Dolci e dolcificanti
Tutte le indicazioni nutrizionali suggeriscono di:
– limitare il consumo di zuccheri semplici e bevande dolci nella giornata, per non superare la quantità di zuccheri consentita, semmai associandoli ad alimenti ricchi di fibra che rallentano l’assorbimento per evitare picchi glicemici elevati;
– preferire i prodotti da forno, che contengono meno grassi e zuccheri e più amido, come per esempio biscotti integrali e torte non farcite;
– limitare il consumo di prodotti che contengono molto saccarosio, specialmente quelli che si attaccano ai denti, come caramelle morbide, torroni e simili;
– nelle diete a restrizione calorica utilizzare dolcificanti, additivi alimentari di origine naturale oppure ottenuti per sintesi;
– per le mamme e per i papà, abituarsi a non offrire più merendine confezionate ai propri bambini e a preferire delle merende casalinghe (dolci e salate) certamente più sane;
Questo perché i dolci, essendo soprattutto fonte di zuccheri semplici e grassi, non sono indispensabili per il nostro organismo; ma se non ci sono problemi metabolici e/o di sovrappeso l’assunzione di dolci nella quantità consentita è senza dubbio piacevole ed edificante. L’importante è cercare sempre di consumarli con moderazione e seguire alcune semplici regole (tra cui quelle su indicate).
Il termine “dolci” si riferisce ad una vasta gamma di prodotti alimentari molto diversi fra loro come categoria merceologica, composizione e valore nutritivo, accomunati soltanto dal sapore dolce, ottenuto generalmente attraverso l’impiego di zucchero o miele o, nel caso dei prodotti destinati a un’alimentazione particolare, di edulcoranti alternativi.
Le categorie merceologiche nelle quali rientrano i dolci più comuni sono fondamentalmente quattro:
– i prodotti della biscotteria e pasticceria (biscotti, torte, le cosiddette merendine ecc.);
– i prodotti della confetteria (caramelle, gelatine, torrone, gomme da masticare ecc),
– i gelati (sfusi o confezionati) e, infine,
– il cioccolato e i prodotti a base di cacao (cioccolatini, snack al cioccolato ecc.).
Presenti da tempi antichissimi nella storia della civiltà, i dolci hanno sempre avuto, oltre al ruolo alimentare, anche un importante significato rituale, un tempo collegato al loro impiego quale dono propiziatorio offerto alle divinità in occasione delle grandi solennità religiose, ma oggi ancora vivo nel loro uso quale simbolo associato alle più importanti occasioni di festività e ricorrenze della vita dell’uomo.
Cenni storici
Cercando notizie sulla storia della pasticceria, si scopre che il primo dolce venne prodotto in Grecia più di 7000 anni fa. Il suo nome era obélias e significava offerta, perché usata all’interno di riti sacri agli dei greci, e si trattava di un impasto di farina e miele cucinato su una pietra riscaldata. Gli antichi greci conoscevano almeno una cinquantina di ricette per produrli. Il tipo più diffuso, il plakoàq, era una sorta di biscotto che veniva preparato con farina d’avena miscelata a miele e formaggio bianco. Tra i romani, gli ingredienti dei dolci erano pressoché gli stessi. Uno di essi, preparato in sfoglie di pasta farcita con formaggio e miele, era chiamato placenta, da placenda est, «destinato a piacere». Come fra i greci, anche nel mondo latino i dolci avevano un significato simbolico e augurale: ne è un esempio il rito della confarreatio, nel quale gli sposi offrivano a Giove Capitolino un dolce di farro, usanza in qualche modo sopravvissuta ancora oggi nella tradizionale torta nuziale. Altri dolci venivano preparati per offrirli al dio Giano, cui era dedicato il mese di gennaio, a scopo propiziatorio per il nuovo anno.
Allo stesso modo, in tempi successivi e fino ai giorni nostri, i dolci hanno continuato a essere associati a ricorrenze e festività, così come a tutti i riti di passaggio, quali battesimi, compleanni, matrimoni, sempre con un duplice significato, alimentare e simbolico, al pari, del resto, di quanto avviene con il pane.
