Da sapere

Melanoma cutaneo: fattori di rischio, prevenzione, diagnosi

Getting your Trinity Audio player ready...

Cos’è il melanoma

La pelle è l’organo più esteso del nostro corpo ed è formata da 3 strati: l’epidermide, il derma e il tessuto sottocutaneo o grasso.

Il melanoma cutaneo è un tumore che deriva dalla trasformazione tumorale dei melanociti, cellule situate nella parte inferiore dell’epidermide, appena sopra il derma. Queste cellule producono un pigmento chiamato melanina, che conferisce la colorazione alla pelle, ai capelli e ad alcune parti dell’occhio; la melanina protegge dagli effetti dannosi dei raggi solari e permette alla pelle di abbronzarsi quando ci si espone al sole. In condizioni normali i melanociti possono dar luogo ad agglomerati scuri visibili sulla superficie della pelle e noti come nei (nevi è il termine medico).

Il melanoma può manifestarsi in qualsiasi zona di cute, con una maggiore incidenza sulle gambe per le donne e sul dorso per gli uomini. Può formarsi a partire da un neo pre-esistente o ex-novo. Altre sedi in cui può svilupparsi, ma più raramente, sono occhi, unghie, bocca e genitali.

Incidenza

Il melanoma cutaneo è piuttosto raro nei bambini e colpisce maggiormente con l’avanzare dell’età, anche se l’età media alla diagnosi si è abbassata negli ultimi decenni. Rappresenta, infatti, uno dei tumori più comuni tra i giovani adulti con meno di 30 anni.

In Italia è il terzo tumore più frequente al di sotto dei 50 anni in entrambi i sessi e nel 2023 sono state stimate circa 12.700 nuove diagnosi, di cui 7.000 tra gli uomini e 5.700 tra le donne.

È opportuno ricordare che il melanoma cutaneo rappresenta solo una piccola percentuale (circa il 5 per cento) di tutti i tumori che colpiscono la pelle ma è certamente il più aggressivo.

In Italia, la malattia ha visto negli ultimi anni un trend di incidenza in crescita costante: l’aumento stimato è significativo sia nei maschi (+ 4,4% per anno), sia nelle donne (+3,1% per anno).

Chi è a rischio

Il rischio di insorgenza del melanoma cutaneo è legato a fattori genetici, fenotipici, ambientali e alle combinazioni tra questi. Il più importante fattore di rischio ambientale è stato identificato nell’esposizione eccessiva e ripetuta alla luce ultravioletta (UV), che arriva fino a noi sotto forma di raggi UVA e UVB, ed è principalmente veicolata dai raggi del sole; il rischio è in rapporto sia alle dosi assorbite sia al tipo di esposizione (intermittente più che cronica) e anche all’età (a maggior rischio l’età infantile e adolescenziale). Esporsi troppo al sole, soprattutto in età precoce, rappresenta un pericolo, perché può danneggiare il DNA delle cellule della pelle e innescare la trasformazione tumorale, il che molti anni dopo può portare all’insorgenza del melanoma. È importante ricordare che anche le lampade e i lettini solari sono sorgenti di raggi ultravioletti e devono quindi essere utilizzati il meno possibile, possibilmente mai, comunque con creme solari; diversi sono gli studi pubblicati che evidenziano un significativo aumento del rischio di melanoma nei soggetti che fanno uso di lampade e/o lettini per l’abbronzatura e il rischio è maggiore se l’esposizione avviene in giovane età.

Altri fattori di rischio noti sono l’insufficienza funzionale del sistema immunitario (dovuta, per esempio, ad alcune malattie, a precedenti chemioterapie o a trapianti) e alcune malattie ereditarie (per esempio lo xeroderma pigmentoso, nel quale non si riesce a riparare i danni al DNA causati dalle radiazioni).

Il rischio è maggiore negli individui caucasici (di pelle bianca, occhi e capelli chiari) e aumenta anche nelle persone con molte lentiggini o con molti nei, in quelle che hanno riportato molte scottature solari soprattutto se in età pediatrica. Altri fattori di rischio importanti sono avere un parente stretto colpito da questo tumore o avere avuto un precedente melanoma cutaneo o un diverso tipo di tumore della pelle, come il carcinoma a cellule squamose e il carcinoma basocellulare. Esiste inoltre la possibilità, anche se rara, di aver ereditato da un genitore alterazioni in alcuni geni che possono predisporre allo sviluppo del melanoma.

