Rieducazione alla Salute

Nuovi criteri diagnostici per l’obesità

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La diagnosi di obesità non dovrebbe limitarsi solo all’indice di massa corporea (BMI), ma includere anche parametri quali la circonferenza della vita e i singoli sintomi fisici.

Lo afferma la Commissione sull’Obesità Clinica, composta da 58 esperti provenienti da diversi istituti medici e paesi, in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet Diabetes & Endocrinology che propone una revisione fondamentale nella definizione di obesità. Tra i commissari c’erano persone con esperienza vissuta di obesità per garantire la considerazione delle prospettive dei pazienti.

Al presente, la definizione di obesità è incentrata sull’Indice di Massa Corporea (IMC), uno dei parametri più utilizzati per classificare il peso corporeo e il rischio associato di malattie. Il nuovo approccio mette in evidenza l’importanza di considerare non solo l’IMC in senso stretto, ma anche le sue limitazioni nel fornire un quadro completo della salute individuale e collettiva.

L’obesità si caratterizza per un accumulo patologico di grasso corporeo, ed è associata a gravi conseguenze per la salute durante tutto il corso della vita, in quanto è associata ad aumento del rischio di malattie cardiovascolari (ipertensione, malattie coronariche, tendenza all’infarto) e disordini del metabolismo, come il diabete di tipo 2 o l’ipercolesterolemia.

L’obesità

L’obesità è definita come un eccessivo accumulo di grasso corporeo in relazione alla massa magra, in termini sia di quantità assoluta, sia di distribuzione in punti precisi del corpo. L’obesità rappresenta oggi uno dei principali problemi di salute pubblica nel mondo. Siamo infatti di fronte a una vera e propria epidemia globale, che si sta diffondendo in molti Paesi e che può causare, in assenza di un’azione immediata, problemi sanitari molto gravi nei prossimi anni.

Le persone che nel mondo convivono con l’obesità superano ormai il miliardo, secondo gli ultimi dati pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità.

Negli ultimi tre decenni, i tassi di obesità sono quadruplicati nei bambini e raddoppiati tra gli adulti, con una prevalenza combinata che è aumentata nella maggior parte dei Paesi.

Nel 2022, l’ultimo anno per il quale sono disponibili i dati, sono 880 milioni gli adulti (età pari o superiore a 20 anni) e 159 milioni i bambini e ragazzi (età 5-19 anni) con obesità, con tassi quadruplicati nei più giovani negli ultimi tre decenni. Negli adulti, i tassi più alti si registrano a Tonga e nelle Samoa americane per le donne, e nelle Samoa americane e Nauru per gli uomini, mentre i più bassi in Giappone, Timor Est e Vietnam per le donne, e in Ruanda, Timor Est ed Etiopia negli uomini.

A livello globale, i tassi di obesità in tutto il mondo sono aumentati dall’8,8% del 1990 al 18,5% del 2022 per le donne, e dal 4,8% al 14% per gli uomini. Sempre nello stesso periodo di tempo, nella fascia di età 5-19 anni, il tasso di obesità è aumentato dall’1,7% al 6,9% per bambine e ragazze, e dal 2,1% al 9,3% per bambini e ragazzi.

Su 200 Paesi presi in esame, l’Italia si colloca si colloca al 144° posto per tasso di obesità tra le donne e al 119° posto tra gli uomini, pur registrando un aumento della prevalenza di 3 punti percentuali nelle donne (dal 14,6% del 1990 al 17,6% del 2022) e di 7,3 punti percentuali negli uomini (dal 10,7% del 1990 al 18% del 2022).

Limiti dell’IMC

La classificazione della popolazione in base al peso viene fatta utilizzando l’Indice di Massa Corporea (IMC o BMI = body mass index, secondo la definizione americana), considerato l’indicatore più rappresentativo della presenza di grasso corporeo in eccesso. Il  BMI si calcola secondo la formula seguente: BMI = peso (in kg)/quadrato dell’altezza (in metri); si parla di obesità quando l’IMC è pari o superiore a 30 kg/m2. Il BMI ideale per la salute varia in base all’età e al sesso ma, in generale, si considera ottimale un valore compreso tra 20 e 25 kg/m2.

L’Indice di Massa Corporea (IMC o body mass index, BMI) è stato storicamente uno degli strumenti più usati dai professionisti sanitari per definire l’obesità. Tuttavia, l’indice presenta una serie di limiti: il BMI non è una misura diretta del tessuto adiposo, non riflette la sua distribuzione corporea, non fornisce informazioni su salute o patologia a livello del singolo individuo né circa la complessità dei fattori coinvolti.

