Il Progetto AMAxBenE
AMAxBenE è l’acronimo di AliMentAzione per il BenEssere”
Il concetto di “salute” è stato definito per la prima volta nel 1948 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e definito come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Per conseguirlo l’individuo o il gruppo devono essere in grado di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni, modificare l’ambiente o adattarvisi.
Circa quaranta anni dopo, nel 1986, l’Oms presenta la Carta di Ottawa come risposta all’esigenza sempre più diffusa di un nuovo movimento mondiale per la salute. Il documento si basa sulla teoria socio-ecologica della salute ponendo l’accento sul legame inestricabile tra l’uomo e i sottosistemi che compongono l’ecosistema nel quale vive (famiglia, comunità, ambiente fisico e socio-culturale). Su queste premesse la Carta definisce il concetto di “promozione della salute” come il processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Secondo la Carta di Ottawa, promuovere la salute significa:
- costruire una politica pubblica per la tutela della salute
- creare ambienti capaci di offrire sostegno
- rafforzare l’azione della comunità
- sviluppare le capacità personali
- riorientare i servizi sanitari.
La salute vista, dunque, come risorsa di vita quotidiana, non come obiettivo di vita: un concetto positivo, che insiste sulle risorse sociali e personali, oltre che sulle capacità fisiche. Di conseguenza, la promozione della salute non è responsabilità esclusiva del settore sanitario e necessita di azioni sinergiche e intersettoriali con altri ambiti sociali.
La promozione della salute deve portare a condizioni di vita e di lavoro sicure, stimolanti, soddisfacenti, alla protezione degli ambienti naturali e artificiali, alla conservazione delle risorse naturali; deve consentire una valutazione sistematica degli effetti dell’ambiente sul benessere delle persone e garantire strategie e azioni mirate ad indurre cambiamenti nel singolo e nella collettività. La promozione della salute passa quindi necessariamente attraverso l’adozione di politiche pubbliche coordinate e tese a favorire e sviluppare beni e servizi più sani, ambienti igienici e non pericolosi, cambiamenti legislativi coerenti, mutamenti nell’organizzazione sociale e ambientale. La carta di Ottawa, che si conclude con un appello rivolto all’OMS e agli altri organismi internazionali affinché sostengano la causa della promozione della salute in tutte le sedi appropriate, rappresenta idealmente il punto di partenza di tutti i progetti e le iniziative che successivamente sono state poste in essere a livello internazionale per la salvaguardia della salute.
Nella conferenza della Rete europea delle scuole che promuovono la salute (Health promoting school – HPS), tenutasi a Salonicco nel maggio del 1997, viene sottolineato il ruolo fondamentale della scuola nell’attivazione di processi atti a realizzate la salute delle giovani generazioni: “Tutti i bambini e i giovani hanno diritto e dovrebbero avere l’opportunità di essere educati in una scuola che promuove la salute”. Viene ribadito il concetto che educazione e salute costituiscono un binomio inscindibile e che, come dimostrato dall’esperienza delle scuole della Rete, “il successo nella realizzazione di politiche, principi, metodi per la promozione della salute nelle scuole può contribuire in modo significativo all’esperienza educativa da parte di tutti i giovani che in queste scuole vivono e apprendono”.
Nel maggio 1998 l’OMS adotta la “Dichiarazione Mondiale sulla Salute”, con la quale gli Stati membri si impegnano a realizzare un vasto programma per l’attuazione di una “Strategia della Salute per tutti per il 21° secolo”. Successivamente gli Stati Membri della Regione Europea dell’OMS (51 Paesi, 870 milioni di abitanti) traducono la “Dichiarazione mondiale sulla salute” in un Documento di carattere politico-tecnico ed operativo con cui vengono stabiliti 21 punti chiave per la promozione della salute nella Comunità Europea (HFA, Health For All). I 21 punti impegnano gli stati membri della Comunità Europea a raggiungere, entro il 2020, i seguenti obiettivi:
- Solidarietà per la salute nella regione europea – ridurre di almeno un terzo la disparità dello stato di salute ancora riscontrabile tra gli Stati membri della regione europea.
- Equità nella salute – ridurre di almeno un quarto le disuguaglianze dello stato di salute esistenti, all’interno di ciascuna nazione europea, tra i vari gruppi socioeconomici.
- Iniziare la vita in buona salute – assicurare un sano inizio di vita a tutti i neonati e i bambini in età pre-scolare.
- La salute dei giovani – creare le condizioni per una migliore salute dei giovani, quale premessa indispensabile per un inserimento attivo e proficuo nella società.
- Invecchiare in buona salute – assicurare alle persone con più di 65 anni uno stato di salute che permetta loro di svolgere ancora un ruolo nella società.
- Migliorare la salute mentale – migliorare il benessere psicosociale di tutti e offrire una migliore assistenza sanitaria alle persone con problemi di salute mentale.
- Ridurre le malattie trasmissibili – ridurre l’impatto negativo sulla salute delle malattie trasmissibili.
- Ridurre le malattie non trasmissibili – ridurre la morbilità, disabilità e mortalità prematura provocata dalle principali malattie croniche.
- Ridurre le lesioni provocate da violenze e da incidenti – ridurre in maniera sostanziale il numero di lesioni, invalidità e morti provocati da eventi traumatici.
- Un ambiente fisico sano e sicuro – rendere l’ambiente più sano e sicuro controllando e riducendo gli agenti inquinanti dannosi.
- Stili di vita più sani (entro il 2015) – far adottare da tutti i gruppi della popolazione stili di vita più sani.
- Ridurre i danni provocati da alcol, droga e tabacco – limitare i danni alla salute provocati dall’uso di sostanze che creano dipendenza come il tabacco, l’alcol e la droga.
- Ambienti favorevoli alla salute – offrire a tutti, in ogni spazio di vita quotidiana (casa, scuola, luogo di lavoro e propria località), maggiori opportunità di fruire di un ambiente fisico e sociale salutare.
- Responsabilità multisettoriale per la salute – coinvolgere la responsabilità di tutti i soggetti interessati nei processi di promozione della salute.
