Da sapere

Gli Amidi

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L’amido è un composto organico della classe dei carboidrati (o glucide polisaccaride), che viene sintetizzato (prodotto) e immagazzinato nelle cellule vegetali, dove funge da riserva energetica, si trova nei chicchi come quelli di cereali e pseudocereali (frumento, farro, riso, mais, segale, avena, grano saraceno, quinoa, ecc.), nei legumi (piselli, ceci, fagioli, lenticchie, ecc.), nei tuberi (es. patata) e in alcuni tipi di frutta (banane, mango, mele).

È formato da lunghe catene di glucosio che, a seconda che abbiano struttura lineare (come una collana) o ramificata (come un albero) prende il nome di amilosio o amilopectina. L’amido, e si è visto che la morfologia e la struttura dell’amido è diversa da specie a specie.

I cereali in genere contengono amido di tipo lineare (che chiameremo tipo A), i tuberi e la banana contengono quello di tipo ramificato (tipo B), mentre i legumi sono composti da un mix tra i due (AB) tipi. Perché è importante fare queste distinzioni? Dal punto di vista chimico, l’amido è un polisaccaride costituito da due polimeri del glucosio: uno lineare, chiamato amilosio (20%) ed uno ramificato, chiamato amilopectina (80%).

La differenza di digeribilità dell’amido deriva dal suo contenuto in amilosio (lineare) rispetto all’amilopectina (ramificata): più il vegetale è ricco di amilosio e più la sua digestione sarà lenta (indice glicemico più basso).

Etimologia

Anticamente l’amido si otteneva in genere dalla macerazione del frumento avanzato e non macinato al mulino, motivo per cui si chiama così, dal greco ἄμυλον (ἄ-μυλον, alfa privativo) amylon, passato in latino come amylum e poi a quello medievale come amidum (= senza mulino, non macinato). Restava sul fondo un residuo, chiamata fecola, da cui si ricavava una polvere granulosa bianca, scarsamente idrosolubile e scarsamente liposolubile, per via dell’amilopectina. Oggi si usa ancora come sinonimo di amido il nome “fecola“, ma per indicare solo quello derivato dalle patate, poiché usato soprattutto come addensante in gastronomia.

Insieme alla cellulosa è uno dei più noti polisaccaridi presenti nei vegetali, che lo sintetizzano naturalmente a partire dal glucosio. Un grammo di amido apporta circa 4,2 kcal. L’amido è un polisaccaride.

Amidi e risposta insulinica

L’amido presenta generalmente un alto potere calorico: risultano essere dunque alimenti molto energetici che perlopiù forniscono un lento rilascio di glucosio nel sangue, assicurando all’organismo energia a lungo termine. Per essere digerito nel corpo umano ha bisogno di essere scisso in molecole di glucosio dall’enzima alfa-amilasi. La digestione inizia in bocca con la masticazione, grazie all’azione dell’enzima presente nella saliva, e prosegue (solo se abbiamo masticato a lungo per iniziare!) nell’intestino tenue, dopo aver transitato nello stomaco. Più l’amido è “digeribile” (cioè aggredibile dall’enzima dall’alfa amilasi) più velocemente il glucosio arriva nell’intestino e di conseguenza nel sangue, determinando un innalzamento della glicemia (indice glicemico).

Le varie strutture di amido (tipo A, B o AB) hanno diversa suscettibilità a questo enzima; questo perché se nella struttura lineare l’enzima inizia da un capo e stacca una molecola alla volta, nella struttura ramificata avrà moltissimi punti di attacco e più molecole enzimatiche possono lavorare per liberare contemporaneamente molte molecole di glucosio. L’amido ramificato viene quindi digerito molto più velocemente e di conseguenza alzerà più velocemente la glicemia nel sangue. L’amido di tipo A è solitamente digeribile anche crudo, quello di tipo B, invece, solo dopo cottura. La differenza di digeribilità dell’amido deriva dal suo contenuto in amilosio (lineare) rispetto all’amilopectina (ramificata): più il vegetale è ricco di amilosio e più la sua digestione sarà lenta (indice glicemico più basso).

