Sviluppare la cultura della sostenibilità
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Il 2 agosto u.s. (2023) è stato l’Earth Overshoot Day (in italiano Giorno del Superamento Terrestre, del sovrasfruttamento della Terra o dello sforamento, ovvero Giorno del debito ecologico), vale a dire il giorno in cui l’Umanità ha consumato tutte le risorse naturali (come cibo, acqua, legname e assorbimento delle emissioni di carbonio) che la Terra può rigenerare in un anno (e pensare che era il 3 dicembre nel 1973!); dalla stessa data l’Umanità ha iniziato a vivere a credito sfruttando risorse che non potranno essere sostituite entro la fine dell’anno. Ma non tutti i paesi sono uguali. In Italia il debito ecologico è iniziato già il 15 maggio, con un anticipo di 250 giorni: questo significa che stiamo vivendo da tempo al di sopra delle nostre possibilità ecologiche, contribuendo al cambiamento climatico e all’erosione delle risorse naturali. In pratica, se tutti vivessero come gli italiani, sarebbero necessari 2,8 pianeti Terra per soddisfare i bisogni collettivi. Questo valore sale a 5 pianeti se tutti vivessero come un cittadino USA.
L’Earth Overshoot Day è un importante indicatore della nostra impronta ecologica[1] e della sostenibilità del nostro stile di vita. Più ci avviciniamo o superiamo questa data, maggiore è il nostro impatto negativo sull’ambiente e più risorse stiamo consumando rispetto a quelle che la Terra può fornire in modo sostenibile. Ad oggi, all’umanità servirebbero 1.7 pianeti per sostentarsi: una cifra allarmante che potrebbe aumentare a due pianeti entro il 2030, secondo le attuali tendenze. L’organizzazione non profit Global Footprint Network[2] calcola questo giorno basandosi sull’Impronta Ecologica, nota come “carbon footprint” in inglese, per analizzare lo sfruttamento delle risorse.
Il calcolo del giorno definito come Earth Overshoot Day è quindi semplicemente dato dal rapporto tra la biocapacità del pianeta, ossia l’ammontare di tutte le risorse che la Terra è in grado di generare annualmente, e l’impronta ecologica dell’umanità, ossia la richiesta totale di risorse per l’intero anno. Si trova così la frazione dell’anno per la quale le risorse generate riescono a provvedere al fabbisogno umano; infine moltiplicando per il numero di giorni in un anno si ottiene la data dell’Earth Overshoot Day.
Questi dati sono allarmanti, per cui occorre adottare con immediatezza interventi urgenti per invertire la rotta. Ma affrontare il debito ecologico richiede sforzi concreti comuni per ridurre l’uso insostenibile delle risorse naturali e per adottare pratiche di sostenibilità ambientale a livello globale. Ciò significa adottare fonti di energia rinnovabile, ridurre gli sprechi, praticare un uso razionale dell’acqua e proteggere gli ecosistemi vulnerabili. La consapevolezza e l’azione sono fondamentali per affrontare le sfide ambientali che il mondo affronta attualmente. Proprio l’assunzione di tale consapevolezza deve portare ognuno di noi a fare il proprio dovere e dare il proprio contributo, a cominciare dalle scelte alimentari, che devono essere appunto sostenibili. Le analisi del Global Footprint Network rivelano infatti che le attività quotidiane che incidono maggiormente sull’impronta ecologica degli italiani sono i consumi alimentari, che contribuiscono al 25% dell’impronta totale, seguiti dal settore dei trasporti con il 18%.
L’alimentazione sostenibile è quello stile alimentare che rispetta l’ecosistema, ha una bassa impronta ecologica, ovvero riduce al minimo il consumo di acqua, suolo ed energia limitando l’uso di additivi e pesticidi, riducendo gli allevamenti e la pesca intensivi e frenando al massimo le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera.
La FAO già nel 2010 ne ha dato una prima definizione, considerando diete sostenibili tutti quei “modelli a basso impatto ambientale, che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale e di vita sana per le generazioni presenti e future”. Vuol dire mangiare evitando gli sprechi, preservando la biodiversità, rispettando le risorse e riducendo le emissioni di gas serra.
Una cultura alimentare accessibile a tutti, sana ed economica invita a ripensare i modelli di produzione e consumo del cibo, oltre a preferire soluzioni che privilegino ad esempio realtà locali e tradizionali, prodotti stagionali, alimenti con etichette bio o a km 0, o alimenti prodotti in vertical farm e distribuiti attraverso packaging sostenibili, riciclo degli scarti alimentari, la scelta di alimenti. Tutte soluzioni che riducono i costi di stoccaggio, trasporto e conservazione e l’impatto sull’ambiente, in attesa che alimenti prodotti in vertical farm e distribuiti attraverso packaging ecosostenibili diano un ulteriore contributo sostanziale.
Occorre quindi modificare le nostre abitudini all’insegna di un’economia circolare (dominata da azioni di riciclo, riutilizzo, riparazione, condivisione) e sviluppare una politica sempre più green e zero sprechi: un’esigenza avvertita sia da consumatori che da produttori, ed una nuova sfida anche per l’intero comparto dell’export agroalimentare. Adottare un’alimentazione sana e sostenibile non è più un’opzione, ma una sana abitudine: tutti oggi siamo diventati consumatori più attenti e consapevoli, come dimostrano gli stessi social dove una nuova categoria di creator (i green influencer) trova spazio per parlare di ambiente e promuovere prodotti sostenibili sensibilizzando così l’opinione pubblica.
[1] L’impronta ecologica è un parametro cruciale per comprendere la domanda di risorse dell’umanità. Essa rappresenta la quantità di superficie terrestre e acquatica biologicamente produttive necessaria a un individuo o a un’intera popolazione per produrre tutte le risorse che vengono consumate e assorbire i rifiuti o le emissioni prodotte. Questa misurazione ci aiuta a valutare il nostro impatto sull’ambiente e la sostenibilità delle nostre attività, spingendoci a considerare modelli di consumo più responsabili e rispettosi del nostro prezioso pianeta.
[2] un’organizzazione di ricerca senza scopo di lucro