Importanza del fototipo

Il fototipo si riferisce alla capacità di reazione individuale all’esposizione solare; essa dipende da fattori ereditari, razziali e geografici. In pratica, il fototipo identifica la capacità della pelle di produrre melanina, il pigmento responsabile del colore della pelle e della protezione contro i raggi UV.

La classificazione, sviluppata dal dermatologo americano Thomas B. Fitzpatrick nel 1975, è basata su diverse caratteristiche della pelle, tra cui il colore degli occhi e dei capelli, la tendenza a scottarsi o abbronzarsi e la reazione ai raggi solari. Comprendere il proprio fototipo è fondamentale per adottare le giuste precauzioni e proteggere la pelle dai danni del sole. Il sistema di Fitzpatrick identifica sei fototipi cutanei principali, numerati da I a VI, ognuno caratterizzato da una specifica risposta della pelle ai raggi ultravioletti (UV).

  1. Fototipo I:

Caratteristiche: Pelle molto chiara, spesso con lentiggini, capelli rossi o biondi, occhi chiari.
Reazione al sole: Sempre si scotta, non si abbronza mai.
Rischi: Altissimo rischio di danni solari e melanoma.

  1. Fototipo II:

Caratteristiche: Pelle chiara, capelli biondi o castano chiaro, occhi chiari.
Reazione al sole: Di solito si scotta, si abbronza con difficoltà.
Rischi: Alto rischio di danni solari e melanoma.

  1. Fototipo III:

Caratteristiche: Pelle chiara o leggermente scura, capelli castani, occhi marroni o verdi.
Reazione al sole: Si scotta a volte, si abbronza gradualmente.
Rischi: Rischio moderato di danni solari e melanoma.

  1. Fototipo IV:

Caratteristiche: Pelle moderatamente scura, capelli castano scuro o neri, occhi marroni.
Reazione al sole: Raramente si scotta, si abbronza con facilità.
Rischi: Rischio basso di danni solari e melanoma.

  1. Fototipo V:

Caratteristiche: Pelle scura, capelli neri, occhi scuri.
Reazione al sole: Molto raramente si scotta, si abbronza facilmente e rapidamente.
Rischi: Basso rischio di danni solari e melanoma, ma non nullo.

  1. Fototipo VI:

Caratteristiche: Pelle molto scura, capelli neri, occhi scuri.
Reazione al Sole: Non si scotta mai, sempre abbronzata.
Rischi: Minimo rischio di danni solari e melanoma, ma sempre presente.

Conoscere il fototipo di un paziente è fondamentale. Le persone con fototipi I e II, che si scottano facilmente e si abbronzano con difficoltà, dovrebbero essere particolarmente attente all’esposizione e necessitano di misure di protezione solare più rigorose, perché sono a maggior rischio di melanoma e altri tipi di cancro della pelle.

Mappatura dei nei

La mappatura dei nei, eseguita da uno specialista, è utile per studiare il comportamento di uno o più nei nel tempo, capire se uno o più nei cambiano aspetto e diventano pericolosi, in modo da asportarli chirurgicamente e prevenire la loro degenerazione in melanoma: la prognosi è infatti più favorevole quanto più precoce è la diagnosi e il tumore meno diffuso.

Tale procedura consiste nell’acquisire digitalmente sia le immagini macroscopiche sia quelle dermoscopiche dei nei. Queste si ottengono con una apposita telecamera dotata di lente che si appoggia su ogni neo per cogliere immagini non visibili a occhio nudo.

Le fotografie dermoscopiche dei nevi vengono numerate e quindi archiviate per poterle confrontare con quelle dei mesi o anni successivi in modo da poter notare segni di modificazioni, anche non visibili a occhio nudo.

Esistono oggi sistemi avanzatissimi di videodermoscopia di screening simultaneo di tutte le neoformazioni o lesioni del corpo. Il sistema cattura simultaneamente l’intera superficie cutanea esposta ed elabora ad altissima risoluzione una sola immagine del corpo del paziente in 3d, posizionandovi tutte le lesioni, che vengono numerate.

Anche se purtroppo nell’ultimo anno la pandemia ha rallentato i controlli, questo esame fa parte della prevenzione del melanoma secondaria, da effettuare regolarmente.