Pertanto molti esperti ritengono che non sia più sufficiente come unico indicatore di salute. “Basarsi solo sul BMI per diagnosticare l’obesità può rappresentare un problema perché alcune persone tendono a immagazzinare grasso in eccesso a livello del punto vita e all’interno o intorno i loro organi, come il fegato, il cuore o i muscoli; questi si associa ad un maggior rischio per la salute rispetto a quando il grasso in eccesso è localizzato solo sottocute, a livello delle braccia, delle gambe o in altre aree corporee. Ma le persone con un eccesso di tessuto adiposo non sempre presentano un BMI che li faccia riconoscere come individui con obesità, e questo significa che i loro problemi di salute possono sfuggire. Inoltre alcune persone con elevato BMI e alto contenuto di grasso corporeo possono mantenere una normale funzionalità degli organi e dell’organismo, senza segni o sintomi di patologie concomitanti”, afferma il componente della Commissione, professor Robert Eckel, Anschutz Medical Campus dell’Università del Colorado (USA).

Proposte della Commissione

La Commissione, con l’endorsement di oltre 75 associazioni mediche a livello mondiale, propone un nuovo approccio, con più sfumature per la diagnosi di obesità. Pur riconoscendo l’utilità del BMI come strumento di screening per individuare le persone potenzialmente con obesità, sostiene quindi di prendere le distanze dal diagnosticare l’obesità basandosi solo sul BMI. Raccomanda invece di confermare la presenza di una massa adiposa in eccesso (obesità) e di studiare la sua distribuzione corporea usando uno dei metodi seguenti:

  • Almeno una misurazione corporea (circonferenza vita, rapporto vita-anche o vita-altezza) in aggiunta al BMI
  • Almeno due misurazioni corporee (circonferenza vita, rapporto vita-anche o vita-altezza), a prescindere dal BMI
  • Misurazione diretta del tessuto adiposo corporeo (attraverso la DEXA o scansione della densitometria ossea), a prescindere dal BMI

Nelle persone con BMI molto alto (es. > 40 Kg/m2) si può presumere in modo empirico la presenza di un eccesso di grasso corporeo.

La Commissione definisce l’obesità come una condizione caratterizzata da eccesso di adiposità, con o senza distribuzione o funzione anomala del tessuto adiposo e con cause multifattoriali e ancora incompletamente comprese. Individua due nuove categorie di obesità:

  • obesità clinica: condizione di obesità associata a segni e/o sintomi oggetti di ridotta funzione d’organo o con una capacità significativamente ridotta di svolgere le normali attività della vita quotidiana (farsi il bagno, vestirsi, mangiare e la continenza), riconducibile direttamente al grasso corporeo in eccesso. L’obesità clinica è una malattia cronica sistemica caratterizzata da alterazioni nella funzione di tessuti, organi, dell’intero individuo o una combinazione di questi, dovute a un eccesso di adiposità; essa può portare a gravi danni agli organi terminali, causando complicazioni che alterano la vita e potenzialmente pericolose per la vita (ad esempio, infarto, ictus e insufficienza renale). Le persone con obesità clinica andrebbero considerate come soggetti affetti da una patologia cronica e ricevere un’appropriata gestione e trattamenti.

La Commissione fissa 18 criteri diagnostici per l’obesità clinica negli adulti e 13 criteri specifici per bambini e adolescenti, comprendenti:

  • Dispnea (affanno) dovuta agli effetti dell’obesità sui polmoni
  • Insufficienza cardiaca indotta dall’obesità
  • Dolore al ginocchio o alle anche, con rigidità articolare, e ridotto range di movimento come effetto diretto di un eccesso di grasso corporeo a livello delle articolazioni
  • Alcune alterazioni delle ossa e articolazioni nei bambini e negli adolescenti in grado di limitare i movimenti
  • Altri segni e sintomi causati da disfunzioni a livello di altri organi, compresi reni, vie respiratorie superiori, organi metabolici, sistema nervoso, urinario e riproduttivo e sistema linfatico degli arti inferiori
  • obesità pre-clinica: condizione di obesità in presenza di una normale funzione degli organi. Le persone che vivono con obesità pre-clinica quindi non hanno patologie concomitanti, sebbene abbiamo un rischio variabile ma in generale aumentato di sviluppare obesità clinica e varie altre malattie non trasmissibili in futuro, compresi diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, alcune forme di tumori e di patologie mentali, tra le altre. Come tali, dovrebbero essere supportate per ridurre il rischio di patologie potenziali.

Le persone che vivono con obesità pre-clinica sono a rischio di malattie future ma non presentano al momento complicanze dovute all’eccesso di grasso corporeo. Di conseguenza, l’approccio alla loro presa in carico dovrebbe mirare ad una riduzione del rischio. A seconda del livello individuale di rischio, questo potrà richiedere il solo counselling e monitoraggio nel tempo o l’instaurazione di un trattamento attivo, se necessario per ridurre in maniera sostanziale l’elevato livello di rischio.

