L’ambiente influenza lo sviluppo del bambino
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Numerose ricerche hanno dimostrato che l’ambiente in cui un bambino nasce, vive e cresce influenza profondamente il suo sviluppo biologico, cognitivo ed emotivo (Early Child Development – ECD), sviluppo che avviene principalmente nei primi otto anni di vita.
Alla nascita, infatti, ogni individuo possiede un patrimonio genetico unico, che rappresenta l’insieme delle sue risorse potenziali, e una tendenza al loro sviluppo ottimale. Attraverso la relazione con l’ambiente fisico e sociale circostante, il bambino cresce e sviluppa quelle risorse che possiede in potenza. La qualità degli ambienti circostanti può influenzare positivamente o negativamente la possibilità di sviluppare in maniera ottimale il proprio potenziale.
Questo modello di sviluppo umano comporta quindi che ciò che un individuo è non è solo frutto del suo patrimonio genetico o degli ambienti in cui vive, ma è in prodotto dell’interazione di questi fattori.
Studi di genetica hanno dimostrato che il nostro genoma, l’insieme del materiale genetico dell’organismo, contiene messaggi che possono essere letti in maniera differente, o non essere letti affatto, in risposta a stimoli ambientali. Questo significa che l’insieme delle lettere del messaggio (genotipo) rimangono uguali ma vengono lette in modo da determinare trasformazioni visibili nell’organismo (fenotipo) sulla base di stimoli provenienti dagli ambienti circostanti.
La branca che studia questi fenomeni si chiama epigenetica e gli studi in questo settore stanno sostenendo l’ipotesi che le caratteristiche dell’ambiente sia fisico che sociale possono modificare direttamente il patrimonio genetico dell’individuo e indirizzare lo sviluppo dell’organismo verso alcune traiettorie piuttosto che altre.
Gli stimoli capaci di determinare queste modifiche sono i suoni, le luci, i cambiamenti di temperatura, l’alimentazione e il tocco, le voci e gli odori delle figure genitoriali, ma anche aspetti più relazionali come il calore affettivo, la ricchezza del linguaggio usato dai genitori o l’esposizione a violenza e abusi e negligenza di natura fisica o emotiva.
Un altro importante meccanismo attraverso cui l’ambiente modula lo sviluppo del bambino è legato al fatto che le connessioni cerebrali si sviluppano in rapporto al loro utilizzo: un uso ripetuto porta allo sviluppo di connessioni solide, mentre un loro utilizzo scarso o nullo porta alla perdita di tali connessioni.
I processi di interconnessione e modellamento del cervello sono possibili grazie all’alta plasticità cerebrale: ogni area del cervello è in grado di modificarsi in risposta alle esperienze, ma non tutte le aree sono ugualmente plastiche. Alcune aree del cervello, come quelle deputate al controllo dell’udito e della vista, sono altamente plastiche nei primi anni di vita e non oltre, mentre i circuiti correlati alle competenze relazionali continuano ad essere plastici anche per molti anni dopo la nascita.
Le esperienze che vengono vissute nei periodi sensibili di sviluppo del cervello sono in grado di modificare profondamente le caratteristiche dei circuiti cerebrali in una modalità stabile e difficilmente modificabile successivamente.
Fondamentali i primi due anni di vita che influenzano le traiettorie di vita successive agendo sullo sviluppo e sulla capacità di regolazione di sistemi biologici che rivestono un ruolo importante nel mediare il rapporto dell’individuo con l’ambiente. I sistemi biologici candidati a spiegare questo fenomeno sono: il sistema di regolazione dello stress; il sistema nervoso autonomo; i sistemi che mediano la memoria, l’attenzione, e altre funzioni esecutive; il sistema immunitario; il sistema di affiliazione sociale. Le funzioni regolate da questi sistemi condizionano la salute fisica, le capacità di apprendimento e i comportamenti dell’individuo lungo tutto l’arco della vita, e alterazioni del loro funzionamento possono avere un impatto profondo e duraturo su tutta la persona.