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Proteine alternative: definizioni e policy-making

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Con la popolazione globale in rapida crescita, i sistemi alimentari hanno bisogno di alternative che possano aiutare a soddisfare la crescente domanda di proteine in modo sostenibile. Però la Legge 1° dicembre 2023 n. 172 vieta in Italia la produzione e commercializzazione di alimenti prodotti “di derivazione da colture cellulari o tessuti provenienti da animali”. Come allora conciliare le due cose? Una parte della norma approvata concerne infatti la denominazione dei prodotti a base vegetale alternativi a quelli di origine animale.

Le proteine alternative si riferiscono a cibi non tradizionali ad alto contenuto proteico. Questi alimenti innovativi mirano a competere con i prodotti animali convenzionali offrendo opzioni ricche di proteine, sostenibili, nutrienti e gustose. Ci sono cinque principali alternative proteiche in fase di sviluppo in Europa:

Proteine alternative

Le proteine cosiddette alternative si possono racchiudere in diverse tipologie e la loro funzione è quella di costituire dei sostitutivi delle proteine animali nella dieta umana. Questi alimenti innovativi mirano a competere con i prodotti animali convenzionali offrendo opzioni ricche di proteine, sostenibili, nutrienti e gustose. Ci sono cinque principali alternative proteiche in fase di sviluppo in Europa:

  • Proteine vegetali e analoghi vegetali della carne e dei latticini

I sostituti della carne a base vegetale e gli analoghi del latte sono alimenti progettati per assomigliare, essere cucinati e avere il sapore della carne o dei latticini, utilizzando ingredienti come verdure, legumi, cereali, noci e semi (prodotti “plant-based”). La tecnologia viene utilizzata per rendere più sofisticate le alternative a base vegetale, con alcuni hamburger di verdure che attualmente imitano l’effetto al sangue di un normale hamburger usando il succo di barbabietola per creare l’effetto del “sanguinamento”.

L’aspetto positivo delle proteine vegetali è che la loro produzione richiede meno risorse naturali e provoca emissioni di gas serra (GHG) significativamente inferiori rispetto agli allevamenti di animali. Tuttavia, l’impatto ambientale dei prodotti finali dipenderà da altri fattori come gli ingredienti utilizzati e le tecniche di lavorazione e distribuzione. Il fatto che siano vegetali, tuttavia, non significa necessariamente che tutti questi prodotti siano sani, poiché alcuni possono essere ricchi di sale o grassi saturi o poveri dei micronutrienti che generalmente otteniamo da alimenti di origine animale.

Mangiare proteine a base vegetale generalmente incontra meno resistenza da parte dei consumatori rispetto ad altre proteine alternative e i progressi tecnologici contribuiranno a migliorare l’attrattiva dei prodotti e ad abbassare i prezzi, il che potrebbe convincere più persone a sceglierle.

  • Carni coltivate

Per creare la carne in laboratorio, le cellule staminali vengono raccolte dagli animali e aggiunte a un mezzo ricco di nutrienti dove si moltiplicano e crescono nel tessuto muscolare con l’aiuto di impalcature. Eliminando l’allevamento dall’equazione, la carne coltivata mira a offrire un’alternativa più rispettosa dell’ambiente ed etica alla carne, senza rinunciarne al suo gusto e consistenza. Ma nonostante le sue ambizioni, l’attuale produzione di carne coltivata deve ancora affrontare importanti ostacoli tecnici, normativi e finanziari. I più rilevanti sono gli alti costi di produzione e l’uso di tecnologie ad alta intensità energetica. Oltre alla necessità di migliorare il gusto e la consistenza della carne coltivata in laboratorio, l’industria deve ancora imparare come passare da processi su piccola scala a una produzione di massa efficiente in termini di costi per essere accessibile a più persone a un prezzo ragionevole. C’è anche bisogno di più dati sulla qualità nutrizionale e sulla sicurezza dei prodotti a base di carne coltivata per essere approvati dalle autorità di regolamentazione europee, sebbene alcuni prodotti a base di carne coltivata in laboratorio abbiano già superato una valutazione del rischio e siano stati approvati per la vendita a Singapore. Se la produzione su larga scala diventa fattibile e conveniente, l’accettazione da parte dei consumatori sarà un’altra sfida da superare prima che la carne coltivata diventi comune sul mercato.

