Formazione del microbiota – Dinamismo evolutivo dell’ecosistema intestinale
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Il microbioma è molto dinamico, cambia da individuo a individuo e nello stesso individuo nel tempo ed a seconda di molteplici fattori (fattori intrinseci, ambientali, dieta, uso di farmaci, etc.). Si possono riconoscere diverse fasi nello sviluppo della flora intestinale:
- Fase 1 – Alla nascita
- Fase 2 – Durante l’allattamento
- Fase 3 – Durante lo svezzamento
- Fase 4 – Verso l’adolescenza
- Fase 5 – Microbiota dell’adulto
- Fase 6 – Microbiota dell’anziano
Fase 1 – Alla nascita
Essendo l’utero normalmente privo di batteri, pure il neonato risulta privo di batteri; al momento della nascita, e subito dopo comincia la prima colonizzazione ad opera sia dei microrganismi materni che di quelli provenienti dall’ambiente, per lo più microrganismi opportunisti, cui il bambino è esposto (Corynebacteria, Lattobacilli, Micrococci e Propioniobacteria). Successivamente, il consumo di ossigeno da parte di microrganismi aerobi favorisce la crescita anche degli anaerobi (Clostridi, Bacteroides e Bifidobatteri).
Vi sono evidenze circa la presenza di batteri nel tessuto placentare, nel sangue del cordone ombelicale, nelle membrane fetali e nel liquido amniotico di neonati sani senza indicazioni di infezioni o infiammazioni. Ad esempio, il meconio di neonati prematuri nati da madri sane contiene un microbiota specifico, con i Firmicutes come phylum principale e predominanza di stafilococchi, mentre nelle prime feci i più abbondanti sono i Proteobacteria, in particolare specie quali Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Serratia marcescens, ma anche gli enterococchi.
Esistono chiare differenze nella composizione del microbiota a seconda del tipo di parto.
- Nei bambini nati conparto naturale le più importanti fonti di inoculo sono il microbiota vaginale e fecale della madre; predominano i generi Lactobacillus (i più abbondanti nel microbiota vaginale ed anche nell’intestino neonatale nei primi giorni), Bifidobacterium, Prevotella, o Sneathia.
Anaerobi, quali i membri dei phyla Bacteroidetes e Firmicutes, non potendo vivere all’esterno dei loro ospiti, farebbero affidamento allo stretto contatto tra genitore e figli per la trasmissione. Infine la trasmissione degli anerobi stretti, data la presenza nell’intestino del neonato di ossigeno, potrebbe avvenire in seguito per mezzo di spore e non direttamente al momento del parto.
- In caso di parto cesareo, i primi batteri incontrati sono quelli della pelle e dell’ambiente ospedaliero, ed i neonati ospitano un microbiota dominato da specie appartenenti ai generi Corynebacterium, Staphylococcus e Propionibacterium; inoltre, i bambini nati con il cesareo avrebbero:
- una più bassa conta di cellule batteriche nei campioni di feci ad un mese dalla nascita, dovuta soprattutto alla più elevata presenza di Bifidobacterium nei bambini nati con parto naturale;
- una minore diversità batterica;
- un più alto numero di cellule secretrici anticorpi (IgA, IgG ed IgM), il che potrebbe riflettere un’eccessiva esposizione agli antigeni che riuscirebbero ad attraversare la più vulnerabile barriera intestinale.
- Col partopretermine gli organi del bambino non sono arrivati totalmente a maturazione; i neonati pretermine mostrano una bassa diversità di specie presenti nel microbiota. Possedere un microbiota più diversificato rende il neonato maggiormente pronto a rispondere a un numero maggiore di stimoli
Il tipo di parto sembra avere influenza anche le funzioni immunitarie nel corso del primo anno di vita, forse attraverso l’influenza esercitata sullo sviluppo del microbiota intestinale; così i bambini nati attraverso il parto cesareo avrebbero un microbiota intestinale maggiormente associato ad un aumentato rischio di malattie, di sovrappeso e obesità nella vita futura, paragonati a quelli che vengono alla luce per via naturale.
Nei primi giorni di vita il microbiota intestinale si assembla progressivamente grazie agli eventi peri-natali, all’alimentazione con il latte materno e al contatto con i batteri presenti sul corpo della mamma.
Un bilanciato processo di assemblaggio del microbiota intestinale nel corso della prima infanzia è un fattore essenziale per la salute del bambino, anche nel corso della vita adulta.
