membrane. Il ROS più temibile in questo caso è •OH. Negli eritrociti possono provocare quindi emolisi. La degradazione dei lipidi operata dai radicali liberi è riscontrabile tramite la presenza di prodotti terminali di lipossilazione avanzata (ALEs, Advanced Lipoxylation End-products) quali il 4-idrossi-nonenale (4) HNE) e la malonil-dialdeide (MDA). Sono stati sviluppati dei dosaggi colorimetrici molto sensibili (metodo ELISA) che permettono di rilevare 4-HNE ed MDA a concentrazioni tissutali inferiori al micromolare.
- L’ossidazione delle proteine, in particolare a carico di alcuni specifici aminoacidicome metionina, istidina e triptofano; i radicali liberi agiscono ossidando i gruppi laterali degli amminoacidi, danneggiando la funzione della proteina, promuovono la formazione di legami crociati come il legame disolfuro, alterandone la struttura o il ripiegamento. Possono anche dare origine ad amminoacidi modificati (diidrossifenilalanina, ditirosina…).
- Il danno al DNA, dal momento che i radicali liberi possono determinare mutazioni o danneggiare macroscopicamente lo stesso DNA e alterare la struttura chimica delle basi azotate formandone di nuove come 8-ossiguanina o 5-idrossimetiluracile. Tramite questo tipo di danno sono concausa dell’invecchiamento cellulare e promuovono il cancro.
Emerge così il ruolo dei radicali liberi dell’ossigeno nella perdita della funzionalità cellulare e nella patogenesi di numerosi stati morbosi per lo più a carattere cronico-degenerativo.
Gli antiossidanti
Per contrastare lo stress ossidativo causato dai radicali liberi e altre specie reattive dell’ossigeno (ROS) e mantenere l’equilibrio tra la produzione di ROS e la loro neutralizzazione, prevenendo il danneggiamento delle cellule e dei tessuti, L’organismo umano sfrutta numerosi sistemi, in primo luogo una serie di sostanze dotate del ruolo di antiossidanti.
Gli antiossidanti sono molecole capaci di donare elettroni ai radicali liberi senza diventare instabili a loro volta. Alcuni di questi antiossidanti sono enzimi endogeni, cioè vengono prodotti dal nostro organismo di cui sono parte integrante, come la glutatione-sintetasi, glutatione-perossidasi, glucoso-6 fosfatasi, deidrogenasi, superossido dismutasi (SOD) (catalizza la scissione dei superossidi ad acqua ossigenata che viene decomposta in acqua e ossigeno dalle catalasi), catalasi; altri antiossidanti sono ottenuti dalla dieta, e quindi sono esogeni, come la vitamina C, la vitamina E, il beta-carotene e il selenio.
- Enzimi antiossidanti:
- Superossido dismutasi (SOD): Questo enzima catalizza la conversione del superossido (O2-) in ossigeno (O2) e perossido di idrogeno (H2O2), riducendo così la tossicità del superossido.
- Glutatione perossidasi: Questo enzima utilizza il glutatione ridotto (GSH) per ridurre il perossido di idrogeno (H2O2) e altre perossidasi organiche, proteggendo le cellule dal danno ossidativo.
- Catalasi: L’enzima catalasi trasforma il perossido di idrogeno (H2O2) in acqua (H2O) e ossigeno (O2), proteggendo le cellule dai danni causati dall’H2O2.
- Glutatione reduttasi: Questo enzima rigenera il glutatione ridotto (GSH) dalla sua forma ossidata (GSSG), consentendo al glutatione di continuare a svolgere il suo ruolo antiossidante.
- Glutatione S-transferasi (GST): Questi enzimi svolgono un ruolo importante nella detossificazione dei composti dannosi, legando il glutatione alle molecole tossiche per renderle più solubili e facilmente eliminabili.
- Deidrogenasi: Gruppo di enzimi appartenenti alla classe delle ossidoreduttasi, che catalizzano specificamente le reazioni di ossidoriduzione in cui vengono trasferiti idrogeno ed elettroni da un substrato donatore a un accettore.
- Glucosio-6-fosfatasi: è un enzima che idrolizza a livello del fegato il glucosio-6-fosfato, con conseguente creazione di un gruppo fosfato e glucosio.
- Glutatione (GSH):
Il glutatione è un tri-peptide composto da tre aminoacidi (cisteina, glicina e glutammato) ed è uno degli antiossidanti più importanti presenti nelle cellule. Funziona sia come enzima cofattore, partecipando a diverse reazioni enzimatiche, che come donatore di elettroni per neutralizzare i radicali liberi.