  • Proteine da fermentazione/”single cell

Simile alla fermentazione tradizionale,in cui i microbi convertono composti specifici in alimenti, cambiando consistenza e sapore,la biomassa e la fermentazione di precisione utilizzano microrganismi per generare proteine alternative,

La fermentazione della biomassa utilizza la rapida crescita di alcuni microrganismi ricchi di proteine per produrre grandi quantità di proteine. Organismi specifici, dal lievito ai funghi filamentosi e alle microalghe, possono raddoppiare il loro peso in poche ore e contenere oltre il 50% di proteine in peso secco. La biomassa microbica risultante può essere utilizzata come prodotto alimentare da sola o come ingrediente in alimenti miscelati. Un esempio popolare è la micoproteina, che utilizza la fermentazione per coltivare funghi filamentosi che vengono utilizzati per creare sostituti della carne.

La fermentazione di precisione introduce sequenze genetiche di proteine animali in organismi come il lievito, che utilizza queste “istruzioni di produzione” per generare grandi quantità delle proteine target. Le proteine risultanti vengono quindi miscelate con altri ingredienti (come i grassi vegetali) per creare prodotti liberi da derivati animali che mirano a competere con carne, frutti di mare, uova e latticini. Attualmente, alcune aziende europee e statunitensi utilizzano la fermentazione di precisione per produrre proteine dell’uovo, proteine del latte e mioglobina, una proteina presente nella carne responsabile del suo gusto e aroma unici. Nell’UE, questi prodotti sarebbero classificati come nuovi alimenti e dovrebbero essere sottoposti a una valutazione del rischio da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) prima di essere autorizzati sul mercato.

Un vantaggio della fermentazione è la capacità di creare trame fibrose che si avvicinano a quelle delle carni intere e sono in genere difficili da riprodurre. Tuttavia, la produzione su larga scala è in fase iniziale ed entrambi i processi devono ancora diventare più efficienti in termini di costi, oltre a rispettare le normative sulla sicurezza alimentare. Ciò potrebbe essere ottenuto migliorando ed esplorando nuovi ceppi di microrganismi e migliorando la progettazione dei bioreattori utilizzati nella produzione. La caratteristica fondamentale in questo caso è che attraverso una selezione dei microorganismi o biotecnologie è possibile ottenere specifiche proteine identiche a quelle animali (es. proteine del latte, proteine dell’uovo). Va inoltre precisato che con questo approccio è anche possibile ottenere altre componenti come i grassi o micronutrienti: ad esempio, alcune vitamine già impiegate nell’industria alimentare vengono ottenute con queste modalità. Anche gli enzimi, coadiuvanti tecnologici alla base di molti processi dell’industria alimentare, vengono ottenuti in questo modo.

  • Proteine da insetti

Nonostante siano tradizionali in altri paesi, gli insetti sono considerati nuovi alimenti in Europa rientrano nel quadro dei novel food e hanno bisogno dell’approvazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare prima di poter essere venduti. Ci sono quattro specie legalmente approvate per la vendita in Europa: locuste migratrici, grilli domestici, vermi gialli e tarme della farina. Alcuni di questi sono già utilizzati per produrre barrette proteiche, farine e altri prodotti che possono essere trovati sugli scaffali dei supermercati.

Insetti come grilli, cavallette e locuste possono avere fino al 61% di proteine in peso secco, quindi adatti per arricchire alimenti e mangimi. Uno dei maggiori vantaggi degli insetti è che si riproducono rapidamente e hanno bisogno di meno cibo rispetto ad altri animali. Possono anche essere alimentati da altri flussi organici (dal letame agli sprechi alimentari), riducendo l’inquinamento e i costi di produzione. Tuttavia, mangiare insetti non è privo di rischi in quanto alcuni possono potenzialmente innescare reazioni allergiche simili a quelle dei crostacei. L’accettazione da parte dei consumatori sarà un ostacolo importante da superare per far sì che gli insetti vengano introdotti con successo nell’alimentazione in Europa, poiché molti consumatori europei non sono ancora disposti a provare a mangiare insetti.