Ad esempio, una elevata abbondanza di Bifidobatteri è cruciale per lo sviluppo e l’educazione del sistema immunitario del neonato e, allo stesso tempo, lo protegge da infezioni da parte di microorganismi patogeni.
Dal quinto giorno di vita in poi il profilo del microbiota inizia a somigliare a quello di un adulto.
I virus, assenti alla nascita, dalla fine della prima settimana di vita raggiungono un numero di circa le 108 unità/grammo di peso fresco di feci.
Fase 2 – Durante l’allattamento
Sebbene considerato sterile, il latte materno contiene un ricco microbiota formato da oltre 700 specie di batteri, dominato da stafilococchi, streptococchi, bifidobatteri e batteri lattici.
Dunque, nei bambini allattati al seno il latte rappresenta una fonte importante per la colonizzazione dell’intestino, ed è stato suggerito che questa modalità di colonizzazione giochi un ruolo cruciale per la salute, in quanto, tra le altre funzioni, potrebbe proteggere il neonato dalle infezioni e contribuire alla maturazione del sistema immunitario.
Il latte materno influenza il microbiota intestinale anche indirettamente, grazie alla presenza di oligosaccaridi con attività prebiotica che stimolano la crescita di gruppi batterici specifici quali stafilococchi e bifidobatteri.
I bambini allattati al seno giungono a contatto con i batteri presenti sia sulla cute della madre che nel latte, che può contenere fino a 109 microbi per litro ingerito. Si forma un microbiota meno complesso dominato da Bifidobacteria, capaci di esercitare un effetto barriera nei confronti di batteri patogeni. Le feci dei neonati allattati al seno sono, infatti, più acide. Predominano Bifidobacterium bifidum e Bifidobacterium breve.
Il tratto gastrointestinale del bambino allattato al seno tra il primo e l’undicesimo mese di vita è colonizzato dai generi Bacteroides ed Escherichia, mentre i Bifidobacteria compaiono e crescono fino a dominare, assieme a Ruminococcus. I bifidobatteri, come Bifidobacterium longum subspecies infantis, sono quindi:
- strettamente correlati all’allattamento al seno;
- tra i meglio caratterizzati fra i batteri commensali benefici;
- probiotici, ossia microrganismi in grado di apportare effetti benefici sulla salute dell’ospite.
La loro abbondanza conferisce benefici anche attraverso un’esclusione competitiva con cui sono di ostacolo alla colonizzazione da parte di patogeni. Ed infatti Escherichia e Bacteroides possono divenire preponderanti se i Bifidobacterium non colonizzano in modo adeguato.
Anche se prima dello svezzamento la dieta del neonato allattato al seno è piuttosto costante, il suo microbiota non lo è altrettanto.
I bambini allattati artificialmente sviluppano subito un microbiota più complesso, simile a quello degli adulti, dominato, oltre che da bifidobatteri, da batteri dei generi Escherichia (ad es. E. coli), Clostridium (ad es. C. difficile), Bacteroides (ad es. B. fragilis) e Lactobacillus che sono presenti in modo significativamente maggiore rispetto a quanto osservato nei bambini allattati al seno.
Fase 3 – Durante lo svezzamento
Durante il primo anno di vita e fino allo svezzamento l’ecosistema intestinale è prevalentemente colonizzato da microrganismi opportunisti, cui il bambino è esposto nel suo ambiente. I primi germi sono spesso aerobi, come lo Streptococcus aureus e gli Enterobatteri, seguiti dagli anaerobi, come gli eubatteri e i clostridi.
I figli di genitori obesi hanno un rischio maggiore di sviluppare obesità, in parte a causa di una predisposizione genetica, in parte delle abitudini alimentari ed ambientali, ma in gran parte a causa del microbiota intestinale.
A 9 mesi, la maggior parte dei bimbi comincia a mangiare cibi solidi e ad avere una dieta complementare. In questa fase, i principali fattori di sviluppo della flora intestinale sono: la quantità di tempo che la madre ha allattato il bimbo e la composizione degli alimenti solidi.
L’introduzione di cibi solidi ad alto contenuto di proteine e fibre ha un forte impatto sulla composizione microbica intestinale. Per questo è molto importante la selezione del tipo di cibo e come viene preparato al momento di darlo ai bimbi.
Fase 4 – Verso l’adolescenza
Dopo lo svezzamento insieme all’introduzione di una dieta solida e alle modificazioni di sviluppo della mucosa intestinale, si realizza, con le caratteristiche di una notevole biodiversità microbica, la transizione della flora intestinale verso il profilo dell’adulto.
