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Dal “Rapporto annuale 2024. La situazione del Paese”

Pillola di conoscenza

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È stato presentato dall’ISTAT il “Rapporto annuale 2024. La situazione del Paese”, consueta “fotografia” dello stato dell’arte del nostro Paese. Tutti i dati si riferiscono ovviamente al 2023.

Dall’inizio del nuovo millennio ad oggi profonde trasformazioni strutturali, demo-sociali ed economiche ridefiniscono e caratterizzano condizioni e prospettive intergenerazionali.

Il Rapporto si articola in quattro i capitoli:

  1. l’economia italiana;
  2. i cambiamenti del lavoro;
  3. le condizioni e la qualità della vita;
  4. l’Italia dei territori.

Di seguito, una estrema sintesi dei contenuti e alcune slide tratte dalla presentazione.

 

CAP. 1 – L’ECONOMIA ITALIANA: CRESCITA, CRITICITÀ, CAMBIAMENTI

Nell’ultimo triennio l’economia italiana è cresciuta più della media dell’Ue27, anche più di Francia e Germania, ritenute tra le maggiori economie dell’Unione. Alla crescita si è associato il buon andamento del mercato del lavoro.

Dalla seconda metà del 2021, come le altre maggiori economie europee, l’Italia si è confrontata con l’ascesa dei prezzi originata dalle materie prime importate, seguita a fine 2022 da un rapido processo di raffreddamento, rafforzatosi nel 2023. L’episodio inflazionistico ha avuto effetti differenziati sulle imprese e, in particolare, sulle famiglie – con le retribuzioni che non hanno tenuto il passo dell’inflazioneriducendo il potere di acquisto soprattutto delle fasce di popolazione meno abbienti. Il mantenimento del volume dei consumi nonostante la riduzione del potere d’acquisto ha comportato una riduzione della propensione al risparmio fino al 6,3 per cento del 2023, contro l’8,1 del 2019…

La performance degli ultimi anni ha fatto seguito a due decenni in cui la struttura dell’economia italiana si è adattata, con fatica, ai cambiamenti del contesto competitivo e all’impatto della transizione digitale.

Il sistema produttivo, la Pubblica Amministrazione e gli individui hanno mostrato progressi significativi nell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione, accelerati dalla pandemia. Permangono però alcune criticità e ritardi, anche nello sviluppo delle competenze digitali.

Negli ultimi 20 anni, l’Italia ha difeso il proprio posizionamento come paese esportatore, ma la concorrenza delle economie emergenti ha messo in crisi una parte rilevante delle industrie su cui si basava la specializzazione nazionale, che si è gradualmente modificata. D’altra parte, la lentezza nello sviluppo delle attività terziarie intense in conoscenza, oltre che in una debole dinamica delle esportazioni di servizi, si è riflessa in un’accresciuta dipendenza dall’estero.

In questo periodo, la crescita dell’attività economica e della produttività del lavoro sono state particolarmente deboli, rispetto sia all’esperienza storica sia alle altre maggiori economie europee. Il recupero recente dell’attività di investimento, in particolare nella componente immateriale, se sostenuto, potrebbe contribuire nei prossimi anni al miglioramento delle prospettive di crescita del nostro Paese.

CAP. 2 – I CAMBIAMENTI DI LAVORO: TENDENZE RECENTI E TRASFORMAZIONI STRUTTURALI
Negli ultimi decenni le caratteristiche dell’occupazione in Italia sono cambiate, accompagnando l’evoluzione dell’economia e della società. Il peso dell’occupazione a tempo parziale è cresciuto quasi ininterrottamenteè aumentata l’occupazione femminile e quella delle fasce più anziane, in relazione all’allungamento della vita e al posticipo dell’età pensionabile, mentre si è ridotta quella delle fasce più giovani. La forza lavoro è oggi più istruita; si è verificata, infine, una ricomposizione dell’occupazione verso le attività terziarie.

