Belladonna | Atropa belladonna L.
La belladonna è una pianta a fiore (angiosperme dicotiledoni) della famiglia delle Solanaceae. Il nome deriva dai suoi letali effetti e dall’impiego cosmetico. Atropo era infatti il nome (in greco: Ἄ-τροπος, cioè in nessun modo, l’immutabile, l’inevitabile) di una delle tre Moire che, nella mitologia greca, taglia il filo della vita.
La belladonna è una pianta tossica: l’ingestione delle bacche può causare nausea, vomito, tachicardia, secchezza delle fauci, dilatazione delle pupille, eccessiva sensibilità alla luce, ansia, delirio e convulsioni, fino ad arrivare al coma e all’arresto cardiocircolatorio. L’intossicazione può avvenire in seguito al consumo delle bacche o di animali che se ne sono nutriti, ad esempio volatili e lumache. La dose letale corrisponde a circa dieci bacche per gli adulti e due per i bambini.
La pianta della belladonna è un’erbacea perenne che può superare il metro di altezza sviluppando un fusto semplice, eretto e robusto. Le foglie sono alterne, ovali e a margine intero, lunghe fino a 15 cm. Foglie e fusto sono ricoperti da una peluria responsabile dell’odore sgradevole emanato dalla pianta. I fiori di belladonna sono campanulati, viola, isolati e pendenti mentre il frutto è una bacca sferica, lucida e nera a maturità, che contiene i semi di belladonna. Le bacche di belladonna sono la parte della pianta che presenta maggiore tossicità. La belladonna cresce fra i cespugli e nelle radure dei boschi di latifoglie e nelle zone montane e submontane dell’Europa centrale, Africa settentrionale ed Asia occidentale. In Italia la si può trovare nei boschi delle Alpi e degli Appennini.
La pianta venne chiamata Atropa, nome della Parca greca a cui era stato affidato il compito di stabilire la durata delle vite degli uomini, e porre fine alle loro esistenze, tagliandone il filo.
L’epiteto specifico belladonna fa riferimento ad una pratica che risale al Rinascimento: le dame usavano un collirio basato su questa pianta per dare risalto e lucentezza agli occhi a causa della sua capacità di dilatare la pupilla, un effetto detto midriasi e dovuto all’atropina, che agisce direttamente sul sistema nervoso parasimpatico. I frequenti avvelenamenti per ingestione delle bacche indussero i farmacologi del Settecento a sperimentare le azioni da essa esercitate. Il primo a studiarne l’effetto prodotto sugli organi fu Berna Albrecht von Haller che dopo aver analizzato gli organi notò come conseguenza patologie a carico del sistema gastroenterico e delle terminazioni nervose, ma non esitò a proporla come rimedio nel Parkinson, seppure a piccole dosi.
La spiegazione di questi effetti giunse verso la metà dell’Ottocento, quando fu isolato l’alcaloide atropina dalla belladonna.
Le foglie della belladonna contengono appunto alcaloidi come atropina, scopolamina, L-giusciamina, con un contenuto complessivo di min. 0,3%. Nelle radici raggiunge min. 0,5%. Tutta la pianta è tossica.
L’effetto complessivo è parasimpatolitico/anticolinergico (inibisce cioè la funzione del sistema nervoso parasimpatico) per via di un’inibizione competitiva del recettore del trasmettitore neuromuscolare acetilcolina. Questo antagonismo incide prevalentemente sull’effetto muscarinico (meno sul nicotinico, sui gangli e sul terminale neuromuscolare). L’effetto è quindi indirizzato al neurovegetativo parasimpatico periferico di muscolatura liscia e al sistema nervoso centrale:
- tratto gastrointestinale e biliare: cedimento di organi di muscolatura liscia e spasmolitico
- cuore: positivamente dromotropo e cronotropo
- bronchi: dilatazione, spasmolisi
- nervoso centrale: parasimapatico stimolante: effetti su tremore e rigidità muscolare (malattia di Parkinson)
Gli alcaloidi presenti nelle foglie di belladonna hanno inoltre la capacità di ridurre le secrezioni salivari e gastriche e la produzione di sudore e di provocare il rilassamento muscolare di tutto l’apparato digerente, delle vie biliari, della vescica e dei bronchi. Per questo motivo, la belladonna viene usata in medicina per ridurre la secrezione acida e della motilità gastrica e favorire la cicatrizzazione dell’ulcera e per l’azione broncodilatatrice, utile per migliorare la ventilazione polmonare in caso di eccessiva secrezione bronchiale, in presenza di asma e bronchite.
Secondo la Guida all’uso dei farmaci del Ministero Italiano della Salute la belladonna è indicata sotto le voci di: antiemorroidari lenitivi; antimuscarinici. Secondo la Commissione del Ministero della Salute germanico l’uso di Atropa belladonna è indicato contro: spasmi e coliche del tratto gastrointestinale e biliare; secondo le esperienze fitoterapiche popolari è utile anche per alleviare le seguenti patologie: asma, dismenorrea, tremore.
Controindicazioni all’impiego di belladonna sono: ipertiroidismo, disturbi di ritmo tachicardico, iperplasia prostatica, glaucoma, edemi polmonari acuti e stenosi meccaniche nel tratto gastro-intestinale. Inoltre, la belladonna potrebbe interagire con antidepressivi, antispastici e antistaminici.
Tra gli effetti collaterali si ricordano: bocca secca, diminuzione del sudore e (in sovradosaggio): disturbi di accomodazione, secchezza e rubor dermico, tachicardia, disturbi di minzione, allucinazioni e stati spastici.