- Vitamina C (acido ascorbico):
La vitamina C è un antiossidante idrosolubile che dona elettroni per neutralizzare i radicali liberi. È anche coinvolta nella rigenerazione del glutatione ossidato in glutatione ridotto.
- Vitamina E (tocoferoli e tocotrienoli):
La vitamina E è un gruppo di antiossidanti liposolubili che proteggono i lipidi delle membrane cellulari dalla perossidazione lipidica causata dai radicali liberi.
- Carotenoidi:
I carotenoidi, come il beta-carotene, l’alfa-carotene e la luteina, sono pigmenti vegetali che agiscono come antiossidanti, proteggendo le cellule dai danni ossidativi.
- Selenio:
Il selenio è un minerale essenziale per il corretto funzionamento degli enzimi antiossidanti, come la glutatione perossidasi.
L’attività degli enzimi antiossidanti può variare a seconda dello stato fisiologico di un individuo, dell’età, dello stile di vita, dell’alimentazione e di altre condizioni. Inoltre, l’equilibrio tra la produzione di radicali liberi e l’azione degli enzimi antiossidanti può essere influenzato da fattori esterni come l’esposizione a inquinanti ambientali, fumo di sigaretta, radiazioni ionizzanti e altre fonti di stress ossidativo.
Un’attività enzimatica antiossidante efficace è essenziale per proteggere le cellule dallo stress ossidativo e contribuire a mantenere una buona salute. Si comprende allora quanto sia importante, per aiutare il nostro corpo a sostenere i sistemi antiossidanti nella protezione dalle specie reattive dell’ossigeno e dallo stress ossidativo e dalle loro conseguenze per la salute, garantire a) un adeguato apporto di antiossidanti attraverso una dieta equilibrata, ricca di frutta, verdura e altri alimenti contenenti vitamine e minerali essenziali; b) uno stile di vita sano che comprenda l’esercizio fisico regolare e l’evitare l’esposizione a fonti di radicali liberi, come il fumo di tabacco e l’inquinamento atmosferico.
Un equilibrio sano tra la produzione di ROS e l’azione degli antiossidanti è fondamentale per il corretto funzionamento del nostro corpo. In effetti, i radicali liberi non sono sempre dannosi, in quanto svolgono anche funzioni essenziali per l’organismo, come partecipare alla segnalazione cellulare e alla difesa immunitaria. Se però l’equilibrio viene disturbato e si produce un eccesso di ROS, allora possono originarsi danni a carico di cellule, tessuti, organi.
Pertanto, un equilibrio appropriato tra radicali liberi e antiossidanti resta cruciale per il mantenimento della salute ed il benessere generale.
invecchiamento in salute. La dieta svolge un ruolo cruciale nel sostenere e potenziare tali difese.
Condizioni associate a stress ossidativo:
- Invecchiamento: L’accumulo di danni ossidativi nel corso del tempo è stato associato all’invecchiamento cellulare e al processo di invecchiamento generale.
- Malattie cardiovascolari: Lo stress ossidativo è stato implicato nella patogenesi delle malattie cardiovascolari, come l’aterosclerosi, in cui i danni ossidativi alle cellule endoteliali possono portare a formazione di placche.
- Malattie neurodegenerative: Condizioni come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono state associate all’aumento dello stress ossidativo nel cervello.
- Malattie metaboliche: L’obesità, il diabete di tipo 2 e la sindrome metabolica sono stati correlati all’aumento dello stress ossidativo.
- Cancro: Alcuni studi suggeriscono che lo stress ossidativo può influenzare lo sviluppo del cancro, anche se la relazione è complessa e dipendente dal tipo di tumore.
- Patologie respiratorie: Lo stress ossidativo può contribuire a malattie polmonari come l’asma e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
- Malattie autoimmuni: Si ritiene che lo stress ossidativo possa contribuire alla patogenesi di alcune malattie autoimmuni, come l’artrite reumatoide.
Cause di aumento dei radicali liberi
La produzione di radicali liberi rappresenta un meccanismo fisiologico importante e necessario, perché essi svolgono un ruolo importante sia nella regolazione dell’espressione genica che nella comunicazione intra-cellulare che nelle difese immunitarie (ad esempio, combattono le infezioni). I radicali liberi si formano in modo incessante nel nostro organismo come prodotto di scarto dei naturali processi metabolici che usano ossigeno (O2) come combustibile per produrre energia (ossidazione). L’ossigeno ha un’anima corrosiva e la parte che non viene consumata si accumula in queste minuscole molecole, altamente reattive, che innescano pericolose reazioni a catena.