Le retribuzioni reali, in associazione col debole andamento della produttività, sono aumentate molto lentamente, e nel recente episodio inflazionistico hanno perso terreno. La quota di lavoratori con basse retribuzioni annuali permane ampia, prevalentemente in associazione con la ridotta intensità lavorativa e con la durata dei contratti: fenomeni, questi, che riguardano maggiormente le donne, i giovani e gli stranieri.

Nel biennio 2022-2023, il numero di occupati in Italia è cresciuto a ritmi sostenuti (+1,8% in entrambi gli anni).

Tra il 2019 e il 2023, il nostro Paese si distingue per la crescita dell’occupazione nelle Costruzioni, sostenuta dall’introduzione delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie. In questo settore, l’occupazione è aumentata del 16,2%, contribuendo per un punto percentuale alla crescita complessiva.
Il tasso di occupazione tra 15 e 64 anni nel 2023 è stato del 61,5%, guadagnando 2,4 punti percentuali rispetto al 2019. Nel confronto con le altre maggiori economie europee resta però inferiore di 15,9 punti rispetto alla Germania ed è più basso anche rispetto a quello osservato per Francia e Spagna (-6,9 e -3,9 punti rispettivamente).


Uno dei tratti distintivi degli ultimi due decenni è la crescita dei dipendenti a tempo determinato:
 nel 2023 erano quasi 3 milioni, circa un milione in più rispetto al 2004. L’aumento ha riguardato soprattutto i giovani tra 15 e 34 anni. Viceversa, la crescita del lavoro a tempo indeterminato, pari a 1 milione 373 mila unità (+9,7%), ha riguardato solo gli occupati ultracinquantenni.
Tra il 2004 e il 2023 la crescita dell’occupazione si è accompagnata alla sua ricomposizione tra le attività economiche. Secondo le stime della contabilità nazionale, il comparto dei servizi ha guadagnato 2,4 milioni di occupati, mentre l’Industria in senso stretto ne ha persi oltre 500 mila e l’Agricoltura 140 mila. Gli occupati nelle Costruzioni, per effetto degli incentivi degli ultimi anni, sono invece tornati sui livelli del 2004.

Il 59,3% degli oltre 22,5 milioni di lavoratori che nel 2021 erano impiegati nel sistema economico si dichiarava nel complesso soddisfatto del proprio lavoro, soprattutto in relazione alla stabilità del contratto (58,2%). Più limitata è la quota di soddisfatti dal trattamento economico (38,1%) e dalle opportunità di carriera (31,4%). In generale, la soddisfazione è maggiore per i lavoratori residenti al Nord (61,7% contro 53,3% nel Mezzogiorno).

CAPITOLO 3. CONDIZIONI E QUALITÀ DELLA VITA

Negli ultimi dieci anni si è allargato il divario tra le condizioni economiche delle generazioni. Più una persona è giovane, più è probabile che abbia difficoltà. La situazione si è invertita alla fine degli anni 2000: la grande recessione ha penalizzato di più le giovani generazioni. Per l’effetto del forte rialzo dell’inflazione degli ultimi tre anni, le spese per consumo delle famiglie sono diminuite in termini reali ed è aumentata la distanza tra le famiglie più e meno abbienti. Questo aumento della sofferenza economica si è riflessa nel contemporaneo peggioramento degli indicatori di povertà assoluta, che ha colpito nel 2023 il 9,8% della popolazione, un dato più alto di circa tre punti percentuali rispetto al 2014. L’incremento di povertà assoluta ha riguardato principalmente le fasce di popolazione in età lavorativa e i loro figliIl reddito da lavoro, in particolare quello da lavoro dipendente, ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico. Gli indicatori di povertà negli ultimi 10 anni mostrano una convergenza territoriale tra le ripartizioni, ma verso una situazione di peggioramento.

