Metabolismo cos’è, come funziona, relazione con la dieta
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Spesso, quando si parla di alimentazione, peso, salute, dieta, viene citato il termine metabolismo; ma si conosce davvero?
Cosa s’intende per metabolismo?
In parole semplici, il termine metabolismo comprende tutti quei processi attraverso il quale il nostro corpo converte in energia ciò che mangiamo e beviamo, permettendoci così di vivere e stare in salute. In biochimica il metabolismo (dal greco μεταβολή ossia “cambiamento”) è l’insieme delle trasformazioni chimiche che si dedicano al mantenimento vitale all’interno delle cellule degli organismi viventi.
Il nostro corpo ha continuamente bisogno di energia: anche quando stiamo fermi o dormiamo, consumiamo energia, per esempio per mantenere costanti il battito del cuore e la frequenza del respiro. Tutta l’energia necessaria al nostro organismo viene prodotta attraverso milioni di reazioni chimiche, in cui il cibo e l’ossigeno dell’aria vengono combinati tra loro e trasformati. L’insieme delle reazioni chimiche che avvengono nella cellula per produrre energia e nuova materia si chiama metabolismo.
Oltre a estrarre energia dalle sostanze nutritizie, le reazioni metaboliche trasformano queste ultime in molecole semplici (dette precursori o unità di base) che poi ricombinano per costruire proteine, acidi nucleici (DNA e RNA), grassi e altri componenti cellulari.
Le reazioni metaboliche si possono dividere in due tipi: quelle cataboliche, attraverso le quali le sostanze che sono presenti nel cibo (proteine, grassi e zuccheri) vengono scisse in molecole sempre più piccole (acqua, anidride carbonica, ammoniaca) con liberazione di energia, e quelle anaboliche, attraverso le quali energia e piccole molecole vengono combinate in molecole più grandi e complesse.
Le vie cataboliche
La trasformazione del cibo che mangiamo inizia con la digestione, in cui le grandi molecole polimeriche, cioè formate da tante unità (o precursori), tenute insieme da legami chimici in un’unica struttura, vengono smontate. Attraverso questo processo, le proteine sono trasformate in amminoacidi, i polisaccaridi in zuccheri semplici e i grassi in acidi grassi e glicerolo. Queste trasformazioni avvengono principalmente al di fuori delle cellule, a opera degli enzimi, proteine particolari che rendono più rapide le reazioni chimiche, che si trovano nell’apparato digerente.
Le piccole molecole prodotte dalla digestione possono quindi entrare nella cellula, attraverso meccanismi diversi (membrane biologiche), ed essere metabolizzate, cioè convertite in molecole ancora più semplici e in energia. Gli enzimi presenti nel citoplasma e nei vari organelli della cellula smontano le molecole di zuccheri, lipidi e proteine fino a ottenere un piccolo composto formato da due atomi di carbonio. Questo composto, chiamato gruppo acetilico, si lega a una molecola trasportatrice (coenzima A), anche in questo caso con l’aiuto di un enzima, per formare un complesso chiamato acetilcoenzima A. L’acetilcoenzima A è quindi un importante punto di arrivo comune alle diverse vie cataboliche ma è anche un punto di partenza per le vie anaboliche.
Gli zuccheri semplici che contengono sei o cinque atomi di carbonio, chiamati rispettivamente esosi e pentosi, vengono trasformati in acido piruvico, una piccola molecola composta di soli tre atomi di carbonio, attraverso un processo, denominato glicolisi (che significa «distruzione degli zuccheri»), a cui partecipano molti enzimi diversi. L’acido piruvico entra nei mitocondri, gli organelli presenti nel citoplasma della cellula specializzati nella produzione di energia, dove viene degradato fino a formare l’acetilcoenzima A. In maniera simile, i grassi vengono trasformati attraverso una serie di degradazioni successive in acidi grassi liberi che vengono trasportati all’interno dei mitocondri dove sono convertiti in gruppi acetili dell’acetilcoenzima A.
Al contrario di zuccheri e grassi, formati solo da atomi idrogeno (H), ossigeno (O) e carbonio (C), le proteine contengono un quarto elemento, l’azoto (N). La loro degradazione è un po’ più complicata perché, per arrivare dagli amminoacidi alla formazione dell’acetilcoenzima A, è necessario liberarsi dell’azoto, che viene in parte eliminato sotto forma di urea, di acido urico o, in certi pesci, di ammoniaca, e in parte riutilizzato.