È importante capire e ricordare che una maggiore digeribilità corrisponde ad un indice glicemico più alto, quindi ad un assorbimento di glucosio più veloce che corrisponde ad un picco di insulina nel sangue che porta con sé non pochi effetti “collaterali” tra cui aumento del grasso corporeo, aumento del rischio di insulino-resistenza e diabete, sbilanciamento degli ormoni sessuali (peggiora ad esempio la sindrome dell’ovaio policistico), aumento del rischio di tumori e delle malattie cardiovascolari, aumento dell’infiammazione, ecc.

Il rapporto amilosio/amilopectina può essere molto diverso da una famiglia botanica all’altra, ma anche da una varietà all’altra all’interno di una stessa famiglia.

Gli amidi di cereali contengono in genere tra il 15 e il 28% di amilosio, alcune varietà di mais ne contengono meno dell’1% (mais ceroso), mentre altre ne contengono dal 55 al 80%, ma sono poco coltivate per il minor rendimento. Gli amidi dei tuberi (chiamati anche fecole) hanno un tenore di amilosio abbastanza basso (dal 17% al 22%). Quelli dei legumi, al contrario, ne sono più ricchi (dal 33 al 66%). Quindi, la patata che ha una bassa percentuale di amilosio, ha un indice glicemico molto alto, mentre le lenticchie, che hanno una percentuale di amilosio più alta, hanno un indice glicemico basso.

La struttura dell’amido viene poi modificata durante la cottura che gioca anch’essa un ruolo importante nella velocità con cui si alzerà la glicemia nel sangue. Durante la cottura infatti avviene un processo chiamato gelatinizzazione in virtù del quale l’acqua e il calore agiscono in modo combinato rompendo e rigonfiando (idratando) la struttura dell’amido. Questo in pratica si può vedere con l’aumento della viscosità dell’acqua di cottura (ed è il motivo per cui il risotto assume la consistenza cremosa). Più un amido è gelatinizzato e più risulta digeribile.

I fattori che aumentano il grado di gelatinizzazione sono principalmente la temperatura di cottura e la quantità di acqua. La cottura a vapore, per esempio, è delicata ed ha un basso potere idratante, per cui indurrà una minima gelatinizzazione, al contrario della bollitura.

Processi industriali come l’estrusione (es. cereali da colazione, gallette di riso), il flaking (fiocchi di cereali) e il popping (es. cereali soffiati, pop corn) aumentano la digeribilità del prodotto finale. Ma secondo alcuni studi anche la semplice cottura industriale dei cibi ne aumenta più la digeribilità, e quindi l’indice glicemico, rispetto alla loro cottura casalinga. Possiamo riassumere dicendo che più aumentano le temperature, la pressione e gli stress meccanici sul cereale e più aumenta il suo indice glicemico.

Ne consegue che la tanto temuta pasta ha un indice glicemico minore rispetto a questi prodotti (gallette di riso e mais ad esempio), ma anche rispetto al pane e al riso; questo sia per i ridotti stress meccanici che per il maggior contenuto di amilosio, ad esempio rispetto al riso, e anche per l’essiccazione che fa perdere acqua e rallenta la gelatinizzazione dell’amido durane la cottura. Nel caso della pasta vi è una piccola eccezione ovvero le alte temperature usate nei processi di essiccazione industriali sembrano ridurre anziché aumentare la digeribilità, anche se in modo lieve, al contrario della pasta fresca che ha un indice glicemico maggiore, anche se la farina di partenza è la stessa. Bisogna poi tener conto di come verrà cotta la pasta: più è lunga la cottura e più aumenta l’indice glicemico. La pasta essiccata e cotta al dente, dunque, può essere usata con più tranquillità da diabetici o in soggetti con colesterolo e trigliceridi alti, purché sia integrale, preceduta e accompagnata da tante verdure, legumi o pesce o dei semi oleosi (mandorle, sesamo, noci, ecc.).