- Sistema sanitario integrato – offrire a tutta la popolazione un migliore accesso a un’assistenza sanitaria di base e un sistema ospedaliero rispondente alle diverse esigenze.
- Gestire la qualità dell’assistenza sanitaria – garantire una gestione del sistema sanitario coerente con l’obiettivo della salute per tutti.
- Finanziamento della sanità e allocazione delle risorse – assicurare ai sistemi sanitari un finanziamento atto a consentire equità di accesso alle cure, efficienza e qualità dei servizi.
- Migliorare le risorse umane per la salute – garantire una formazione del personale sanitario e di altri settori atta a far acquisire le competenze necessarie per la tutela della salute.
- Ricerca e conoscenze per la salute – disporre di sistemi di ricerca, informazione e comunicazione atti favorire l’implementazione delle conoscenze e la loro circolazione.
- Mobilitare i partner per la salute – avviare alleanze e collaborazioni a livello di individui, di organizzazioni pubbliche e private e di società civile per la messa in atto di strategie condivise per la “Salute per tutti”.
- Politiche e strategie della “salute per tutti” – coinvolgere tutti gli stati membri nell’adozione e nell’attuazione di politiche per la “Salute per tutti” a livello nazionale, regionale e locale.
Nel 2004 OMS e FAO, nel documento “Diet, Nutrition and the Prevention of Chronic Diseases”, propongono una specifica Strategia Globale per la Dieta, l’Attività Fisica e la Salute. Per la prima volta sono presi in considerazione i condizionamenti ambientali che interferiscono sulla facoltà decisionale dell’individuo e che rendono difficile la messa in pratica di un percorso consapevolmente scelto per la salvaguardia della salute. A partire da questa osservazione di fondo, la Strategia Globale rimarca la pressante necessità di un’azione coordinata da parte dei Governi, tesa a monitorare regolarmente il contesto ambientale e ad intervenire là dove si frappongano ostacoli, indipendenti dalla volontà dell’individuo, all’adozione di corretti stili di vita. Vanno cioè create condizioni favorevoli sia perché ciascuno faccia proprio il bisogno di orientare la sua volontà verso scelte salutari sia perché non intervengano a deviare le buone intenzioni fattori esterni, non controllabili o non sempre facilmente percepibili a livello individuale. In questa ottica, appare chiaro che occorre in primo luogo formare la volontà del singolo per determinare in ciascuno una propensione interiorizzata e stabilizzata ad operare scelte consapevolmente indirizzate al proprio benessere. Occorre, cioè, predisporre un percorso educativo che, attraverso la conoscenza (sapere) induca comportamenti (saper fare) coerenti con un modello di vita improntato al benessere globale della persona (saper essere). La visione del mondo, le modalità di approccio alla soluzione dei problemi, gli stili di vita che l’uomo adotta nella maturità trovano la loro matrice nella varietà delle esperienze vissute in età evolutiva, negli atteggiamenti e comportamenti che in quella fase di rapida crescita più stabilmente si strutturano nella sua personalità. Un intervento precoce, a partire già dai primi anni di vita, rappresenta, pertanto, lo strumento più idoneo a sviluppare nelle nuove generazioni l’attenzione verso i fattori dai quali dipendono il benessere individuale e della collettività.
La famiglia in prima istanza e la scuola secondariamente, ma solo da un punto di vista temporale, non possono trascurare tra i loro compiti educativi questo ambito della formazione dei giovani: non è dato “saper essere” se la dimensione psichica non si integra con la fisicità, se al benessere della mente e dello spirito non si accompagna costantemente anche quello del corpo.
Ispirandoci a tali principi o dettami, abbiamo condotto uno studio preliminare per conoscere le abitudini alimentari di un campione (studenti) della popolazione locale per definire le strategie da adottare ed eventualmente individuare nuove forme di comunicazione (più efficaci per la diffusione delle conoscenze scientifiche utilizzando i giovani studenti quali carrier delle conoscenze da trasferire alle famiglie).
L’iniziativa è stata avviata sotto l’egida del Ministero della Salute nell’ambito della XIX Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica
I risultati possono essere così riassunti:
Considerazioni preliminari
L’Italia si presenta come un Paese dove
• l’ignoranza sulle tematiche inerenti la Salute è piuttosto diffusa; manca la conoscenza dei principi basilari di tutela della salute, nonché delle ricadute che determinati stili di vita possono avere sulla salute;
• cresce invece la tendenza a sposare comportamenti e stili di vita sbagliati (passione per gli aperitivi alcolici, al vizio del fumo, scarsa attività fisica, iperalimentazione);
• chiara inefficacia delle campagne di informazione istituzionali sulla promozione alla Salute.
Il progetto si è articolato in incontri ripetuti presso le scuole, un ciclo di conferenze programmate e visite guidate presso il Centro Ricerche Oncologiche di Mercogliano (CROM); l’intento sempre quello di far diventare gli studenti diventassero protagonisti del processo di partecipazione e sensibilizzazione nei confronti della scienza, per capirne l’impatto costante e rilevante che essa ha sul vivere quotidiano.
Un ruolo particolare di promotore attivo e partecipativo è stato svolto dal primo cittadino del Comune di Sperone, prof. Salvatore Alaia, che ha individuato nella Scuola Media Statale G. Parini di Sperone, la scuola pilota per avviare il progetto.
In data 10 marzo 2009 è stato tenuto un primo incontro con l’intero corpo studentesco e docente volto a definire un programma di attività da svolgere insieme. Partendo proprio dai dati in premessa circa le “cattive abitudini” degli Italiani si è cercato di far comprendere l’importanza della Conoscenza per l’Uomo del III Millennio.
In un’epoca di grossi sconvolgimenti economici, politici, culturali, sociali, il SAPERE (= CONOSCENZA = SCIENZA) assume sempre più valore, avallando quanto sostenuto da Ikujiro Nonaka e Hirotaka Takeuchi, massimi esperti del Knowledge Management ed ora professori alle Università di Stanford e di Tokyo, i quali hanno affermato che: “In un’economia dove l’unica certezza è l’incertezza, la sola risorsa sicura di vantaggio competitivo duraturo è la Conoscenza”.