In questa fase, una conformazione equilibrata del microbiota intestinale è importante per prevenire la futura insorgenza di disturbi che possono persistere nel corso della vita, come obesità, diabete e altri disordini metabolici.
Quindi i primi 2-3 anni di vita sono il periodo più critico in cui intervenire al fine di ottenere il miglior microbiota possibile così da ottimizzare la crescita e lo sviluppo del bambino.
Fase 5 – Microbiota dell’adulto
Il microbiota tipico del giovane adulto è relativamente stabile nel tempo (comprese le componenti virale, eucariotica e gli Archeobatteri), sino alla vecchiaia, dominato almeno nella popolazione occidentale da specie dei phyla Firmicutes, che rappresentano circa il 60% della comunità batterica intestinale, Bacteroidetes ed Actinobacteria (principalmente con il genere Bifidobacterium), ognuno circa il 10% della comunità batterica, seguiti da Proteobacteria e Verrucomicrobia.
I generi Bacteroides, Clostridium, Faecalibacterium, Ruminococcus ed Eubacterium, costituiscono, assieme a Methanobrevibacter smithii, la grande maggioranza della comunità batterica intestinale dell’adulto.
Il microbiota è sufficientemente simile tra gli individui da permettere l’individuazione di un nucleo microbiomico condiviso.
In un adulto il mantenimento di un profilo sano del microbiota intestinale consente di preservare l’equilibrio del sistema immunitario e del metabolismo energetico, favorendo il benessere della persona e costituendo una importante forma di prevenzione nei confronti di molte patologie locali o sistemiche, nonché di diversi disturbi di lieve e media entità che condizionano il benessere di tutti i giorni. L’equilibrio del microbiota consente, inoltre, di mantenere stabile il proprio stato di salute in situazioni di stress, come in seguito a viaggi, cambiamenti ambientali e nello stile di vita, che indeboliscono le difese dell’organismo.
Il microbiota dell’adulto è composto per il 95% da batteri che possono vivere senza ossigeno (anaerobi) e per il 5% da batteri aerobi (che necessitano di ossigeno per vivere).
Tra i batteri anaerobi si ricordano: Escherichia Coli (vari tipi), enterococchi, batterioidi, bifidobatteri e i clostridi.
I microrganismi aerobi più comuni sono invece: lactobacilli (anaerobi facoltativi), proteus, lieviti, clostridi, stafilococchi (anaerobi facoltativi).
Ogni porzione del tratto gastrointestinale (GI) è colonizzata da una microflora specifica, la cui composizione è il risultato dell’adattamento alle condizioni ambientali locali e delle interazioni di tipo commensalistico o parassitico che si stabiliscono. Le variazioni sono sia quantitative che qualitative. Vari fattori contribuiscono a definire la composizione e la concentrazione microbica nelle specifiche porzioni del tratto GI: il valore del pH, la velocità del transito peristaltico, la disponibilità dei nutrienti, la presenza di enzimi gastrici e di sali biliari, il potenziale di ossidoriduzione all’interno del tessuto, l’età e la salute dell’ospite (malattie e trattamenti), l’adesione, la cooperazione e l’antagonismo batterico, le secrezioni di muco contenenti immunoglobuline, il tempo di transito, la presenza di acidi biliari e degli enzimi digestivi.
Nello stomaco degli individui sani la crescita dei batteri è inibita da un pH basso per cui la carica batterica resta bassa. Gli organismi isolati predominanti sono i lattobacilli, gli streptococchi e i lieviti. La concentrazione di microrganismi aumenta progressivamente lungo il tenue; oltre la valvola ileo-cecale si raggiungono concentrazioni batteriche pari a 1011 – 1014 UFC/ml (UFC= Unità Formanti Colonie).
Nel duodeno e nell’intestino tenue l’ambiente è acido con il pH tra quattro e cinque. Predominano i lattobacilli e gli streptococchi. Il numero dei batteri nel duodeno è superiore a quello dello stomaco con circa 102-104 CFU (unità formanti colonia) contro i 102. Il microbiota, in rapporto alla diminuzione della velocità di transito dei contenuti e all’aumento del pH intraluminale, cambia, poi, fortemente dal duodeno all’ileo. Aumenta anche la carica batterica sino a 106-108 CFU.
