Cucina Giapponese

Salsa di soia

La salsa di soia è una salsa fermentata ottenuta dalla soia (19%), grano tostato (15,99%), acqua (53%), sale (12%) e Aspergillus sp. (<0,01%).

E’ originaria della Cina, dove le salse fermentate sono note fin dall’antichità (dinastia Zhou). La data esatta in cui comparve per prima volta è sconosciuta, ma l’origine della salsa viene fatta risalire durante la dinastia Han occidentale. Fu introdotta per la prima volta in Giappone alla fine del VII secolo ad opera dei monaci buddhisti, che utilizzavano la salsa di soia per conferire ai cibi un certo aroma di carne, dal momento che la carne e il pesce erano vietati dai precetti buddhisti.

Secondo alcuni autori, la salsa di soia venne esportata per la prima volta in Europa dai commercianti olandesi al servizio della corte di Luigi XIV.

La salsa di soia è un comune ingrediente della cucina dell’Asia orientale e sud-orientale. Talvolta è utilizzata in alcune applicazioni di cucina occidentale, ad esempio come ingrediente dell’inglese salsa Worcester.

Tra le qualità nutritive della salsa spiccano un contenuto di antiossidanti 10 volte maggiore rispetto a quello del vino rosso e proprietà digestive. Di contro, il contenuto in sale non ne rende consigliabile l’uso in diete povere di sodio.

La salsa di soia è composta da 53% di acqua, 19% di soia, 16% circa di grano, 12% di sale e 0,01% di koji, il microrganismo che aiuta la fermentazione della salsa. La soia è ricca di proteine, come tutti i legumi, ma la cosa interessante di questo condimento è che ha pochissime calorie: nella salsa di soia più usata le calorie sono circa 60 ogni 100 grammi. Grazie all’azione delle fibre, aiuta anche a diminuire il colesterolo aumentando il senso di sazietà, favorendo l’espulsione di tossine e colesterolo cattivo.

La principale controindicazione nell’utilizzo della soia sta nella presenza di alcuni ormoni di origine vegetale, i fitoestrogeni, che potrebbero alterare l’equilibrio della tiroide in particolare. Come per tutti gli alimenti l’importante è non eccedere, anche per l’importante presenza di sale. Rispetto alla soia fresca la salsa di soia presenta meno controindicazioni perché fermentata, così come il tempeh, un alimento ricavato dalla soia gialla fermentata, il natto, un alimento tradizionale giapponese, e il miso, che a noi piace molto accompagnato da spaghetti di riso, zenzero e funghi shiitake.

Preparazione della salsa di soia

La salsa di soia, shoyu in giapponese, è un condimento liquido molto saporito e dal colore scuro, ottenuto dalla fermentazione di fagioli di soia, grano e sale; può essere usata per la marinatura di carne e pesce, ma anche per insaporire zuppe e piatti a base di noodles, o altri piatti.

Esistono tipi diversi di salsa di soia, il cui sapore e colore variano a seconda dei metodi usati per la produzione.

Metodo tradizionale

La produzione tradizionale di salsa di soia prevede quattro ingredienti: fagioli di soia, grano, sale e acqua.

Il processo inizia dai fagioli di soia che vengono sgrassati, lavati e cotti al vapore oppure lasciati ammollo in acqua; il grano viene invece prima tostato, frantumato e infine aggiunto ai fagioli di soia. Successivamente alla miscela viene aggiunta una muffa, di solito Aspergillus oryzae (o Aspergillus sojae), indispensabile per dare inizio al processo di fermentazione. Il composto ottenuto, chiamato koji, viene poi steso su dei vassoi di legno e lasciato a fermentare per qualche giorno (il metodo tradizionale prevede 72 ore di fermentazione), prima di aggiungere acqua, sale e agenti microbici (es., lactobacillus, un batterio che scompone lo zucchero in acido lattico). Durante questo periodo di tempo le proteasi del koji decompongono le proteine della soia.