E’ nostra convinzione che non esiste progresso socio-economico di un Paese che non sia preceduto da un processo culturale; è altresì vero però che in una società in cui la tecnologia permea ogni aspetto della vita, ogni individuo dovrebbe possedere un vocabolario di base di nozioni scientifiche sì da poter capire le tematiche ed esercitare il proprio potere decisionale nella consapevolezza dell’impatto che la decisione stessa avrà sulla sua vita e su quella dei propri cari. La Ricerca scientifica si presenta allora come volano, strumento essenziale ed indispensabile per lo sviluppo della “cultura della scienza” ovvero la conoscenza.
Sulla base di tali premesse si è convenuto di individuare 20 studenti, rappresentativi dell’intero plesso scolastico, che hanno costituito il gruppo base, target della sperimentazione. Il gruppo è stato selezionato dal Corpo Docente, guidato dal Preside, prof. Antonio De Lucia, coordinato dalla prof.ssa Chiara Napolitano, in collaborazione dei docenti di materie scientifiche: prof. Antonietta Bianco, prof. Antonio Canonico, prof. Anna Lombardi che hanno preparato gli studenti agli incontri stimolandoli ad allestire ed esporre elaborati diversi, incentrati sulle tematiche oggetto del corso.
Il successo ottenuto dalla iniziativa e l’entusiasmo dei Referenti Scolastici hanno fatto sì che la sperimentazione si estendesse dal Gruppo Pilota a tutto il territorio baianese.
Il Baianese è un territorio della provincia di Avellino, composto da sei comuni: Baiano (da cui prende il nome), Avella, Mugnano del Cardinale, Quadrelle, Sirignano e Sperone; geograficamente appartiene all’agro nolano ed all’Area metropolitana di Napoli, con cui condivide lingua, tradizioni e cultura. Il Baianese ha una particolarità rispetto al resto della provincia cui appartiene: mentre nell’Avellinese i centri abitati sono molto distanti l’uno dall’altro (a volte la distanza tra due paesi vicini arriva anche a 10 km), i comuni del Baianese sono uniti tra di loro, formando così una sorta di unico comune che conta circa 25 mila abitanti e che viene comunemente identificato con il termine “Mandamento”.
Le scuole prese in considerazione sono state tre medie statali del Baianese, 27 classi (I, II, III), oltre il Gruppo Pilota, per un totale di 468 studenti (246 M, 222 F; età media 12,37 anni; peso medio 52,52 Kg; altezza media 1,59 m). Agli studenti è stato somministrato, previo seminario esplicativo, un questionario articolato. I risultati conseguiti, sottoposti ad analisi statistica, sono stati valutati al fine di comprendere gli stili alimentari seguiti, le abitudini: i dati sono messi a confronto con altri studi fatti in tutt’Italia sullo stile di vita dei ragazzi in età adolescenziale con test nelle scuole. I risultati dell’indagine conoscitiva hanno evidenziato che:
- per il 62,39 % dei ragazzi la colazione è molto importante e deve fornire almeno il 20% delle calorie giornaliere; per il 34,01% è importante ma deve essere molto leggera; solo il 3,59% ritiene che non sia affatto importante, ma pensa che dormire mezz’ora di più sia più salutare; tale comportamento è più evidente nei ragazzi afferenti alle terze classi;
- la colazione tipo è composta da latte e biscotti (34,46%), oppure latte e cereali (24,79%), oppure latte e nutella o cornetto (12,85%); mentre il 9,59 % dei ragazzi beve solo latte, il 7,72% aggiunge al latte delle fette biscottate, il 7,71% ricorre a merendine, l’1,30% fa uso di succhi di frutta, l’1,24% di thé, lo 0,35% di biscotti e yougurt;
- al latte si preferisce aggiungere il caffè (32,42%), lo zucchero (24,11%), il cacao dolce (32,27%) o altro (11,20%);
- la colazione viene abitualmente consumata in famiglia (58,77%); ma il 39,38% dei ragazzi fa colazione da solo, e l’1,85% la consuma con gli amici;
- di solito i ragazzi amano far colazione a casa (93,95%), poco fuori, come al bar (5,26%);
- i ragazzi amano fare uno spuntino (91,40%); solo l’8,60% che non lo fa;
- per quanto riguarda il tipo di spuntino, il 49,76% ricorre all’uso di merendine, il 23,77% di un panino, il 13,74% dei salatini, il 3,13% altro;
- quasi tutti i ragazzi effettuano un pranzo (94%); il 6% non pranza in maniera costante;
- quasi tutti i ragazzi consumano il pranzo a tavola insieme alla famiglia (95,41%);
- il 25,43% dei ragazzi consuma uno spuntino pomeridiano costantemente, il 65,58% solo qualche volta, l’8,99% mai;
- di quelli che fanno uno spuntino, il 34,90% consuma merendine, il 30,97% preferisce la nutella, il 12,01% mangia un frutto, il 4,74% un panino, il 2,96% uno yougurt, il 2,61% dei salatini, l’1,11 dei biscotti, lo 0,72% patatine, lo 0,60% un gelato, lo 0,38 dei cereali;
- di quelli che non fanno uno spuntino, il 52,89% afferma di non aver fame, il 47,11% accusa di non aver tempo;
- comunque, alcuni ragazzi non disdegnano di mangiare qualche altra cosa durante la giornata (18,26%), anche se non costantemente (25,91%);
- la cena resta uno dei pasti importanti, dal momento che l’83,26% ha risposto affermativamente; non mancano tuttavia ragazzi per i quali la cena non rappresenta un impegno costante (15,81%), e per taluni non lo è affatto (0,94%);
- la gran parte dei ragazzi (85,72%) consuma i pasti principali a tavola, il 12,57% davanti alla TV, l’1,72% davanti al computer;
- la cena viene consumata quasi sempre a casa (97,50%), nel 2 % dei casi fuori e qualche volta (0,49%) ai fast food;
- spesso capita di mangiare qualcosa dopo cena (59,32%), anche se alcuni (10,64%) lo fanno costantemente;
- per quanti mangiano qualcosa dopo cena, vengono preferiti gli snacks dolci (43,42%) rispetto ai salati (26,53%);
- durante i pasti il 68,83% preferisce bere acqua naturale, il 31,17% bevande gasate;
- l’82,72% dei ragazzi ritiene di vivere in un ambiente sano, non inquinato; solo il 17,28% pensa invece che l’ambiente sia ormai inquinato;
