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Il kebab è un piatto di origine mediorientale a base di carne di montone o di agnello arrostita, divenuto popolare in tutto il mondo grazie alle migrazioni; si tratta di un classico esempio di perfetta integrazione di culture e sapori: il kebab è un tipo di street food che ha conquistato tutti, con il suo gusto unico e la sua praticità.
Storia e tradizione del kebab in Medio Oriente
La parola kebab è di origine persiana. Sembra infatti che il piatto sia stato inventato nel Medioevo da soldati persiani che utilizzavano le loro spade come spiedo per grigliare la carne sul fuoco negli accampamenti all’aperto.
La modalità di preparazione deriva dalla scarsa disponibilità di combustibile per la cottura dei cibi di grandi dimensioni, mentre per le economie urbane era più facile ottenere piccoli pezzi di carne in una macelleria. Per questo motivo si preferiva utilizzare piccoli pezzi di carne, in modo da consumare meno legna. Deve essere nato in questo modo lo shis kebab (“shis” significa “spiedo”) che appunto prevede piccoli pezzi di carne infilzati su un bastoncino.
Il termine kebab vuol dire “grigliato” o “arrostito” in riferimento alle striscioline di carne saltate su una piastra rovente, rese ancora più succulenti dal grasso sciolto che colando fa da condimento. Nei paesi arabi il kebab viene mangiato come cibo da passeggio e in alcuni casi si serve come prima colazione in accompagnamento al pane naan, lievitato e cotto al forno.
Varianti
Una variante più antica del kebab (in greco: obeliskos) è attestata in Grecia dal VIII secolo a.C. negli scritti di Omero e nelle opere classiche di Aristofane, Senofonte e Aristotele.
Anche testimonianze fisiche, come quelle presenti presso gli scavi di Akrotiri a Santorini, confermano l’antichità di questa ricetta. Sull’isola greca sono stati infatti rinvenuti gruppi di pietre da barbecue per spiedini, con alla base piccole aperture per permettere il passaggio dell’ossigeno ai carboni, in modo da mantenere il fuoco sempre acceso per tutta la durata del il suo utilizzo.
La cucina turca in età ottomana si diffuse anche nel Mediterraneo, specie nelle popolazioni dell’Africa settentrionale, e questa tecnica di cottura fu appresa dalle comunità stanziali che spesso accoglievano quelle nomadi di passaggio. In Palestina essa si è affermata anche nella cucina israeliana.
Il principe dei kebab è probabilmente l’Iskender kebabı, creato a Bursa intorno all’anno 1900 da un cuoco che ha trasmesso alla sua creazione il suo nome, Iskender (corrispondente all’italiano Alessandro), la cui caratteristica principale è una salsa a base di pomodoro, yogurt e burro fuso. Esistono infine molte altre versioni, alcune a base di pollo (tavuk kebabı), altre con l’aggiunta di verdure come le melanzane (patlıcanlı kebabı), le cipolle (soğanlı kebabı) o i pomodori (domatesli kebabı), o con le patatine fritte.
Nei secoli l’invenzione del kebab ha preso nomi diversi in corrispondenza delle numerose varianti nel mondo, diventando ad esempio il tradizionale gyros kebab in Grecia, fatto con carne di maiale condita con salsa tzatziki, a base di yogurt e cetrioli, pomodori, patatine e cipolla. Oppure souvlaki se la carne è cotta sugli spiedini, da assaggiare in una tradizionale tabepna (taverna) o un chiosco se avvolto in una bella pita da mangiare passeggiando.
Il tipo di kebab più famoso nel mondo è probabilmente il döner kebab che vuol dire semplicemente “kebab che gira” e indica la tipica modalità di cottura con lo spiedo verticale rotante sul quale la carne viene infilzata e fatta abbrustolire, facendola ruotare sull’asse del girarrosto.
La carne (solitamente di agnello, di manzo o di pollo, più economico, mai di maiale in quanto vietata dall’Islam), tagliata a fettine, viene sagomata e infilzata nello spiedo verticale, fino a formare un grosso cilindro rastremato verso il basso alla cui sommità vengono poi infilzate parti grasse che, sciogliendosi e scolando, evitano l’eccessivo abbrustolimento ed essiccamento della carne. Lo spiedo viene poi fatto ruotare vicino a una fonte di calore, che una volta consisteva in brace rovente sistemata in griglie disposte verticalmente intorno allo spiedo e che oggi è invece un’apposita macchina che produce calore tramite resistenze elettriche o bruciatori a gas.
Prima di essere predisposta e cotta la carne viene condita o marinata; le erbe o le spezie usate variano a seconda del luogo, e vi si può trovare una vasta gamma di sapori del Mediterraneo: origano, menta, peperoncino, cannella, cumino, coriandolo, aceto, cardamomo e la salsa di accompagnamento più amata, la thaini, una salsa a base di sesamo. Il taglio della carne procede dall’esterno del cilindro di carne, a mano a mano che questo cuoce, verso l’interno, con un movimento che va dal basso verso l’alto per fare sì che il grasso sciolto che cola da sopra resti il più possibile sulla carne impregnandola e impedendo che, abbrustolendosi, diventi troppo secca e dura. Una volta il taglio veniva effettuato manualmente tramite un coltello affilatissimo, mentre ora si esegue quasi sempre facendo scorrere sul cilindro una macchinetta elettrica con lama rotante che asporta sottili fettine.
