Narciso | Narcissus
Il narciso (Narcissus L.) è un genere di piante della famiglia Amaryllidaceae, originaria dell’Europa, Nord Africa e parte dell’Asia; venne introdotta in Cina intorno all’anno mille e oggi è diffusa in tutti i continenti.
Il suo nome deriva dal greco ναρκάω, narkào, «stordisco», e fa riferimento all’odore penetrante ed inebriante come un narcotico dei fiori di alcune specie. Alcuni sostengono, invece, che derivi dalla parola persiana che indica questa pianta نرگس e che si pronuncia Narghes.
La pianta di narciso fa parte della categoria delle bulbose, vuol dire che i fiori e le foglie si sviluppano e nascono dal bulbo che si trova sottoterra e non dai semi.
Il genere si identifica, nell’ambito della famiglia, per la presenza di fiori isolati e apicali con paracorolla presente (gialla o rossa). Gli stami (6) sono inseriti al di sotto della paracorolla, non o poco sporgenti dal perigonio. Le foglie lineari-lanceolate sono basali, guainanti, con l’apice ottuso, di colore verde chiaro. Il bulbo è ovale-piriforme o a volte subgloboso, da cui origina lo scapo eretto e compresso, alto 20–50 cm. Il pistillo presenta un ovario infero. Il frutto è una capsula ovoidale.
Il genere comprende molte specie bulbose divise in varie sezioni, con alcune specie spontanee in Italia come il Narcissus poēticus L. – noto col nome di Narciso selvatico o Fior di maggio – diffuso nei pascoli montani dalle Alpi alla Sila o il Narcissus pseudonarcissus L. – noto volgarmente come Trombone inselvatichito o il Narcissus jonquilla detto anche “giunchiglia”.
I bulbi dei narcisi, ma anche le foglie, contengono la licorina, un alcaloide velenoso (conosciuta anche con i nomi di galantidina, amarilli dina o narcissina) che, se ingerito, provoca disturbi neuronali e infiammazioni gastriche negli animali al pascolo o nell’uomo e, se non curato in meno di 24 ore, può provocare la morte. Sono noti avvelenamenti in quanto i bulbi possono essere erroneamente scambiati per cipolle.
Tutta la pianta, e in particolare il bulbo, hanno proprietà analgesiche, antipiretiche, antispasmodiche, anticonvulsive e febbrifughe.
Si utilizza per aiuole, prati fioriti, nei giardini o in vaso per terrazzi e appartamenti, industrialmente per la produzione del fiore reciso, anche forzato. Nell’industria dei profumi si utilizzano alcune parti del narciso per ricavarne essenze.
Miti, leggende, simbologia
Il narciso è un fiore dalla potente simbologia. Esistono, infatti, in diverse culture, miti e leggende che lo vedono protagonista e metafora di caratteristiche umane, ma anche simbolo di buoni e cattivi auspici.
Nella mitologia greca Narciso è un personaggio famoso per la sua bellezza. Figlio della ninfa Liriope e del dio fluviale Cefiso (o, secondo un’altra versione, di Selene ed Endimione) nel mito appare incredibilmente crudele, in quanto rifiuta ogni persona che lo ama. A seguito di una punizione divina si innamora della sua stessa immagine riflessa in uno specchio d’acqua e muore cadendo nel fiume in cui si specchiava. Esistono tuttavia diverse versioni del mito: una proviene dai papiri di Ossirinco ed è attribuita a Partenio; un’altra si trova nelle Narrazioni di Conone, datata fra il 36 a.C. e il 17 d.C.; mentre le più note sono la versione di Ovidio, contenuta nelle Metamorfosi, e quella di Pausania, proveniente dalla sua Guida o Periegesi della Grecia.
Ovidio così riporta la leggenda di Narciso, un bimbo bellissimo nato dall’amore del dio del fiume Cefiso e della ninfa Liriope. Quest’ultima, preoccupata per il futuro del figlio, consultò l’indovino Tiresia il quale predisse che Narciso avrebbe raggiunto la vecchiaia “se non avesse mai conosciuto se stesso.” Quando Narciso raggiunse il sedicesimo anno di età era un giovane di tale bellezza, che ogni abitante della città, uomo o donna, giovane o vecchio, s’innamorava di lui; ma Narciso, orgogliosamente, respingeva tutti. Un giorno, mentre era a caccia di cervi, la ninfa Eco furtivamente seguì il bel giovane tra i boschi, desiderosa di rivolgergli la parola, ma era incapace di parlare per prima, perché costretta a ripetere sempre le ultime parole di ciò che le veniva detto; era stata infatti punita da Giunone, perché l’aveva distratta con dei lunghi racconti mentre le altre ninfe, amanti di Giove, si nascondevano. Narciso, quando sentì dei passi, gridò: “Chi è là?”, Eco rispose: “Chi è là?” e così continuò, finché Eco non si mostrò e corse ad abbracciare il bel giovane. Narciso, però, allontanò immediatamente in malo modo la ninfa, dicendole di lasciarlo solo. Eco, con il cuore infranto, trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, gemendo per il suo amore non corrisposto, finché di lei rimase solo la voce.