- dopo pranzo il 51,39% preferisce fare subito i compiti, mentre il 48,61% si pone a guardare la TV;
- per quanto riguarda i fast food, il 55,57% dei ragazzi non li ama, contro il 44,43% cui piace;
- l’80,38% dei ragazzi dice di praticare qualche sport, e solo il 19,22% ha una vita sedentaria;
- il calcio resta lo sport preferito (38,61%); il 24,39% pratica il nuoto, il 15,75% il ballo, il 7,13% la pallavolo, il 5,32% va in palestra;
- il 66,02 dei ragazzi afferma che le proteine sono principi nutritivi, il 23,51 che sono sostanze ricche in minerali e vitamine, il 10,47% che sono alimenti;
- sono convinti che le proteine si ritrovino sia nel mondo animale che in quello vegetale il 55,46% dei ragazzi, solo nel primo il 22,34% e solo nel secondo il 22,20%;
- il 53,46 dei ragazzi crede che zuccheri, glucidi ed idrati di carbonio siano sostanze diverse;
- analogamente, il 25,74% è convinto che grassi e lipidi siano sostanze diverse;
- il 60,59% dei ragazzi afferma che i formaggi non sono da considerare alimenti magri, il 24,91% che si tratti di alimenti ottimi per tutti, il 14,50% che si tratta di alimenti magri;
- per fibra alimentare il 34,37% ritiene che si tratti della parte fibrosa della carne, il 18,58% della buccia della frutta, il 47,06% della componente non digeribile dei vegetali;
- il 78,24 dei ragazzi dichiara di conoscere cosa sia l’anoressia, la bulimia e l’obesità;
- alla domanda “Cosa sono le calorie?”, il 27,74% dei ragazzi si dice convinto che zuccheri e proteine ne forniscano la stessa quantità; il 58,10% che gli zuccheri ne forniscano più delle proteine; il 14,16% che le proteine ne forniscono più degli zuccheri;
- sempre a proposito di calorie, il 13,57 dei ragazzi ritiene che le proteine forniscono più calorie dei grassi, il 37,67% che i grassi ne forniscono il 10% in più delle proteine, il 48,76% che i grassi ne forniscono più del doppio rispetto alle proteine;
- intervistati circa la qualità principale da possedere per essere accettati in un gruppo, il 75,15% dei ragazzi ha risposto che occorre essere simpatici ed estroversi, e solo il 7,08% ha dato importanza alla bellezza;
- per la propria linea, il 50,70% dei ragazzi temono i grassi, il 27,20% i grassi e lo zucchero, il 10,70% quest’ultimo;
- per quanto riguarda i problemi di linea, spaventa l’idea di ingerire grassi (50,70%), grassi e lo zucchero (27,20%), quest’ultimo (10,70%).
- il 60,36% dei ragazzi sostiene che non sia necessario abolire del tutto pane e pasta purché rientrino nell’ambito dell’apporto globale di calorie fornito dalla razione giornaliera; invece il 24,21% è convinto che bisogna abolirlo del tutto per poter dimagrire e solo il 15,13% non abolirebbe nessuno dei due alimenti;
- la gran parte dei ragazzi, intervistati circa il proprio corpo, ha confermato di avere un rapporto ottimale con esso, essere poco incline alle mode imposte dai mass media.
Un discorso a parte meritano i disturbi alimentari, sia in senso ipo (anoressia) che iper (sovrappeso ed obesità), che rappresentano ormai da alcuni anni, e in particolare nei paesi occidentali, un problema di sanità pubblica con enormi conseguenze a livello sanitario, sociale ed economico. Lo scopo della nostra indagine conoscitiva non è stato espressamente indirizzato in tal senso, trattandosi di un primo approccio con la Comunità baianese. Tuttavia si è ritenuto opportuno effettuare una prima valutazione, se mai da approfondire in seguito, riferendoci ai valori antropometrici accettati dalla Comunità scientifica, ed in particolare all’Indice di Massa Corporea (IMC).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità suggerisce di classificare il peso corporeo utilizzando l’Indice di Massa Corporea (IMC o BMI, acronimo del termine inglese Body Mass Index) calcolato dividendo il peso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza in metri (kg/m2). Nel caso di bambini e adolescenti il BMI calcolato va confrontato con apposite curve di crescita:
- qualora il soggetto si collochi sotto il quinto percentile si parla di sottopeso,
- sopra l’85esimo percentile si parla di rischio di sovrappeso,
- sopra il 95esimo percentile si parla di sovrappeso.
Considerato che per il bambino/ragazzo non esiste un valore soglia tra normalità e sovrappeso valido per ogni età, la classificazione attuale non prevede di parlare di obesità durante la fase evolutiva (fino ad almeno 20 anni di età).
Ragazzi
211 |
% | Ragazze
181 |
% | TOT.
392 |
||
Sottopeso | Inferiore al 5° percentile | 1 | 0,5% | 3 | 1,7% | 1,02% |
Peso sano | Dal 5° all’85° percentile | 108 | 51,2% | 149 | 82,3% | 65,56% |
Rischio di sovrappeso | Dal 85° al 95° percentile | 54 | 25,6% | 25 | 13,8% | 20,15% |
Sovrappeso | Superiore al 95° percentile | 48 | 22,7% | 4 | 2,2% | 13,26% |
Discussione
Pur con i dovuti benefici per la grandezza del campione esaminato (468 ragazzi) e per talune incongruenze riscontrate, attribuibili essenzialmente alla giovane età degli studenti intervistati, l’indagine epidemiologica avviata dal Centro Ricerche Oncologiche di Mercogliano (AV), realizzata su un campione comunque rappresentativo della popolazione giovanile, consente di affermare che il baianese costituisce un territorio essenzialmente sano, ancora, per fortuna, poco contaminato dal bombardamento di messaggi errati e distorti che quotidianamente i mass media lanciano sulle spinte commerciali. Gran parte dei valori fondanti l’alimentazione tipo Mediterranea sono conservati, anche se non mancano segnali di allarme che inducono ad una vigilanza attenta e partecipe, ad interventi ove necessario. Il fatto poi che tali segnali siano più evidenti nei ragazzi delle terze classi, ovvero più grandi, che si trovano ad affrontare le problematiche puberali, suggerisce che è proprio dalle Scuole Medie che bisogna iniziare per avviare programmi educativi alla corretta alimentazione ed ai corretti stili di vita.
