La Dieta Mediterranea nella storia
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Il primo a intuire la connessione tra alimentazione e malattie del ricambio, quali diabete, bulimia, obesità, è stato, nel 1939, il medico nutrizionista italiano Lorenzo Piroddi (Genova 1911-1999), considerato il “padre” della Dieta Mediterranea e autore del libro Cucina Mediterranea. Ingredienti, principi dietetici e ricette al sapore di sale.
La consacrazione del modello alimentare è però avvenuta qualche anno più tardi, grazie al nutrizionista americano Ancel Keys (1904-2004). Laureato in economia e scienze politiche all’Università della California a Berkeley nel 1925, con dottorato in biologia e oceanografia conseguito all’Università della California a San Diego nel 1929, nonché in fisiologia al King’s College dell’Università di Cambridge nel 1938, Ancel Keys, dopo un breve periodo (dal 1934 al 1936) trascorso all’Università Harvard, è stato dal 1937 professore all’Università del Minnesota, dove ha fondato il Laboratorio di Igiene e Fisiologia, poi diretto dal 1939 fino al suo ritiro dalla professione nel 1975. Il suo nome è anche legato alla formulazione, nel 1942, durante la seconda guerra mondiale, della Razione K, che costituì la base per l’alimentazione di sussistenza dell’esercito americano. Dopo la sua esperienza al séguito dell’esercito alleato, Ancel Keys si rese promotore negli anni ’50 di un ampio studio scientifico noto come “Seven Countries Study”, che ha costituito la base per l’affermazione della validità della Dieta Mediterranea.
Il Seven Countries Study è uno studio comparativo dei regimi alimentari condotto in 7 nazioni di 3 continenti (Finlandia, Giappone, Grecia, Italia (abitanti di Nicotera), Olanda, ex Jugoslavia e Stati Uniti) volto a valutare eventuali differenze di mortalità (in particolare quella cardiovascolare) in funzione dei diversi regimi alimentari. Lo studio ha reclutato, fra il 1958 ed il 1964, 12.763 pazienti di sesso maschile con età compresa fra 40 e 59 anni. Dopo 25 anni di follow-up si sono registrati 5.973 decessi (quasi la metà della popolazione), il 50% circa dei quali per malattia coronarica. La più bassa mortalità per malattia coronarica si è registrata a Creta, con 25 decessi ogni 1.000 abitanti (in 25 anni), cioè un decesso l’anno ogni 1.000 abitanti, mentre la più alta mortalità per malattia coronarica si è registrata in Finlandia con 268 decessi ogni 1.000 abitanti (sempre in 25 anni), cioè oltre 10 volte di più rispetto a Creta. Nell’isola giapponese di Kohama si è registrata una mortalità per coronaropatia molto simile a quella di Creta. In pratica, solo considerando le abitudini alimentari, vi sono Paesi che hanno una mortalità per malattie cardiovascolari anche oltre 10 volte più bassa rispetto ad altri Paesi.
Questi dati hanno avuto numerosissime conferme: le popolazioni che si affacciano sul bacino del Mediterraneo (in primo luogo Italia e Grecia) presentano una ridotta incidenza di malattie cardiovascolari e tumorali in confronto con le altre popolazioni studiate. E’ nato di qui il termine di “Dieta Mediterranea”, inteso non come un semplice programma dietetico quanto piuttosto un vero e proprio stile di vita, tipico del bacino del mediterraneo ma esportabile ovunque.
A titolo di cronaca, concluso lo studio, Ancel Keys, oltre ad aver riportato le sue osservazioni nel libro Eat well and stay well, the Mediterranean way, proseguì i suoi studi; si trasferì in Italia, a Pioppi, un villaggio di pescatori del comune di Pollica (SA), acquistando una casa in una località che sarà da lui battezzata Minnelea, un omaggio alla città di Minneapolis e alla vicina polis magnogreca di Elea nel Cilento, sua terra di adozione. Rimase in questa località per 28 anni, studiando accuratamente l’alimentazione della popolazione locale e giungendo alla conclusione che la Dieta Mediterranea apportava evidenti benefici alla salute. Morì a Minneapolis due mesi prima di compiere 101 anni, come migliore riprova delle sue teorie. La rivista americana TIME Magazine gli dedicò la copertina del numero di gennaio 1961; nel 2004 lo Stato Italiano gli ha conferito la Medaglia al merito alla salute pubblica. Sotto la guida del Prof. Jeremiah Stamler (scienziato, cardiologo americano, collaboratore di Ancel Keys), dopo 40 anni dalla pubblicazione dei risultati delle ricerche del “Seven Countries Study” (settembre 1969), è stata fondata a Pioppi “l’Associazione per la Dieta Mediterranea: alimentazione e stile di vita”.