Nel colon il 99% del microbiota è anaerobio e il microbiota costituisce il 35-50% del volume del contenuto del colon. La popolazione del microbiota del colon raggiunge i 1010-1012 CFU. Un adulto, di fatto, può avere intorno ai 1014 CFU superando, così, in numero le cellule eucariotiche totali di tutto il suo organismo. Nel colon, peraltro, ci sono due fattori associati che contribuiscono alla massima colonizzazione fisiologica: il pH neutro e il più lungo tempo di transito.
La presenza nel colon di un piccolo sottoinsieme del mondo batterico, 9 phyla sui 30 esistenti nel dominio Bacteria, è il risultato di una forte pressione selettiva che nel corso dell’evoluzione ha agito sia sui colonizzatori microbici, selezionando organismi adattati eccezionalmente bene a questo ambiente ed in grado di dominare il processo di colonizzazione, che sulla nicchia intestinale. E tuttavia, ciascun individuo possiede nel proprio intestino una comunità batterica unica. Nonostante la grande variabilità esistente sia riguardo ai taxa presenti che tra gli individui, è stato proposto, ma non da tutti accettato, che nella maggior parte dei soggetti adulti il microbiota intestinale, nella sua componente batterica, possa essere classificato in varianti od “enterotipi” sulla base del rapporto tra l’abbondanza di Bacteroides e Prevotella. Questo sembra indicare che esista un numero limitato di stati simbiotici ben bilanciati, che potrebbe rispondere in maniera differente a fattori quali la dieta, l’età, la genetica e l’assunzione di farmaci. Infine, non bisogna dimenticare che l’intestino degli adulti ospita un’ampia e varia comunità di virus a DNA ed RNA, formata da circa 2000 genotipi differenti, dove però non se ne individua uno dominante, considerando che il virus più abbondante rappresenta solo circa il 6% dell’intera comunità (al contrario di ciò che accade nei neonati dove il genotipo più abbondante rappresenta oltre il 40% dell’intera comunità). La maggior parte dei virus a DNA sono batteriofagi o fagi, ossia virus che infettano i batteri (che sono anche l’entità biologica più abbondante presente sulla terra, con una popolazione stimata di circa 1031 unità), mentre la maggior parte di quelli a RNA sono virus vegetali.
Ad ogni modo, per completezza accenneremo alle conoscenze sugli enterotipi,
La composizione del microbiota è condizionata dall’ambiente in cui la persona vive, dal suo stile di vita, ma soprattutto dalla composizione della dieta.
La dieta influisce in maniera determinante sulla selezione dei batteri che compongono la flora intestinale da cui dipende la possibilità o meno di soffrire di alcune malattie del progresso (diabete, obesità, malattie cardiovascolari, etc.).
Lo studio delle abitudini dietetiche ha consentito, al momento, di identificare tre enterotipi (= tipi di composizione del microbiota) prevalenti:
- Enterotipo 1 – è caratterizzato dall’abbondanza di batteri del genere Bacteroides e da una maggior produzione intestinale di vitamine del gruppo B e acido ascorbico (vitamina C). Questa tipologia batterica è associata ad un’alimentazione troppo ricca di proteine e grassi di origine animali e povera di fibre; per contro, si dovrebbe assumere una maggior quantità di frutta, verdura e alimenti integrali. L’enterotipo 1 è correlato ad un aumentato stato di infiammazione che può coinvolgere non solo l’intestino, ma anche altri organi.
- Enterotipo 2 – è caratterizzato dall’abbondanza di batteri del genere Prevotella e da una maggior produzione di tiamina (vitamina B1) e acido folico (vitamina B9). È associato ad un’alimentazione ricca in carboidrati e correlato ad un aumentato rischio di sviluppare candidosi intestinale. In questo caso è consigliabile moderare il consumo di dolci, zuccheri e alimenti lievitati, preferendo cereali integrali e prodotti privi di lieviti.
- Enterotipo 3 – è caratterizzato dall’abbondanza di batteri del genere Ruminococcus e dalla produzione di sostanze coinvolte nella modulazione del sistema immunitario, chiamate citochine. Questo enterotipo è correlato ad un maggior rischio di aumento di peso e di sviluppo di sindrome metabolica. Chi presenta questo tipo di microbiota ha spesso un’alimentazione ricca in zuccheri semplici e dolci; a lui va consigliato di preferire frutta e verdura a basso indice glicemico e cereali integrali.
