A proposito di superfood
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Da sempre l’Uomo è alla ricerca del cibo miracoloso, una sorte di «superfood» in grado di sanare ogni problema di salute.
E’ bene chiarire fin da adesso che i «superfood» così intesi, non esistono, tant’è vero che fin dal 2007 l’Unione Europea ha vietato l’uso di questa denominazione sulle confezioni per promuovere e commercializzare un cibo, a meno che i supposti benefici per la salute dovuti al consumo di questo alimento non siano supportati da rigorose prove scientifiche, per arginare l’utilizzo spropositato del termine.
Deve essere chiaro a tutti che i superfood non possono mai sostituire una dieta sana, varia, equilibrata, sostenibile, attenta ai gusti di ognuno e associata ad un’attività fisica moderata regolare. Questa resta sempre l’unica soluzione valida.
Per fare chiarezza, introduciamo alcune definizioni importanti, dal momento che i superfood vengono spesso assimilati agli “alimenti funzionali” o ai “nutraceutici”. Vengono considerati due sottoinsiemi del superfood quello dei superfruit (superfrutto) e dei supergrain (supercereali, come quinoa, amaranto, sesamo, teff ecc).
- Superfood (supercibo) è un termine di marketing (ovvero creato unicamente per soddisfare delle esigenze di mercato) usato per indicare i cibi aventi presunte capacità benefiche per la salute, imputabili ad una parte delle caratteristiche nutrizionali o alla concentrazione chimica complessiva.
- Alimenti funzionali: un alimento è definito funzionale se, oltre alle sue proprietà nutrizionali, è scientificamente dimostrata la sua capacità di influire positivamente su uno o più funzioni fisiologiche, contribuendo a migliorare lo stato di salute e a ridurre il rischio di insorgenza delle malattie correlate al regime alimentare.
- Nutraceutici: con la parola “nutraceutico” vengono indicati tutti quei prodotti, componenti o i principi attivi degli alimenti con effetti positivi per la salute, la prevenzione e il trattamento delle malattie; il loro scopo principale è quello di favorire i processi fisiologici dell’organismo; sono sostanze perlopiù di origine naturale, in particolare vegetale, ma si possono trovare anche vitamine, sali minerali e altre sostanze di sintesi chimica.
Il termine superfood venne usato per la prima volta nel 1949 in un giornale canadese, nel quale si descrivevano alcune qualità nutrizionali di un “muffin”. Alla fine del XX e all’inizio del XXI secolo, il termine “superfood” era già usato come strumento di vendita di alimenti specifici, integratori alimentari, cibi con additivi. Nel corso della Prima Guerra Mondiale, la United Fruit Company, multinazionale specializzata nel commercio di frutta tropicale, pubblicò un’entusiasta campagna pubblicitaria per promuovere il suo maggior prodotto: le banane, con tanto di brochure per illustrare l’incredibile valore nutrizionale delle banane; la compagnia consigliava di consumare il frutto giallo ogni giorno: era economico, nutriente, facilmente digeribile (sia cotto che crudo) e, grazie alla sua buccia, riduceva al minimo le difficoltà di conservazione. Col passare del tempo, la banana è entrata così nell’immaginario collettivo come frutto estremamente sano quando in realtà, a parte il vantaggio della praticità, non possiede particolari virtù rispetto ad altri frutti.
L’Oxford Dictionary definisce superfood un alimento ricco di sostanze nutritive, considerato particolarmente benefico per la salute e il benessere; secondo l’Harvard Medicine Insitute, un alimento è promosso allo stato di super-alimento quando offre alti livelli di nutrienti desiderabili, è legato alla prevenzione di una malattia, o si ritiene che offra diversi benefici per la salute simultanei al di là del suo valore nutrizionale.
In pratica i superfood sono piante, frutti o semi da mangiare cui vengono attribuite – a seconda della tipologia – proprietà antinfiammatorie, antiossidanti, antietà, toniche, depurative e ricostituenti, per cui sarebbero quindi in grado di contrastare l’invecchiamento cellulare o addirittura di prevenire malattie cardiovascolari o problemi della pressione arteriosa.
Superfluo sottolineare che, con l’idea che possano offrire svariati benefici per la salute, fin dalla loro scoperta i superfood vengono commercializzati ad un prezzo superiore rispetto a prodotti analoghi ma etichettati normalmente. Si ribadisce che le teoriche proprietà salutistiche dei cosiddetti superfood non sono generalmente supportati da studi scientifici accreditati. Per questo, il termine superfood non è generalmente utilizzato dagli esperti del settore, come dietisti, dietologi e nutrizionisti, molti dei quali si oppongono alla divulgazione di queste informazioni in quanto considerate potenzialmente fuorvianti.
Esempi di superfood
Un elenco dei c.d. supercibi più comuni è il seguente:
- Aglio nero (aglio fermentato)
- Alga spirulina ( platensis)
- Avocado
- Bacche di açaí ( oleracea)
- Bacche di Goji
- Cacao/cacao in polvere
- Edamame
- Foglie di trifoglio rosso ( pratense)
- Foglie di vite rossa ( vinifera)
- Frutti delle specie appartenenti al Genere Hippophae
- Frutti di bosco (fragole, lamponi, more, ecc.)
- Frutti di noni ( citrifolia)
- Frutto dell’albero del pane
- Fungo reishi ( lucidum)
- Guaranà ( capuana)
- Kefir
- Maca o Ginseng delle Ande ( meyenii)
- Mandorle e noci
- Matcha
- Melagrana – frutti di melograno ( granatum)
- Mirtilli
- Papaya fermentata (frutto fermentato della papaya)
- Patata dolce
- Radice di curcuma ( longa)
- Radice di ginseng (Genere Panax)
- Radice di zenzero ( officinale)
- Salmone
- Semi di caffè verde crudo ( arabica oppure C. robusta)
- Semi di canapa ( sativa)
- Semi di Chia (S. hispanica)
- Semi di mangostano ( mangostana)
- Uva
- Wheatgrass o erba di grano ( aestivum)
- Yarsagumba (fungo sinensis sulle larve di lepidottero fantasma).
- Zucca
In conclusione, come asserito dal “Cancer Research UK”, il termine superfood è in realtà solo uno strumento di marketing, con poche basi scientifiche a sostegno di qualsivoglia effetto per la salute; pertanto, i superfood non possono sostituire una dieta globalmente sana ed equilibrata.
Catherine Collins, capo dietista del “St George’s Hospital” di Londra, sostiene che il termine andrebbe considerato potenzialmente fuorviante e pericoloso.