Riconoscimento della lesione

Il melanoma è una neoformazione della pelle che differisce, rispetto a un normale neo per alcune caratteristiche morfologiche precise. Il segno principale del melanoma cutaneo è il cambiamento nell’aspetto di un neo o la comparsa di uno nuovo. Le caratteristiche di un neo che possono indicare l’insorgenza di un melanoma sono riassunte nella sigla ABCDE:

A) come Asimmetria nella forma (un neo benigno è generalmente circolare o comunque tondeggiante, un melanoma è più irregolare); se si traccia una linea nel mezzo del neo ci si accorge che una metà è diversa dall’altra.

B) come Bordi frastagliati, irregolari, mentre quelli dei nei benigni sono regolari;

 

C) come Colore disomogeneo (ovvero con sfumature diverse all’interno del neo stesso); i melanomi possono presentare una colorazione disomogenea che comprende diversi colori quali nero, blu, rosso e rosa; anche quando sono marroni presentano più gradazioni. Al contrario i nevi benigni sono solitamente di colore marrone uniforme.

D) come Dimensioni in aumento, sia in larghezza sia in spessore, anche se i melanomi possono avere un’ampiezza di pochi millimetri; i nevi benigni hanno di solito un diametro inferiore ai 6 mm, dimensione oltre la quale bisogna porre particolare attenzione perché potrebbe essere un indizio che si tratta di un melanoma.

E) come Evoluzione del neo che, in un tempo piuttosto breve, mostra cambiamenti di aspetto (grandezza, forma, colore). Se vedi che il neo cambia ed evolve rivolgiti a un medico.

Tra gli altri campanelli d’allarme che devono essere valutati da un medico vi sono un neo che sanguina anche minimamente, che prude o che è circondato da un nodulo o da un’area arrossata. Si tratta di elementi che possono indicare la presenza del melanoma per cui devono essere valutati quanto prima da un medico dermatologo/specialista.

Tipologie

I melanomi cutanei originano sia su una cute integra sia da nevi preesistenti, quindi che sono presenti fin dalla nascita (congeniti) o dalla prima infanzia; o possono svilupparsi da nevi che compaiono durante il corso della vita (acquisiti).

Dal punto di vista clinico, si distinguono 4 tipi di melanoma cutaneo:

  • melanoma a diffusione superficiale (il più comune, rappresenta circa il 70 per cento di tutti i melanomi cutanei); si caratterizza per una crescita lenta sulla superficie della pelle di una macchia marrone-nera che si allarga a partire da un neo. Questo tipo di melanoma si manifesta con maggiore frequenza sulle gambe delle donne e sul tronco degli uomini. Le cellule tumorali presentano comunemente mutazioni del gene BRAF.
  • lentigo maligna melanoma,
  • melanoma lentigginoso acrale e
  • melanoma nodulare (il più aggressivo, rappresenta circa il 10-15 per cento dei melanomi cutanei). A differenza dei primi 3 tipi, che hanno inizialmente una crescita superficiale, il melanoma nodulare invade il tessuto in profondità sin dalle sue prime fasi.

Classificazione molecolare 

La più moderna classificazione genomica del melanoma deriva dal lavoro del The Cancer Genome Atlas Network[1], che ha classificato il melanoma cutaneo in 4 sottotipi basandosi sui geni più frequentemente mutati: 1. BRAF; 2. RAS; 3. NF1; 4. Triple-WT (assenza di mutazioni dei geni BRAF, RAS e NF1; mutazioni e amplificazioni di KIT rappresentano una delle caratteristiche di quest’ultimo sottotipo). Non si sono riscontrate associazioni tra sottotipo molecolare e prognosi, mentre i casi che manifestavano un profilo di attivazione immunologica, indipendentemente dal genoma, erano associati a migliore sopravvivenza, suggerendo l’importante ruolo prognostico dell’immunobiologia del microambiente tumorale e offrendo spunti per nuove strategie per la personalizzazione delle terapie.

Il melanoma cutaneo è tra i tumori con il più alto carico mutazionale; la maggior parte delle sue mutazioni sono causate dalle radiazioni ultraviolette (UV) e consistono in transizioni C>T; i melanomi che non sono portatori di mutazioni causate dai raggi UV sono infrequenti sulla cute, ma rappresentano la stragrande maggior parte di quelli che originano dagli occhi, dalle mucose e dai siti acrali (palmo della mano o pianta del piede). Il melanoma che origina dalle mucose ed il melanoma acrale hanno un pattern molecolare diverso da quello del melanoma cutaneo, con un carico mutazionale nettamente inferiore.

