Frutta

Maqui – Aristotelia chilensis

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L’Aristotelia chilensis, conosciuta come maqui o wineberry cileno, è una specie arborea della famiglia delle Elaeocarpaceae originaria del Sud America nelle foreste temperate valdiviane del Cile e nelle regioni adiacenti dell’Argentina meridionale.

In effetti, il Maqui (si legge “MACHI”) è un arbusto che cresce spontaneamente in Cile, nelle regioni di Aysen e di Coquimbo, nelle isole dell’arcipelago Juan Fernandez, al largo delle coste cilene, nonché più in generale nella pampa della Patagonia (Cile, Argentina). Tutte queste zone appartengono alla regione geografica chiamata Patagonia, la quale si caratterizza per:

  • clima rigido e piovoso, che favorisce la crescita della più folta e svariata vegetazione. Il maqui è solo una delle tante piante che “infestano” queste aree. Esso, infatti, predilige i terreni umidi contenenti humus; pertanto, è facile incontrarlo lungo una strada e, allo stesso modo, in un bosco o in una radura.
  • altitudine. Le zone sopraccitate sono aree poste, mediamente, sopra il livello del mare; in alcuni casi raggiungono anche diverse migliaia di metri di altezza. Qui, l’irraggiamento ha effetti fondamentali sia per la crescita, sia per la qualità del maqui. Piante di maqui si possono trovare anche a 2.500 metri di altitudine.

Il nome di questa pianta fu dato dai Mapuche, un’etnia indigena amerinda. Essi conoscevano le proprietà officinali del maqui e oltre alle bacche ne utilizzavano rametti e foglie per ridurre le irritazioni della gola e favorire la cicatrizzazione delle ferite.

Il maqui è una specie dioica, ovvero gli organi riproduttivi maschili e quelli femminili si trovano su due piante distinte, per cui esistono maqui femmine e maqui maschi, i quali produrranno, rispettivamente, i gameti femminili ed i gameti maschili. Per produrre frutti, il maqui maschio deve donare i propri gameti alla femmina, mediante un processo chiamato impollinazione. I gameti, di entrambi i sessi vengono prodotti durante la fioritura e sono contenuti all’interno dei fiori.

Le specie dioiche sono rare in natura. Solitamente, le piante sono monoiche, o ermafrodite. Una pianta monoica produce sia i gameti maschili sia i gameti femminili. Di conseguenza, per fruttificare, ogni pianta possiede tutti gli elementi essenziali per l’impollinazione.

L’albero di maqui può raggiungere i 4-5 metri d’altezza; somiglia ad un grosso arbusto ed il suo fusto – bianco e sottile, a corteccia liscia – viene adoperato per creare strumenti musicali. La pianta adulta contiene numerosi rami, fini e flessibili. Le foglie sono verdi e molto semplici: sono di forma ovale-lanceolata, appuntite e possiedono il bordo seghettato. La superficie fogliare è liscia e presenta un’evidente venatura centrale. Lo stelo delle foglie è di color rosso intenso.

La fioritura avviene tra settembre e novembre, cioè durante la primavera dell’emisfero australe. I fiori sono di color bianco vivo, molto appariscenti nella folta vegetazione della Patagonia; per questo, non passano certo inosservati.

I primi frutti del maqui compaiono a dicembre e si possono raccogliere fino a marzo, periodo che nell’emisfero australe corrisponde all’estate ed al primo mese autunnale. Il frutto del maqui è una bacca commestibile, simile ad un mirtillo, chiamata anch’essa maqui, di un blu intenso, tendente al porpora. Tale colore è dovuto alla massiccia presenza di antocianine, che sono dei pigmenti vegetali. Il sapore è dolce. Le dimensioni della bacca del maqui sono variabili: il diametro può misurare 5-6 millimetri, ma può anche corrispondere a quello di un’oliva. Le bacche di Maqui sono conosciute popolarmente anche come Maqui Berry o mirtilli della Patagonia, maturano verso dicembre (estate australe), e vengono raccolte dopo alcuni mesi, verso marzo, quando diventano dolci e succose, ed hanno un sapore simile a quello delle bacche di sambuco.

