Elleboro | Helleborus Niger L.
Helleborus niger (L., 1753), comunemente nota come elleboro nero, è una pianta erbacea perenne, rizomatosa, appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae.
Originaria del Caucaso e dell’Asia Minore, molto diffusa nei Balcani, e in Italia sulle catene montuose di Alpi ed Appennini, questa pianta è stata oggetto di diverse leggende nella tradizione cristiana, che la vogliono legata soprattutto alla Natività. Una di esse narra di come un cespuglio di roselline bianche, per intervento di un angelo, fosse spuntato nelle vicinanze della grotta al momento della nascita di Gesù, per permettere a una pastorella molto povera e intimidita, di portare come gli altri un dono al Bambinello. originaria dell’Asia sud-orientale, e diffusa.
Lo splendido fiore dell’elleboro è uno dei pochi a sbocciare a inizio inverno, quando il pallido sole di dicembre, gennaio e febbraio scalda timidamente la terra nelle giornate più serene. Per questo motivo è conosciuto anche come “Rosa di Natale” perché l’aspetto ricorda molto quello della rosa canina. L’elleboro, allo stato selvatico, si incontra facilmente nei terreni umidi, ai margini dei boschi collinari e in zone fresche e ombrose, su suoli ricchi in humus e su substrati calcarei, con optimum nella fascia montana. E’ una pianta piuttosto facile da coltivare e gradevole come pianta ornamentale proprio per merito della caratteristica fioritura declinata in diverse variegate colorazioni. Come esposizione, la rosa di Natale predilige un luogo protetto, in penombra. Ideale sarebbe quindi una piantagione sotto alberi radi o arbusti più alti; questi proteggono dal caldo torrido in estate e garantiscono sufficiente luminosità in inverno.
La denominazione del genere Helleborus è stata attribuita dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort ed è stata formata (a quanto pare) dall’unione di due parole greche (elein= ferire e bora= alimentare) il cui significato finale è “pietanza, nutrimento o cibo mortale“. Altre etimologie sembrerebbero far riferimento a un’antica città greca famosa per curare la pazzia con una pianta di questo genere. L’epiteto specifico niger (= nero, scuro) è ancora dibattuto: può fare riferimento al colore del rizoma, ma non lo rende specifico, mentre altri fanno riferimento al mutamento del colore dei petali che da bianchi diventano rosa, poi viola, infine a tarda primavera, quasi neri. Il binomio scientifico attualmente accettato (Helleborus niger) è stato proposto da Carl von Linné (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753.
Fin da tempi antichi, l’elleboro nero era considerato un rimedio straordinario nella cura delle malattie mentali, come vero e proprio rimedio contro la follia. La mitologia greca, infatti, narra che Ercole guarì dalla pazzia grazie all’elleboro e che il pastore Melampo, curò la follia delle figlie di Preto e Argo con il latte delle capre che ne avevano mangiato le foglie. Il poeta latino Orazio consigliava di recarsi, per la cura della pazzia, nell’isola di Anticipa in cui cresceva rigogliosamente. Con il passare dei secoli l’elleboro si diffuse come rimedio per la cura delle malattie cardiache, soprattutto senili.
La pianta contiene glicosidi cardioattivi, fra cui l’elleborina, e altre sostanze alcaloidi tossiche e velenose sia per gli uomini che per gli animali.
Tutte le parti della pianta, radici comprese, sono tossiche e altamente irritanti sia per l’uomo che per gli animali. Vista la tossicità della pianta, è bene saperla riconoscere e maneggiarla con la dovuta cautela, evitando il contatto diretto e maneggiando i fiori con cura, magari servendosi di guanti. Se ingerite in quantità possono provocare vomito, diarrea e arresto cardiaco; il veleno può essere assorbito anche attraverso la pelle.