Il sottotipo molecolare più numeroso è quello definito dalla presenza di mutazioni di BRAF, presenti in circa il 50% dei melanomi cutanei. La mutazione più frequente di BRAF è la V600E (circa 85% dei casi), seguita dalla V600K (circa il 10%) e V600R (2%), ed è anti-correlata con mutazioni di NRAS. Nel caso dei pazienti con melanoma BRAF mutato, tale anomalia fa sì che il gene BRAF produca una proteina alterata, cioè cronicamente attivata, che stimola in maniera continuativa la proliferazione delle cellule tumorali. Da tempo sono stati sviluppati farmaci a bersaglio molecolare specifici contro questa alterazione.

In uno studio su più di 300 pazienti, si è osservato che la mutazione di BRAF V600E era particolarmente frequente nei soggetti che avevano fatto uso di lettini abbronzanti, in particolare in coloro che avevano iniziato a utilizzarli prima dei 25 anni. I dati di questo studio suggeriscono che i lettini abbronzanti potrebbero favorire l’insorgenza di melanomi su cute non cronicamente esposta al sole tramite una patogenesi mediata dalla mutazione di BRAF V600E. L’individuazione di BRAF V600 come bersaglio terapeutico è stata una scoperta chiave per il trattamento moderno del melanoma, e nei pazienti con melanoma BRAF-mutato gli inibitori di BRAF in combinazione con inibitori di MEK rappresentano un trattamento standard.

Prevenzione

Da quanto accennato, risulta evidente che esistono alcuni comportamenti virtuosi che possono ridurre il rischio di sviluppare tumori della pelle. Pochi e semplici accorgimenti sono sufficienti. Il principale fattore di rischio ambientale per i tumori cutanei è sicuramente rappresentato dall’esposizione a raggi ultravioletti (UVA e UVB) che derivano dal sole ma anche da lettini e lampade ultraviolette presenti nei centri di abbronzatura artificiale.

  1. Evitare l’esposizione eccessiva e le conseguenti scottature se si ha un fototipo I o II. Chi si scotta frequentemente (cute fotosensibile, in particolare a fototipo rosso) e possiede fattori genetici predisponenti (come la Sindrome del nevo atipico) ha infatti maggiori possibilità di sviluppare il melanoma.
  2. Esporsi gradualmente, utilizzando creme solari con fattore di protezione alto, per poter consentire alla pelle di sviluppare una naturale abbronzatura, che riduce il rischio di scottature. Il primo giorno bisognerebbe esporsi per non più di 45 minuti, che diventano 20 se la radiazione è intensa. Ogni giorno bisognerebbe aumentare il tempo di esposizione fino a ottenere in 15-20 giorni di esposizione solare un’abbronzatura graduale. L’abbronzatura appare infatti più lentamente e meno intensa ma è più uniforme e dura di più. Bisogna continuare ad utilizzare le creme solari anche quando si è già abbronzati perché la cute abbronzata non è comunque protetta completamente dall’azione degli UV che creano danni al DNA.
  3. Evitare di esporsi durante le ore centrali della giornata (indicativamente dalle 11 alle 16): in tali ore, infatti, vi è un maggiore irraggiamento del sole e il grado di intensità delle radiazioni ultraviolette è massimo. Questo perché la quantità di radiazioni UV è collegata all’angolo di elevazione del sole. Per lo stesso motivo ai tropici e in alta montagna è necessario prestare maggiore attenzione.
  4. Proteggere i bambini ed evitare l’esposizione solare diretta dei neonati fino a 1 anno: le ustioni solari in età pediatrica correlano con un aumentato rischio di sviluppare melanoma in età adulta. Inoltre, i neonati hanno una pelle più sottile e pertanto è più sensibile ai danni da UV. Dopo i sei mesi di età si suggerisce di applicare una crema con fattore di protezione 50+.
  5. Proteggere in modo particolare naso, labbra, orecchie, collo e petto, spalle e cuoio cappelluto che per la loro posizione sono fotoesposte per maggior tempo e sono più frequentemente interessate da scottature solari. La pelle del viso e del collo, inoltre, è più sottile e quindi ha una difesa inferiore ai raggi UV. Si consiglia inoltre di porre attenzione anche per le cicatrici recenti, molto sensibili agli UV, per evitare che diventino indelebili.
  6. Indossare indumenti in grado di proteggere dai raggi del sole, come un cappello, maniche lunghe e occhiali da sole con filtro UV 100%. La barriera fisica creata dagli indumenti è efficace nel bloccare i raggi UV e la loro capacità non varia nel tempo anche se bisogna prestare attenzione all’umidità, al colore e alle fibre (ad esempio, un tessuto di cotone, bianco e bagnato è meno efficace di un tessuto scuro e asciutto). L’esposizione eccessiva può inoltre causare danni agli occhi che sono naturalmente privi di strutture protettive come la melanina e la cheratina su cui può contare la pelle.
  7. Approfittare dell’ombra naturale di alberi, tettoie e ambrelloni. L’ombra impedisce l’incidenza diretta dell’UV sulla nostra cute quindi riduce il danno attinico. Non può impedire l’incidenza riflessa dell’UV ma la rende comunque meno intensa e quindi meno dannosa. La pelle viene infatti colpita dalla radiazione diretta del sole ma anche da quella riflessa. L’esposizione al sole è quindi il risultato della congiunzione dell’irradiazione diretta, dell’irradiazione solare diffusa nell’atmosfera e dell’irradiazione riflessa dal suolo (la neve riflette all’80%, la sabbia al 20%, l’acqua al 30%).