La Dieta Mediterranea nella Intangible Heritage Lists (IHL)
L’UNESCO ha iscritto nel 2010 la Dieta Mediterranea nella Intangible Heritage Lists (IHL), ovvero Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Da allora il concetto di Dieta Mediterranea si è ulteriormente evoluto, passando da un modello alimentare sano a un modello alimentare sostenibile, in cui la nutrizione, il cibo, le culture, le persone, l’ambiente e la sostenibilità interagiscono e si integrano. E’ innegabile che nell’area del Mediterraneo la ricerca di cibo è stato il punto di partenza di un lungo e ineguagliabile percorso culturale, fatto di scienza, creatività, intelligenza, rispetto della natura, gusto della bellezza e socialità.
La Dieta Mediterranea quindi non è un semplice regime alimentare completo, un insieme di alimenti o nutrienti, ma è la dieta più sana ed equilibrata che esiste, proprio perché frutto di un processo culturale evolutosi nel tempo, fino a rappresentare un vero modello di vita, uno stile per conseguire il vero BenEssere: alla base un apporto adeguato ed equilibrato di nutrienti, una varietà di cibi naturali e poco elaborati, tempi adeguati per il consumo dei cibi assicurati da una vita conviviale. Inoltre, la Dieta Mediterranea svolge un significativo ruolo preventivo sui big killers del secolo, le malattie croniche, tra cui malattie cardiovascolari, tumori ed altre patologie gravi.
La Dieta Mediterranea secondo la definizione UNESCO
L’alimentazione mediterranea è l’insieme dei costumi alimentari spontanei, adottati dalle popolazioni residenti nel bacino del Mediterraneo, sedimentatesi nel corso dei millenni, e frutto di contaminazioni intervenute nel tempo tra i popoli che vi hanno vissuto. Le scelte degli alimenti di cui nutrirsi erano basate sulle disponibilità dei derivati dell’agricoltura, della pastorizia e della pesca, presenti nei territori della bioregione mediterranea, che rappresenta un unicum per ricchezza in biodiversità, sia spontanea che antropica.
Pertanto, la Dieta Mediterranea va ben oltre il concetto di cibo, bensì viene intesa dal punto di vista etimologico del termine come “stile di vita”. La definizione tratta dal Dossier di Candidatura presentato all’UNESCO per il suo riconoscimento la presenta, infatti, nel seguente modo:
L’origine del termine deriva dalla parola greca “diaita”: stile di vita, ovvero la pratica sociale fondata su costumi, conoscenze e tradizioni che spaziano dal paesaggio alla tavola e che coinvolgono, nel Bacino Mediterraneo, la coltivazione, il raccolto, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione, la cottura e, soprattutto, il modo stesso in cui si consumano gli alimenti”. Essa rappresenta un prezioso patrimonio culturale fortemente legato al territorio e alla cui base vi sono la convivialità, le pratiche sociali, gastronomiche e le celebrazioni, dove il cibo diventa un mezzo di relazione sociale, di unione e di condivisione, in grado di riunire persone di tutte le età e classi sociali.
La Dieta Mediterranea è un modello nutrizionale e culturale transnazionale
La Dieta Mediterranea è un modello nutrizionale e culturale transnazionale, ispirato alle tradizioni ed abitudini alimentari di alcuni paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, in particolare Italia, Francia meridionale (specialmente Provenza e Linguadoca), Grecia, Spagna e Marocco. Nonostante la sua validità, nota da tempo, per essere riconosciuta tale si sono dovuti attendere molti e molti anni, fino a quando, con decisione 6.41 del 17 novembre 2010, l’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura) ha incluso la Dieta Mediterranea tra i Patrimoni orali e immateriali dell’Umanità, affermando il valore culturale di questo grande patrimonio dei popoli del Mediterraneo. Quindi non un semplice insieme di alimenti o nutrienti, ma un processo culturale evolutosi nel tempo, fino a rappresentare un modello di vita per l’Uomo del Terzo Millennio, uno stile per conseguire il vero BenEssere: alla base un apporto adeguato ed equilibrato di nutrienti, una varietà di cibi naturali e poco elaborati, tempi adeguati per il consumo dei cibi assicurati da una vita conviviale. I benefici sono rappresentati da una riduzione del rischio per quelle patologie che maggiormente affliggono le popolazioni dei Paesi occidentali, dall’obesità al diabete di tipo II, dalle patologie cardiovascolari a quelle tumorali. La definizione data è stata:
“La Dieta Mediterranea costituisce un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, comprese le colture, raccolta, pesca, conservazione, trasformazione, preparazione e, in particolare, il consumo di cibo. La Dieta Mediterranea è caratterizzata da un modello nutrizionale che è rimasto costante nel tempo e nello spazio, costituita principalmente da olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca e verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, condimenti e molti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusioni, sempre rispettando le credenze di ogni comunità. Tuttavia, la Dieta Mediterranea (dal greco diaita, o stile di vita) comprende più di un semplice cibo. Essa promuove l’interazione sociale, dal momento che i pasti comuni sono la pietra angolare dei costumi sociali ed eventi festivi. Essa ha dato luogo ad un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. Il sistema si fonda sul rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri legati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo, di cui Soria in Spagna, Koroni in Grecia, Cilento in Italia e Chefchaouen in Marocco sono esempi. Le donne svolgono un ruolo particolarmente importante nella trasmissione delle competenze, così come la conoscenza dei riti, gesti tradizionali e celebrazioni, e la salvaguardia delle tecniche.”