Nel tempo, l’arte della pasticceria è andata progressivamente affinandosi e, eccettuato un periodo di crisi durante il Medioevo, con i fasti del Rinascimento e del Cinquecento essa ha trovato un nuovo impulso, soprattutto grazie agli abilissimi pasticceri italiani, impiegati nelle corti europee, che portarono innovazioni di ogni tipo, tra cui le prime confetture e marmellate. Nel secolo successivo, il Seicento, furono soprattutto i pasticcieri francesi ad affermarsi, mentre cominciarono a farsi sentire gli influssi delle grandi scoperte e dei viaggi di esplorazione nei diversi continenti: fu così che, con l’importazione del cacao proveniente dall’America, si giunse all’altra rivoluzione dolciaria dopo quella della canna da zucchero, che era stata introdotta in Europa dai Crociati.
Il Settecento è invece il secolo dei piccoli dolci e dei confetti, che, inizialmente consumati solo dalle nobili, ricche famiglie delle corti reali, si diffusero successivamente anche a livello borghese, in concomitanza con i grandi rivolgimenti sociali. A quell’epoca risale la maggior parte delle ricette della tradizione dolciaria italiana, anche se molte di queste, a loro volta, erano il risultato di elaborazioni di ricette molto antiche.
Valore nutrizionale
Data la grande varietà dei tipi di dolci, ognuno di essi può essere considerato un alimento dal valore nutrizionale diverso, a seconda degli ingredienti con i quali viene prodotto. Oltre allo zucchero, gli ingredienti più frequentemente impiegati sono cereali, come grano, riso e orzo (che forniscono soprattutto amidi e proteine), uova e latte (fonti di proteine di elevata qualità biologica e di calcio), o anche cacao e frutta (che contengono soprattutto minerali, fibra e vitamine). Lo zucchero quale principio nutritivo quasi unico si trova nelle caramelle, nella marmellata e nel sorbetto al limone, mentre negli altri prodotti è accompagnato da quote più o meno importanti di proteine, lipidi e amido. Ovviamente, il valore calorico finale risente della composizione in principi nutritivi energetici e, in particolare, della quota lipidica presente, in quanto questa è la più importante dal punto di vista energetico (9 kcal/g). Di particolare rilievo è anche il tipo di carboidrati presenti, che possono essere chimicamente complessi (amido) o semplici (saccarosio, fruttosio, glucosio); questi, pur essendo energeticamente equivalenti tra loro (circa 4 kcal/g), hanno una diversa velocità di assorbimento (più elevata per gli zuccheri semplici) che si riflette sulla risposta glicemica nell’organismo. Tuttavia, occorre tenere presente che quest’ultima dipende da diversi altri fattori, oltre quello della natura chimica del carboidrato (quali, per es., il tipo di preparazione, le modalità e il momento del consumo). Oggi si tende a dare minore importanza alla distinzione tra carboidrati semplici e complessi.
Sul piano nutrizionale i dolci vanno quindi considerati per quello che realmente apportano all’organismo nelle quantità e condizioni di consumo. Su questa base è possibile valutare gli effetti sia positivi sia negativi sullo stato di nutrizione e di salute del consumo di dolci, distinguendoli per categoria.
– Prodotti da forno: I vari tipi di biscotti, merendine, torte e i tradizionali dolci delle ricorrenze (panettone, pandoro e colomba) hanno in comune l’ingrediente fondamentale, la farina di frumento (o di altri cereali), unito a uova, zucchero, burro o grassi vegetali, mentre altri ingredienti variano a seconda della ricetta. Tali prodotti trovano la loro migliore collocazione nella colazione del mattino, insieme al latte o al caffelatte. La colazione deve essere infatti energeticamente sostanziosa (circa il 20% delle calorie totali giornaliere), piacevole, nonché saziante per un buon periodo della mattinata. Per un bambino o un ragazzo che deve affrontare le attività scolastiche mantenendo una buona concentrazione per alcune ore, l’uso dei prodotti dolci da forno nella prima colazione rappresenta un buon sistema per assicurare un costante tasso di glucosio nel sangue, necessario allo svolgimento delle funzioni intellettuali. Durante la mattinata l’uso dei cosiddetti fuoripasto (o merendine) va invece controllato, poiché in questo momento della giornata è sufficiente assumere circa il 10% delle calorie giornaliere complessive, e ciò può essere raggiunto facilmente con una merendina dolce, il cui valore energetico si aggira intorno alle 150-200 kcal per porzione (a seconda del tipo e del peso). La facilità di un consumo incontrollato di questi prodotti, spesso confezionati e di conseguenza facilmente trasportabili, può però rappresentare un problema, specialmente se ci si trova nella necessità di limitare l’introito calorico per controllare situazioni di eccesso di peso corporeo. La torta alla fine del pasto, invece, può più facilmente rientrare nel menu, purché si tenga conto degli apporti nutritivi ed energetici della porzione consumata nel calcolo delle calorie complessive da assumere nel pasto e durante la giornata.
