Pillole di Conoscenza

Da scoraggiare la promozione di diete senza glutine tra le persone non celiache

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Chi non ha sintomi accertati di celiachia non dovrebbe seguire diete senza glutine, né per pigrizia né per moda: questi i risultati di uno studio sui dati clinici di circa 100.000 persone nell’arco di 24 anni.

Il glutine è una proteina, presente nel grano, nella segale e nell’orzo, che conferisce al cibo la “giusta” consistenza ed elasticità durante il processo di cottura: per molti, è un veleno.

Dai dati del 2022 in Italia risultano diagnosticati 251.939 celiaci di cui il 70% (176.054) appartenenti alla popolazione femminile ed il restante 30% (75.885) a quella maschile, ma si tratta – per l’Istituto superiore di sanità – di un dato molto inferiore al reale. Secondo l’Associazione italiana celiachia (Aic), l’incidenza di questa intolleranza in Italia è di circa un caso ogni 100-150 persone: i celiaci potrebbero quindi essere 400-600.000 un’ipotesi che trova conferme nelle circa 5.000 nuove diagnosi l’anno.

L’intolleranza al glutine non è uguale per tutti, ma nei casi più seri l’assunzione anche involontaria di queste proteine provoca sintomi debilitanti molto gravi, e questo giustifica l’attenzione alle cosiddette diete gluten-free. Tuttavia, il numero di persone che aderiscono a diete prive di glutine è molto alto: molto più elevato del numero di celiaci diagnosticati.

L’adesione volontaria a un’alimentazione senza glutine è a volte un accomodamento (per esempio quando in famiglia c’è un caso di celiachia e si rinuncia al doppio lavoro di “cucine separate”) ma ancora più spesso è una moda, basata sulla convinzione che l’eliminazione del glutine prevenga l’insorgenza di alcune patologie, in particolare quelle cardiovascolari.

In Italia il mercato del gluten-free, in crescita costante, vale oggi 150 milioni di euro l’anno, di cui 130 nel circuito farmaceutico e 20 nella grande distribuzione

Uno studio pubblicato sul prestigioso British Medical Journal sembra però sfatare decisamente questa tesi. Secondo i ricercatori della Harvard University, che hanno esaminato i dati clinici di quasi 100.000 persone (raccolti nel 1986 e aggiornati nel 2010), la limitazione del glutine nella dieta causerebbe un basso apporto di cereali integrali, noti per proprio per le ricadute positive sul cuore.

«La popolarità delle diete a base di alimenti senza glutine è notevolmente aumentata negli ultimi anni», commenta Andrew Chan (Harvard Medical School e Massachusetts General Hospital), tra gli autori dello studio. «La nostra ricerca evidenzia il potenziale rischio a cui si espongono le persone che limitano senza motivo l’assunzione di glutine: limitano l’assunzione di cereali integrali, e questo può portare a esiti cardiovascolari contrari alle loro intenzioni.

Gli autori sottolineano che, per quanto ampio sia lo studio, le conclusioni a cui sono giunti non possono ancora essere considerate definitive, ma che in ogni caso «non dovrebbe essere promossa una dieta senza glutine ai fini della prevenzione di malattie cardiache tra persone prive di diagnosi di celiachia».

Fonte: Lebwohl B, Cao Y, Zong G, Hu FB, Green PHR, Neugut AI, Rimm EB, Sampson L, Dougherty LW, Giovannucci E, Willett WC, Sun Q, Chan AT. Long term gluten consumption in adults without celiac disease and risk of coronary heart disease: prospective cohort study. BMJ. 2017 May 2;357:j1892. doi: 10.1136/bmj.j1892. PMID: 28465308; PMCID: PMC5421459.

Redazione amaperbene.it

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