Postbiotici
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Cosa sono i postbiotici
Noti anche come metabiotici o biogenici, o più genericamente sottoprodotti o metaboliti, i postbiotici sono sostanze di derivazione batterica. In particolare, sono prodotti a base di molecole funzionali prodotte durante i processi di fermentazione di matrici alimentari da parte di batteri probiotici.
A seconda del tipo di probiotico e della matrice che rappresenta il suo nutrimento, si possono generare una serie di sostanze, appunto i postbiotici, dalle diverse proprietà. Sono elementi solubili secreti da batteri vivi ed attivi nel colon oppure rilasciati nell’intestino dopo la lisi batterica.
Secondo l’International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics (ISAPP), si tratta di una preparazione costituita da microrganismi non vitali, inanimati o estratti non più contenenti cellule batteriche che conferisce benefici fisiologici all’ospite che li assorbe con la dieta.
Il termine postbiotici viene talvolta usato per indicare i paraprobiotici, probiotici inattivati (morti o modificati) che, se ingeriti, esercitano risposte biologiche simili ai probiotici propriamente detti. I due termini, d’altro canto, non possono essere considerati veri e propri sinonimi.
Il termine “paraprobiotico” è stato coniato da Taverniti e Guglielmetti nel 2011, per definire i probiotici inattivati come “cellule microbiche non vitali (intatte o in frazioni) o estratti cellulari grezzi (cioè con composizione chimica complessa), che, se somministrati (per via orale o topica) in quantità adeguate, conferiscono un beneficio al consumatore umano o animale”.
L’inattivazione delle cellule microbiche può essere ottenuta attraverso svariati trattamenti fisici o chimici: il calore, i raggi UV, specifici enzimi o trattamenti meccanici, la pressione, la liofilizzazione o la disattivazione acida. Il trattamento termico è considerato il metodo migliore per l’inattivazione, facendo ovviamente attenzione alle molecole termolabili. L’applicazione di un processo di inattivazione specifico per ciascun ceppo è senza dubbio la metodica ottimale e il trattamento termico sembra essere il più efficace, in quanto meglio preserva la struttura dei componenti cellulari.
Lallemand, leader mondiale nella selezione, caratterizzazione e produzione di ceppi microbici, ha messo a punto un metodo di inattivazione, la tindalizzazione, che ha poi adattato per ciascuno dei suoi ceppi. La tindalizzazione è uno specifico e delicato trattamento termico in grado di preservare la membrana molecolare e la struttura cellulare dei microorganismi inibendone la capacità di riprodursi. Un tale processo di inattivazione specifico garantisce la produzione di cellule microbiologicamente non vitali ma funzionalmente attive, che sono stabili e ancora in grado di influenzare positivamente la salute umana e animale.
In definitiva, i postbiotici e i paraprobiotici sembrano avere proprietà benefiche simili (non uguali) ai probiotici, ma con meno controindicazioni. Inoltre, a differenza dei probiotici, i postbiotici non richiedono la presenza di batteri vivi per svolgere la loro azione. Sebbene i postbiotici siano presenti naturalmente in molti alimenti che hanno subito un processo di fermentazione – come lo yogurt, il kefir, il pane lievitato con lievito madre, il vino e la birra – sono generalmente assunti tramite specifici integratori alimentari allo scopo di migliorare il benessere intestinale.
Vari tipi e specie di batteri possono utilizzati nella produzione di integratori alimentari contenenti postbiotici, anche se prevalgono i Bifidobatteri. In particolare, le specie di batteri utilizzate nella produzione di postbiotici e paraprobiotici sono:
- Bifidobacterium breve
- Bifidobacterium infantis
- Bifidobacterium longum
- Enterococcus faecalis
- Lactobacillus acidophilus
- Lactobacillus brevis
- Lactobacillus bulgaricus
- Lactobacillus casei
- Lactobacillus delbrueckii subsp. Bulgaricus
- Lactobacillus fermentum
- Lactobacillus johnsonii
- Lactobacillus paracasei
- Lactobacillus plantarum
- Lactobacillus reuteri
- Lactobacillus salivarius
- Lactococcus lactis
- Streptococcus salivarius subsp. Thermophilus.
Come agiscono i postbiotici
Il meccanismo di azione dei postbiotici non è ancora completamente noto; secondo i dati scientifici attualmente disponibili si ipotizza che essi agiscano sulla regolazione del sistema immunitario e con un’interferenza sull’adesione dei patogeni alle cellule intestinali. I postbiotici svolgerebbero un ruolo cruciale nell’immunoregolazione attuando un bilanciamento tra i linfociti Th1 e Th2, le cui perturbazioni possono causare varie patologie croniche. È stata osservata una stimolazione della risposta immunitaria innata e adattativa attraverso la regolazione dell’espressione di mediatori linfocitari (incremento di Th1, diminuzione di Th2) e, di contro, la riduzione di citochine infiammatorie.
I postbiotici rilascerebbero componenti batteriche dotate di effetti immunomodulanti e proprietà antagoniste sui patogeni, come acidi lipoteicoici, peptidoglicani ed esopolisaccaridi. La somministrazione di specifici postbiotici si è rivelata utile in alcuni studi per aumentare le difese immunitarie, per altro in misura maggiore rispetto ai ceppi batterici che producono i medesimi postbiotici. Tra i postbiotici attivi nel contesto immunitario ci sono quelli prodotti da Lactobacillus paracasei CBA L74. I relativi prodotti di fermentazione hanno infatti mostrato di apportare significativi miglioramenti sulla qualità del latte in formula risultando non solo ben tollerato, ma anche in grado di stimolare nel neonato la produzione di immunoglobuline (IgA) e di ridurre la diversità del microbiota intestinale a tre mesi in linea, anche se in misura minore, con il latte materno. A questo si aggiunge l’inibizione di citochine infiammatorie in vitro e il contrasto di infezioni enteriche o coliti in vivo.