In conclusione, il baianese tipo è un ragazzo sano, che
- è rispettoso delle tradizioni e dei valori della famiglia, ritiene che il pasto sia un momento sociale importante, per cui preferisce consumare i pasti in casa, a tavola, più che fuori nei fast food;
- dà importanza alla colazione come agli altri pasti della giornata. La sua colazione tipo è a base di latte, che garantisce il giusto apporto nutritivo essendo un alimento completo, associato a biscotti, e con l’aggiunta di caffè (che sarebbe preferibile non usare a quest’età, anche se il suo uso è preferito dai ragazzi “più grandicelli”) o cacao;
- non disdegna far qualche spuntino nel corso della giornata – anche se, purtroppo, quel che trova più disponibili sono le merendine o crackers -, e mangiare qualche snack, preferibilmente dolce dopo cena; pochi consumano frutta fresca come necessario (solo 1,15%);
- non ama le bibite gasate;
- dice di praticare qualche sport, anche se circa il 50% dei ragazzi dopo pranzo si mette immediatamente a guardare la TV;
- ha un buon rapporto con se stesso, dal momento che il proprio profilo ideale non si discosta dal reale.
Spunti di riflessione sono costituiti, in primo luogo, dalla carenza, da parte dei ragazzi, dei concetti nutrizionali di base e sui rischi correlati a lungo termine alla sedentarietà e ad una non corretta alimentazione. Ciò potrebbe spiegare perché molti ragazzi, più che ragazze, siano in sovrappeso. Certo è che in questi casi l’attività sportiva pur dichiarata non è sufficiente a far consumare le calorie in eccesso introitate. Questi dati non si discostano molto da quelli del Ministero della Salute, secondo i quali in Italia vi sarebbe una prevalenza (36%) di persone in sovrappeso/obesi la più elevata d’Europa. Nelle regioni meridionali la prevalenza dell’obesità risulterebbe più elevata soprattutto nei maschi rispetto alle femmine. E’ vero che s’impara da bambini, ma questi, soprattutto se in età adolescenziale, non vanno lasciati liberi di mangiare come e quanto vogliono perché possono incorrere in errori dannosi per la loro salute anche in futuro, ma vanno educati perché maturino una propria consapevolezza su ciò che fa bene o male alla salute, imparino a distinguere comportamenti corretti in tema di alimentazione, ad avere un rapporto sano ed equilibrato con il cibo. Altresì i ragazzi vanno educati perché imparino a difendersi dalla pressante quanto subdola comunicazione commerciale, a fuggire dalle suggestioni pubblicitarie e dalle mode, a saper semplicemente leggere le etichette poste sugli alimenti, riappropriarsi della cultura alimentare tradizionale attraverso la salvaguardia dei prodotti della propria terra garantiti dalla tracciabilità della filiera.
I risultati di un’altra indagine promossa dal Ministero della Salute indicano che all’età di 9 anni in città campione di Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Campania, Puglia e Calabria il 23,90% dei bambini è in soprappeso ed il 13,6% è obeso. Anche questa indagine conferma la più elevata prevalenza di obesità nelle regioni del sud (16% a Napoli) rispetto al nord (6,9% a Lodi).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, sulla base dei dati ISTAT, ha lanciato un allarme in quanto il 20% dei nostri bambini è in grave soprappeso mentre il 4% è obeso. Il campione d’analisi, riguarda bambini e adolescenti in età compresa tra i 6 e i 17 anni, anche se il problema è risultato più frequente tra il sesto e il tredicesimo anno d ‘età. A livello nazionale la Regione che detiene il primato con il 36% di giovanissimi obesi in notevole soprappeso è la Campania, seguita dalla Calabria con il 27%, la Sicilia con il 26,8%, la Puglia con il 26%. Andando verso nord i valori diminuiscono fortemente fino ad arrivare alla valle d’Aosta che detiene il valore più basso: 14,3%.
Nella consapevolezza di quanto su riportato, il Ministero dell’Istruzione ha recentemente varato il progetto sperimentale “Scuola e Cibo” per introdurre l’educazione alimentare a scuola come materia interdisciplinare tra diverse materie (scientifiche, storico-geografiche, cittadinanza e costituzione). La prima fase del progetto prevede la realizzazione di un progetto pilota per l’anno scolastico 2009-2010, rivolto alla scuola primaria coinvolgendo 2mila alunni di 15 scuole elementari. Nella seconda fase sarà gradualmente esteso a tutte le scuole elementari e solo in seguito riguarderà le scuole secondarie di I e II grado. Ogni anno inoltre si svolgerà nelle scuole la “Giornata Aperta” dedicata ai temi dell’educazione alimentare. Tra le numerose iniziative proposte i distributori automatici posti nei corridoi delle scuole che distribuiranno frutta fresca e verdura da consumare nelle pause e durante la ricreazione, educazione fisica già all’elementari per un corretto stile di vita. Nell’ora di cittadinanza e costituzione, inoltre, l’insegnante parlerà di corretta alimentazione e del controllo del peso corporeo. Vi sarà inoltre la distribuzione di opuscoli informativi per una alimentazione sana con attività educative, creative e divertenti, in grado di catturare la loro attenzione, promuovere una nuova cultura del cibo, legare possibilmente consapevolezza dei prodotti del territorio alla tutela della salute, prestare maggiore attenzione al peso corporeo.