Un altro esempio di come la cottura cambia l’effetto di un alimento sul nostro organismo è il trattamento “paraboiled” del riso: esso viene cotto a 60°C, riscaldato poi a vapore ed essiccato. Questo fa sì che la digeribilità e l’indice glicemico del riso paraboiled risulti più bassa rispetto a quella del riso brillato e l’effetto è maggiore se il riso è integrale.

Non è però solo il rapporto amilosio/amilopectina a produrre diversi effetti sulla glicemia. Ad esempio, alimenti con strutture vegetali integre come chicchi di cereali, semi e legumi con buccia sono meno digeribili perché, durante la cottura, l’acqua riesce a idratare meno la struttura dell’amido rispetto a come penetra nella pasta che è composta di farina; si pensi che in 10 minuti la pasta rischia di essere già troppo idratata = scotta, mentre un chicco di frumento in 45 minuti è ancora al dente! Il minor rigonfiamento e la minor dispersione dell’amido nel chicco creano una minor digeribilità e di conseguenza hanno un indice glicemico minore. Anche le dimensioni delle particelle ingerite contano: ad esempio gli spaghetti masticati hanno un indice glicemico minore rispetto al loro consumo sotto forma di frullato. Lo stesso vale per il pane masticato rispetto al consumo di farine macinate. Più è piccola la particella e più facilmente verrà digerita innalzando di più la glicemia.

Un altro fattore determinante è la composizione del pasto. Possiamo ad esempio aggiungere ad un pasto a base di carboidrati alimenti ricchi di fibre, come verdura, soprattutto cruda e prima del pasto, oppure tramite il consumo del cereale integrale rispetto a quello raffinato. Un effetto analogo lo otteniamo anche abbinando al carboidrato delle fonti di proteine e/o grassi (es. pesce, legumi, semi oleosi). Fibre, proteine e grassi rallentano lo svuotamento dello stomaco e rallentano l’assorbimento degli amidi.

Indice di digeribilità dell’amido

Sulla base della digeribilità gli amidi vengono classificati in:

  • RDS (amido rapidamente digeribile): viene digerito completamente e prevale negli alimenti appena cotti.
  • SDS (amido lentamente digeribile): viene digerito completamente, ma con lentezza. È presente nei cereali crudi, ma anche in quelli cotti in quantità variabile.
  • RS (amido resistente): resiste alla digestione ma viene metabolizzato dalla flora batterica nel colon. L’amido resistente è stato a sua volta classificato in RS1 (amido fisicamente inaccessibile) presente in riso, pasta, legumi, semi e chicchi non completamente macinati, amido RS2 (granuli di amido resistente) presente in natura negli alimenti crudi come le banane oppure non adeguatamente cotti e gelatinizzati, RS3 (amido retrogradato) contenuto in misura variabile nella maggior parte degli alimenti cotti ed in particolare in quelli cotti con calore umido e sottoposti a più cicli di raffreddamento-riscaldamento (patate cotte e raffreddate, pane e corn-flakes). La retrogradazione dell’amido avviene per raffreddamento o perdita di acqua ed è una modifica principalmente a carico dell’amilosio (più è alto il contenuto di amilosio e più si formerà amido resistente). L’RS3 si forma nel pane raffermo o tostato per perdita di acqua oppure in alimenti amidacei conservati a basse temperature (5°C) come ad esempio in un’insalata di riso lasciata raffreddare in frigorifero o delle patate fredde. Nelle farine maltate (con malto aggiunto) la produzione di RS viene rallentata perché si formano maltodestrine altamente digeribili. Anche il pane industriale ha un indice glicemico più elevato anche a causa dell’aggiunta di monogliceridi che tengono morbido l’impasto sfavorendo la formazione di RS.

