Pillole di Conoscenza

Presentato il rapporto “Il caso Italia” curato da Waste Watcher International.

Pillole di conoscenza

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In Italia lo spreco di cibo è cresciuto; dimenticate le buone abitudini messe in pratica durante gli anni della pandemia Covid; oggi si gettano nella spazzatura 88,2 grammi di alimenti ogni giorno, ovvero 617,9 grammi settimanali, secondo i dati del rapporto consegnato dall’Osservatorio Waste Watcher International in occasione della 12^ Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare del 5 febbraio; basterebbe però che ognuno di noi lo tagliasse di 50 grammi ogni anno da qui al 2029 per raggiungere l’obiettivo dell’Agenda 2030 e dimezzare lo spreco alimentare (e arrivare così nel 2030 a uno spreco pro capite di 369,7 grammi settimanali, ovvero la metà dei 737,4 grammi registrati dieci anni fa al momento dell’adozione dell’Agenda 2030).

La frutta diventa l’alimento più sprecato (24,3 grammi settimanali), seguono pane, verdura, insalata, cipolle, aglio e tuberi. Lo spreco alimentare domestico ammonta a 8.242 miliardi di euro (130,71 euro pro capite ogni anno) e rappresenta il 58,55 per cento dello spreco totale di cibo, dai campi alla tavola, pari a 4.513 milioni di tonnellate per un costo complessivo di 14.101 miliardi di euro.

Si getta più cibo al centro e al sud, le stesse aree dove si registra più insicurezza alimentare. Il paradosso è che l’insicurezza alimentare va di pari passo con lo spreco: il sud e il centro Italia sono le aree dove si registra più impoverimento e anche dove si getta più cibo. Questo fenomeno viene spiegato da Andrea Segrè, fondatore della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare e direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International: chi ha meno possibilità di acquisto, abbassa la qualità degli alimenti comprati e questi prodotti spesso sono più vicini alla scadenza o deperiscono più facilmente perché non sono freschi.

Questo dato va di pari passo con un’altra tendenza: l’indice FIES di insicurezza alimentare 2025 sale del 13,95 per cento (era + 10,27 per cento nel l’anno scorso), il che indica che si allontana l’accesso al cibo sano e sostenibile; questo in uno scenario generale in cui la povertà assoluta è aumentata in Italia dal 7,7 per cento all’8,5 per cento (5,7 milioni di persone nel 2023) e addirittura è salita del 28,9 per cento per le famiglie straniere.

Il FIES (Food Insecurity Experience Scale) è uno strumento sviluppato dall’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite (Fao) che misura il livello di accesso delle persone a cibo adeguato e nutriente. L’indice, basato su risposte a una serie di domande relative all’accesso ai cibo, si basa sulla percezione e sull’esperienza delle persone riguardo all’insicurezza alimentare.

Tra buone e cattive pratiche

L’86 per cento degli italiani dichiara di avere a cuore e prestare molta o parecchia attenzione al cibo e alla sua preparazione e in molti attivano strategia anti spreco: sei italiani su dieci consumano prima i cibi che considerano a ridosso di scadenza o congelano i cibi che non potranno mangiare a breve. Il 56 per cento testa il cibo prima di buttarlo, anche se è già scaduto: se è buono lo utilizza comunque, ma solo un italiano su dieci dona il cibo cucinato in eccesso a parenti o amici, e non aumenta la percentuale di italiani che chiede al ristorante una bag per portarsi a casa il cibo avanzato: 28 per cento.

Si spreca di più mentre sempre meno persone hanno accesso al cibo sano e sostenibile: con il cibo sprecato potremmo nutrire chi soffre di fame nel mondo, secondo il rapporto Food waste index 2024.

Un italiano su tre ammette anche di non pensare al rischio dello spreco e dimenticarsene. Per il 23 per cento la prevenzione degli sprechi richiede troppo tempo, secondo l’11 per cento è troppo costoso o troppo faticoso. Un italiano su dieci si scoraggia pensando che il contributo personale non faccia la differenza o che sia troppo difficile. Secondo cinque italiani su cento lo spreco semplicemente “non è importante”.

Per rovesciare lo stato delle cose, un italiano su due è disponibile a mangiare prima il cibo che rischia di guastarsi, il 45 per cento a congelare i cibi che non si possono mangiare a breve, il 40 per cento a utilizzare comunque il cibo appena scaduto, se è ancora buono, il 37 per cento a valutare attentamente le quantità prima di cucinare, il 32 per cento a fare la lista della spesa e a comprare sempre frutta e verdura di stagione. Solo il 6 per cento pensa di donare il cibo cucinato in più a parenti o vicini.

Gettare cibo nella pattumiera significa anche perdere soldi: lo spreco di filiera del cibo in Italia costa complessivamente 14,101 miliardi di euro, pari a un peso di 4,513 milioni di tonnellate di cibo. Il 58,55 per cento del costo dello spreco di filiera arriva dalle nostre case (mandiamo in fumo 130,71 euro a testa ogni anno), mentre il 28,5 per cento nelle fasi di commercializzazione del cibo.

Le scelte che facciamo in casa giocano un ruolo fondamentale nella quantità di cibo che sprechiamo. Ecco perché Luca Falasconi, docente dell’Università di Bologna e coordinatore del rapporto, sostiene che «ogni piccola azione conta. Ora abbiamo l’obiettivo, arrivare a un massimo di 369,7 grammi settimanali di cibo gettato: non ci resta che tradurre in impegno l’amore che dichiariamo di avere per il cibo — monitorato dall’indagine Waste Watcher — sia quando andiamo a fare la spesa che preparando un pranzo o una cena».

https://www.lifegate.it/spreco-di-cibo-aumento-osservatorio-waste-watcher-2025#:~:text=In%20Italia%20lo%20spreco%20di,'obiettivo%20dell'Agenda%202030.&text=Secondo%20l'Osservatorio%20Waste%20Watcher,617%2C%209%20grammi%20a%20settimana.

Redazione amaperbene.it

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