Varie le possibili cause e condizioni che facilitano la produzione di radicali liberi tra cui:
- Dieta poco salutare: Un’alimentazione ricca di grassi saturi, zuccheri raffinati e alimenti trasformati o contenenti conservanti possono promuovere lo stress ossidativo e aumentare i radicali liberi. Eccesso di alcool
- Esercizio fisico intenso o eccessivo: L’attività fisica intensa può generare un aumento temporaneo dei radicali liberi a causa del maggior consumo di ossigeno e della produzione di radicali liberi associati all’esercizio. Se l’esercizio fisico è eccessivo e non bilanciato con il recupero e l’assunzione di antiossidanti, ciò potrebbe essere dannoso.
- Esposizione a radiazioni ionizzanti: Le radiazioni ionizzanti spezzano la molecola di acqua (H2O) (fotolisi) in un radicale idrogeno (H) e radicale ossidrilico (•OH). Fanno parte di questa categoria i raggi ultravioletti, i raggi X, i raggi gamma e altre fonti di radiazioni.
- Fumo di sigaretta, attivo e passivo: Il fumo di tabacco contiene una vasta gamma di composti chimici tossici, che aumentano la produzione di radicali liberi nel corpo.
- I metalli di transizione fungono da catalizzatori nelle reazioni che portano alla produzione di radicali liberi. Il più comune è il Fe2+ tramite la reazione di Fenton, seguito dal rame (Cu).
- Infezioni e infiammazioni: Alcune infezioni e infiammazioni possono attivare il sistema immunitario e portare alla produzione di radicali liberi come parte della risposta immunitaria. Un esempio è il killing espletato dai fagociti (globuli bianchi) attraverso il burst ossidativo, ossia l’uccisione dell’agente patogeno attraverso l’intensa produzione di ROS; talvolta però i radicali liberi prodotti danneggiano anche cellule sane.
- Infiammazione cronica di basso grado, diabete, patologie ad andamento cronico – degenerativo, etc;
- Inquinamento ambientale: L’esposizione a sostanze inquinanti, come inquinanti atmosferici, fumi, prodotti chimici industriali, metalli pesanti ((inclusi ferro, rame, cromo, cobalto, vanadio, cadmio, arsenico, nichel), pesticidi, può aumentare la produzione di radicali liberi nel nostro corpo.
- Invecchiamento: Con l’invecchiamento, la capacità dell’organismo di neutralizzare i radicali liberi può diminuire, contribuendo a un aumento dello stress ossidativo.
- Processi metabolici: Alcuni processi fisiologici all’interno delle nostre cellule, come il metabolismo dell’ossigeno, possono generare radicali liberi come sottoprodotti; i radicali liberi sono anche una parte attiva e vitale del normale metabolismo ossidativo. Ad esempio, durante la catena di trasporto degli elettroni nella respirazione cellulare, l’ossigeno può essere parzialmente ridotto a superossido, che è un radicale libero. I meccanismi mitocondriali di respirazione cellulare, fondamentali per la produzione di energia, sono i principali produttori di ROS; si ha produzione dei radicali liberi durante un processo chiamato “fosforilazione ossidativa” all’interno dei mitocondri. Alcuni enzimi come la xantina ossidasi che genera O2-, la NO sintasi che genera NO, la superossido dismutasi che genera H2O2, oppure a partire da enzimi che metabolizzano farmaci o altre sostanze chimiche esogene.
- Altri radicali liberi possono concorrere alla formazione di ulteriori radicali liberi, per esempio quando NO e O2– reagiscono per formare il perossinitrito ONOO-.
- Radiazioni ionizzanti: L’esposizione a raggi X, raggi gamma o altre forme di radiazione ionizzante può danneggiare le cellule e portare all’aumento dei radicali liberi.
- Stress e ansia: Lo stress cronico e l’ansia possono contribuire all’aumento dei radicali liberi a causa dell’attivazione di risposte infiammatorie nell’organismo.
- Stress ossidativo: Questo fenomeno si verifica quando c’è uno squilibrio tra la produzione di radicali liberi e l’abilità dell’organismo di neutralizzarli con antiossidanti. Il metabolismo cellulare, il sistema immunitario e altre funzioni biologiche possono generare radicali liberi come sottoprodotti, e quando il loro livello supera la capacità di smaltirli, può causare danni cellulari.