– Prodotti della confetteria: Sono fra i dolci forse più voluttuari e superflui sul piano nutrizionale, in quanto apportano generalmente solo zucchero e poco altro in termini di principi nutritivi e non hanno un ruolo preciso nell’alimentazione della giornata. Resta la piacevolezza del loro gusto, assai variato per la presenza di ingredienti e aromi diversi, e l’attrattiva esercitata dalle gradevoli forme di presentazione, anche se è bene tener presente il valore energetico di questi prodotti. Fra di essi sono da preferire quelli che non restano aderenti alle superficie dei denti, per il pericolo di carie dentaria, che è legato alla formazione di acidi organici (acido lattico, propionico, acetico) a causa della fermentazione del saccarosio da parte di microrganismi presenti nel cavo orale. Per questo motivo attualmente vengono confezionati diversi prodotti nei quali il saccarosio è sostituito da altri ingredienti dolci che non fermentano (come, per es., xilitolo, maltitolo e sorbitolo).
– Gelati: Un’importante distinzione dal punto di vista nutrizionale, oltre che tecnologico, riguarda la presenza o l’assenza di latte (e dei suoi derivati) fra gli ingredienti impiegati nella preparazione dei gelati. Nel caso in cui il gelato, specie nelle sue versioni con biscotti e/o nocciole, sia a base di latte, esso può rappresentare un dolce di buon valore nutritivo, in quanto apporta i principi nutritivi propri del latte. Può quindi sostituire validamente un prodotto dolce da forno alla fine del pasto o fra i pasti principali, purché si abbia l’accortezza di tenere presenti le quantità di energia e di principi nutritivi apportati, al fine di rientrare nell’ambito di un’alimentazione giornaliera equilibrata qualitativamente e adeguata quantitativamente. Viceversa, nel caso di gelati privi di latte, il loro consumo ha effetti riferibili solo alla piacevolezza del gusto e della sensazione di freschezza tipica di questi prodotti.
– Prodotti a base di cacao: La cioccolata è uno degli alimenti con maggior potere energetico. Essendo molto facilmente consumabile e trasportabile, è particolarmente indicata nelle situazioni di emergenza nelle quali occorre introdurre un’elevata quantità di calorie in un volume ristretto di cibo. Molto attraente sul piano dell’appagamento del piacere e del miglioramento dell’umore, può però portare, in soggetti particolarmente sensibili, a situazioni di semi-dipendenza. Gli effetti negativi di un uso eccessivo di tali prodotti sono legati al superamento della quantità di calorie da introdurre per far fronte alla necessità di energia dell’organismo, con conseguente bilancio energetico positivo e avvio del processo biochimico che porta alla deposizione di tessuto adiposo e perciò all’aumento di peso corporeo. Conoscendone però l’apporto energetico, ed eventualmente sottraendo all’apporto calorico giornaliero totale la quantità di calorie ingerite con la cioccolata, non c’è una valida ragione per escludere questi prodotti dai consumi abituali. Nel caso delle creme a base di cacao è bene abbinarle al consumo dei carboidrati complessi (amido) che in esse mancano (così come del resto nella cioccolata), spalmandole, per es., su una fetta di pane.
I dolci sono classificati in quattro categorie:
– dolci da forno: sono dolci da forno quelli che nascono da impasti di base. Con opportune e diverse lavorazioni si possono ottenere paste semplici, lievitate, sfogliate, frolla e montata: ciascuna adatta a realizzare il dolce che si desidera con l’aggiunta di altri ingredienti o diverse preparazioni. Sono dolci da forno: biscotti, brioche, babà, cornetti, barchette, tartellette, savarin, paste e pasticcini, torte da trancio e torte per banchetti, soufflé, meringhe.
