Il sodio
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Il sodio (simbolo Na) è largamente diffuso in natura, e si trova nella maggior parte degli alimenti. Il sodio è un elemento assunto dall’organismo umano attraverso l’alimentazione principalmente sotto forma di cloruro ed è il principale elemento costitutivo del sale da cucina: ad ogni grammo di sale corrispondono 0,4 grammi di sodio.
In un organismo adulto se ne trovano circa 92 grammi, distribuiti soprattutto nei liquidi extracellulari (40%), nel tessuto osseo (43%) – che funge da riserva -, nel connettivo e nella cartilagine.
Nel corpo umano il sodio funge spesso da antagonista del potassio; il suo metabolismo infatti è strettamente correlato con quello del potassio; mentre il primo catione, come abbiamo detto, si trova principalmente nei liquidi corporei esterni alla cellula, il potassio è particolarmente concentrato nei liquidi intracellulari. A regolare l’afflusso e l’efflusso degli ioni provvede la pompa sodio-potassio, detta anche pompa Na⁺/K⁺ ATP-dipendente, un enzima che si trova nella membrana delle cellule e che ha il compito di generare un gradiente di ioni: spinge continuamente ioni sodio fuori dalla cellula e ioni potassio dentro la cellula.
Il metabolismo del sodio è in rapporto con quello dell’acqua: se questo ione è presente in eccesso si ha aumento del tenore idrico dei tessuti, per il meccanismo della ritenzione idrica.
Il sodio svolge molte ed importanti funzioni tra cui:
- regola l’osmolarità del plasma e del liquido extracellulare (mantenimento della pressione osmotica): se presente in concentrazioni eccessive, richiama, per ragioni di osmosi, notevoli quantità di acqua, causando edema ed ipertensione (a causa dell’aumento di volume ematico); al contrario, in presenza di deficit di sodio, si assiste ad una diminuzione del volume di sangue e di liquido interstiziale;
- regola l’equilibrio acido-base ed il bilancio idrosalino
- partecipa alla trasmissione dell’impulso nervoso: forma gradienti elettrochimici a livello della membrana cellulare che sono molto importanti per la trasmissione dell’impulso nervoso, per la contrazione muscolare e per gli scambi cellulari (nutrienti, ioni, acqua ecc.);
Il sodio alimentare è facilmente assorbito nel tratto finale dell’intestino tenue, detto ileo. Quello in eccesso viene eliminato attraverso le urine e, in misura minore, con la sudorazione e con le feci. In condizioni particolari, come una sudorazione profusa o in presenza di diarrea, le perdite extra renali di sodio possono comunque diventare cospicue.
Il rene rappresenta il principale agente regolatore del metabolismo del sodio; considerata la notevole importanza di questo minerale, a tale processo partecipano anche numerosi organi e messaggeri chimici. Tra questi, il più noto è sicuramente l’aldosterone, un ormone prodotto dalla corteccia surrenale che aumenta il riassorbimento del sodio e l’eliminazione degli ioni potassio. Un altro ormone dotato di attività analoga è la vasopressina, mentre il peptide natriuretico atriale agisce in maniera opposta, facilitando l’escrezione di sodio e le perdite d’acqua. Così, se l’apporto di sodio è scarso, l’aldosterone stimola a livello renale il riassorbimento dalle urine di sodio; se invece l’apporto è elevato, l’aldosterone è disattivato e il sodio viene espulso con le urine. Il disequilibrio di tale meccanismo comporta l’insorgenza di patologie; ad esempio, se vi è tendenza a trattenere il sodio si sviluppa ipertensione; nel caso contrario, aumentata escrezione renale di calcio, si manifesta osteoporosi.
Nel plasma sanguigno il sodio raggiunge, normalmente, concentrazioni di 140 mEq/l. Si parla di iponatremia o di iposodemia quando la quantità di sodio nel sangue scende al disotto della norma. Generalmente causata da particolari disordini endocrini o da abuso di diuretici, l’iponatremia determina anoressia, nausea, vomito e, nei casi più gravi, coma e morte.
Quando si registrano aumenti non fisiologici della sodemia si parla di ipernatremia; tale condizione può essere causata da iperassunzione di sodio e/o da perdite eccessive di liquidi (diarrea, diabete, sudorazione profusa ecc.): determina ipertensione arteriosa che, nei casi più gravi, può evolversi in scompenso cardiaco.
Pertanto non è consigliabile superare le dosi raccomandate per il fabbisogno quotidiano.
Il fabbisogno di sodio varia a seconda dell’età e della quantità persa attraverso il sudore, in seguito ad attività fisica o a clima caldo e umido; comunque il fabbisogno giornaliero per l’adulto è pari a circa 1,5-2g oppure 5g di sale da cucina.