La raccolta del frutto selvatico viene effettuata a mano. D’altra parte non ci sono alternative, visto che l’intricata e folta vegetazione della Patagonia non consente l’uso di mezzi meccanici. Una pianta di 6-7 anni d’età può produrre anche 10 chilogrammi di bacche. Si è stimato che le regioni di Coquimbo e Aysen, in tutto circa 170.000 ettari, producano 220 chilogrammi di maqui per ettaro. Si tratta di un calcolo teorico, basato sulla vera quantità accessibile all’uomo, che è di “sole” 90 tonnellate. Infatti, molte aree presentano una vegetazione così fitta che è perfino impossibile addentrarvisi. Il prezzo, nei mercati locali, varia da 0,65 a 1,50 dollari all’etto.

A causa delle difficili condizioni climatiche in cui cresce questo arbusto sempreverde, la sua produzione di bacche è molto limitata, nonostante sia spesso di grandi dimensioni e ben ramificato.

Probabilmente proprio in reazione all’ambiente proibitivo in cui cresce la pianta del Maqui produce una grande quantità di un particolare polifenolo, la delfinidina, più idrosolubile e con un potere antiossidante che ad oggi risulta essere quello massimo mai riscontrato in natura.

Il Maqui contiene 50 kcal ogni 100 g.

Proprietà del Maqui

Il Maqui, assieme al Goji e all’Acai, è annoverato tra i cosiddetti Superfood, superando questi ultimi per quanto riguarda il potere antossidante. La bacca del maqui è consumata da secoli dai popoli indigeni della Patagonia, ma più che come alimento vero e proprio come supplemento e integratore alla normale dieta, specie in caso di febbre o malesseri come diarrea e infiammazioni.

Rientra tra gli alimenti consigliati da Barry Sears l’inventore della Dieta a Zona.

Viene pubblicizzato come il frutto dell’eterna giovinezza. Le sue proprietà sarebbero legate al notevole contenuto in antocianine, importanti per la salute, non solo della pianta, ma anche dell’uomo.

Le antocianine sono pigmenti vegetali, contenuti nelle foglie, nei fiori e, soprattutto, nei frutti del maqui. Appartengono alla famiglia dei flavonoidi, che a sua volta rientra nel gruppo dei polifenoli. Sono idrosolubili, quindi si sciolgono in acqua; sarebbero dotate di capacità antiossidante, antinfiammatoria, antinvecchiamento e anti radicali liberi a favore delle cellule del nostro organismo. Di conseguenza, la letteratura erboristica moderna attribuisce alle bacche di Maqui proprietà antinfiammatorie, antibatteriche, toniche ed astringenti, analgesiche e febbrifughe. Purtroppo, nessuna di queste proprietà ha trovato la benché minima conferma scientifica.

Il maqui contiene anche vitamina C, ferro, calcio, potassio e, come accennato, soprattutto delfinidina che arriva a coprire il 70% degli antociani contenuti negli estratti. Le proprietà degli estratti di maqui sono state documentate da diversi studi che hanno evidenziato i suoi effetti: positivo sul metabolismo dei lipidi, protettivo del sistema cardiovascolare, regolatore della flora intestinale e benefico contro l’invecchiamento. Fra gli sviluppi più recenti e interessanti si annoverano i risultati di vari studi relativi agli effetti positivi sul metabolismo del glucosio.

Effetti collaterali

Ad alte dosi, l’assunzione del maqui può produrre effetti costipanti legati alla sua azione astringente; non a caso, nelle terre di origine la medicina tradizionale sfrutta le bacche del maqui come rimedio contro la diarrea.

Curiosità

Grandi mangiatori di maqui sono gli indiani Mapuche, che abitano il Cile. I Mapuche sono gli unici indiani d’America mai sottomessi dai conquistatori europei, durante la grande colonizzazione delle Americhe. Si narra che sia stato proprio il maqui a fare di questi indiani degli instancabili e fortissimi guerrieri. Pare, infatti, che queste tribù facessero un grande uso non solo del frutto, ma anche delle foglie. Il frutto, oltre che fonte di cibo solido, era usato per ricavare una bevanda alcolica chiamata Chicha, apprezzata ancora oggi; le foglie, invece, erano usate per tisane dai poteri lenitivi e medicinali, in grado di guarire semplici stati febbrili e ferite di guerra. Ma questo fa parte della leggenda.

Redazione amaperbene.it

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