In generale, un aumento dei radicali liberi è spesso associato a uno squilibrio tra la loro produzione e l’attività degli antiossidanti nel nostro corpo. Gli effetti dannosi dei radicali liberi possono essere contrastati dagli antiossidanti, sostanze che neutralizzano i radicali liberi donando loro un elettrone e stabilizzandoli. Una dieta sana ed equilibrata, ricca di antiossidanti provenienti da frutta, verdura e alimenti nutrienti, uno stile di vita sano e la riduzione dell’esposizione a fattori di rischio possono aiutare a mantenere un equilibrio tra radicali liberi e antiossidanti nel corpo, e promuovere una buona salute generale.
Patologie più frequentemente associate allo stress ossidativo
Lo stress ossidativo, essendo una condizione squisitamente biochimica, non dà luogo a manifestazioni cliniche proprie, né soggettive né oggettive. Pertanto, esso rimarrà sconosciuto, con inevitabile danno del paziente, fino a quando il medico non ne sospetterà l’esistenza e deciderà di sottoporre il suo assistito a dei test specifici, quali il d-ROMs test ed il BAP test.
Misurazione dello stress ossidativo
È possibile misurare sia la concentrazione di sostanze ossidanti (ROS: radicali liberi dell’ossigeno) sia di quelle antiossidanti grazie ad un test di semplice esecuzione, da cui si ottiene un valore detto “indice di stress ossidativo“.
Lo stress ossidativo è definito come la mancanza di equilibrio tra lo stato ossidante (danni da radicali liberi) e lo stato antiossidante (difese anti-radicaliche).
Il test può essere particolarmente utile per le seguenti categorie di persone:
- Adulti sani che vogliano fare un “check-up” in chiave preventiva (familiarità per malattie cardiovascolari, diabete, dislipidemie, malattie artrosiche, ecc.)
- Sportivi, per monitorare l’efficacia di allenamenti e metodologie di scarico e di recupero dopo sforzi od attività agonistica.
Inoltre, grazie ai parametri del test, è possibile valutare meglio l’azione a livello cellulare e l’eventuale riduzione del danno ossidativo durante: diete, attività fisica, modifiche dello stile di vita (es. riduzione o abolizione del fumo di sigaretta).
Per l’esecuzione del test si esegue un prelievo di sangue capillare (puntura del polpastrello). È preferibile essere riposati e non in fase di stress recente ed è consigliabile non aver fumato almeno mezz’ora prima del test.
Il test è basato sul rapporto tra la valutazione della concentrazione di ROS (FORT TEST) e la capacità antiossidante totale (FORD TEST).
Il FORT (Free Oxygen Radicals Test) è un test colorimetrico basato sulla capacità dei metalli di transizione (es. il ferro) di catalizzare la scissione degli ROOH (idroperossidi, specie radicaliche) presenti nel campione biologico in derivati radicalici secondari, secondo la classica reazione di Fenton. Una volta formatosi a livello cellulare, gli ROOH mantengono la propria reattività chimica e la capacità di generare quantità proporzionali di prodotti alcossilici, RO•, e perossilici, ROO• (reazioni 1 e 2). Questi vengono, poi, intrappolati da uno specifico derivato amminico (reagente R1 del FORT test, CrNH2) sviluppando, in una reazione cinetica lineare a 37°C, un catione radicalico (Cr-NH2+•, reazione 3) più stabile nel tempo e colorato perciò misurabile fotometricamente. In tal modo, in base alla legge di Lambert-Beer, l’intensità del colore sviluppatosi durante la reazione correla direttamente con la quantità dei derivati radicalici e, di conseguenza, con lo stato ossidativo del campione analizzato.
Reazioni coinvolte nel FORT test:
- R-OOH + Fe2+ —–à R-O + OH– + Fe3+
- R-OOH + Fe3+ —–à R-OO + H+ + Fe2+
- RO + R-OO• + 2CrNH2 + —–à RO– + ROO– + [Cr-NH2+•]
Data l’eterogeneità chimica delle specie reattive secondarie derivanti dalla scissione ferro-dipendente degli ROOH nella reazione del FORT test, è stato deciso, per semplicità d’interpretazione, di convertire i valori di assorbanza misurati in unità convenzionali chiamate unità FORT. La trasformazione viene eseguita automaticamente dallo strumento così che i risultati sono immediatamente valutabili dall’operatore e di più facile interpretazione.
Per consentire una valutazione assoluta, i risultati possono essere espressi anche in concentrazioni equivalenti di H2O2 usato quale idroperossido di riferimento. Una unità FORT corrisponde a circa 0,25 mg/l – 7,5 µmol/l di H2O2.