I risultati ottenuti dalla nostra indagine contrastano chiaramente con quanto recentemente riportato dalla stampa (Adnkronos Salute del 21 maggio 2009), che ha affermato che almeno il 30% dei bambini italiani salta la colazione, e molti altri si limitano a prendere rapidamente qualcosa al bar insieme a mamma o papà. Una cattiva abitudine, perché se la colazione è un pasto importante per gli adulti, lo è ancor di più per i bambini. Non a caso si è visto che i bimbi obesi sono fra quelli che saltano più spesso la prima colazione. … Per essere degna di questo nome però, avverte Giovannini, la colazione deve essere fatta bene: seduti a tavola e senza fretta. … una colazione corretta deve contenere una quantità pari al 20% dell’introito calorico giornaliero. Inoltre deve essere nutriente, bilanciata e non troppo ricca di zuccheri semplici; deve però essere anche golosa, ma senza esagerare.
I ragazzi baianesi sconfessano anche i dati emersi da un’indagine osservazionale condotta su 2.193 soggetti in età pediatrica dall’Osservatorio nutrizionale e sugli stili di vita Grana Padano (OGP), secondo cui paradossalmente nelle regioni del Sud la dieta mediterranea sia poco seguita. Peggio di loro fa solo il Nord Ovest. Secondo tali dati un italiano su quattro assume la maggior parte del suo apporto calorico da alimenti non “mediterranei”. Bambini e adolescenti rappresentano in assoluto la fascia di età in cui l’adesione alla dieta mediterranea è minore, seguiti dalle donne che, seppure di misura, adottano uno stile alimentare più mediterraneo rispetto a quello maschile, mentre i più virtuosi sono gli “over-60”.
Nei Paesi a più elevato tenore socio-economico l’obesità essenziale rappresenta il “problema nutrizionale”. In Italia – come ha spiegato il ministro Fazio – sono almeno 3 milioni le persone tra i 13 e i 35 anni che soffrono di disturbi alimentari. E la soglia d’età si sta ulteriormente abbassando, arrivando a coinvolgere bambini di dieci anni. E il fenomeno che finora è stato maggiormente femminile, comincia a diffondersi anche nell’universo maschile. Sono disturbi che insorgono in giovane età e tendono a cronicizzarsi, creando seri problemi di salute pubblica, una vera e propria epidemia sociale.
I dati sopra accennati vanno confrontati con
- un’indagine del Comitato provinciale di Milano del Coni condotta su circa 20mila bambini e presentata in occasione della 10′ edizione della Danone Nations Cup, torneo di calcio riservato ai giovanissimi, e secondo la quale il 41% dei bambini (il 52% a Milano e provincia) sono risultati sovrappeso, divisi tra 9% obesi e 32% in “semplice” sovrappeso;
- un’indagine condotta dall’Istituto Affari Sociali (novembre 2008), secondo la quale ben il 27,7% dei ragazzi è in sovrappeso; il problema è presente più fra i maschi (30,5% di obesi) rispetto alle femmine (25%) e la diffusione dei casi di obesità è maggiore al Sud con il 34%, a fronte del 27% al Centro e del 19,1% al Nord;
- un’indagine (“Okkio alla salute”) condotta dal ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali e coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, su circa 46mila bambini di 2.610 scuole elementari, secondo cui sono a rischio obesità più di 1 bambino italiano su 3. Quelli con maggiori problemi di peso vivono al Sud: il tasso di obesità in Campania è del 21% (+28% sovrappeso) contro una media nazionale del 12%. Al contrario la regione dove il problema si riscontra con minore intensità à la Valle d’Aosta che presenta una percentuale di bambini in sovrappeso di appena il 23% (17% sovrappeso e 6% obesi). Obesità e sovrappeso dei bambini sono spesso connessi agli stili di vita. Dall’indagine risulta che l’11% dei bambini non fa colazione, il 28% non la fa in maniera adeguata, l’82% fa una merenda di metà mattina troppo abbondante e il 23% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e verdura. Inoltre, un bambino su 4 non ha svolto attività fisica nel giorno precedente all’indagine, solo uno su 10 fa attività fisica in modo adeguato per la sua età (almeno un’ora al giorno) e un bambino su 4 guarda la televisione per 4 ore o più al giorno; uno su 2 ha addirittura la televisione in camera. Le famiglie, poi, sembrano sottovalutare il problema: infatti, 4 madri su 10 di bambini sovrappeso o obesi non ritengono che il proprio figlio abbia un peso eccessivo rispetto all’altezza e molti genitori sembrano sottovalutare la quantità di cibo assunta dai propri figli;
- una ricerca condotta dalla Seconda Università degli Studi di Napoli che, fotografando la situazione nazionale, ha avviato un progetto di prevenzione denominato Nice (Notizie generali, Impegno alla prevenzione, Cibo, Educazione allo sport), secondo la quale la regione Campania, con uno su tre in sovrappeso o obeso, ha il maggior numero di adolescenti a rischio di obesità e diabete di tipo 2. La ricerca, che cita dati Censis-Inran 2000-2005, mostra che a Napoli il 28,4% dei ragazzi è in sovrappeso e il 22,3% è obeso, mentre è in sovrappeso il 34,2% delle ragazze adolescenti e il 17,9% sono obese. Seguono, dopo Napoli, Roma e Brindisi. Il progetto Nice ha coinvolto 8.652 studenti campani di 48 istituti delle scuole superiori;
- con quanto pubblicato da La Repubblica del 24 aprile 2009 (pagina 11, sezione: NAPOLI – per la “Giornata di studio su alimentazione e stili di vita” promossa dall’Assessorato regionale all’Agricoltura e alle Attività produttive, dall’Arsan, l’Agenzia Sanitaria Regionale, dagli Assessorati alla Sanità e alle Politiche sociali e dalla Direzione scolastica regionale), che afferma che “sono in Campania i bambini più grassi d’ Europa. Qui oltre il 20% dei ragazzini è obeso, il 28% è comunque sovrappeso. La metà dei nostri bambini – contro una media europea del 30 ed italiana del 36 per cento – ha dunque superato la soglia di peso oltre la quale i pediatri ed i medici in generale suonano l’allarme. Anche perché i chili di troppo, in età adolescenziale, non si perdono facilmente con la crescita. E ogni chilo di troppo rappresenta una minaccia allo stato di salute generale dell’individuo, ed un peso, dunque, per il servizio sanitario nazionale. … In Italia .. un adulto su 3 è in sovrappeso, uno su 10 è obeso. Mentre tra i bambini dagli 8 anni in su le statistiche parlano di un quarto in sovrappeso e del 12 per cento colpito da obesità.