Questo approccio sfumato all’obesità, consentirà un approccio evidence-based e personalizzato alla prevenzione, alla gestione e al trattamento degli adulti e dei bambini con obesità, consentendo loro di ricevere una presa in carico più appropriata, commisurata alle loro necessità. Questo consentirà anche di risparmiare risorse sanitarie, riducendo il tasso di sovradiagnosi e di trattamenti non necessari – afferma la Professoressa Louise Baur, University of Sydney (Australia), componente della Commissione”.

Un nuovo approccio per la diagnosi, dunque, con più sfumature e più accurato. Il BMI, spiegano gli esperti, non rappresenta insomma una misura affidabile di salute o malattia e può portare a diagnosi errate.

A chiarire l’importanza del nuovo approccio è il presidente della commissione Francesco Rubino, del King’s College di Londra: “Le evidenze scientifiche raccontano una realtà molto più sfumata. Alcuni individui con obesità possono mantenere una normale funzione d’organo e un buono stato di salute globale, anche a lungo termine; mentre altri mostrano segni di malattia grave subito. La nostra riformulazione riconosce la realtà sfumata dell’obesità e permette un trattamento personalizzato. Questo comprende un accesso tempestivo ai trattamenti per gli individui con obesità clinica e strategie di trattamento per la riduzione di rischio per le persone con obesità pre-clinica. Ciò potrà facilitare una riallocazione razionale delle risorse sanitarie”. Infatti, precisa Robert Eckel dell’Università del Colorado, “basarsi solo sul BMI può rappresentare un problema perché alcune persone tendono a cumulare grasso in eccesso a livello del punto vita e all’interno o intorno i loro organi, come fegato, cuore o muscoli; questo si associa ad un maggior rischio per la salute rispetto a quando il grasso in eccesso è localizzato solo sottocute, a livello di braccia, gambe o in altre aree. Ma le persone con un eccesso di tessuto adiposo non sempre presentano un BMI che li faccia riconoscere come individui con obesità, e questo significa che i loro problemi di salute possono sfuggire”.

Conclusioni

L’evoluzione della definizione di obesità proposta da Lancet segna una svolta nel modo in cui viene affrontata l’obesità, un problema di salute globale. Mentre l’IMC resta uno strumento utile, la sua capacità di predire la salute generale è limitata, ed è necessaria una visione più completa che consideri variabili biologiche, fisiologiche e comportamentali. La nuova definizione di obesità, che integra l’IMC con altri indicatori, potrebbe essere la chiave per promuovere un approccio più mirato, efficace e inclusivo nella lotta contro le malattie legate all’obesità, oltre a rappresentare un passo fondamentale per definire i Livelli essenziali di assistenza e garantire trattamenti adeguati. “Riconoscere l’obesità come una malattia, in particolare l’obesità clinica, ossia quella accompagnata da segni e sintomi specifici – spiega Geltrude Mingrone, direttrice Uoc patologie dell’Obesità del Policlinico Universitario Gemelli Irccs – consentirà di ridurre lo stigma associato a questa condizione tra il pubblico, i medici e i decisori politici. Questo è un passo fondamentale per definire i livelli essenziali di assistenza (LEA) e garantire un trattamento adeguato di questa patologia.

Francesco Rubino, David E Cummings, Robert H Eckel, Ricardo V Cohen, John P H Wilding, Wendy A Brown, Fatima Cody Stanford, Rachel L Batterham, I Sadaf Farooqi, Nathalie J Farpour-Lambert, Carel W le Roux, Naveed Sattar, Louise A Baur, Katherine M Morrison, Anoop Misra, Takashi Kadowaki, Kwang Wei Tham, Priya Sumithran, W Timothy Garvey, John P Kirwan, José-Manuel Fernández-Real, Barbara E Corkey, Hermann Toplak, Alexander Kokkinos, Robert F Kushner, Francesco Branca, Jonathan Valabhji, Matthias Blüher, Stefan R Bornstein, Harvey J Grill, Eric Ravussin, Edward Gregg, Noor B Al Busaidi, Nasreen F Alfaris, Ebaa Al Ozairi, Lena M S Carlsson, Karine Clément, Jean-Pierre Després, John B Dixon, Gauden Galea, Lee M Kaplan, Blandine Laferrère, Martine Laville, Soo Lim, Jesús R Luna Fuentes, Vicki M Mooney, Joseph Nadglowski Jr, Agbo Urudinachi, Magdalena Olszanecka-Glinianowicz, An Pan, Francois Pattou, Philip R Schauer, Matthias H Tschöp, Maria T van der Merwe, Roberto Vettor, Geltrude Mingrone: Definition and diagnostic criteria of clinical obesity The Lancet Diabetes & Endocrinology January 14, 2025

Redazione amaperbene.it

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