Ippocastano | Aesculus Hippocastanum
L’ippocastano o castagno d’India (Aesculus hippocastanum L., 1753) è un albero appartenente alla famiglia Sapindaceae, diffuso in Europa. È molto usato come ornamentale nei viali o come pianta isolata. Crea una zona d’ombra molto grande e fitta.
E’ una pianta originaria dell’Asia minore che può arrivare a 25-30 metri di altezza; presenta un portamento arboreo elegante ed imponente. La chioma è espansa, raggiunge anche gli 8-10 metri di diametro restando molto compatta. L’aspetto è tondeggiante o piramidale, a causa dei rami inferiori che hanno andamento orizzontale. I suoi frutti contengono semi che ricordano in qualche modo le castagne, ma che tuttavia possiedono un sapore più spiccatamente amaro (vengono spesso indicate come “castagna matta”) e soprattutto contengono composti tossici. Viene anche indicato come castagno d’India, mentre il nome scientifico è Aesculus hippocastanum (il nome fa riferimento all’utilizzo dei frutti come alimento stimolante per i cavalli). I semi dell’ippocastano si distinguono dalle castagne per la forma diversa; sono diversi anche i frutti: i ricci del castagno sono ricoperti da aculei sottili molto fitti, i frutti dell’ippocastano presentano aculei radi e tozzi.
In Italia la pianta trova diffusione in tutte le regioni, soprattutto in quelle centro-settentrionali, dalla pianura fino a 1200 metri di altitudine; è presente sia in modo spontaneo che a fini di coltivazione. In alcune regioni è ancora tradizione portare in tasca una “castagna d’india” come talismano contro il contagio delle malattie da raffreddamento.
L’ippocastano è pianta mellifera; i fiori sono visitati dalle api, che ne raccolgono il polline rosso cremisi ed il nettare, da cui producono un miele chiaro.
Il nome della specie deriva dal greco ἵππος (antico) hippos, cavallo, e castanon, castagno, per l’uso dei frutti di questo albero come alimento stimolante per i cavalli.
In generale l’ippocastano ha un effetto antinfiammatorio, migliora il drenaggio linfatico ed aumenta la pressione venosa. Storicamente l’estratto dei semi è stato utilizzato per il trattamento dell’insufficienza venosa cronica il cui effetto farmacologico è stato attribuito essenzialmente alle saponine escina ed esculina. Tra i due, il principio attivo più importante è l’escina, che è tuttavia un termine-ombrello utilizzato per raggruppare un insieme di saponine bio-attive (miscela di glicosidi triterpenici acilati (saponine) i cui agliconi sono principalmente la protoescigenina e il barringtogenolo C) in grado di promuovere la sintesi di ossido nitrico endoteliale (a livello dei vasi sanguigni); l’effetto nel complesso probabilmente beneficia anche della presenza di quercetina e rutina e nell’insieme quello che si ottiene è una riduzione della permeabilità capillare, a fronte di un aumento di resistenza ed elasticità. L’EMA ne riconosce anche una potenziale efficacia nel trattamento di lividi ed ematomi.
Per tale motivo, viene impiegato nel trattamento dell’insufficienza venosa cronica, determinando un miglioramento dei segni e sintomi presenti agli arti inferiori: edema, dolore, prurito, varici, ulcere, senso di tensione e/o affaticamento. Estratti di ippocastano entrano anche nella composizione di preparati per uso esterno contro varici ed emorroidi.
I semi (castagne matte), in particolar modo quelli più giovani e freschi, possiedono però principi attivi tossici (in forma di saponine, alcaloidi e glucosidi); sebbene non siano pericolosi se manipolati con le mani, causano malessere se mangiati (sono responsabili di periodici episodi di intossicazioni alimentari anche in Italia, quando vengono scambiate per castagne tradizionali) ed in alcuni casi anche sintomi gravi come tremori e mancanza di coordinazione. Gli effetti collaterali legati all’assunzione dell’ippocastano in forma di integratore sono in genere lievi e comunque poco comuni, almeno per quanto riguarda l’utilizzo a breve termine; tra i più comuni si annoverano: vertigini, mal di testa, prurito, nausea e disturbi digestivi. Rare le reazioni allergiche gravi.
L’escina sembra possedere una lieve attività diuretica, con un effetto dose-dipendente che potrebbe addizionarsi a quello dei diuretici tradizionali. L’escina è inoltre in grado di legarsi alle proteine plasmatiche, ragione per il quale è ipotizzabile che possa alterare il trasporto di alcuni farmaci; la presenza di cumarine antitrombotiche induce alla cautela nei pazienti in terapia anticoagulante. Si raccomanda inoltre grande prudenza in soggetti affetti da insufficienza renale. Da tener presente che dalla pianta sono stati estratti dei composti cumarinici che potrebbero potenzialmente interagire con anticoagulanti, antiaggreganti piastrinici o agenti trombolitici. Per tale ragione, l’uso dell’ippocastano dovrebbe essere effettuato con cautela nei pazienti trattati con tali farmaci o con erbe medicinali dotate di effetti antiaggreganti o anticoagulanti quali Salvia miltiorrizha, Angelica sinensis, partenio, aglio, ginger, ginkgo e ginseng.