Attenzione all’uso di cosmetici: quando ci si espone al sole potrebbero in alcuni casi amplificare l’effetto delle radiazioni.

  1. Usare creme solari adeguate al proprio fototipo con filtri per i raggi UVA e UVB. Le creme solari riducono il danno attinico perché hanno dei filtri antisolari che sono sia fisici (in grado di rifletterei raggi solari) sia chimici (in grado di assorbire e bloccare l’energia solare). Il fattore di protezione di un prodotto solare è calcolato con metodologie diverse a seconda che ci si riferisca ai raggi UVA e UVB e dipende dalla quantità e della qualità del filtro presente. La protezione UVB serve per evitare le scottature ma i solari devono proteggere anche contro i raggi UVA, responsabili dei danni più profondi per la pelle. Scegliere la crema solare dipende dal proprio fototipo: tanto il nostro fototipo è chiaro, tanto più l’SPF dovrà essere alto.
  2. Applicare le creme fotoprotettive in dosi adeguate e per più volte durante l’esposizione. L’efficacia delle creme solari dipende dalla quantità di crema che si applica sulla cute e dal numero di applicazioni. La quantità raccomandata dall’Unione Europea nella campagna per la protezione solare è di 36 g/applicazione per un intero corpo adulto, che corrisponde circa a 6 cucchiaini colmi. Il numero di applicazioni, invece, dipende dal numero di bagni al mare e l’attività fisica; non bisogna dimenticare, infatti, che a causa del sudore e dell’acqua si diluisce fino a scomparire. Pertanto è importante riapplicarla almeno ogni 2-3 ore per evitare che perda la sua azione protettiva. Attenzione inoltre alla data di scadenza e alle condizioni di conservazione che potrebbero degradare il prodotto prima della scadenza alterandone la fotostabilità. Generalmente le creme solari hanno una durata di 12 mesi ma considerando che vengono lasciate aperte sotto il sole, potrebbero durare anche meno. Per questo motivo non è consigliabile utilizzare la crema solare dell’estate precedente.
  3. Evitare l’utilizzo delle lampade artificiali per abbronzarsi. Le lampade abbronzanti vengono ritenute cancerogene per la pelle, tanto che molti Paesi ne vietano l’uso alle categorie più a rischio tra cui i minorenni. L’uso di lettini solari aumenta in maniera significativa il rischio di melanoma e dei carcinomi.

Ricordare infine che la pelle ha bisogno di nutrimento. Cibi ricchi di betacarotene aiutano a proteggere la pelle dai danni delle radiazioni solari.

Diagnosi

La diagnosi precoce del melanoma cutaneo non dipende solo dal medico: un auto-esame periodico della pelle permette in molti casi di identificare cambiamenti dei nei e di rivolgersi per tempo al dermatologo.

Lo specialista effettua, in primo luogo, una visita completa nella quale valuta la storia familiare e la presenza di segni e sintomi tipici del melanoma cutaneo. L’esame visivo della pelle è reso più accurato grazie all’uso dell’epiluminescenza, una speciale tecnica di ingrandimento e illuminazione della pelle. La diagnosi certa di melanoma cutaneo richiede, però, una biopsia, in cui la lesione sospetta viene prelevata e poi analizzata al microscopio.