L’età adulta, oggi non può più essere considerata sinonimo di stabilità e certezze acquisite. D’altro canto, però, la diffusione crescente di stili di vita sani ha aumentato gli anni di vita in salute, influenzando positivamente la qualità della vita, anche nelle età più avanzate e dimostrando che è possibile rimanere attivi per gran parte della vita. La diffusione dell’uso di Internet e delle nuove tecnologie sta cambiando le nostre abitudini quotidiane. Sebbene la rivoluzione digitale coinvolga sempre più persone, persistono disuguaglianze nell’accesso e nelle competenze digitali. Le generazioni più giovani hanno visto migliorare molteplici dimensioni della loro vita quotidiana; di fronte alle grandi sfide del nostro tempo esprimono elevati livelli di soddisfazione per la loro vita e alti livelli di partecipazione sociale. La condizione economica delle famiglie Le spese per consumo.

Nel 2023, la spesa media mensile per consumo delle famiglie residenti in Italia è pari a 2.728 euro, in aumento del 3,9% rispetto all’anno precedente. La spesa media più elevata, pari a 2.967 euro mensili, è nel Nord-ovest, quasi identica rispetto al Nord-est e al Centro (rispettivamente, 2.962 e 2.953 euro mensili), ma del 28,2% e del 35,2% superiore rispetto alle Isole (2.314 euro) e al Sud (2.195 euro).

Dal 2014 al 2023, la spesa media mensile delle famiglie è cresciuta dell’8,3 per cento. L’aumento è stato molto più accentuato nelle Isole (+23,0 per cento), seguite dal Centro (+11,4) e dal Sud (+10,2). Nel Nord, invece, l’incremento è stato del 4,5 per cento (+4,8 nel Nord-ovest, +4,1 nel Nord-est), poco più della metà del dato nazionale. Nel 2023, 1,3 milioni di minorenni sono in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza del 14,0%. Valori più elevati della media nazionale si registrano anche per i 18-34enni e i 35-44enni (11,9 e 11,8 per cento, rispettivamente). Migliore la situazione per le fasce più anziane: 5,4% per i 65-74enni, 7,0% per gli individui con 75 anni e più. Tra i giovani di 16-24 anni, negli ultimi venti anni è più che raddoppiata la percentuale di utenti regolari di Internet (dal 46,7% nel 2003 al 97,6% nel 2023). Nel 2023, tra la popolazione adulta di 25-64 anni, l’uso regolare di Internet ha raggiunto l’89,7 (in crescita rispetto al 26,2% del 2003).

Nell’arco di questi venti anni si è annullato il divario di genere a favore degli uomini (che fino al 2010 era superiore a 12 punti percentuali), ma permangono forti differenze per livello di istruzione e per territorio, con elevato gradiente Nord-Mezzogiorno.


La quota di giovani che incontra assiduamente gli amici si è ridotta significativamente nel tempo passando dal 94,8% del 2003 all’88,0% del 2023…

Tra il 2003 e il 2023 diminuisce l’abitudine al fumo della popolazione adulta (dal 29,1 per cento al 23,7 per cento). Nel tempo, la distanza uomo-donna si riduce per effetto di una flessione meno marcata dell’abitudine al fumo tra le donne: dal 22,3 per cento al 19,3 per cento, mentre per gli uomini si passa dal 36,0 per cento al 28,1 per cento. • Tra il 2003 e il 2023 la quota di adulti che non praticano né sport né attività fisica diminuisce (dal 39,5 per cento al 31,5 per cento). La distanza uomo-donna si è molto ridotta nel tempo, perché il calo tra le donne è stato circa il doppio di quello degli uomini. Parallelamente, è aumentata la pratica sportiva (dal 29,4 per cento al 37,8 per cento), specialmente di tipo continuativo.

