Pillole di Conoscenza

Carni rosse e lavorate aumentano il rischio di diabete 2

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Il consumo di carne, in particolare di quella lavorata e di quella rossa non lavorata, rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2 in tutte le popolazioni.

Lo conferma una maxi meta-analisi condotta su quasi due milioni di adulti in 20 Paesi e pubblicata sulla rivista scientifica Lancet Diabetes and Endocrinology.

Un consiglio sempre valido, e da tempo, è quello di consumare con parsimonia carni rosse e carni lavorate (principalmente insaccati e carni lavorate in genere) in quanto vari studi hanno segnalato un aumento del rischio di diabete (nonché   di problemi cardiovascolari, obesità, e anche di alcune forme di tumore) legato al consumo di carne lavorata e carne rossa non lavorata. Tuttavia, le differenze negli approcci di valutazione delle prove e nell’interpretazione dei dati, oltre a una distribuzione delle coorti di studio incentrata su Europa e Stati Uniti, impedivano di trarre conclusioni definitive su questa associazione.

I ricercatori dell’University of Cambridge School of Clinical Medicine hanno quindi eseguito una meta-analisi di dati dei singoli partecipanti ottenuti da 31 coorti distribuite in tutti i continenti all’interno del progetto globale Inter Connect. I dati – clinici e relativi alle abitudini alimentari – sono stati ottenuti da un totale di 1.966.444 individui, donne e uomini. Tra loro sono stati identificati 107.271 casi di diabete di tipo 2 durante un periodo di follow-up di 10 anni.

Valutando il consumo quotidiano di carne ed escludendo altri potenziali fattori confondenti, come obesità, inattività, fumo di sigaretta o una familiarità genetica per la malattia, gli autori della ricerca hanno identificato un possibile legame: nei 10 anni di follow up (medio) disponibili, mangiare l’equivalente di 100 grammi di carne rossa al giorno è risultato associato ad un aumento del 10% del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2; se le carni sono invece lavorate bastano 50 grammi al giorno per aumentare del 15% le probabilità di soffrire di diabete di tipo 2. Nel caso del pollame, invece, i dati parlano di un aumento del rischio dell’8%, ma i risultati non sono stati ritenuti affidabili sul piano statistico.

Questi risultati “evidenziano l’importanza di ridurre il consumo di carne per la salute pubblica e dovrebbero informare le linee guida dietetiche”, concludono i ricercatori.

A dare indicazioni circa il modo in cui carni rosse e carni lavorate potrebbero aumentare il rischio di diventare diabetici esiste un secondo studio pubblicato su Nature Metabolism che conferma una vecchia ipotesi, mai del tutto dimostrata, e cioè che il responsabile sia il ferro emico, molecola di origine animale che rappresenta la forma in cui questo elemento può essere assorbito direttamente dal nostro organismo.

Il ferro emico è contenuto in alta quantità nella carne rossa, e in quantità inferiori nel pollame e nel pesce. E studiando quasi 205mila adulti americani, di cui 21mila hanno sviluppato il diabete di tipo 2 nei 36 anni coperti dallo studio, è emerso che quelli con i consumi maggiori di ferro emico, corrispondenti a circa 8-10 porzioni di carne rossa a settimana, avevano un rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 aumentato del 26%. Presentavano inoltre livelli superiori di lipidi nel sangue, collegati all’insorgenza di infiammazione e insulino resistenza, e di altre sostanze collegate al rischio di sviluppare il diabete.

In conclusione, le due ricerche non sono esenti da limiti. In entrambi i casi, infatti, impossibile escludere del tutto che siano altri fattori collegati al consumo di carne i veri responsabili dell’aumento di rischio, magari alimenti consumati comunemente con la carne (come il sale, il pane di hamburger e hot dog), cattive abitudini come il consumo di alcol, fattori ambientali o sociali.

Ad ogni modo, in attesa di dati più definitivi, non esagerare con la quantità di carne rossa o lavorata giornaliera può comunque essere una buona idea, e non dovrebbe essere poi così difficile.

- Li C, Bishop TRP, Imamura F, Sharp SJ, Pearce M, Brage S, Ong KK, Ahsan H, Bes-Rastrollo M, Beulens JWJ, den Braver N, Byberg L, Canhada S, Chen Z, Chung HF, Cortés-Valencia A, Djousse L, Drouin-Chartier JP, Du H, Du S, Duncan BB, Gaziano JM, Gordon-Larsen P, Goto A, Haghighatdoost F, Härkänen T, Hashemian M, Hu FB, Ittermann T, Järvinen R, Kakkoura MG, Neelakantan N, Knekt P, Lajous M, Li Y, Magliano DJ, Malekzadeh R, Le Marchand L, Marques-Vidal P, Martinez-Gonzalez MA, Maskarinec G, Mishra GD, Mohammadifard N, O'Donoghue G, O'Gorman D, Popkin B, Poustchi H, Sarrafzadegan N, Sawada N, Schmidt MI, Shaw JE, Soedamah-Muthu S, Stern D, Tong L, van Dam RM, Völzke H, Willett WC, Wolk A, Yu C; EPIC-InterAct Consortium; Forouhi NG, Wareham NJ. Meat consumption and incident type 2 diabetes: an individual-participant federated meta-analysis of 1·97 million adults with 100 000 incident cases from 31 cohorts in 20 countries. Lancet Diabetes Endocrinol. 2024 Sep;12(9):619-630. doi: 10.1016/S2213-8587(24)00179-7. PMID: 39174161.

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Redazione amaperbene.it

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