– dolci al cucchiaio: sono dolci al cucchiaio quelli che richiedono la cottura a fuoco e per alcune al forno (mele cotte al vino bianco) o una preparazione a freddo e che, per la loro struttura, devono essere consumate con l’aiuto del cucchiaio. Sono dolci al cucchiaio: creme, salse, budini, panna cotta, mousse, bavaresi, zabaione, charlotte, ghiacce, frutta sciroppata, composte di frutta, confetture, gelati, ecc.
– dolci fritti: sono dolci fritti quelli che richiedono un impasto o una pastella di base, lievitata o no, e vanno fritti in abbondante olio bollente. Tra i dolci fritti ricordiamo: zeppole di San Giuseppe, krapfen (o bombe) chiacchiere, castagnole, (tipo di pasta frolla) struffoli (chiacchiere con miele e cacao), ecc.
– dolci flambé: sono dolci flambé quelli che sono sottoposti ad una seconda cottura alla lampada in sala o fiammeggiati con distillato sui fornelli del laboratorio di pasticceria. In genere il burro è l’elemento grasso principale. Sono dolci flambé le crepe suzette, che possono essere farcite alla confettura, alla frutta, al gelato, ecc; le banane flambé, le pesche, le albicocche, l’ananas e altra frutta che abbiano polpa corposa.
Sostanze dolcificanti o edulcoranti
Le sostanze dolcificanti o edulcoranti sono “sostanze utilizzate per conferire sapore dolce ai cibi e alle bevande o per la loro edulcorazione estemporanea”; fanno parte del lungo elenco degli additivi alimentari per cui sono sottoposti a procedure di valutazione prima dell’autorizzazione all’uso commerciale. In Europa l’EFSA (European Food Safety Authority) e negli Stati Uniti la FDA (Food and Drug Administration) stabiliscono le dosi giornaliere accettabili ed esaminano gli eventuali problemi di sicurezza.
Gli edulcoranti intensi sono ingredienti con un potere dolcificante di gran lunga superiore allo zucchero, solitamente tra le 150 e le 600 volte superiore al saccarosio (il normale zucchero da cucina, utilizzato come termine di paragone standard). Altri dolcificanti, come il neotamo, hanno un potere dolcificante addirittura migliaia di volte superiore al saccarosio. Il contenuto calorico è variabile, ma siccome sono utilizzati in dosi minime, apportano tutti una quantità calorica vicina allo zero. Ogni dolcificante a basso contenuto calorico ha il proprio profilo di gusto, caratteristiche e benefici unici.
Dolcificanti meno calorici dello zucchero sono i polioli, che vengono usati per sostituire non solo l’effetto dolcificante dello zucchero, ma anche per proprietà funzionali come la sensazione che crea in bocca, il colore, la struttura e le proprietà di mantenimento dell’umidità. L’eritritolo è l’unico poliolo ipocalorico autorizzato in Europa.
Le sostanze dolcificanti usate nell’industria alimentare sono alcune decine e possono essere suddivise in:
– dolcificanti naturali: presenti soprattutto nella frutta e nella verdura. A livello industriale si utilizza soprattutto il mais: si estrae l’amido e per idrogenazione e inversione si ottengono le sostanze desiderate dal potere dolcificante. Il loro potere edulcorante è, in genere, solo leggermente più basso rispetto allo zucchero da tavola (saccarosio) e contengono poco più della metà delle sue calorie. I più comuni nella nostra alimentazione sono quelli che finiscono in “olo” (sorbitolo, mannitolo, xilitolo…). Questi dolcificanti danno consistenza ai cibi e hanno un effetto rinfrescante che spiega anche il loro diffuso impiego nelle gomme da masticare, nella confetteria e nelle caramelle. Tra questi edulcoranti, si differenzia lo xilitolo per il fatto di non provocare carie. Tutti, se consumati in grande quantità, possono causare flatulenza, mal di pancia e dissenteria.
Non è fissata una dose giornaliera raccomandata ma viene comunque dato un valore di riferimento pari a 20 grammi al giorno per gli adulti e 10 grammi per i bambini per non incorrere in effetti indesiderati.
– dolcificanti artificiali: si tratta di sostanze di sintesi, cioè che nascono in laboratorio, dal potere dolcificante molto elevato, (da 30 a 500 volte quello dello zucchero comune), dall’assenza di valore calorico (in pratica non hanno calorie, principale motivo per cui vengono usati) e da una dose giornaliera massima che varia a seconda dei dolcificanti e che si calcola in base al peso corporeo.