Particolare attenzione nel Rapporto viene rivolta agli anziani, dei quali si riporta

  • Dal 2012, a livello medio nazionale, l’indice di vecchiaia (rapporto tra popolazione di 65 anni e più e popolazione di età tra 0 e 14 anni) è aumentato di 44,7 punti arrivando a 193,1. La differenza massima si ha in Sardegna (88,3 punti), dove la popolazione residente è al contempo tra le più longeve d’Italia e con la fecondità più bassa.
  • Per gli anziani si evidenzia nel tempo un miglioramento delle condizioni di salute: le persone in buona salute sono passate dal 29,4% del 2009 al 37,8% del 2023 e, parallelamente, si è ridotta la condizione di multicronicità (dal 38,7% del 2003 al 34,3% del 2022).
  • Tra il 2003 e il 2023 è cresciuta la quota di anziani che fa una colazione adeguata (dal 79,8% all’85,1%); stabile il consumo giornaliero di 4 o più porzioni di frutta e/o verdura che riguarda circa un anziano su quattro. Stabile anche l’eccesso di peso (poco più di 5 persone su 10), sebbene sia in aumento l’obesità (dal 13,6% al 14,8%).
  • Il consumo di alcol è stabile tra la popolazione anziana (poco più di 6 anziani su 10), con quote più elevate tra gli uomini che tra le donne (circa 80% contro 50%). L’analisi dei consumi più a rischio evidenzia una riduzione di chi supera i livelli giornalieri raccomandati (dal 28,3% del 2003 al 16,7% del 2023).
  • In peggioramento l’abitudine al fumo per la fascia d’età 65-74 anni (che passano dal 12,6% al 15,6%) e, viceversa, in lieve miglioramento nella fascia dei 75 anni e più. A fronte di una riduzione della quota dei fumatori tra i maschi, tra le donne le quote di fumatrici sono raddoppiate (da 4,4% a 8,8%).
  • Un terzo della popolazione di 65 anni e oltre vive nelle 14 città metropolitane. Quasi un terzo di questi anziani vivono da soli, contro meno del 30% a livello nazionale. D’altra parte, sono anche più istruiti rispetto alla media nazionale: oltre un terzo è in possesso almeno del diploma (circa un quarto in Italia) e l’11,1% ha conseguito una laurea o altro titolo terziario (oltre l’8% di media nazionale).
  • Solo 4 persone su 10 di 65 anni e più dichiarano di utilizzare Internet regolarmente (in aumento comunque rispetto al 2003). Si mantengono elevate anche nel 2023 le differenze di genere (47,0% degli uomini a fronte del 34,6% delle donne) e tra Nord e Sud del Paese.
  • Quasi 8 persone su 10 di 65 anni e più possono contare sul sostegno di amici, vicini o parenti non conviventi. Il 65,1% dichiara di potere contare sui vicini, il 59,6% sugli amici e il 48,3% su parenti non conviventi.
  • Le previsioni demografiche indicano però una tendenza allo spopolamento e all’invecchiamento: entro il 1° gennaio 2042, la popolazione residente in Italia potrebbe ridursi di circa 3 milioni di unità e in 50 anni (1° gennaio 2072) di oltre 8,6 milioni.
  • Tra il 2003 e il 2023, la quota di persone di 65 anni e più che svolgono attività di volontariatoè cresciuta dell’1,7%. Lo stesso andamento si è osservato per la partecipazione sociale, passata dal 10,0% all’11,4%.
  • Il 17,2% delle persone di 65 anni e più ha svolto almeno due attività culturali fuori casa nel corso di unanno, valori di oltre una volta e mezzo superiori rispetto al 2003. Inoltre è aumentata l’abitudine a leggere almeno un libro l’anno (29,5% rispetto al 23,5% nel 2003).
  • Tra il 2003 e il 2023 è raddoppiata la quota di anziani che praticano sport (dal 6,7% al 16,4%). Tale aumento ha riguardato soprattutto le donne, riducendo così il divario di genere.
  • Gli anziani mostrano, rispetto alle altre fasce di età, livelli di soddisfazione mediamente più bassi: è pari al 72,8% la quota di soddisfatti nei confronti degli amici, al 69,2% per il tempo libero, al 63,5% per la salute e al 62,0% per la situazione economica.
  • Tra le persone di 65 anni e più i livelli di partecipazione politica sono cresciuti nel tempo: 6 anziani su 10 contro poco più di 5 su 10 nel 2003. Tra la popolazione di 65-74 anni si è raggiunta la quota più elevata (64,5%), e tra gli ultra-settantaquattrenni si è registrato l’incremento più marcato rispetto al 2003 (+8,1%).

