Fellandrio | Oenanthe Phellandrium
Chiamato anche peperoncino selvatico, cucuzzella pazza, zucchetta marina, il cocomero asinino è una pianta annua erbacea perenne della famiglia delle Cucurbitacee, diffusa nel bacino del Mediterraneo; alta fino a 50 cm, con fusto prostrato ispido e verrucoso; i rami fioriferi sono ascendenti; le foglie sono ovate, quasi astate alla base con apice acuto e margine crespato ondulato; i fiori sono piccoli unisessuali, giallo-bianchi, con calice e corolla divisi in 5 lobi.
I frutti hanno la forma di un piccolo cocomero spinoso, ovvero di bacca pendula irsuta di forma ovale delle dimensioni di 3–4 cm. È l’unica specie del genere Ecballium. Cresce in vegetazioni ruderali come discariche e margini di strade, in siti assolati e su suoli abbastanza ricchi in composti azotati, aridi d’estate, con optimum nella fascia mediterranea.
Il suo nome botanico deriva, dai termini greci “έκτο”= al di fuori, e “βάλλω”= lanciare e fa riferimento ad una particolarità dei frutti: al loro interno infatti si sviluppa una pressione idraulica notevole che serve a “sparare” i semi il più lontano possibile; i piccioli dei frutti funzionano come tappi che, quando il frutto è maturo, al minimo tocco lasciano fuoriuscire liquido e semi. La pressione che si accumula in un frutto maturo è molto superiore a quella di uno pneumatico d’auto: quando il frutto si stacca dal peduncolo il liquido ed i semi vengono sparati fuori ad una velocità di circa 10 m/s e ad una distanza anche di oltre 12 m.
Il succo contenuto nella polpa del frutto è amarissimo e altamente tossico; di qui il nome volgare di “sputaveleno”; può causare infiammazioni alle mucose e agli occhi e irritazioni gravi all’intestino crasso, con conseguenti seri problemi gastrointestinali. Periodo di fioritura: maggio-ottobre.
La pianta è di antico uso medicinale, ma contiene diversi alcaloidi che la rendono tossica. Tutte le parti della pianta sono tossiche, ma in particolare i semi e il liquido che li avvolge all’interno del frutto. La tossicità è dovuta alla presenza di un alcaloide glucoside, ovvero l’elaterina, di cucurbitacine e di acidi grassi. Questi principi attivi hanno forti proprietà purgative, diuretiche, emmenagoghe, citotossiche, emetiche, rubefacenti.
Nell’antichità Teofrasto ne consigliava l’uso della radice per combattere la scabbia delle pecore. In medicina si può usare il liquido essiccato come forte purgativo; in erboristeria ne è vietato l’uso data l’elevatissima tossicità.
Il cocomero asinino può causare gravi effetti collaterali in caso di assunzione, accidentale o voluta, del suo succo. Basti pensare che anche il contatto esterno provoca infiammazioni severe delle mucose del naso e della bocca. Non va quindi toccato a mani nude o, peggio ancora, non bisogna giocarci imprudentemente per far schizzare via i semi.
All’interno del corpo, gli effetti avversi sono a carico del sistema gastrointestinale, e i sintomi sono nausea, vomito, diarrea intensa, cefalgia, dolori addominali. In persone con problemi patologici pregressi e con un’assunzione elevata, vi è anche il rischio di morte.