Inoltre, grazie a specifiche analisi sul campione di tessuto, è possibile identificare la presenza di mutazioni molecolari tipiche di alcune forme di melanoma cutaneo utili a definire prognosi e trattamento.

Esami di diagnostica per immagini come radiografia del torace, TAC, PET e risonanza magnetica sono utili a stabilire se e dove la malattia si è estesa.

Evoluzione

I melanomi cutanei sono in genere classificati in 4 stadi: da I a IV, mentre lo stadio 0 indica il melanoma in situ, che interessa solo lo strato superiore della pelle. Questi vengono definiti sulla base del sistema per la stadiazione dei tumori chiamato classificazione TNM, che tiene conto delle caratteristiche del tumore come lo spessore, la velocità di replicazione delle cellule tumorali, la presenza di ulcerazioni (T), il coinvolgimento dei linfonodi (N) e la presenza di eventuali metastasi (M).

È importante ricordare che la prognosi può essere molto diversa in base allo spessore della lesione: è ottima per melanomi di dimensioni inferiori a 1 millimetro e peggiora progressivamente con l’aumentare dello spessore.

Come si cura

Sono molte le opzioni di trattamento per il melanoma cutaneo.

La prima scelta è in genere la chirurgia, che spesso riesce a curare definitivamente la malattia in fase iniziale. L’entità dell’intervento dipende dallo stadio del melanoma: in genere si asporta anche una parte di tessuto sano attorno a quello malato, in modo da essere sicuri di eliminare tutte le cellule tumorali (si parla di margini operatori liberi). Dopo l’asportazione si analizza al microscopio il tessuto circostante e nel caso in cui si osservi la presenza di cellule tumorali in queste aree si procede con un nuovo intervento per rimuovere altro tessuto. In alcuni casi vengono rimossi chirurgicamente anche i linfonodi “sentinella”, ovvero i primi a ricevere linfa direttamente dal tumore. Se questi contengono cellule tumorali, vengono asportati tutti quelli dell’area interessata o in alternativa può essere instaurato un trattamento medico preventivo. La chirurgia, inoltre, può essere utile a rimuovere eventuali metastasi.

Negli ultimi anni lo sviluppo dell’immunoterapia e della terapia a bersaglio molecolare ha praticamente azzerato l’utilizzo della chemioterapia nella malattia avanzata e aperto nuove prospettive di cura in uno scenario articolato e sempre più personalizzato per ogni paziente. Sono in corso studi che valutano la combinazione delle terapie, la loro sequenza o l’integrazione con altri trattamenti disponibili (per esempio chirurgia e radioterapia).

Nella pratica clinica la scelta del trattamento dipende dall’estensione della malattia, dalla necessità o meno di una rapida risposta, dalla possibilità di ottenere risposte durevoli, da eventuali patologie concomitanti nonché dalle preferenze dei pazienti.

Nell’ambito dell’immunoterapia, i farmaci che hanno rivoluzionato il trattamento del melanoma sono i cosiddetti inibitori dei checkpoint immunologici, in grado in alcuni casi di ripristinare la risposta immunitaria dell’organismo contro le cellule tumorali.

In caso di terapie mirate che utilizzano farmaci diretti contro mutazioni specifiche nel DNA (per esempio quelle nei geni BRAF, MEK o c-KIT), la scelta dipende dalla presenza di tali mutazioni nelle cellule tumorali.

La radioterapia è utilizzata in alcuni casi specifici, per esempio in presenza di metastasi ossee oppure cerebrali sintomatiche, a scopo terapeutico integrato con altri trattamenti, oppure come palliativo dei sintomi.

Esistono anche terapie dette loco-regionali che consistono nel somministrare farmaci in dosi particolarmente elevate in aree che è possibile isolare dal resto dell’organismo, per esempio gli arti. Nel caso del melanoma le più usate sono la perfusione isolata dell’arto e l’elettro-chemioterapia.

[1] Cancer Genome Atlas Network. Genomic Classification of Cutaneous Melanoma. Cell 2015; 161(7):1681–1696.

Redazione amaperbene.it

AMAxBenE è l’acronimo di AliMentAzione per il BenEssere, il sito amaperbene.it è indipendente, senza un editore e senza conflitti di interesse, non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. Per saperne di più contatta la redazione: redazione@amaperbene.it

Articoli Correlati