– dolcificanti intensivi sono: aspartame, acesulfame K, saccarina, taumatina, neosperidina DC, ciclammati e sucralosio (il più recente). Negli Stati Uniti l’uso dei ciclammati è proibito, dopo che sono emersi studi sugli animali che ne mettono in dubbio la completa innocuità. In Europa, il loro uso è stato autorizzato, ma sono state riviste al ribasso le dosi massime consentite.
Ad eccezione dell’aspartame, i dolcificanti intensivi possono avere un retrogusto sgradevole: ad esempio, la saccarina è amara. L’aspartame può dare raramente effetti indesiderati in persone particolarmente sensibili: mal di testa, nausea, vomito, dolori addominali. Inoltre, poiché è una fonte di fenilalanina non può essere assunto da chi è affetto da fenilchetonuria (avviso che è obbligatorio in etichetta). Questo dolcificante, inoltre, non deve essere usato per cibi da cuocere, perché il calore fa svanire l’effetto dolcificante.
La dose giornaliera massima consentita varia a seconda del dolcificante ed è calcolata in base al peso.
I dolcificanti possono anche essere suddivisi secondo le seguenti classi:
– idrati di carbonio (calorici)
– zuccheri ordinari: saccarosio e fruttosio
– polioli: sorbitolo, xilitolo, mannitolo, ecc.
– polidestrosi
– edulcoranti intensi (cioè dolcificanti ad alto effetto e quindi ipocalorici)
– naturali
– proteine dolci: taumatina, miracolina, ecc.
– glicosidi: stevioside, glicirrizina, ecc.
– artificiali: saccarina, acesulfame K, aspartame, ciclamato, ecc.
Una vasta gamma di prodotti a basso contenuto calorico contengono edulcoranti, tra cui bevande analcoliche, prodotti caseari come yogurt e gelati, dolci, gomme da masticare, condimenti, salse e mostarde e molti altri prodotti tra cui i masticabili multivitaminici, collutori e sciroppi per la tosse.
Ogni dolcificante a basso contenuto calorico ha un proprio profilo di gusto, e caratteristiche e benefici unici. Sia i dolcificanti “di massa” (aggiunti in grande quantità perché ipocalorici) che quelli “intensivi” aggiunti in piccolissime quantità, conferiscono un sapore dolce agli alimenti e sono molto utili nella preparazione di prodotti ipocalorici e preparazione di prodotti dietetici speciali, come quelli destinati ai diabetici.
I dolcificanti sono stati regolati a livello europeo nel 1990 con l’entrata in vigore della direttiva 94/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sugli edulcoranti nei prodotti alimentari, anche conosciuta come “direttiva edulcoranti“. Più recentemente, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato un regolamento quadro, regolamento 1333/2008, che consolida tutte le attuali autorizzazioni per dolcificanti e additivi alimentari in un unico testo giuridico. L’Allegato II di tale normativa, stabilita dal regolamento della Commissione n. 1129/2011, fornisce un elenco comunitario di dolcificanti approvati per l’uso in alimenti, bevande ed edulcoranti da tavola e le loro condizioni di utilizzo.
Come qualsiasi altro ingrediente alimentare, la presenza di un dolcificante a basso contenuto calorico in un alimento o bevanda è indicata sull’etichetta del cibo (“con dolcificante”) e anche nell’elenco degli ingredienti (nome / numero “E”). Il riferimento “E” per ogni additivo si riferisce all’Europa e indica che l’additivo alimentare è sicuro e approvato in alimenti e bevande in Europa.
Un vasto numero di studi scientifici hanno esaminato e confermato che gli edulcoranti ipocalorici sono sicuri. Questi dati sono stati valutati dalle autorità riconosciute a livello globale, tra cui il comitato congiunto FAO /OMS per gli additivi alimentari (JECFA) e l’autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Tutti gli edulcoranti ipocalorici utilizzati in alimenti e bevande in Europa oggi sono stati sottoposti a rigoroso test di EFSA.
Nel processo di approvazione, un’assunzione giornaliera accettabile (DGA) è data dall’EFSA per ogni dolcificante ipocalorico. La DGA è una indicazione di quantità che rappresenta la quantità di dolcificante a basso contenuto calorico che può essere consumata in modo sicuro su una base quotidiana durante la vita di una persona problemi di salute.
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