I gruppi acetilici dell’acetilcoenzima A, e altri prodotti ottenuti dalla degradazione di zuccheri, amminoacidi e grassi, vengono incanalati nella via catabolica finale comune chiamata ciclo degli acidi tricarbossilici. In questa fase finale l’ossigeno, trasportato dal sangue dai polmoni alle cellule, consente la completa ossidazione dei gruppi acetilici, cioè la loro trasformazione in acqua e anidride carbonica, e il rilascio di una grande quantità di energia. Questa energia è “incamerat”’ in alcune molecole particolari, di cui la più importante è chiamata adenosintrifosfato o ATP (il fosforo si indica con la lettera P). L’ATP “accumula” l’energia grazie alla particolare natura dei legami chimici tra gli atomi di fosforo presenti nella molecola. Infatti, la rottura di questi legami, attraverso una semplice reazione detta di idrolisi, rilascia il fosforo (sotto forma di fosfato inorganico, Pi) trasformando l’ATP in ADP, e libera l’energia immagazzinata ogni volta che la cellula lo richieda.
Le vie anaboliche
Le reazioni anaboliche, invece, seguono cammini diversi per arrivare alla trasformazione delle molecole semplici in molecole più grandi e complesse (macromolecole), grazie proprio all’energia accumulata sotto forma di ATP. Le piccole molecole a due o tre atomi di carbonio sono inizialmente convertite in “unità di costruzione” (amminoacidi, zuccheri semplici, acidi grassi, glicerolo), che vengono poi unite tra loro a formare le macromolecole. Per esempio, la costruzione delle proteine inizia con la formazione di molecole intermedie, successivamente trasformate in amminoacidi. Infine, gli amminoacidi vengono legati tra loro attraverso speciali legami chimici (chiamati peptidici) per formare le diverse proteine.
Ci sono poi alcune particolari reazioni anaboliche che portano alla sintesi degli acidi nucleici (DNA e RNA), le unità fondamentali che costituiscono il nostro patrimonio genetico.
Le reazioni chimiche che compongono le vie cataboliche e anaboliche sono molti milioni. Come fa la cellula a controllare che tutto avvenga nel modo giusto? Le reazioni metaboliche sono collegate tra loro: il prodotto di una prima reazione è il substrato, cioè il materiale di partenza, della seconda reazione e così via per tutte le reazioni che seguono quella via metabolica. Inoltre, le vie metaboliche possono essere controllate regolando l’attività degli enzimi. In alcuni casi, quando ha raggiunto una certa concentrazione il prodotto di una reazione può inibire, vale a dire bloccare, l’attività dell’enzima responsabile della reazione precedente: in questo modo una determinata sostanza regola la propria sintesi (con un meccanismo omeostatico) evitando che si raggiungano concentrazioni troppo elevate, dannose o comunque non necessarie alla cellula. In terzo luogo, il prodotto finale di una reazione può attivare o inibire un enzima di altre vie metaboliche, consentendo una regolazione coordinata di più catene di reazioni. Infine le reazioni non avvengono tutte nella stessa zona della cellula, ma in spazi diversi e ben delimitati, come l’interno di organelli specializzati (per esempio, mitocondri e ribosomi). In questo modo, gruppi diversi di reazioni possono avvenire (anche contemporaneamente) in spazi separati, evitando pericolose interferenze.
Differenze tra metabolismo basale e metabolismo energetico
Il metabolismo è il processo attraverso il quale il nostro corpo converte in energia ciò che mangiamo e beviamo. Energia di cui abbiamo bisogno non solo per muoverci, ma anche per garantire il dispendio energetico necessario a tutte le funzioni metaboliche vitali (metabolismo basale) come la respirazione, la circolazione del sangue o la riparazione delle cellule. Bruciamo sempre energia, anche quando dormiamo.
Al metabolismo basale bisogna aggiungere il metabolismo energetico, determinato dal movimento e dall’attività fisica che viene compiuta ogni giorno, e dalla termogenesi indotta dagli alimenti. Questo rappresenta un consumo energetico minore rispetto a quello del metabolismo basale, a meno che non si aumenti l’attività sportiva.
