Equiseto | Equisetum arvense
L’Equiseto dei campi è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia Equisetaceae; è una pianta molto antica, comparsa circa 300 milioni di anni fa, essendo già diffusa alla fine dal Devoniano (395 – 345 milioni di anni fa); è una felce con fusto (50 cm) sterile (privo di fiori e semi), dotato di cloroplasti di colore verde, rigato, con stami verticillati. La moltiplicazione è assicurata dalle spore emesse da un secondo tipo di fusto (20 cm), di colore grigio perché privo di clorofilla, che compare alla base della pianta in primavera, ed è privo di cloroplasti, con uno strobilo alla sommità. Alla caduta delle spore, lo strobilo scompare e il fusto fertile diviene simile a quello sterile.
L’Equiseto è anche chiamato Coda cavallina, Coa ad caval, Erba rugna, Coda bussina, Rasparella, Cucitolo, Sbantz-bonrouch
Il nome equisetum significa propriamente “coda o crine di cavallo”; l’equiseto è conosciuto anche come “argilla vegetale” proprio per la composizione minerale e le sue proprietà. L’appellativo “arvense” denota la sua presenza in zone campestri, ed effettivamente non è infrequente trovarlo su terreni incolti umidi o lungo i fossati; ma anche lungo le scarpate, ambienti ruderali, e terreni sabbiosi e argillosi. In certe zone è considerata pianta infestante.
I principi attivi presenti nell’equiseto sono: silice (il 10% passa come acido silicico nelle tisane), calcio, magnesio, potassio, manganese, saponina (equisetonina), glucosidi flavonici, resine e acidi organici (anche acido ascorbico), piccole quantità di alcaloidi e tannini. Per la presenza di questi sali minerali, in una forma molecolare altamente disponibile per il nostro organismo, l’equiseto contribuisce al “metabolismo dell’osso” e favorisce la remineralizzazione del sistema osteo-articolare e dei tessuti duri come unghie e capelli.
La sua assunzione è quindi indicata in caso di fragilità delle unghie, perdita dei capelli, alopecia, osteoporosi, accrescimento scheletrico degli adolescenti, postumi di fratture, artrosi (grazie all’azione che esercita sia sulla cartilagine articolare, sia sul tessuto osseo) e le tendiniti (migliora l’elasticità dei tendini). L’equiseto può anche avere proprietà antiemorragiche, cicatrizzanti, emostatiche, astringenti.
L’equiseto, o coda cavallina, è inoltre diuretico per cui è consigliato nel trattamento dell’eliminazione di scorie metaboliche. Inoltre è capilloprotettore per la sua azione astringente sui vasi sanguigni, utile contro la fragilità capillare. La proprietà cicatrizzante lo rende un ottimo riparatore tissutale e quindi è impiegato in campo cosmetico nella preparazione di prodotti contro smagliature, rughe e cellulite.
In cucina, in passato, presso le famiglie contadine, i germogli venivano occasionalmente impanati e fritti o conditi con aceto. Può essere aggiunto a zuppe o minestroni come integratore di sali minerali. Ancora oggi nel Giappone gli strobili sono bolliti, salati e lasciati macerare in aceto insieme ad una salsa locale; mentre le parti basali della pianta sono lessate e mangiate da alcune tribù indiane del Messico. Il sapore della pianta è simile a quello del fieno.
Gli antichi romani utilizzavano l’Equiseto come sostituto del sapone (vedi il sapone degli antichi romani) e anche oggi in cosmetica entra negli ingredienti delle creme antirughe, perché sembra che rallenti l’invecchiamento della pelle. Ha inoltre proprietà anticellulitiche.
L’assunzione dell’equiseto è controindicata durante la gravidanza e l’allattamento. Può interagire con i medicinali per l’ipertensione e i diuretici.
L’acido silicico presente negli equiseti (“erba dello stagno”) veniva sfruttato nella lucidatura di oggetti in legno o metallo strofinandoli con i fusti. L’operazione risultava pratica anche per la forma e l’elasticità dei fusti stessi, sicché erano sovente adoperati anche per la pulizia dell’interno di vasi e bottiglie. Anticamente queste piante macerate si usavano come fertilizzante (sono abbastanza ricche di minerali), ma anche per combattere la ruggine.