CAPITOLO 4. L’ITALIA DEI TERRITORI: SFIDE E POTENZIALITÀ

Nell’ultimo decennio la popolazione italiana diminuisce di oltre un milione di persone ed è il Mezzogiorno a subire il calo maggiore. Le previsioni demografiche di lungo periodo indicano un rafforzamento della tendenza allo spopolamento delle aree economicamente meno attrattive e all’invecchiamento. In prospettiva, saranno i più giovani e la popolazione attiva a diminuire, mentre crescerà in misura consistente la popolazione in età avanzata, soprattutto al Centro-Nord. Nel Mezzogiorno il fenomeno è già molto severo poiché la denatalità si associa da tempo alla ripresa dei flussi migratori.

Fra il 2002 e il 2012 la popolazione residente in Italia è cresciuta di oltre tre milioni di unità. Tale variazione ha interessato prevalentemente il Centro-Nord (circa il 90% della quota aggiuntiva, un milione di persone nel solo Nord-ovest), soprattutto grazie a un saldo migratorio positivo, trainato dalla componente estera e residualmente dal Mezzogiorno, dove Molise, Basilicata e Calabria già in questo periodo hanno registrato una perdita di popolazione tra il 2 e il 3 per cento.

Dal 2012, a livello medio nazionale l’indice di vecchiaia – dato dal rapporto tra popolazione di 65 anni e più e di età tra 0 e 14 anni – è aumentato di 44,7 punti (+61,4 dal 2002), a 193,1. La differenza massima si ha in Sardegna (88,3 punti), dove la popolazione residente è al contempo tra le più longeve d’Italia e con la fecondità più bassa.

I giovani sono i principali protagonisti del calo demografico in atto nella società italiana. Nel 2023 in Italia si contano poco più di 10 milioni 330 mila giovani in età 18-34 anni, con una perdita di oltre 3 milioni dal 2002 (-22,9%). Rispetto al picco del 1994, il calo è di circa 5 milioni (-32,3%). La riduzione dei giovani dal 2002 al 2023 è stata del 28,6% nel Mezzogiorno, a causa della denatalità e della ripresa dei flussi migratori, contro il 19,3% nel Centro-Nord, dove il fenomeno è attenuato da saldi migratori positivi e dalla maggiore fecondità dei genitori stranieri.

Una lettura di sintesi della robustezza economica dei territori segnala, nel Nord, 21 province economicamente forti e 2 nel Centro (Roma e Firenze). Nel Sud e nelle Isole predominano i territori a bassa solidità economica (rispettivamente 17 e 12 province). Questi risultati riflettono le ampie disparità tra sistemi socio-economici territoriali in Italia.


Un quinto della popolazione italiana, circa 12 milioni di abitanti, risiede in Comuni con accessibilità elevata ai servizi, mentre in quelli con accessibilità scarsa (per lo più di Aree Interne) abita il 2,2% circa dei residenti. Sussistono notevoli differenze sul territorio, associate all’urbanizzazione: dista al più 15 minuti da un ospedale il 75,5% dei Comuni lombardi, contro il 14,5% dei Comuni della Basilicata (93,4 e 41,6% le quote di popolazione)…

Redazione amaperbene.it

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