Il FORD (Free Oxygen Radicals Defence) test determina la capacità antiossidante totale nel plasma. L’organismo umano possiede numerosi sistemi di difesa ad azione antiossidante fondamentali per prevenire l’eccessivo innalzamento del livello di radicali liberi e, quindi, mantenere sotto controllo lo stato ossidativo. Questi antiossidanti sono in parte fisiologici, tra cui acido urico, bilirubina, ceruloplasmina, transferrina, tioli, glutatione, ecc., e in parte derivano dagli alimenti (soprattutto frutta e verdura) tra cui le vitamine E, C, ed A, polifenoli, flavonoidi, carotenoidi ect. Considerate sia la complessità e l’interdipendenza dei vari sistemi antiossidanti e la loro indispensabile funzione per limitare i danni da radicali liberi, sia l’importante influenza di abitudini, dieta, supplementazioni e stile di vita nel determinare lo stato ossidativo globale di un individuo, la possibilità di valutare le difese antiossidanti disponibili risulta di primaria rilevanza. Il FORD test è un test colorimetrico basato sulla formazione di un radicale colorato che si riduce in presenza di sostanze ad azione antiossidante. In ambiente acido (pH=5,2), un opportuno ossidante (FeCl3) reagisce con il cromogeno non colorato (Cromogeno, reagente FORD C1) formando il corrispondente catione radicalico (Cromogeno•+): in questa forma il cromogeno è stabile e colorato; è perciò possibile effettuare misure fotometriche a 505nm (reazione 1). I composti antiossidanti (AOH) presenti nel campione aggiunto riducono il catione radicalico determinando una scomparsa del colore della soluzione proporzionale alla loro quantità (reazione 2). I valori di assorbanza letti vengono trasformati in concentrazioni applicando la legge di Lambert Beer, facendo riferimento alla curva standard ottenuta con Trolox (6-Hydroxy-2,5,7,8-tetramethylchroman-2-carboxylic acid), un derivato della vitamina E permeabile alle cellule con elevate proprietà antiossidanti e perciò comunemente usato come standard.
Reazioni coinvolte nel FORD test
- Cromogeno(incolore) + Fe2+ + H -à Cromogeno+(porpora)
- Cromogeno+(porpora) + AOH à Cromogeno+(incolore) + AO
Valutazione dei risultati
Più elevato è il valore del FORT TEST o del d-ROMs fast maggiore è il rischio di danni da stress ossidativo. Il risultato è legato al livello delle difese (FORD TEST o PAT Test): più alte sono le difese, minore è il rischio generale. Eventualmente le difese possono essere stimolate e potenziate/integrate qualora risultino sotto i livelli usuali. Naturalmente ogni persona ha un suo valore di partenza riguardo a questi parametri.
È consigliabile eseguire un primo test di controllo per conoscere i propri parametri in un momento in cui si è “sani”. Controlli successivi ci diranno se c’è un miglioramento o peggioramento in termini di stress ossidativo con una diminuzione o un aumento potenziale del rischio patologico generale. In tal caso potrebbe essere utile consultare il proprio medico per eventuali controlli diagnostici mirati.
Nel 2014 è stato brevettato un nuovo test per la valutazione della concentrazione dei ROS, il d-ROMs fast, che è molto più veloce del vecchio FORT test e può essere eseguito istantaneamente con un tempo di lettura di 2 minuti e mezzo. La capacità antiossidante può essere valutata con il nuovo PAT test, più preciso e veloce dei test similari; può essere eseguito infatti con un solo minuto di lettura.
Il d-ROMs FAST Test consente di determinare la concentrazione ematica dei perossidi; è un test fotometrico utilizzabile in ambito ambulatoriale o in qualsiasi laboratorio di analisi provvisto di fotometro. Il test viene eseguito su soli 10 µl di plasma eparinato o siero in soli 2,5 minuti. I risultati del d-ROMs FAST Test sono espressi in U.CARR ( 1 U.CARR equivale al segnale sviluppato da una soluzione 0,08 mg/dl di perossido di idrogeno). Il d-ROMs FAST Test è eseguibile singolarmente o accoppiato al PAT test nel kit REDOX OB FAST.
Il PAT test consente di determinare il potere antiossidante del sangue; è un test fotometrico utilizzabile in ambito ambulatoriale, in ricerca e in farmacia su di un sistema dedicato o in qualsiasi laboratorio di analisi provvisto di fotometro. Il test viene eseguito su soli 10 µl di plasma eparinato o siero in un solo minuto. I risultati del PAT test sono espressi in U.Cor (1 U.Cor equivale al segnale sviluppato da una soluzione 1,4 µmol/l di acido ascorbico). Il PAT Test è eseguibile singolarmente o accoppiato al d-ROMs FAST Test nel kit REDOX OB FAST.