Dopodiché la miscela viene nuovamente fatta riposare per riprendere la fermentazione, che può durare dai cinque agli otto mesi, ma alcune varietà di salsa di soia, quelle più pregiate, possono anche fermentare più a lungo. La salsa di soia a doppia fermentazione di Todoku viene fermentata per ben quattro anni e prodotta interamente a mano seguendo la ricetta tradizionale.

Una volta terminato il processo di fermentazione, il composto viene pressato per estrarre il liquido (vengono eliminati i residui), che in seguito viene pastorizzato e infine imbottigliato.

Metodo moderno

Per venire incontro alle esigenze del mercato, oggi molti produttori usano un metodo più rapido ed economico rispetto a quello tradizionale per produrre la salsa di soia.   In questo caso, invece del tradizionale processo di fermentazione, la salsa di soia si ottiene attraverso un processo chimico noto come idrolisi acida, che prevede l’aggiunta di acido cloridrico al composto di fagioli di soia, grano e acqua. Così facendo i tempi di produzione vengono ridotti da mesi a giorni, ma il risultato finale sarà di qualità inferiore rispetto alla salsa di soia tradizionale e con un sapore meno intenso. Per questo motivo additivi (es., caramello) e coloranti potrebbero essere aggiunti al prodotto.

Virtualmente tutte le salse di soia contengono dell’alcool addizionato durante l’imbottigliamento, che agisce da conservante e protegge il prodotto dal deterioramento.

Sebbene esistano molti tipi di salsa di soia, tutte consistono in un liquido di colore brunastro e dal gusto terroso e salato utilizzato come condimento direttamente sul cibo in cottura o servito a parte per essere aggiunto sul cibo già cotto. Il tipico gusto della salsa di soia viene definito in lingua giapponeseumami” ed è in parte dovuto al contenuto naturale di glutammato monosodico.

Varietà di salsa di soia

La salsa di soia è uno dei condimenti principali in molte cucine asiatiche, da quella cinese a quella giapponese, fino alla coreana, indonesiana, filippina e indiana. A seconda del paese di produzione e dei metodi usati, ogni salsa ha sapore e colore leggermente differenti. Sebbene tutte le salse in questione siano di aspetto simile, in relazione al particolare luogo di produzione tendono ad essere preparate conferendo loro gusto, consistenza e fragranza differenti.

Salsa cinese

  • Salsa di soia leggera o fresca (shēng chōu o jiàng qīng). Meno densa, viene principalmente utilizzata come condimento da aggiungere a piatti già cucinati. Possiede colorazione meno marcata, è più salata e saporita.
  • Salsa di soia scura (yìn yóu). La colorazione più scura è dovuta a un invecchiamento più prolungato e all’aggiunta di melassa. Viene principalmente aggiunta ai cibi in cottura; è leggermente più dolce e meno salata della salsa leggera.

Salsa indonesiana

In Indonesia la salsa di soia è nota col nome di kecap, termine utilizzato per indicare salse fermentate. Si crede che la parola inglese “ketchup” derivi da tale termine.

  • Kecap asin. Salsa di soia salata molto simile alla salsa leggera cinese, a differenza della quale è più densa e possiede aroma più forte.
  • Kecap manis. Salsa di soia dolce, di consistenza sciropposa con aroma simile alla melassa per l’aggiunta di zucchero di palma.

Salsa filippina

Nelle Filippine la salsa di soia viene chiamata toyò. Oltre alla soia, al grano, e al sale, viene usato anche il caramello per conferire colore. È meno densa e dal gusto più salato rispetto alle salse del sudest asiatico, risultando più simile alla varietà giapponese. Essa, oltre a essere utilizzata come ingrediente e condimento da tavola, viene usata pure per la marinatura. È uno degli ingredienti principali dell’adobo filippino, uno dei più noti piatti della cucina filippina.

Salsa giapponese

Le salse di soia giapponesi utilizzano grano come ingrediente principale e questo tende a conferire loro un gusto leggermente più dolce rispetto alle salse cinesi; possiedono anche un certo gusto alcolico simile all’aroma di sherry. Generalmente i due tipi di salsa di soia non sono intercambiabili all’interno di una specifica ricetta.