Ogni attività fisica ha un costo energetico che incide in modo diverso sul fabbisogno calorico giornaliero e, per una corretta valutazione energetica, si deve tener conto di alcuni fattori, come: tipologia di attività, orari dell’attività, tempo impiegato, sesso e dimensioni corporee di chi la esegue.
Differenze tra metabolismo “veloce” e metabolismo “lento”
Il metabolismo può essere “veloce” (alto) e trasformare più velocemente il cibo che mangiamo in energia, o “lento” (basso), impiegando più tempo per riuscire a farlo. Ognuno di noi ha un metabolismo diverso, determinato da più fattori personali; tuttavia, può modificarsi nel tempo, a seconda dell’attività e della composizione corporea.
Qual è la relazione tra dieta e metabolismo?
Il metabolismo di un soggetto è dato dalla somma del metabolismo basale, della termogenesi dieta-indotta (l’energia che si sviluppa nei processi digestivi), e dell’attività fisica. Pertanto, il cibo che viene ingerito quotidianamente influenza inevitabilmente i processi metabolici deputati al soddisfacimento delle richieste energetiche dell’organismo, attraverso l’estrazione e l’utilizzo dell’energia contenuta negli alimenti che ingeriamo.
Un equilibrio tra le reazioni anaboliche (di distruzione) e le reazioni cataboliche (di costruzione) dell’organismo ci permette di modulare l’assunzione degli alimenti, al fine di mantenere un adeguato bilancio tra l’assunzione di cibo e la spesa energetica. Il bilancio sarà in positivo oppure in negativo a seconda delle necessità.
Essere in condizioni di sovrappeso ed avere una massa magra poco rappresentata determinano una riduzione del metabolismo, inoltre, se in aggiunta, si pratica una attività fisica scarsa o assente verrà peggiorata la condizione. Al contrario una massa magra ben rappresentata consente di mantenere un metabolismo attivo, oltre che una migliore qualità della vita.
Quindi, per garantirsi il mantenimento/incremento di massa magra bisogna, oltre che muoversi e praticare esercizio fisico, procedere all’assunzione di proteine ben calibrata secondo le necessità fisiche e personali.
È possibile velocizzare un metabolismo “lento”?
Normalmente negli uomini la massa magra è maggiore rispetto alle donne, e con il passare degli anni tende a ridursi progressivamente per entrambi i sessi proprio per inevitabili cambiamenti dello stile di vita: riduzione delle capacità di movimento, introito ridotto di proteine nella quotidianità dei pasti, eventuali difficoltà alla masticazione, e così via.
La massa magra, diversamente dalla massa grassa, è la massa metabolicamente attiva, che ci permette di avere un dispendio energetico maggiore.
Il 20% circa del metabolismo basale è rappresentato dalla muscolatura scheletrica, di conseguenza un aumento della muscolatura è il metodo fisiologico che abbiamo per aumentare il metabolismo basale. Inoltre, possiamo aiutare la massa magra a preservarsi nel tempo o ad aumentare, se serve, non soltanto con adeguato movimento ed attività fisica, ma anche assumendo la giusta quantità di proteine ripartita nei pasti della giornata. Per questo motivo si tende a fare educazione e prevenzione favorendo l’assunzione di pasti completi, equilibrati e ben bilanciati.
Cosa mangiare per sbloccare il metabolismo?
Le diete ipocaloriche che tendono a produrre dimagrimenti rapidi consumando grasso ma anche in parte massa magra (muscoli), portano una variazione del metabolismo basale.
Per accelerare il metabolismo e far ripartire correttamente il dimagrimento basta seguire alcune sane abitudini di vita. La dieta è un mezzo molto efficace per aumentare il metabolismo. La TID (termogenesi indotta dalla dieta o azione dinamico specifica degli alimenti) rappresenta infatti circa il 10-15% del dispendio energetico quotidiano.
La strategia vincente per sbloccare il metabolismo è, innanzitutto, quella dell’educazione alimentare.
Mangiare poco e spesso per spezzare la fame tra un pasto e l’altro, con degli spuntini a metà mattina e a metà pomeriggio.
Mangiare lentamente e masticare bene i cibi per evitare fastidiosi sensi di gonfiore e pesantezza gastrica.
Variare i pasti imparando a distribuire le giuste porzioni dei macronutrienti in cinque pasti al giorno, e rispettando la frequenza settimanale degli alimenti.
Introdurre proteine varie nei pasti principali, e negli spuntini se pratichiamo intensa attività fisica.