Nemesi, la dea dei delitti impuniti e irrisolti, ascoltando questi lamenti, decise di punire il crudele Narciso. Un giorno il ragazzo, mentre era a caccia nel bosco, s’imbatté in una pozza d’acqua profonda e si abbassò su di essa per bere. Non appena vide per la prima volta nella sua vita la sua immagine riflessa, s’innamorò perdutamente del bel ragazzo che stava fissando, senza rendersi conto che era lui stesso. Solo dopo un po’ si accorse che l’immagine riflessa apparteneva a se stesso e, comprendendo che non avrebbe mai potuto ottenere quell’amore, si lasciò morire struggendosi inutilmente; si compiva così la profezia di Tiresia.
Quando le Naiadi, ninfe delle acque dolci, e le Driadi, ninfe delle querce, presero il suo corpo per collocarlo sul rogo funebre, al suo posto trovarono un fiore al quale fu dato il nome di narciso. Si narra poi che Narciso, quando attraversò lo Stige, il fiume dei morti, per entrare nell’Oltretomba, si affacciò sulle acque limacciose del fiume, sperando di poter ammirare ancora una volta il suo riflesso.
Dal mito greco deriva l’aggettivo “narcisista” che indica individui egoisti, molto vanitosi ed innamorati di se stessi e anche la simbologia che lega il fiore del narciso alla bellezza e all’ “amore egoista” che non permette di guardare all’esterno, che non lascia sentimenti per gli altri. Un amore che, nell’idea di conoscere, nutrire ed ammirare solo il proprio io, è destinato a morire.
Gli antichi romani pensavano che il narciso fosse un fiore che cresceva nei campi Elisi, simbolo dell’aldilà nella religione romana, e quindi avevano l’usanza di piantarli sulle tombe dei propri cari defunti.
I Druidi, i sacerdoti degli antichi Celti, associavano ai narcisi il simbolo della purezza. A un certo punto però, si diffuse la leggenda che questi fiori avessero il potere di assorbire i pensieri negativi e malvagi degli esseri umani e per questo fossero diventati velenosi (in effetti sono fiori con una certa tossicità).
Nell’antica cultura ebraica, invece, il narciso è associato alla bellezza e fertilità della donna, mentre nell’iconografia cristiana divenne simbolo della rinascita dopo la morte e associato, quindi, alla Pasqua. In alcune opere di pittori olandesi, troviamo anche il narciso come simbolo dell’amore eterno di Dio contro l’amore egoistico degli uomini.
In Cina il fiore è simbolo di fortuna e prosperità per l’anno nuovo, poiché la sua fioritura corrisponde proprio al periodo del Capodanno cinese. Nell’arte del tatuaggio cinese il narciso rappresenta l’augurio di far emergere il proprio potenziale interiore e di ottenere riconoscimenti per il proprio lavoro. Ecco perché regalare narcisi è molto gradito nel caso di un nuovo lavoro o se si sta cercando di avere più fortuna nella vita.
Nel Galles il narciso viene chiamato “giglio di quaresima“, poiché lì fiorisce proprio in questo periodo. E’ usanza indossarlo appuntato alla giacca il 1 marzo, giorno di San Davide e si crede che una sua fioritura precoce porti un’annata piena di prosperità.
Da alcuni è considerato simbolo del risveglio primaverile e la sua paracorolla dorata veniva associata dagli Antichi al sole, tanto da attribuirgli l’appellativo di “logo del sole“.
La superstizione intorno a questo fiore ha portato anche a credere che se in un campo ci sia solo un bocciolo a fiorire per primo, questo è segno di sfortuna. Nel Maine, negli Stati Uniti d’America, si credeva poi che se questo bocciolo fosse rivolto verso l’osservatore, gli avrebbe portato sfortuna per il resto dell’anno.