  • Salsa di soia scura (Koikuchi): originaria della regione di Kanto, ma ormai diffusa in tutto il paese, rappresenta circa l’80% della produzione totale giapponese. Viene considerata la tipica salsa di soia giapponese ed è prodotta con approssimativamente parti uguali di fagioli di soia e grano, e si caratterizza per il suo sapore salato e umami.
  • Salsa di soia chiara (Usukuchi): più salata e dal colore meno intenso rispetto alla salsa di soia Koikuchi, è originaria della regione di Kansai. Il suo colore chiaro si deve all’aggiunta dell’amazake, un liquido dolce ottenuto dalla fermentazione del riso.
  • Salsa di soia Tamari: dal colore scuro e dal forte sapore umami, è l’unica salsa di soia giapponese senza glutine. La salsa di soia Tamari è infatti un’ottima alternativa per chi soffre di celiachia.
  • Salsa di soia bianca (Shiro Shoyu): dalla colorazione molto leggera, questo tipo di salsa di soia viene prodotta principalmente con il grano e una piccola parte di soia.
  • Salsa di soia a doppia fermentazione (Saishikomi): si ottiene dalla doppia fermentazione della salsa koikuchi. Ha un aspetto più denso e un sapore più intenso ma meno salato.
  • Salsa di soia Marudaizu: a differenza di altre salse di soia, che sono fatte con una combinazione di fagioli di soia interi e sgrassati, la salsa di soia marudaizu è fatta solo con fagioli di soia interi.
  • Salsa di soia a ridotto contenuto di sale: ha un quantitativo di sale minore rispetto alla salsa di soia tradizionale, che le conferisce un sapore più delicato. Viene prodotta sottoponendo la salsa koikuchi uno speciale processo di fermentazione che mantiene il sapore riducendo il contenuto di sale di circa il 50%.

Salsa coreana

La salsa di soia coreana (ganjang) si può approssimativamente suddividere in due differenti tipi:

  • La salsa hansik ganjang è prodotta interamente da blocchi di soia fermentata (meju) e salamoia e in base alla durata dell’invecchiamento può essere chiara, media o scura. È un sottoprodotto del doenjang (pasta di soia fermentata) e, oltre al caratteristico sapore, possiede una colorazione più leggera ed è più salata rispetto alle altre varietà di ganjang coreane. Nella moderna cucina coreana viene principalmente usata nelle zuppe (guk) e nei piatti a base di vegetali stagionati (namul).
  • La salsa gaeryang ganjang, diventata la varietà più diffusa nella moderna cucina coreana, non viene prodotta col meju. Introdotta durante l’occupazione giapponese, solitamente ha un aspetto più scuro rispetto alla hansik ganjang.

Tener presente che al ristorante molte ricette non specificano il tipo di salsa di soia utilizzata, ma le varianti sono molte in texture, sapore e aspetto.

Proprietà nutrizionali

100 millilitri di salsa di soia Tamari sviluppano circa 60 Calorie e contengono approssimativamente: 66 g di acqua, costituiti da 10 g di proteine; 0,1 g di lipidi; 5,6 g di carboidrati; 0,8 g di fibre; 1,7 g di zuccheri; 20 mg di calcio; 2,3 mg di ferro; 40 mg di magnesio;

130 mg di fosforo; 212 mg di potassio; 5586 mg di sodio; 0,43 mg di zinco; 0,06 mg di Tiamina (vitamina B1); 0,15 mg di Riboflavina (vitamina B2); 3,9 mg di Niacina (vitamina B3 o vitamina PP); 0,2 mg di vitamina B6; 18 µg di vitamina B9 o acido folico

Come conservare la salsa di soia

La salsa di soia è una salsa deperibile, che può facilmente sviluppare sapori simili a quelli del pesce se non conservata con attenzione.

La salsa di soia va quindi conservata al buio e al riparo da fonti di calore. Una volta che la bottiglia di salsa di soia è stata aperta, essa va tenuta in frigorifero se non si pensa di utilizzarla entro un mese, specialmente se si tratta di una bottiglia trasparente.

Redazione amaperbene.it

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