Confermato il valore di una dieta ricca di pesce
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La raccomandazione a consumare regolarmente pesce è condivisa da quasi tutte le linee guida, nazionali e internazionali, per una sana alimentazione. Le evidenze scientifiche degli ultimi decenni hanno infatti confermato il ruolo di questo alimento, e di specifici nutrienti e componenti biologicamente attivi in esso contenuti, nella prevenzione delle malattie cronico degenerative, soprattutto cardiovascolari. In particolare, oltre alla quota proteica, alle vitamine e ai minerali, la componente lipidica del pesce è stata ampiamente studiata come principale fonte dietetica di acidi grassi polinsaturi a lunga catena della serie omega-3, la cui assunzione è stata messa in relazione con la riduzione del rischio di eventi cardiovascolari, inclusa la morte cardiaca improvvisa, probabilmente mediante la prevenzione delle aritmie ventricolari fatali. La conferma viene dai risultati di una recente metanalisi che ha valutato 17 studi, per un totale di 54.799 partecipanti di 21 paesi in 4 continenti (Nord America, Europa, Asia e Africa), con un follow-up mediano di 13 anni.
L’analisi dei risultati ha evidenziato l’assenza di associazione con il rischio di fibrillazione atriale per i livelli dietetici ed endogeni di EPA (acido eicosapentaenoico), e una correlazione statisticamente significativa, inversa, e quindi favorevole, per i livelli dei prodotti a più lunga catena, DPA o acido docosapentaenoico e soprattutto DHA (acido docosaesaenoico), aggiungendo quindi elementi a supporto dell’importanza dell’apporto di omega-3 da pesce in prevenzione cardiovascolare.
Alcuni dati sui consumi
Da una ricerca sull’evoluzione dei consumi ittici emerge che gli italiani amano il pesce e lo mangiano anche spesso, ma prediligono sempre le stesse specie. Sul podio troviamo tre tipi di pesce molto facile da cucinare: l’orata guida la classifica con il 36,5% delle preferenze, il salmone preferito nel 30,8% dei casi e il nasello che si piazza al terzo posto con il 27,2%. Tra le specie mediterranee più consumate, al sesto posto c’è il polpo (20,1%) seguito dalle cozze (19,2%); in ascesa, soprattutto tra gli over 56, le alici, tipiche della tradizione culinaria italiana (passate dal 7,5% del 2021 al 10,9% nel 2022).
Gli italiani mettono in tavola il pesce convinti che sia un prodotto sano che fa bene (37,8%): un italiano su tre lo consuma regolarmente, per variare il regime alimentare (42%), circa due o tre volte alla settimana. Il 42,2% mangia pesce solo una volta alla settimana e il 12,2% circa ogni due settimane; solo il 2,5% delle persone intervistate ha dichiarato di non mangiare mai il pesce, più che altro per una questione di gusto. Il consumo di pesce nel complesso è rimasto stabile negli ultimi due anni per il 67,3% degli italiani, il 18,2% (specie se con redditi elevati) ne ha mangiato di più. Le preferenze vanno al pesce fresco pescato (32,5% in generale, 36,5% al Sud, 40,9% tra coloro che hanno una capacità di spesa elevata). L’alternativa è il pesce surgelato (32,1%). I prodotti ittici allevati incontrano il 20,8% delle preferenze, mentre i freschi confezionati e i trasformati sono staccati di molte lunghezze (rispettivamente 5,2% e 4,8%).
In Italia la spesa media per i prodotti ittici è dell’8 % contro carne, 24% e frutta/verdura 24%.
Il consumo medio pro-capite supera di 3,3 kg quello del resto del mondo, arrivando a 23,97 kg (peso vivo di pesce e frutti di mare), un consumo annuo pro-capite che scende ai 6 kg in Repubblica Ceca. In Italia è del 31,21% al sesto posto dopo Portogallo che registra un consumo pro-capite del 59,91%, Spagna 46,02%, Danimarca 42,56%, Francia 33,26% e Lussemburgo 32,84%.