L’apporto quotidiano di sodio dovrebbe assestarsi, secondo le indicazioni europee ed italiane, nell’intervallo tra i 0,6 ed i 3,5 grammi, mentre le RDA americane indicano livelli leggermente inferiori (0,5-2,3 g/die). Tale quota viene facilmente assicurata da una dieta varia e bilanciata, senza la necessità di aggiungere sale alle pietanze.
Purtroppo, nella società moderna, il consumo giornaliero di sale ha ormai raggiunto livelli decisamente elevati. In Italia, secondo i dati INRAN, si consumano circa 10 grammi/die (pari a circa 4 grammi di sodio): un valore ben oltre i livelli raccomandati, che, sempre secondo l’INRAN, non dovrebbero eccedere i 6 grammi di sale (o i 2,4 grammi di sodio) al giorno. I termini sale e sodio sono spesso usati come sinonimi; per chiarezza è utile precisare che il sale è composto dal 40% di sodio (Na+) a da 60% di (Cl-), e che quindi un grammo di sodio è equivalente a 2,55 g di sale.
La fonte principale di sodio nell’alimentazione occidentale è il sale da cucina. Fra i cibi che ne sono ricchi sono inclusi formaggi, salumi, insaccati e la maggior parte degli altri alimenti conservati. È inoltre naturalmente presente negli alimenti di origine animale (come il latte, le carni sia bianche che rosse e il pesce), mentre è meno abbondante in quelli di origine vegetale.
L’eccessivo apporto di sale con la dieta si associa, secondo un’ampia serie di osservazioni epidemiologiche, ad un’aumentata probabilità di sviluppare varie patologie tra cui: ipertensione e di conseguenza malattie cardiovascolari, ictus o emorragie cerebrali; l’aumento dell’escrezione urinaria di calcio porta alla riduzione del tenore calcico nelle ossa e alla formazione di calcoli renali, la ritenzione idrosalina, che può peggiorare il quadro dello scompenso cardiaco congestizio, e ad una tendenza all’obesità; il sale porta inoltre ad un peggioramento della sintomatologia asmatica ed al rischio di cancro dello stomaco. A proposito di questo tipo di neoplasia è interessante rilevare che la sua incidenza, nei paesi industrializzati, ha subito una brusca riduzione verso la metà del ‘900, in concomitanza con la diffusione delle tecniche di refrigerazione per la conservazione di cibi come la carne, il pesce, le verdure: e quindi con il progressivo abbandono della conservazione sotto sale, ormai limitata a preparazioni particolari, che ne condizionava grandemente il rischio di comparsa.
In generale i cibi di provenienza animale (latte, carni, pollame e pesce) sono più ricchi di sodio degli alimenti di origine vegetale (cereali, verdure, ortaggi e frutta).
Il sodio è particolarmente abbondante nei salumi e negli altri alimenti a cui viene aggiunto per aumentarne conservabilità (capperi, bottarga ecc.) e sapidità (acciughe, formaggi, stuzzicherie, patatine in sacchetto, snack, olive ed altri alimenti conservati in salamoia).
L’abitudine di salare le pietanze porta ad introdurre quantità eccessive di sodio (tenere presente – si ripete – che ogni grammo di sale da cucina contiene mediamente 0,4 g di sodio).
Va precisato che una guerra spietata contro il sodio non trova molte giustificazioni in ambito preventivo; è invece raccomandabile non superare le dosi raccomandate (da 0,5 a 2 g al giorno), e nel caso operare restrizioni sodiche, ottenute attraverso una dieta priva di sale aggiunto o con la sua sostituzione con sali dietetici iposodici.
Purtroppo, come accennato, nelle diete occidentali tale valore è spesso superato, avendosi una media di 4,5 g di sodio al giorno (12 g circa di sale da cucina, ma oltre al sale si devono considerare i dadi per brodo, le salse, gli alimenti conservati ecc.).
Per quanto sia importante ridurre l’aggiunta di sale agli alimenti, già dall’età pediatrica per educare il palato del bambino, un allontanamento cronico del sale dalla propria tavola potrebbe avere risvolti negativi, soprattutto per chi pratica sport. Se le perdite di sali durante l’attività fisica non vengono ripristinate tramite il consumo di bevande isotoniche, il rischio di iponatremia può infatti diventare concreto. In particolare, quando le perdite di liquidi vengono colmate bevendo in abbondanza le tanto pubblicizzate acque povere di sodio (generalmente a basso residuo fisso), il sangue aumenta di volume andando a diluire ancor di più le già ridotte concentrazioni ematiche di sodio. Il risultato di tale comportamento, tipico dell’intossicazione da acqua, può essere molto grave ed addirittura letale. La carenza di sodio può essere associata a nausea, vomito, anoressia; nei casi più gravi può portare al coma e risultare fatale.
Oltre al rischio di una carenza di sodio, l’allontanamento cronico del sale dalla propria alimentazione può portare a deficit di iodio (che è stato in gran parte risolto aggiungendo questo minerale al sale da cucina).