- Dati che crescono spaventosamente in Campania: qui il 28 per cento dei bambini è in sovrappeso, il 21 per cento è addirittura obeso. E nella stragrande maggioranza dei casi chi è in sovrappeso a 12 anni lo sarà per il resto della vita (il 25 per cento dei bambini di 6 anni e il 75 per cento dei dodicenni non riusciranno a liberarsi più del problema). È dunque qui – e presto – che bisogna concentrare l’attenzione sul problema, «attuando programmi, interventi e politiche di contrasto … che possano aiutare bambini ed adulti a mangiar sano e a mantenersi attivi».
Obiettivo finale del progetto AliMentAzione per il BenEssere (AMAxBenE)
Partendo dalle continue evidenze che gli Italiani si stanno man mano allontanando dai salutari stili di vita alla base dell’alimentazione di tipo mediterraneo, diventando sempre più grassi e poco propensi alle attività sportive, il progetto si propone di
- promuovere l’adozione di corretti stili di vita attraverso l’educazione alla salute, percepita come risorsa della vita, valore da tutelare se si vuol raggiungere il pieno ben-essere (psico-fisico-sociale-economico) dell’individuo e della collettività
- formare la volontà del singolo per determinare in ciascuno una propensione interiorizzata e stabilizzata ad operare scelte consapevolmente indirizzate ad un benessere sostenibile
- predisporre percorsi educativi che, attraverso la conoscenza (sapere) inducano comportamenti (saper fare) coerenti con un modello di vita improntato al ben-essere globale della persona (saper essere) e capace di preservare lo stato di buona salute/BenEssere acquisito (saper gestire)
- migliorare lo stato di conoscenza circa gli alimenti tipici, che caratterizzano la Dieta Mediterranea, e di conseguenza migliorare lo stato di nutrizione della popolazione e promuovere la buona salute;
- rendere esplicita, e quindi fruibile dai più, la conoscenza tacita ed implicita acquisita nel tempo, e che ha portato alla validazione, universalmente riconosciuta della dieta mediterranea;
- far acquisire una maggiore consapevolezza circa i principi fondamentali sugli alimenti, su come gli stessi operano per assicurare e tutelare la salute, nonché sui nuovi concetti di valore, qualità globale, sicurezza, igiene ed elaborazione degli alimenti;
- creare una nuova cultura del cibo, visto non più, o meglio, non solo come nutrimento indispensabile per tener in vita l’essere, ma come insieme di elementi essenziali per assicurare l’omeostasi dell’organismo affinché quest’ultimo, stando in buona salute, possa proficuamente compiere il corso della vita.
- Volendo trovare un obiettivo finale del presente programma, questo potrebbe essere così riassunto: promuovere programmi per la salute che prevedano modifiche comportamentali secondo l’etica del giusto equilibrio tra il rispetto del diritto individuale alla libera scelta ed il dovere della società di promuovere la salute della popolazione.
Metodologia
Per conseguire tali obiettivi, una tematica da tempo a tutti nota, quale quella riguardante gli stretti rapporti tra alimentazione tipo mediterraneo e salute, viene affrontata in maniera globale e del tutto innovativa, perché:
- inverte di 180° la tipologia di approccio;
- mette insieme tutta la filiera, da chi produce Conoscenza al fruitore finale;
- impiega modelli innovativi di organizzazione e nuovi canali di informazione, bidirezionali ed interattivi;
- attua un fare formativo dinamico (metodologia Co.Ge.Re.Ge.).
In effetti, diversamente da tutti gli altri progetti avviati sull’argomento, che si basano sul riscontro epidemiologico per affermare la bontà della “dieta mediterranea” rispetto ad altri regimi alimentari, il presente progetto cerca di spiegare il perché, partendo dai singoli elementi della dieta, i così detti nutrienti, di cui vengono definite proprietà e, soprattutto, effetti nella interazione con i networks cellulari ed umorali che condizionano la risposta dell’organismo alle noxae; l’insieme delle conoscenze viene finalizzato a disegnare linee guida di pratica attuazione perché il cittadino adotti opportuni stili di vita. Ove necessario i nutrienti verranno utilizzati come veri e propri “farmaci” diretti sia verso bersagli specifici (target therapy) (vedi controllo della crescita neoplastica mediante deprivazione selettiva di nutrienti essenziali) sia per correggere ed integrare eventuali stati carenziali determinati da diete o terapie inconsulte, insufficiente o discriminata introduzione o nutrizione selettiva.
La Dieta Mediterranea è in effetti la risultante di un lungo e in gran parte sconosciuto processo culturale che ha portato le popolazioni che si affacciano sul Mediterraneo alla definizione del regime alimentare che meglio sembra adattarsi alle esigenze del corpo umano. II presente progetto si prefigge pertanto lo scopo di rendere esplicita, e quindi fruibile dai più, la conoscenza tacita e implicita acquisita nel tempo seguendo un approccio rigorosamente scientifico.
Si parla di FormAzione per specificare che l’azione non va ricondotta alla sola dimensione del sistema di conoscenze, o a quella del sistema di competenze professionali, ma va estesa all’ambito più propriamente personale riguardante il sistema di comprensione/ costruzione della realtà, gli atteggiamenti, la struttura/mappa di organizzazione del rapporto individuo:realtà esterna.
Livelli formativi
- “Sapere“, riguarda la conoscenza teorica: l’esigenza di dotare gli allievi di un adeguato bagaglio di nozioni e di concetti e fornire il quadro di riferimento in cui inserire il proprio operare (cultura)
- buona conoscenza del paradigma di riferimento, nonché della specifica metodologia scelta
- costante disponibilità all’ampliamento delle proprie conoscenze
- “Saper fare” è la pratica: valorizzare le capacità intellettuali e pratiche necessarie per affrontare ogni sorta di problema (esperienza)
- abilità che si sviluppano attraverso simulazioni e tanto esercizio
- “Saper essere” riguarda la capacità di conoscere bene se stesso, prima di tutto (capacità)
- sviluppare doti di introspezione
- acquisire una buona dimestichezza con le problematiche personali ancora irrisolte, per trasformare il potenziale, proprio e acquisito, in un buon e sensibile professionista (umanizzazione delle relazioni con sé e con gli altri)
- “Sapere gestire” ovvero acquisire adeguate capacità manageriali e relazionali
Di qui la necessità di affrontare la problematica facendo riferimento, secondo la moderna pedagogia medica di sviluppo/apprendimento dell’individuo, alla specifica declinazione del “modello CO.GE.RE.GE.”
