L’Italia è una Repubblica fondata sulle disuguaglianze
L’Italia è una repubblica democratica fondata sulle disuguaglianze. Lo afferma l’ultimo rapporto Oxfam 2023 esaminando i dati impietosi che dimostrano come le disuguaglianze, a cominciare dalle disuguaglianze di ricchezza, siano cresciute negli ultimi anni nella popolazione mondiale e italiana. Questo si verifica non a caso in un contesto di crisi multiple e interconnesse che si sono sviluppate e si sono sovrapposte negli anni più recenti: la pandemia con le sue conseguenze, la crisi dell’energia, le ripercussioni geopolitiche ed economiche della guerra in Ucraina, l’inflazione galoppante. Per la sintesi bastano poche parole: i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Ma c’è una dinamica in più e negli anni si è accentuata: la crescita contemporanea dei due estremi, le grandi ricchezze e le grandi povertà. Purtroppo, “La disuguaglianza non conosce crisi” denuncia sempre Oxfam.
Da tempo, nel nostro piccolo, denunciamo le enormi disuguaglianze che affliggono il nostro Paese con particolare riferimento all’incolmabile crescente divario Nord-Sud che rischia di compromettere le stesse prospettive di sviluppo dell’intero Paese. Da tempo denunciamo come queste disuguaglianze anziché ridursi vadano ad aumentare nel tempo, senza che i Governi riescano ad arginare il fenomeno.
Purtroppo, le disuguaglianze, specialmente oggi, non si esauriscono sul piano dell’economia, ma coinvolgono la libertà, l’identità culturale e religiosa, i rapporti tra i generi, l’accesso alle informazioni, ai servizi fondamentali, e incidono sullo stesso funzionamento dei processi democratici e mettono a rischio la coesione sociale. Se poi si prende in considerazione l’Indice di sviluppo umano (composto delle tre dimensioni fondamentali dello sviluppo umano: una lunga vita in buona salute, misurata con la speranza di vita alla nascita; la capacità di acquisire conoscenze, che si misura con gli anni, reali e sperati, di scolarità; la capacità di raggiungere un livello di vita dignitoso, che si misura anche con il Pil) per misurare la situazione reale di vita all’interno di un Paese, le disuguaglianze effettive, emergenti dal vissuto delle persone, sono ancora più evidenti e allarmanti.
Anche l’Ocse ha finalmente preso atto che la crescente disuguaglianza è «un male per la crescita a lungo termine». Oggi siamo al punto di rottura.
Un dato impressionante è che a fine 2022 la ricchezza posseduta dall’uno per cento più ricco della popolazione mondiale è arrivato a detenere il 45,6% della ricchezza globale, mentre la metà più povera dell’umanità appena lo 0,75%. Inoltre, il ghota degli 81 principali miliardari hanno accumulato più ricchezza di metà della popolazione mondiale.
Tali squilibri interni al sistema economico-sociale globalizzato non sono solo eticamente inaccettabili, ma sono anche, nel medio periodo, fattori di destabilizzazione.
In Italia, nel biennio 2020-22, insieme all’eccezionale aumento di ricchezza dell’1% più ricco del mondo, a seguito della crisi pandemica e dalla guerra in Ucraina, di inappropriate politiche governative, dell’impennata inflattiva e di spregiudicate attività della speculazione finanziaria, si è registrata anche la crescita della povertà e della fame, in parallelo a una diminuzione dei posti di lavoro e dei salari che hanno avuto un pesante impatto sulle vite delle persone già in condizione di fragilità sociale.
Nulla di più indicato, allora, prendere consapevolezza di alcuni dati salienti per comprendere l’entità delle disuguaglianze. La lettura delle ultime dichiarazioni dei redditi degli Italiani, però non si può limitare ad una semplice quanto inerte presa d’atto, ma richiederebbe azioni concrete volte a limitare le disuguaglianze. Anche il Fondo monetario internazionale – dopo avere per anni propagandato il ruolo nefasto delle tasse e delle politiche di spesa volte alla redistribuzione – ha preso finalmente consapevolezza che «una minore disuguaglianza netta è fortemente correlata con una crescita più veloce e più durevole» e che «la redistribuzione appare generalmente più benigna in termini di impatto sulla crescita».
L’Ocse. da parte sua, ha finalmente preso atto che la crescente disuguaglianza è «un male per la crescita a lungo termine». E, sia pure continuando a ripetere che «le politiche strutturali sono necessarie ora più che mai», aggiunge che «devono essere accuratamente progettate e accompagnate da misure che promuovono una migliore distribuzione dei dividendi della crescita».
L’Italia purtroppo è nella fascia medio-alta dei Paesi «più disuguali». Negli ultimi anni sono enormemente cresciute le disuguaglianze di reddito e di ricchezza. Bastano alcuni semplici dati sotto gli occhi di tutti:
- Trecentomila contribuenti devono al Fisco oltre 500 mila euro a testa: 795 miliardi di tasse che l’Agenzia delle Entrate non riesce a recuperare.
- Metà degli italiani non dichiara redditi e non paga le tasse: in 9 milioni sono sotto i 7.500 euro all’anno
- In Italia, a fine 2021,
- il 5% più ricco degli italiani (titolare del 41,7% della ricchezza nazionale netta) detiene una ricchezza superiore a quella detenuta dall’80% più povero (il 31,4%);
- i super ricchi con patrimoni oltre i 5 milioni di dollari (lo 0,134 degli italiani) sono titolari di un ammontare di ricchezza equivalente a quella posseduta dal 60% degli italiani più poveri.