Specifici postbiotici hanno mostrato di supportare la funzionalità della barriera epiteliale evitando la traslocazione batterica nel torrente ematico e, di conseguenza, il rischio di sviluppare malattie sistemiche. Esopolisaccaridi prodotti da Bacillus subtilis o Streptococcus thermophilus, per esempio, hanno dimostrato di incrementare l’espressione delle proteine di giunzione stretta (occludina, claudina-1 ecc.), fondamentali per la funzionalità della parete intestinale.
I postbiotici svolgono inoltre un’attività simil-statina sul metabolismo lipidico promuovendo la riduzione della sintesi del colesterolo endogeno.
Oltre a ciò, questi postbiotici hanno mostrato un’attività antimicrobica nei confronti di certi patogeni intestinali quali Listeria monocytogenes, Enterococcus, Bacillus, Listeria, Staphylococcus o Salmonella.
In modelli murini di colite, alcuni ricercatori hanno poi osservato una modulazione maggiore del microbiota intestinale dopo somministrazione diretta di postbiotici rispetto al probiotico B. Adolescentis B8598, suggerendo possibili applicazioni nel risolvere quadri di disbiosi intestinale. Non solo. Il postbiotico di L. paracasei, ad esempio, ha dimostrato un’efficacia indipendente e, per certi aspetti, migliore del ceppo stesso in seguito a infezione con Salmonella typhimurium. Si è infatti mantenuta una buona integrità di membrana limitando l’invasione del patogeno con, inoltre, un miglioramento dello stato infiammatorio in presenza di IBD.
Migliorerebbero infine salute e benessere svolgendo anche effetti antiossidanti con l’utilizzo di enzimi in grado di combattere i radicali liberi dell’ossigeno. Esercitano anche un’attività anti-cancerogenica provocando apoptosi delle cellule degenerate a livello gastrointestinale e di promuovere modifiche epigenetiche di oncogeni e oncosoppressori.
Sicché, inducendo cambiamenti rilevanti nel microbioma intestinale, ossia alterandone la composizione microbica, i postbiotici sono in grado di migliorare la funzione immunitaria aumentando i biomarcatori di immunità innati ed acquisiti.
In conclusione, i postbiotici avrebbero un ruolo vitale nell’attivazione del sistema immunitario, rinforzano la barriera e l’ecosistema intestinale e modellano indirettamente il microbiota intestinale mostrando un non trascurabile potenziale antinfiammatorio, immunomodulante, antiproliferativo, antiossidante e antimicrobico.
Partendo da tali presupposti, i postbiotici potrebbero trovare indicazione nella prevenzione e nel trattamento di molte patologie croniche non solo del tratto gastroenterico; sarebbero particolarmente indicati, migliorandone la condizione clinica, in soggetti con malattie gastrointestinali ed extra-intestinali – che presentano gonfiore, coliche, diarrea – con infezioni del tratto respiratorio superiore e con disturbi oculari come l’affaticamento degli occhi.
Prove scientifiche pre-cliniche dimostrano inoltre una loro favorevole applicazione in caso di asma, colite ulcerosa, colite associata a cancro del colon retto, diabete di tipo 2, lesioni epatiche e cardiache, dermatite atopica, influenza.
Postbiotici sono per esempio gli acidi grassi a catena corta (SCFAs) come butirrato, propionato, acetato, ma anche esopolisaccaridi, vitamine, acidi tecoici, determinati enzimi, peptidi o batteriocine; prodotti dalla fermentazione di batteri lattici, essi hanno dimostrato la capacità di ridurre l’infiammazione intestinale andando ad attivare determinati recettori coinvolti nel mantenere integra e funzionante la barriera intestinale ed attivare in questo modo il meccanismo di regolazione dell’infiammazione, riducendola.
Così il butirrato, il SCFA più studiato, ha mostrato effetti anti-infiammatori e anti-carcinogenici a livello della mucosa del colon: pazienti con infiammazioni croniche intestinali (malattia di Chron e rettocolite ulcerosa) hanno spesso una carenza di questo metabolita a livello intestinale. Una sua reintroduzione in vivo potrebbe quindi essere in grado di ripristinare un equilibrio intestinale simil-fisiologico.
Anche il propionato e l’acetato, altri esempi di acidi grassi a corta catena, hanno mostrato proprietà analoghe.
Esiste anche la possibilità, alcuni studi lo dimostrano, di ricorrere a miscele di postbiotici in cui i singoli metaboliti possono sviluppare anche un’azione sinergica tra di loro aumentando gli effetti benefici.
L’idea alla base dei postbiotici è semplice: invece di usare ceppi batterici che producono butirrato, acetato e propionato, si può ricorrere direttamente a preparazioni a base di butirrato acetato e propionato, che sono sicure per l’utilizzo umano, assicurando pari effetto ma assenza di effetti collaterali.
Conclusioni
Il ruolo del microbiota intestinale in innumerevoli processi fisiologici e patologici è ormai noto, così come è ben studiato il ricorso a prebiotici e probiotici per modularlo.
Oggi la nuova frontiera è rappresentata dai postbiotici, prodotti di derivazione batterica che stanno aprendo le strade a nuovi approcci terapeutici eliminando gli eventuali rischi nell’utilizzo di microrganismi vivi. Sono necessari, tuttavia, ancora studi per valutare meglio i loro effetti benefici così da ampliare anche i campi di applicazione.