- sapere conoscenza (ambito Cognitivo)
- saper fare capacità (ambito GEstuale)
- saper essere comportamenti (ambito Relazionale)
- saper gestire competenza (ambito GEstionale)
rispetto al quale viene definita e progettata l’azione di formazione.
Il titolo dato al programma [AliMenti Azioni per il BenEssere (AMAxBenE)] vuol significare proprio questo: usare la mente e le conoscenze acquisite, scientificamente provate, per governare il proprio agire ed assumere comportamenti e stili di vita consoni al proprio essere.
Sinteticamente, la formazione dovrà essere trasversale ed integrata, e dovrà prevedere un bilanciamento tra sapere teorico e sapere pratico. L’apprendimento dovrà essere finalizzato al cambiamento (metodologia scientifica del sapere critico) con adeguamento dei livelli formativi alla variabilità delle patologie prevalenti ed emergenti, diversificato sulla base delle esigenze (formazione di base comune, formazione specialistica per specifici obiettivi, formazione di figure professionali integrate, formazione alle relazioni di cura e della comunicazione).
Attività
Partendo dalla definizione che l’OMS e la FAO danno di educazione alimentare intesa come “processo educativo ed informativo per mezzo del quale si persegue il generale miglioramento della stato nutrizionale degli individui attraverso la promozione di adeguate abitudini alimentari, l’eliminazione di comportamenti alimentari non soddisfacenti, l’utilizzazione di manipolazioni più igieniche degli alimenti ed efficiente utilizzo delle risorse alimentari”, il percorso è strutturato per conseguire specifiche finalità fra cui:
- Allargare la fruibilità e la conoscenza e l’affezione verso la cultura del cibo al maggior numero possibile di utenti;
- Stimolare l’acquisizione di competenze di base nel campo della alimentazione e salute
- Diffondere conoscenze sui prodotti agro alimentari – luoghi e tecniche di produzione presenti sul territorio
- Avviare i ragazzi ad acquisire strumenti di analisi che permettano loro di avvicinarsi alle problematiche dell’ambiente affrontate in modo aperto e critico
- Determinare nei giovani motivazioni tali da modificare i comportamenti alimentari non corretti
- Sensibilizzare alla tutela dell’ambiente
- Fornire informazioni sufficienti e capacità di utilizzarle per acquisire coscienza critica riguardo ai problemi della nutrizione e della salute
Il regime alimentare sta assumendo sempre più un ruolo determinante per lo stato di salute degli individui e delle comunità. Ciò è ancor più vero oggi dove a governare la spesa alimentare quotidiana non sono certo i contenuti salutistici.
La corretta alimentazione è di rilevante importanza per il benessere sia dei cittadini sani che di quelli malati.
L’impatto dell’alimentazione in termini di rischio di malattie croniche può essere in qualche modo quantificato.
Le patologie con maggiore impatto e che lasciano maggior spazio alla prevenzione sono in Italia, come nella maggior parte dei Paesi industrializzati, l’obesità, i disturbi del comportamento alimentare, il diabete non insulino-dipendente, alcune malattie del sistema cardiocircolatorio, alcuni tumori, l’osteoporosi, i disordini causati da carenza di iodio, le anemie nutrizionali e, in particolare, quella da carenza di ferro, la carie dentaria, la cirrosi epatica, e infine le allergie e le intolleranze alimentari.
E’ importante fare una stima dei costi sociali diretti e indiretti di queste malattie ed analizzarne gli andamenti spazio-temporali per poter stabilire delle priorità per la salute pubblica. Quest’analisi va fatta parallelamente all’analisi della composizione della dieta italiana derivata dai dati di consumi alimentari. Dal dopoguerra ai nostri giorni, l’alimentazione si è andata via via arricchendo sul piano nutrizionale, ma anche modificando sostanzialmente su quello strutturale. E ciò in seguito alle variazioni nel consumo di singoli alimenti o gruppi di alimenti, variazioni di direzione ed intensità differenziate, nei decenni che si sono susseguiti. Fra le varie determinanti dei più recenti comportamenti di consumo degli italiani, sembrano essere maggiormente influenti quelle ispirate da un corretto rapporto alimentazione-salute. D’altro canto, le tendenze di consumo osservate nelle varie zone del Paese, connotate in passato da tradizioni alimentari fortemente diverse, portano ad omologare in misura sempre maggiore i modelli alimentari territoriali, con ovvie ricadute sullo stato nutrizionale della popolazione (per esempio abbandono del modello alimentare mediterraneo). Oltre al quadro nutrizionale, viene presentato un quadro dei problemi di salute legati all’igiene degli alimenti e cioè alla loro sicurezza. La tipologia degli alimenti oggi presenti nel nostro Paese è estremamente ricca e articolata. Le problematiche legate al loro consumo sono varie, includendo i contaminanti biologici, le tecnologie di irraggiamento, i contaminanti chimici (residui di fitofarmaci, residui di farmaci veterinari, metalli…), gli additivi alimentari, gli organismi geneticamente modificati e non ultimo le modalità di utilizzo degli alimenti.
E’ stato chiaramente dimostrato[1] come sia possibile perdere peso se si adottano corretti stili di vita quali, in estrema sintesi:
- bere meno bibite gasate
- incrementare il livello di attività fisica
- controllare il peso
- seguire una dieta a elevato contenuto proteico
- passare meno tempo davanti alla Tv.
[1] Boutelle KN, Libbey H, Neumark-Sztainer D, Story M. Weight control strategies of overweight adolescents who successfully lost weight. J Am Diet Assoc. 2009 Dec;109(12):2029-35
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