Definizione e caratteristiche della Dieta Mediterranea
La Dieta Mediterranea
- privilegia i carboidrati complessi (pasta e pane), mentre limita l’assunzione di zuccheri semplici (glucosio, lattosio e saccarosio – ovvero zucchero, miele e dolci);
- prevede un consumo abbondante di alimenti di origine vegetale (frutta e verdura, legumi, cereali), un consumo frequente di pesce, ma limitato di carne rossa e vino;
- la maggior parte dei grassi deriva da fonti vegetali, che non sono dannosi per il nostro corpo: non a caso il simbolo della Dieta Mediterranea è l’olio d’oliva.
Si tratta pertanto di un regime alimentare caratterizzato da un basso contenuto di acidi grassi saturi, da una ricchezza di carboidrati e fibre (che garantisce sazietà, e, grazie al basso carico glicemico, permettono un miglior controllo del metabolismo), da un alto contenuto di acidi grassi monoinsaturi (derivati principalmente dall’olio d’oliva); è salubre, sostenibile, adatto a qualsiasi età ed etnia; si è rivelato in grado di prevenire le “malattie del benessere” (obesità, diabete, ipertensione, trombosi, aterosclerosi, infarto) e diversi tipi di tumore. Questi effetti non sono correlati al consumo di un singolo alimento quanto piuttosto alla elevata varietà di cibi, la completezza dei nutrienti, al rispetto della stagionalità e della tipicità dei prodotti, alla convivialità che ne privilegia il consumo e favorisce l’assimilazione. Ad esso va associata una moderata ma costante attività fisica.
La Dieta Mediterranea giudicata miglior regime alimentare al mondo
La Dieta Mediterranea si riconferma, anche nel 2023 (come per gli anni precedenti), essere il regime alimentare più sano al mondo, e il suo gradimento è in crescita in Paesi legati ad altre tradizioni alimentari, anche per la nuova consapevolezza di come le scelte che facciamo a tavola impattino non solo sulla nostra salute, ma anche su quella del Pianeta. Un indicatore del crescente successo della Dieta Mediterranea è l’andamento dei consumi mondiali di pasta passato in 10 anni da quasi 9 a circa 15 milioni di tonnellate annue.
L’ultimo riconoscimento arriva dagli Stati Uniti, precisamente dalla rivista U.S. News & World’s Report, che ogni anno compila una sorta di classifica dei migliori regimi alimentari al mondo: la Dieta Mediterranea ha sbaragliato la concorrenza rappresentata da 24 regimi alternativi riportando un punteggio complessivo di 4.6 su 5.
Dietro alla Dieta Mediterranea si piazza la Dieta Dash contro l’ipertensione (che come la Dieta Mediterranea si fonda su un abbondante consumo di frutta e verdura di stagione, cereali integrali, grassi buoni e proteine; ridotto, invece, il consumo di grassi saturi e sale, che possono mettere a rischio la salute del cuore se consumati in eccesso); medaglia di bronzo per la Dieta Flexariana, che consiste nel seguire un menu flessibile per mantenersi in forma, costituito per l’80% vegetariano ma che prevede un consumo occasionale di carne, pesce, latte e uova, privilegiando alimenti di alta qualità, a km zero, sostenibili per l’uomo e per l’ambiente.. Al quarto posto la dieta Mind che previene e riduce il declino cognitivo e quinta classificata la dieta Tlc (Therapeutic Lifestyle Changes) creata dal National Cholesterol Education Program dei National Institutes of Health con l’obiettivo di ridurre il colesterolo come parte di un regime alimentare salutare per il cuore con molta verdura, frutta, pane, cereali, pasta e carni magre.
In controtendenza l’Italia, ove ci sono segnali di un progressivo allontanamento della popolazione dalla Dieta Mediterranea. Solo il 41% della popolazione del Nord Italia mangia seguendo questo modello, appena il 16,8% nel Centro Italia e il 42,1% nel Sud del Paese (European Journal of Public Health 2019). Si mangia sempre più “fast food,” c’è meno convivialità a tavola e si fa meno attività fisica. Di qui il problema sovrappeso e obesità tra i bambini italiani.