  • Proteine algali

Esistono diverse tipologie di alghe che contengono quantitativi proteici di potenziale interesse commerciale: da alghe brune, a rosse o verdi. Benché storicamente consumate in alcune parti del mondo, si sta lavorando molto sull’ottimizzazione produttiva e l’incremento di resa di molte specie e varietà.

In particolare, le microalghe stanno guadagnando terreno come ingredienti ricchi di proteine competitivi per alimenti e mangimi. Le microalghe sono microrganismi generalmente costituiti da una singola cellula che si moltiplicano rapidamente in una biomassa ricca di sostanze nutritive, utilizzando acqua, luce e una fonte di nutrienti, come l’anidride carbonica. Sono note per il loro alto contenuto proteico. Specie come la Spirulina possono avere fino al 70% della loro massa secca di proteine e la qualità proteica di specie come C. vulgaris e A. platensis è paragonabile alla soia. Inoltre, la loro produzione può contribuire a un’economia circolare in quanto hanno il potenziale per crescere sulle acque reflue ed essere alimentate da diversi rifiuti organici o altri flussi (come rifiuti alimentari, sottoprodotti della lavorazione degli alimenti o anidride carbonica dall’aria).

Attualmente, almeno 30 paesi producono un certo tipo di microalghe e la ricerca sta aiutando l’industria a fare il salto dalla piccola alla grande scala. Le difficoltà comprendono gli elevati costi di produzione e il fabbisogno energetico, nonché la necessità di tecniche di coltivazione e lavorazione più efficienti. I ricercatori stanno anche lavorando alla creazione di ingredienti che hanno un colore (verde) e un sapore marino meno forti, al fine di aumentare l’accettazione da parte dei consumatori di alimenti arricchiti con microalghe.

Queste cinque tipologie di fonti proteiche possono concorrere ad integrare e sostituire l’attuale sistema di approvvigionamento proteico basato sulle produzioni animali.

Autorizzazioni e accesso al mercato per le proteine alternative

Nel contesto Europeo gli alimenti derivanti da tessuti cellulari animali sono considerati novel food secondo la definizione del Regolamento (UE) 2015/2283: si intendono per novel food tutti quei prodotti e sostanze alimentari privi di storia di consumo “significativo” al 15 maggio 1997 in UE, e che, quindi, devono sottostare ad un’autorizzazione, per valutarne la loro sicurezza, prima della loro immissione in commercio.

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) è responsabile per la valutazione del rischio preventivamente all’immissione sul mercato. La proposta di novel food da introdurre sul mercato necessita della produzione di un dossier inclusivo di studi specifici di valutazione dell’effetto del cibo in esame sulla salute umana e segue una procedura centralizzata. L’esito della valutazione di EFSA costituisce normalmente una base su cui il legislatore (la Commissione Europea, che legifera sulle norme alimentari per tutti gli stati membri) scrive e promulga le norme.

Autorizzazione di varie tipologie di proteine alternative in Europa e nel mondo

Ad oggi non vi sono proteine da tessuti di origine animale approvati per il consumo nel mercato europeo. A settembre 2023 un’azienda tedesca è stata la prima ad entrare nella fase precedente il percorso formale EFSA per la valutazione della sicurezza di una salsiccia a base di tessuti cellulari animali coltivati.

Per quanto riguarda i paesi extra-europei vi sono solamente pochi esempi: le tecnologie per produrre alternative alla carne in questo modo non sono ancora scalabili in maniera ampia e sono molto costose. Nei prossimi anni si prevede un’ottimizzazione ed un avanzamento di queste tecnologie che possano permettere un allineamento dei prezzi.

Ragioni del divieto

Nel testo approvato si fa appello a “[…] la tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini, […] a preservare il patrimonio agroalimentare, quale insieme di prodotti che sono espressione del processo di evoluzione socio-economica e culturale dell’Italia. Il valore di tale processo è riconosciuto di rilevanza strategica per l’interesse nazionale (comma 1). Il patrimonio agroalimentare italiano costituisce dunque uno dei punti di forza del nostro Paese; esso si compone di prodotti qualitativamente molto competitivi che soddisfano le aspettative di tipicità e reputazione raggiungendo i più svariati mercati internazionali e registrando ottimi successi commerciali. Esso, come specificato nella disposizione in commento, ha assunto quindi una valenza sociale e culturale oltre che economica.” Inoltre ci si riferisce al principio di precauzione, in base al quale è possibile promulgare leggi che permettano una tutela superiore dei cittadini o dell’ambiente rispetto a quanto imposto su base comunitaria. Questo è giustificabile in tre casi:

  1. l’identificazione degli effetti potenzialmente negativi;
  2. la valutazione dei dati scientifici disponibili;
  3. l’ampiezza dell’incertezza scientifica.

