Pillole di Conoscenza

Aumentano gli italiani che rinunciano alle cure, il 7,6% nel 2023 contro il 6,3% del 2019

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Aumenta il numero di italiani che rinunciano a curarsi. Nel 2023 è stato il 7,6% della popolazione, contro il 6,3% del 2019. “La quota di quanti hanno rinunciato a causa delle lunghe liste di attesa risulta pari al 4,5% (era il 2,8% cinque anni fa). Le rinunce per motivi economici riguardano il 4,2% della popolazione, quelle per scomodità del servizio l’1%”. A lanciare il monito è il presidente dell’Istat Francesco Maria Chelli, che durante la sua audizione sulla manovra ha citato l’indagine ‘Aspetti della vita quotidiana’ con informazioni sulle persone che, pur avendone bisogno, hanno dovuto rinunciare a un accertamento diagnostico o a una visita specialistica.

Inoltre dopo una crescita sostenuta nel triennio 2020-2022, quando la spesa sanitaria del settore pubblico è passata da poco meno di 114,7 miliardi del 2019 a 130,8 miliardi del 2022 a causa dell’emergenza pandemica, “nel 2023 si osserva invece un calo dello 0,4% rispetto all’anno precedente (a 130,2 miliardi)”, sottolinea il presidente dell’Istat.  “La variazione media 2019-2023 risulta pari a +3,2%. Sempre nel 2023, la spesa sanitaria direttamente a carico delle famiglie supera i 40,6 miliardi (+1,7% rispetto al 2022); dopo il calo del 2020, si è registrato una forte ripresa che ha portato la variazione media 2019-2023 a +2,7%”. Chelli ha spiegato che “la dotazione e l’invecchiamento del personale medico rappresentano criticità per il comparto della Sanità, anche alla luce del futuro aumento della domanda di cure dovuto alla dinamica della popolazione”.

I medici di medicina generale “sono la categoria, insieme agli infermieri, che desta maggiori preoccupazioni tra le professioni sanitarie per le prospettive future. Sono caratterizzati, infatti, da una struttura per età spostata verso le età prossime al pensionamento”, da un trend decrescente nel numero degli occupati e da un “incremento significativo” del numero di assistiti per ciascun medico, aggiunge Chelli. “Nel 2022, ultimo anno per cui i dati sono disponibili – ha spiegato Chelli – la dotazione complessiva di medici (generici e specialisti) è pari in Italia a 4,2 per mille abitanti, 0,2 punti in più rispetto al 2019; l’offerta è maggiore al Centro (4,8) e minore nel Nord-ovest e al Sud (4,0). I medici specialisti costituiscono l’81% circa dei medici totali; nel 2022 sono 3,3 ogni mille residenti, 0,3 punti in più rispetto al 2019”. “I medici di medicina generale sono 6,7 per 10.000 abitanti e rappresentano il 15,7% dei medici totali”, ha detto Chelli. Si stima che circa il 77% abbia 55 anni e più, inoltre il loro numero è diminuito di oltre 6000 unità in dieci anni, da 45.437 nel 2012 a 39.366 nel 2022, e il numero di assistiti pro-capite è aumentato da 1.156 nel 2012 a 1.301 nel 2022. Per quel che riguarda il personale infermieristico (infermieri e ostetriche), “il numero è da molti anni ritenuto insufficiente rispetto ai bisogni di salute della popolazione”, rileva l’Istat. La dotazione nel 2022 è pari a 6,8 per mille abitanti, 0,4 punti in più rispetto al 2019. Tra le regioni si osserva un ampio divario, con una dotazione particolarmente bassa pari a 5,7 infermieri e ostetriche per mille residenti in Lombardia, Campania e Calabria e a 6 in Sicilia, mentre tassi significativamente più elevati si registrano in Molise (8,8), nelle province autonome di Bolzano e Trento (8,3), in Liguria (8,1) e in Umbria (8,0).

Dai calcoli presentati dall’Istat risulta poi che sono 2,4 milioni i lavoratori in più che nel 2025 beneficeranno del nuovo taglio del cuneo previsto dalla Manovra nella forma di bonus fino a 20mila euro e di detrazione da 20mila a 40mila euro. Complessivamente i beneficiari saranno 17,4 milioni. E’ quanto emerge dai calcoli presentati dall’Istat in audizione alle commissioni Bilancio. Nel dettaglio, i nuovi beneficiari riceveranno in media 576 euro l’anno. Scendendo nel dettaglio, per i lavoratori dipendenti con reddito complessivo, al netto della prima casa, non oltre i 20mila euro, il taglio porta un beneficio annuo di 544 euro: la misura interessa 7 milioni di persone per una spesa complessiva di 3,8 miliardi. Per i redditi oltre i 20mila euro e sotto i 40mila il taglio viene realizzato con un’ulteriore detrazione, rapportata al periodo di lavoro, pari a mille euro se il reddito è sotto i 32mila euro, mentre sopra si applica un meccanismo che riduce gradualmente la detrazione fino ad azzerarla a partire dai 40mila euro. D’altro canto, circa 500mila individui lo perderanno: si tratta, spiega l’Istituto, di coloro che hanno un reddito di riferimento per i contributi sociali inferiore a 35mila euro e un reddito complessivo superiore a 40mila e che usufruivano della decontribuzione in vigore nel 2024.

Per quanto attiene alla crescita, Chelli spiega che “l’attività industriale continua a mostrare segnali di debolezza. Nelle stime preliminari, la variazione nulla del Pil è la sintesi di una forte riduzione nel settore dell’industria, di un calo del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura e di una espansione in quello dei servizi. La crescita acquisita per il 2024, la crescita annuale che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nell’ultimo trimestre dell’anno, resta ferma allo 0,4%”.

Quotidianosanità.it: Manovra. Istat: “Cresciuta spesa sanitaria a carico delle famiglie e il 7,6% degli italiani ha rinunciato alle cure”. https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=125569

 

Redazione amaperbene.it

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