L’amido resistente (RS) è certamente il più interessante ed il responsabile della diminuzione della digeribilità dell’alimento. Infatti l’RS si comporta un po’ come una fibra: abbassa i trigliceridi e il colesterolo nel sangue, migliora l’assorbimento dei minerali, aiuta a controllare la glicemia e viene metabolizzato dalla flora batterica intestinale per la produzione di acidi grassi a catena corta che abbassano il pH intestinale favorendo la proliferazione di batteri buoni e inibendo i patogeni. Una flora batterica non in equilibrio (disbiosi intestinale) è correlata a patologie cardiovascolari, diabete, obesità, patologie croniche renali, allergie, ecc. perché aumentano l’infiammazione e lo stress ossidativo nel corpo. Non a caso si è pensato di creare integratori a base di probiotici (batteri benefici) e prebiotici (nutrimento per i batteri benefici), anche a base di amido resistente.

In breve, l’amido resistente è il tipo di amido presente negli alimenti che non viene digerito dall’apparato digerente. E’ presente in grandi quantità nelle patate, nella pasta, nel riso e più in generale nei cereali e nei loro derivati. A temperatura ambiente è insolubile in acqua, ma è in grado di assorbirla in grandi quantità.

Arrivando pressoché intatto nell’intestino l’amido resistente agisce come una fibra solubile, diventando cibo per i batteri della flora intestinale. Ciò porterebbe benefici in termini di tipi di batteri presenti nell’intestino e loro numero. La fermentazione dell’amido resistente porta, infatti, alla produzione di acidi grassi a catena corta, in particolare di butirrato, utile per la salute delle cellule del colon. I risultati sarebbero l’abbassamento del pH, una forte riduzione dell’infiammazione e un abbassamento del rischio di sviluppare un tumore del colon retto. Non tutto il butirrato viene però utilizzato dall’intestino, e quello che entra in circolo eserciterebbe diversi altri benefici. I benefici che vengono attribuiti alla sua assunzione includono il miglioramento della sensibilità all’insulina, la riduzione dei livelli di zuccheri nel sangue, la diminuzione dell’appetito, un aiuto per dimagrire e diversi benefici in termini di disturbi digestivi. L’amido resistente potrebbe ad esempio essere utile in caso di malattie infiammatorie intestinali, come la rettocolite ulcerosa e la Malattia di Crohn, ma anche la costipazione o la diarrea, oppure la diverticolite.

L’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha approvato il claim secondo cui l’amido resistente può ridurre la risposta glicemica post-prandiale contribuendo a una riduzione dell’aumento del glucosio nel sangue dopo il pasto durante il quale viene assunto.

Non sono invece stati approvati i claim secondo cui l’amido resistente:

  • aiuta a favorire il normale metabolismo del colon
  • è una fibra butirrogenica, e il butirrato contribuisce al normale funzionamento e al normale metabolismo del colon
  • promuove la salute del sistema digerente
  • fornisce attività prebiotiche.

Avvertenze e possibili controindicazioni

L’assunzione di amido resistente potrebbe essere controindicata in presenza di alcuni problemi di salute. Non si può inoltre escludere a priori che un integratore non interferisca con l’assunzione di farmaci o altre sostanze. Per questo prima di assumere amido resistente è bene chiedere un consiglio al proprio medico.

Conclusioni

Da quanto esposto si evince come il solo conteggio calorico non aiuti a capire l’effetto che un certo cibo avrà sul nostro organismo, se farà alzare la glicemia o ingrassare. Bisogna anche sfatare il pensiero che un pasto o un alimento molto digeribile sia sempre vantaggioso…potrebbe invece fare ingrassare di più!

L’alimentazione è fatta alchimie complesse in cui entrano la complessità dei cibi e quella della loro cottura. A parità di alimenti e di calorie possiamo costruire pasti più o meno salutari e le migliori pietanze son sempre quelle meno elaborate.

Redazione amaperbene.it

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