La carne così preparata viene servita all’interno di panini e piadine o collocata su un piatto. Tradizionalmente per il panino si usa il pane arabo. Come condimento si aggiungono verdure miste e varie salse: le più tradizionali sono la harissa piccante, l’hummus a base di ceci e tahini (pasta di sesamo) e il tzatziki fatto con yogurt e aglio. Ben presto però i venditori iniziarono a offrire anche salse come la barbecue, la maionese o il ketchup, per venire incontro alle richieste dei clienti occidentali.
In Europa questa specialità ha trovato una particolare diffusione nella città di Berlino grazie a Kadir Nurman, considerato l’inventore del panino comunemente noto come kebab. La capitale tedesca è rinomata per il gusto speciale e l’economicità dei propri döner. Questo sviluppo e diffusione sono stati favoriti dall’elevato numero di immigrati turchi (non solo nella capitale ma in tutta la Germania occidentale) che spesso gestiscono i numerosissimi imbiss (“chiosco”) presenti in città.
Si trovano dunque numerose versioni del kebab, a seconda dei paesi e delle culture, e lo stesso termine può riferirsi a differenti tradizioni culinarie.
In Italia la versione del kebab alla turca più conosciuta e apprezzata è il dürüm kebab, cioè quello con ripieno di tritato speziato piccante, pomodoro e peperoni verdi accompagnati da salsa di yogurt e riso pilaf, servito nella piadina turca.
Ridurre il kebab ad un’unica ricetta sarebbe impossibile. Questa pietanza è diffusa in moltissimi paesi e porta con sé in ogni variante le specificità della cultura locale. Ad esempio in Uttar Pradesh, uno stato a Nord dell’India, è diffuso il kebab più soffice del mondo. Si tratta del Kakori Kebab, preparato con carne macinata aromatizzata. Nella stessa regione, a Lucknow, è rinomato il Tunde ke Kebab che potremmo definire il “kebab dei nababbi”. Secondo la leggenda questo kebab, preparato con carne di bufalo marinata nello yogurt, nacque per soddisfare il palato del re che amava il kebab ma a causa dell’età avanzata non aveva più i denti adatti per masticarlo. Invitò quindi tutti i suoi cuochi a preparare il kebab più morbido che potessero fare. Riuscì nell’impresa Haji Murad Ali grazie ad un impasto che prevedeva circa 160 spezie, tra cui garam masala, zenzero, cardamomo, chiodi di garofano e menta. Si tratta tutt’ora di una ricetta segreta, tramandata di generazione in generazione.
Per via dell’influenza ottomana, anche l’Egitto è uno dei più importanti produttori e consumatori di kebab, ormai diffuso in tutto l’Occidente. Il kebab egiziano si prepara facendo rosolare la carne di agnello nel burro, aggiungendo poi cipolle, pomodori e peperoni. Per arricchire il gusto di sapori si usano spezie come cannella, noce moscata e chiodi di garofano, che rendono il piatto profumatissimo.
Come in Turchia, le salse più amate sono la thaini, la Harissa piccante, l’hummus di ceci e la tzatziki greca.
A partire dalla ricetta base, a cui è possibile aggiungere altri ingredienti, salse e spezie per kebab, questo piatto è stato diffuso in Germania dagli immigrati turchi sul finire degli anni Sessanta, incontrando il favore e la stima dei tedeschi. Infatti è da Berlino, e più in generale dalla Germania, che il kebab venne adottato come fast food, prima di estendersi agli altri paesi europei.
Secondo The Guardian, anche in Inghilterra il kebab ha avuto radici storiche: il celebre quotidiano sostiene che nel 1966 è stato servito il kebab in una tavola calda a Stoke Newington, a nord est di Londra.
Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta comunque, il kebab ebbe una grande diffusione in tutto il continente europeo e poi negli Stati Uniti, ove il termine più diffuso è shish kebab, anche se tale nome dovrebbe essere più propriamente assegnato agli spiedini.
In Italia il kebab è diffuso e apprezzato ovunque. In alcune città come Torino e Milano sono molto rinomati ristoranti che propongono una versione più raffinata, un kebab gourmet ottenuto mischiando alla tradizione prodotti di qualità italiani, sia per le carni che per il pane e i condimenti.
Dal punto di vista nutrizionale il kebab contiene proteine, in particolare quelle della carne, una quantità minima di fibre dovute alle verdure, carboidrati a rapido assorbimento, quelli del pane e grassi saturi, sia della carne che delle salse di condimento. Dal punto di vista calorico questo piatto può arrivare a fornire più della metà del fabbisogno quotidiano. Un kebab medio pesa intorno ai 300-400 grammi e apporta in media circa 1000 calorie. Dal punto di vista qualitativo non è il massimo: il kebab contiene grassi saturi, che consumati in eccesso sono dannosi per la linea e per la salute e sale, che assunto in dosi eccessive aumenta il rischio di malattie cardiovascolari come il colesterolo, la pressione alta e l’ictus.