Gli acidi grassi a corta catena
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Gli acidi grassi a catena corta o SCFA, dall’inglese Short Chain Fatty Acids, sono una classe di acidi grassi saturi con una catena alifatica composta da meno di 6 atomi di carbonio. Comprendono: acido acetico, acido propionico, acido isobutirrico, acido butirrico, acido isovalerico, acido valerico, acido caproico, acido lattico ed acido succinico.
Gli acidi grassi, componenti fondamentali dei lipidi, sono molecole costituite da una catena di atomi di carbonio, denominata catena alifatica, con un solo gruppo carbossilico (-COOH) ad una estremità. La catena alifatica che li costituisce è tendenzialmente lineare e solo in rari casi si presenta in forma ramificata o ciclica. La lunghezza di questa catena è estremamente importante, in quanto influenza le caratteristiche fisico-chimiche dell’acido grasso: mano a mano che si allunga, la solubilità in acqua diminuisce ed aumenta, di riflesso, il punto di fusione.
Gli acidi grassi a catena corta vengono prodotti solo da alcune specie di batteri del microbiota, fra cui principalmente i Bifidobatteri, e sono il risultato del loro processo di “metabolizzazione”, ovvero demolizione chimica delle fibre che arrivano nell’intestino crasso ancora non digerite. In minima parte butirrato, propionato e acetato sono anche il risultato della fermentazione di proteine, anche se essa porta anche a generare sostanze tossiche, fra cui l’ammoniaca.
Gli acidi grassi a corta catena, così come quelli a catena media (MCFA o MCT), vengono assorbiti come tali a livello intestinale e veicolati direttamente al fegato tramite la vena porta (sono infatti solubili in acqua), al contrario degli acidi grassi a catena lunga (LCFA), che sono inglobati in particelle lipoproteiche sotto forma di trigliceridi, insieme a vitamine liposolubili e colesterolo; tali particelle, chiamate chilomicroni, non entrano direttamente nel circolo sanguigno ma vengono assorbite dai capillari linfatici e solo in un secondo momento raggiungono il circolo sanguigno a livello delle vene succlavie.
Contrariamente agli altri acidi grassi superiori, gli SCFA non sono in grado di formare i gliceridi (mono, di e trigliceridi), composti da acidi grassi e glicerolo, o altre esterificazioni.
Le fonti alimentari di acidi grassi a corta catena sono limitate; essi vengono prodotti prevalentemente dalla fermentazione delle fibre alimentari solubile (in particolare amido resistente, pectina, frutto-oligosaccaridi) e di altri carboidrati non digeriti, ad opera dai batteri del colon. Tale fermentazione porta alla sintesi di acetato, butirrato, propionato, idrogeno (H) ed anidride carbonica (CO2); altri SCFA sono prodotti in quantità inferiori. Il butirrato, in particolare, assieme alla glutammina, rappresenta la maggiore fonte energetica per il colon, tanto che la sua carenza determina atrofia della mucosa. Si rivelano molto utili anche per il flusso ematico del colon, ed una loro carenza porta ad una sua parziale atrofia. Lo stesso, inoltre, potrebbe avere effetti positivi nella prevenzione del cancro al colon (in vitro, ha dimostrato la capacità di inibire la proliferazione di cellule cancerogene ma anche di stimolarne la differenziazione). Quel che è certo è che una dieta ricca di fibre si è dimostrata particolarmente utile per prevenire diversi tipi di cancro, in modo particolare al colon e alla mammella. Ciò è almeno in parte dovuto al fatto che – rappresentando il substrato per la sintesi di acidi grassi a corta catena – la fibra stimola la proliferazione della flora batterica simbionte a discapito dei batteri patogeni e dei loro metaboliti tossici (acidifica l’ambiente intestinale inibendo, tra l’altro, anche le specie batteriche ad azione proteolitica putrefattiva); da non sottovalutare, inoltre, il ruolo antinfiammatorio degli acidi grassi a corta catena.
Il propionato e l’acetato vengono facilmente assorbiti dalla mucosa colica ed entrano nel circolo sanguigno dove sono captati dal fegato (propionato) ed utilizzati come fonte energetica ausiliaria dai muscoli (acetato). Si stima che il contributo calorico di questi acidi grassi alla copertura del fabbisogno energetico sia pari al 10% circa; tale quota, estremamente variabile, dipende soprattutto dalla composizione della dieta e della flora microbica enterica, nonché dai tempi di transito intestinale.
Gli acidi grassi a catena corta hanno la funzione di mantenere integra e funzionante la barriera intestinale e di attivare in questo modo il meccanismo di regolazione dell’infiammazione, riducendola. Sono, inoltre, in grado di dialogare con il sistema immunitario situato nell’intestino e con il sistema nervoso enterico, poi collegato con il cervello, attraverso una serie di segnali chimici e neurochimici.
Interagendo con vari tipi di cellule, butirrato, propionato e acetato:
- forniscono energia a tutto l’organismo;
- riducono l’infiammazione intestinale;
- riducono la produzione di insulina;
- agiscono sulla regolazione dell’appetito e del sonno.
Pertanto, acetato, propionato, butirrato sono importanti per combattere la disbiosi e l’infiammazione cronica correlata, e quindi preservare l’equilibrio del microbiota a beneficio di tutto l’organismo; introdurre allora almeno 25-30 g di fibre al giorno serve dunque ad alimentare i batteri buoni e a far produrre loro queste molecole che vengono prodotte in funzione del tempo di transito fecale e della quantità di fibre presenti nell’intestino e rappresentano la principale fonte di energia delle cellule di tutto l’organismo.