Una alimentazione disordinata o scorretta, è una delle principali cause di un problema di metabolismo lento e, quindi, di conseguenza, di aumento del peso corporeo.
Saltare la prima colazione, infatti, porta ad una riduzione della produzione insulinica nelle prime ore della giornata, con conseguente ed inevitabile incremento di peso nel tempo. Anche una dieta fortemente ipocalorica e protratta nel tempo tende a ridurre le reazioni metaboliche.
Inoltre, il digiuno è il modo migliore per abituare l’organismo ad una carenza di cibo, inducendolo ad abbassare i consumi e quindi il metabolismo.
Non è corretto affidarsi ad alcuni alimenti piuttosto che altri.
Per esempio, gli alimenti ricchi di iodio, come pesce e molluschi, aiutano la funzionalità tiroidea, e quindi favoriscono il metabolismo; come anche caffè, tè verde e guaranà ma, allo stesso tempo, esagerare con il consumo di questi cibi può causare effetti contrari all’obiettivo principale della conservazione e del mantenimento di un buon stato di salute.
L’ideale sarebbe consumarli in modo equilibrato e razionale, insieme a frutta e verdura di stagione e cereali integrali, ed evitare invece carboidrati raffinati e grassi idrogenati.
Cosa succede se si mangia troppo poco?
Una dieta fortemente ipocalorica e protratta nel tempo tende a ridurre le reazioni metaboliche, il corpo si abitua alla carenza di cibo e si difende abbassando i consumi e, quindi, il metabolismo. All’introduzione di meno calorie, il corpo reagisce con un adattamento metabolico e con un ridimensionamento dell’omeostasi (equilibrio), in modo da garantire il corretto funzionamento dell’organismo in condizioni di carenza energetica. Di conseguenza, livelli ormonali e metabolici si abbassano per adattarsi al nuovo stato nutrizionale.
Le diete ipocaloriche tendono a produrre dimagrimenti rapidi consumando massa grassa, ma anche i muscoli (massa magra), che influenzano maggiormente la variazione del metabolismo basale. Ad esempio, mentre si dimagrisce, il livello di leptina si riduce e per tornare a concentrazioni normali, sono necessarie almeno 72 ore in un regime normocalorico. Considerando le tempistiche, quindi, un solo pasto o giorno “sgarro” a settimana non è sufficiente per “rialzare” il metabolismo dato che si tratta di meno di 72 ore.
Il metabolismo lavora a seconda di ciò che mangiamo. Se non introduciamo proteine a sufficienza ma tanti carboidrati e grassi, non sarà possibile costruire/mantenere una giusta componente muscolare, il metabolismo trasformerà però i carboidrati in eccesso in grassi, aumentando solo la massa grassa.
Inoltre, un apporto calorico insufficiente spesso significa carenze vitaminiche e di altri nutrienti essenziali, che possono portare a una varietà di problemi di salute, come anemia, debolezza ossea, e disturbi del sistema immunitario.
Quanto tempo ci vuole per riattivare il metabolismo?
È estremamente soggettivo. Il tutto dipende molto da quanto siamo disposti a modificare le nostre abitudini e stili di vita scorretti e inappropriati.
Spesso, la nostra poca volontà a rispettare la regolarità dei pasti, e ad utilizzare un poco del nostro tempo a prepararci un pasto sano ed equilibrato piuttosto che optare per scelte veloci ed appaganti dal punto di vista del gusto, ma non sicuramente ottimali per la nostra salute, è sicuramente la prima regola.
Pasti veloci, fuori casa, come il cappuccino e la brioche per la prima colazione, pizza o focaccia o altro per il pranzo e la cena, dovrebbero essere scelte occasionali.
Quando è necessario rivolgersi ad uno specialista?
Rivolgersi ad uno specialista è fondamentale sia per definire il piano alimentare per continuare o riprendere una vita sana e, di conseguenza, più appagante e motivante sotto vari aspetti che lungo l’intero percorso che s’intende intraprendere (follow up).
Ci aiuterà ad incrementare le motivazioni e le aspettative e a raggiungerle e mantenerle nel tempo. Solitamente quando si decide di rivolgersi ad uno specialista è sempre per problematiche di salute già insorte, a cui veniamo a conoscenza dopo aver eseguito esami ematochimici o strumentali per varie motivazioni e sintomi, ma nella realtà non bisogna arrivare a questo punto.