Pertanto, si potrebbe affermare che, in generale,
- durante l’evoluzione l’organismo umano ha selezionato i generie le specie che meglio potessero sfruttare a loro vantaggio la potenzialità dei substrati provenienti dai cibi.
- il microbioma di un individuo sano è relativamente stabile nel corso degli anni
- più ricco e diversificatoè il microbiota, meglio sarà in grado di fronteggiare le minacce esterne e produrre metaboliti utili per l’organismo
- le dinamiche microbiche intestinalisono fortemente influenzate dallo stile di vita.
- chi segue una dieta occidentale, ricca di carboidrati e proteine animali, ha una prevalenza dell’enterotipo I
La colonizzazione microbica del tratto digerente deriva quindi dall’interazione tra ospite e ambiente. I rapporti che si stabiliscono tra microrganismo e ospite possono essere diversi a seconda del beneficio che ne deriva per l’ospite.
Le specie batteriche si possono distinguere i microrganismi in:
I batteri ricevono dall’ospite i nutrienti di cui hanno necessità per vivere, ma molti sono anche i vantaggi che apportano all’organismo umano.
L’invecchiamento della flora intestinale inizia dopo una determinata età dipendente dalle caratteristiche individuali relative alla dieta, alla razza ed etnia e, infine, alla fragilità.
Fase 6 – Microbiota dell’anziano
Nella senescenza i cambiamenti della dieta, dello stile di vita e il decadimento immunologico determinano un drastico impatto sull’ecologia microbica del tratto gastrointestinale. Il microbiota nell’anziano è caratterizzato da
- bassa biodiversità microbica
- aumento opportunistico di aerobi facoltativi della specie Staphylococcus, Streptococcus, Enterobacteriaceae
- diminuiscono gli anaerobi, come il Clostridium cluster IV e XIV bis e i Bacteroidetes
- bassa presenza di Bifidobacterium
- diminuzione delle specie producenti butirrato
Il butirrato di sodio è il sale sodico dell’acido butirrico, un acido grasso saturo a catena corta (o SCFA, dall’inglese Short Chain Fatty Acids) che esercita interessanti attività nel tratto intestinale, a livello del quale risulta essere un importante elemento per la crescita e la funzione dell’epitelio enterico.
Il butirrato è una sostanza solubile in acqua che viene prodotta nel tratto intestinale – più precisamente, a livello del colon – in seguito a fermentazione dei residui alimentari (in particolare, delle fibre) ad opera dei batteri che colonizzano naturalmente il nostro intestino.
Esso rappresenta la principale fonte energetica per i colonociti (ossia, le cellule del colon), coprendo gran parte del loro fabbisogno energetico totale; inoltre è responsabile dei processi di rigenerazione e riparazione cellulari, stimola la risposta cellulare locale, mantiene l’integrità della barriera intestinale e può aiutare a mantenere l’equilibrio della flora batterica intestinale, promuovendo la crescita dei cosiddetti batteri buoni e prevenendo la proliferazione di quelli dannosi (come Escherichia coli, Campylobacter, Salmonella).
Al butirrato vengono attribuiti anche effetti antinfiammatori con stimolazione delle citochine antinfiammatorie. Il butirrato può quindi aiutare a prevenire le infiammazioni a livello del colon, inoltre, può aiutare a mantenere una corretta funzionalità della muscolatura intestinale.
Nell’anziano il mantenimento di un microbiota intestinale il più possibile simile ad un profilo “sano” consente di contrastare gli effetti dell’invecchiamento, mantenendo l’organismo in salute. Tuttavia il rapporto Firmicutes/Bacteriodetes diminuisce negli individui ultracentenari nei confronti degli anziani con un range di età fra 65 e 80 anni.
Un microbiota sano è di aiuto nel mantenere un corretto stato nutrizionale e un bilanciato funzionamento del sistema immunitario, esercitando un ruolo adiuvante nel contrastare gli effetti dell’immunosenescenza e dell’infiammazione cronica e generalizzata tipica dell’invecchiamento (inflammaging).
Per quanto la definizione della composizione del microbiota sia complessa, esiste un generalizzato consenso su una riduzione degli anaerobi obbligati ed un aumento, età correlato, degli anaerobi facoltativi inclusi streptococci, stafilococci, enterococci ed enterobatteri con una diminuzione di Bifidobacteria e Lactobacilli.
Un’alimentazione ricca in cereali come frumento, riso, mais, avena, farro, con frutta e verdura fornisce i substrati ideali per la proliferazione di batteri “buoni”, come i lattobacilli e bifidobatteri.