Tuberi

Jicama – Pachyrhizus erosus

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La jicama non è altro che una sorta di patata messicana dalla consistenza bulbosa e compatta. Originaria del Messico e dell’America centrale, ha un aspetto molto simile a quello di una rapa; la jicama si distingue per un sapore piuttosto dolce (molto vicino a quello di una mela). Sia che la vogliate consumare cruda o cotta, per prima cosa privatela della buccia e poi tagliatela come preferite: può essere gustata a bastoncino – cruda come pinzimonio o fritta come patatine – aggiunta in insalate o cotta in zuppe o verdure.

La pianta rampicante raggiunge altezze di 4-5 metri di altezza, se ha a disposizione adeguati supporti; le radici tuberose raggiungono lunghezze di due metri e pesano fino a 20 chili. Le radici sono di colore giallastro ed hanno una epidermide robusta di consistenza cartacea, l’interno è invece di colore cremoso croccante, come la patata cruda.

La Jicama è un tubero che appartiene alla famiglia delle leguminose Fabaceae, come fagioli, fave, ceci, ecc., ma i suoi baccelli non vengono consumati perché contengono una sostanza tossica.

Il suo nome deriva dalla parola nahuatl xicamatl , che significa radice acquosa ed è considerata una coltura mesoamericana che raggiunse l’America centrale, il Perù e l’Ecuador. Assomiglia a una rapa o a una patata rotonda ma leggermente appiattita, come una trottola; per questo è conosciuta anche come “rapa messicana” e negli Stati Uniti come “yambean”. La sua polpa è succosa, croccante e dolce, con un leggero retrogusto di castagna.

Sono conosciute 5 specie, la più riconosciuta in Messico è Pachyrhizus erosus.

Essendo una leguminosa, è in grado di fissare l’azoto atmosferico, reintegrandolo nel terreno e apportando benefici al terreno per altre colture.

Si pianta tra marzo e giugno, per essere raccolta tra settembre e dicembre.

Gli stati produttori di jicama in Messico sono principalmente Guanajuato, Michoacán, Morelos e Nayarit.

Nel mondo viene consumato nei paesi tropicali dell’America e dell’Asia.

L’Jicama è ricco di minerali, principalmente potassio, calcio e magnesio, oltre a vitamina C e alcuni altri complessi del gruppo B. Inoltre, contiene inulina, un tipo di fibra o prebiotico che favorisce, tra le altre funzioni, la crescita di batteri benefici per il sistema digestivo.

Ha una grande percentuale di acqua e pochissime calorie (40 kcal in 100 grammi).

La jicama si consuma sbucciata, sia cruda che cotta. Dopo averla sbucciata, la si può cuocere come gli altri tuberi. In questo modo acquisterà una consistenza simile alla patata, con una nota dolce e molte meno calorie. Mangiandola cruda, in insalata, se ne apprezza il sapore succoso e rinfrescante. Tradizionalmente i messicani tagliano la jicama a fettine sottili, aggiungendovi del succo di limone, un po’ di peperoncino, coriandolo e un pizzico di sale.

Il sapore è dolce, assomiglia a quello delle mele; di norma le radici sono mangiate crude, con sale, succo di limone o di limetta, insaporito spesso con peperoncino in polvere. La radice può anche essere cotta in zuppe, può essere tagliata a pezzetti, usata come componente di macedonie o guarnita con salse, in alternativa alle patatine fritte.

In Indonesia è usata soprattutto fresca nella rujak (una specie di insalata di frutta).

È importante sapere che la buccia deve essere tolta, poiché non è digeribile. In realtà, a accezione del tubero, tutte le altre parti della jicama (gambo, foglie, semi, ecc.) sono tossiche. In Messico infatti l’infuso ottenuto da questi semi è utilizzato come insetticida.

Solo il tubero jicama è infatti commestibile poiché le sue foglie, steli, baccelli e semi contengono rotenone, una sostanza con proprietà insetticide che può essere tossica per l’uomo. Pertanto è importante anche lavare la buccia prima di sbucciarla e non contaminare la polpa.

I tuberi più grandi hanno una consistenza più grossolana e avranno un sapore meno leggermente dolce.

Quando si comprano delle jicama bisogna scegliere dei tuberi rotondi e sodi, che si conservano fino a un mese a temperatura ambiente al riparo dalla luce. Una volta tagliata bisogna conservarla in frigo avvolta in pellicola trasparente, in modo che mantenga l’umidità, o ricoperta d’acqua e qualche goccia di limone dentro a un contenitore chiuso ermeticamente. In questo caso andrà consumata entro il giorno seguente, poiché l’amido si converte rapidamente in zucchero.

Si consiglia di conservarlo in un luogo freddo e buio (non in frigorifero per evitare l’umidità) fino a 4 settimane quando non è stato ancora tagliato.

Si abbina molto bene con verdure e frutta, come arance, mele, carote e cipolle, nonché con carni e frutti di mare.

È un’eccellente opzione per uno spuntino salutare, con limone e peperoncino o come desiderato.

Redazione amaperbene.it

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