- la povertà assoluta, stabile nel 2021 dopo un balzo significativo nel 2020, interessa il 7,5% delle famiglie (1 milione 960 mila in termini assoluti) e il 9,4% di individui (5,6 milioni di persone);
- circa 6,3 milioni di dipendenti del settore privato (oltre la metà del totale dei dipendenti privati) sono in attesa del rinnovo dei contratti nazionali;
- il salario minimo legale resta ancora un miraggio, come le misure e la funzione redistributiva della leva fiscale, ovvero favorire la ricomposizione del prelievo spostando la tassazione dal lavoro a rendite, profitti e interessi;
Più precisamente, solo lo 0,12% dei contribuenti dichiara un reddito sopra i 300mila euro, 48.212 soggetti che versano il 6,98% dell’imposta complessiva; lo 0,16% dei contribuenti dichiara un reddito tra 200 e 300mila euro e pagano il 3,45% dell’IRPEF.
- La popolazione censita in Italia al 31 dicembre 2021 ammonta a 59.030.133 residenti, in calo dello 0,3% rispetto al 2020 (-206.080 individui).
- Il decremento di popolazione interessa soprattutto il Centro Italia (-0,5%) e l’Italia settentrionale (-0,4% sia per il Nord ovest che per il Nord est), è più contenuto nell’Italia meridionale (-0,2%) e risulta minimo nelle Isole (appena 3mila unità in meno).
- Le donne rappresentano il 51,2% della popolazione residente, superando gli uomini di 1.392.221 unità.
- Il nostro è un Paese sempre più vecchio. L’età media si è innalzata di tre anni rispetto al 2011 (da 43 a 46 anni). La Campania continua a essere la regione più giovane (età media di 43,6 anni) mentre la Liguria si conferma quella più anziana (49,4, anni).
Chi paga le tasse
- Il totale dei redditi prodotti nel 2021 e dichiarati nel 2022 ai fini Irpef (imposta sui redditi delle persone fisiche) è ammontato a 894,162 miliardi, per un gettito generato di 175,17 miliardi (157 per l’Irpef ordinaria – dai 147 del 2020, pari all’89,63% del totale – ; 12,83 miliardi, il 7,32% del gettito complessivo, per l’addizionale regionale e altri 5,35 miliardi per l’addizionale comunale), in crescita rispetto ai 164,36 miliardi del 2020 e ai 172,56 miliardi del 2019, a fronte di 894 miliardi di euro di redditi dichiarati ai fini Irpef.
- I contribuenti con redditi superiori a 35mila euro sono il 13,94% del totale e versano il 62,52% (due terzi) delle imposte dei redditi sulle persone fisiche; questa quota non può beneficiare del taglio al cuneo fiscale perché è considerata troppo ricca e non può difendersi dall’inflazione nemmeno quando arriva alla pensione, sempre perché è considerata troppo ricco.
- Il 47% degli italiani (compresi i bambini) non versa imposte sulle persone fisiche (e di conseguenza vive a carico di qualcuno).
- Sono aumentati i dichiaranti (41.497.318) e i contribuenti/ versanti, vale a dire coloro che versano almeno 1 euro di Irpef, che salgono a quota 31.365.535, valore più alto registrato dal 2008.
- 41,5 milioni gli italiani che fanno la dichiarazione fiscale Irpef, ma oltre il 40% di questi dichiara di percepire un reddito sulle persone fisiche inferiore a 15mila euro
- il 42,59% del totale paga solo l’1,73% dell’Irpef complessiva
- 022.416 di contribuenti dichiarano un reddito nullo o negativo
- 832.792 di contribuenti (21,29%) dichiarano tra da 0 a 7.500 euro lordi
- 819.493 di contribuenti dichiarano tra 7.500 e 15mila euro lordi l’anno
- Poco più del 13% della popolazione si fa carico della quasi metà degli italiani che non dichiara redditi e trova benefici in un groviglio di agevolazioni e sostegni, spesso concessi senza verificarne l’effettivo bisogno.
- Nel 2022 il Nord Italia ha versato il 57,43% del totale Irpef pari a 100,6 miliardi, il Centro il 21,83% del totale pari a 38,2 miliardi, mentre il Sud al 20,74% pari a 36,3 miliardi. La Lombardia versa 40,3 miliardi di Irpef, vale a dire un importo maggiore dell’intero Mezzogiorno, che ne conta almeno il doppio, e persino superiore a quello dell’intero Centro (11,8 milioni di abitanti). Al secondo posto il Lazio con venti miliardi di Irpef pagata.
- A livello regionale, il versamento pro capite per contribuente vede in testa il Lazio con 6.867 euro. Seguono la Lombardia con 6.837 euro, la provincia autonoma di Bolzano con 6.080 euro, le altre regioni del Nord e la Toscana con più di 5.000 euro circa.
- il 42,59% del totale paga solo l’1,73% dell’Irpef complessiva
Non occorrono altri dati per illustrare una realtà impietosa. Occorre però intervenire! A chi tocca? Ne avrà la volontà, la capacità? Nelson Mandela diceva: “Sappiamo cosa deve essere fatto: tutto ciò che manca è la volontà di farlo.”