Si riferisce anche che il principio di precauzione può essere invocato solo nell’ipotesi di un rischio potenziale, e che non può in nessun caso giustificare una presa di decisione arbitraria. Si prescinde qui dal dibattito di natura politica, si nota solo come non siano stati apportati dati scientifici o elementi di valutazione del rischio a supporto dell’applicazione del principio di precauzione, almeno attualmente.

Linea di pensiero europea ed esempi da altri stati

A livello Europeo l’importanza dello sviluppo di una strategia comunitaria è evidenziata da un rapporto del Comitato sull’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo. Per quanto riguarda attività di ricerca e sviluppo, l’Europa finanzia studi che coinvolgono di fatto tutte le fonti proteiche già da anni, come evidenziato in un briefing del servizio ricerca del Parlamento Europeo (European Parliament, Report – A9-0281/2023, European protein strategy, 2023).

Gli stati membri si stanno muovendo con misure di finanziamento o strategie dedicate, vediamo alcuni esempi:

  • Germania: il budget federale per il 2024 prevederà 38 milioni di investimenti da dedicare alla transizione proteica: 8 milioni per la transizione verso colture proteiche per il consumo umano, istituzione di un competence center dedicato alle proteine del futuro, un programma da 20 milioni di Euro per spostare le competenze dei produttori di proteine animali verso le proteine alternative (plant-based, da fermentazione e da colture cellulari), programmi di promozione delle tecnologie di produzione di proteine alternative (10 milioni di euro);
  • Paesi Bassi: già dal 2020 esiste una strategia nazionale per la transizione proteica. Un insieme di iniziative per la promozione della ricerca nell’ambito delle proteine alternative e delle aziende del settore con investimenti. In particolare è già in azione una prima tranche di 60 milioni di finanziamenti in varie aree con obiettivo carne da tessuti cellulari e latte ottenuto da fermentazioni;
  • Danimarca: A ottobre 2023 la Danimarca ha annunciato un piano per la promozione delle proteine vegetali, che coinvolge varie aree: dalla ricerca allo sviluppo industriale alle start-up. L’obiettivo è quello di aumentare il consumo di proteine vegetali nella popolazione ed aumentare le competenze industriali nel settore;
  • Francia: nel 2020 è stato presentato un piano da 100 milioni di euro per aumentare la coltivazione di proteaginose, con l’obiettivo di raggiungere l’8% di superfici coltivate entro il 2030;
  • Regno Unito: ha dichiarato il suo intento di investire due miliardi di sterline in un piano dove oltre ad agricoltura cellulare e carne coltivata, si punta ad un significativo progresso tecnologico centrato sulle biotecnologie a 360° nei prossimi 10 anni.

Maggiore produzione di proteine alternative in Europa: necessità strategica

Negli esempi riportati e nel Report dell’Unione Europea è indicato come due siano le ragioni principali per le quali è richiesta una maggiore produzione di proteine alternative:

  • riduzione della dipendenza nazionale dall’approvvigionamento extra-UE. Infatti, l’Europa non è attualmente autosufficiente nel bilancio proteico ed eventi come il conflitto russo-ucraino hanno reso evidente l’importanza di catene di approvvigionamento quanto più possibile locali e indipendenti;
  • miglioramento della sostenibilità dei sistemi alimentari, abbandonando alimenti di origine animale che consumano molte risorse per spostarsi su alternative di minore impatto.

Conclusioni

Le molte iniziative governative e comunitarie confermano che appare importante e estremamente urgente armonizzare gli sforzi ed intensificare il dialogo per adottare strategie efficaci per ottenere un approvvigionamento proteico stabile e sostenibile, valutando tutti gli strumenti a disposizione.

EUFIC- 5 fonti proteiche alternative alla carne in Europa. https://www.eufic.org/it/produzione-alimentare/articolo/5-fonti-proteiche-alternative-alla-carne-in-europa

Redazione amaperbene.it

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