Pero | Pyrus communis
Il nome scientifico del pero è “Pyrus communis”; appartiene alla famiglia delle Rosacee (che annovera mele, ciliegie, pesche, albicocche, susine e mandorle) nativa delle zone centrali e orientali d’Europa, e delle aree sud-occidentali dell’Asia, regioni ove è coltivato da moltissimi secoli. Già nell’antichità la pera era considerata un frutto salutare e benefico, a cui venivano attribuite particolari proprietà curative: non a torto, dato che anche oggi i nutrizionisti riconoscono alla pera un ruolo privilegiato in un’alimentazione sana e bilanciata.
Il pero è un albero caducifoglio appartenente alla famiglia delle rosacee che può raggiungere un’altezza di 20 metri; ha foglie di lunghezza dai 2 ai 12 cm che possono variare per forma, colore (verde o argentate) e superficie (liscia o pelosa) a seconda delle varietà. I fiori del pero sono di colore rosa chiaro oppure giallo, con 5 petali. La fioritura del pero avviene comunemente in primavera, a cavallo tra aprile e maggio.
Il pero predilige un clima temperato: cresce pertanto in tutta Europa e può essere coltivato in ogni regione d’Italia, anche se le principali coltivazioni di pere italiane si concentrano nella zona della Pianura Padana e in particolare in Emilia-Romagna. I terreni preferiti dal pero sono quelli più ricchi e profondi, con terre fresche e non sabbiose, possibilmente non calcaree.
La pianta possiede una buona resistenza agli agenti atmosferici e più che il freddo teme la siccità, mentre è bene fare attenzione alle gelate – specialmente a quelle primaverili – e al vento forte: ecco perché è consigliabile scegliere un luogo riparato per piantare un pero.
Quello che chiamiamo “frutto” è in realtà un pomo, ovvero il falso frutto che si sviluppa intorno alla parte centrale (il torsolo) contenente i semi. In altre parole, della pera (e lo stesso vale per mele e nespole) apprezziamo molto di più il carnoso ricettacolo florale, mentre tendiamo a scartare l’involucro più fibroso e legnosetto che costituisce in teoria l’unico legittimo erede della fecondazione.
La pera è naturalmente dolce grazie allo zucchero semplice fruttosio, ricca di vitamine, sali minerali e fibre (queste ultime soprattutto nella buccia), fonte di micro-nutrienti come acido folico, luteina e beta-carotene, nonché ottima dal punto di vista tecnologico per l’alto contenuto in pectina, il gelificante naturale segreto per la marmellata fatta in casa senza errori. Sana e versatile in cucina, la pera diventa ancora più interessante quando la assaggiamo declinata nelle sue (quasi) infinite espressioni.
Pera Abate Fétel
Nota semplicemente come “pera abate”, deve il suo nome all’Abbé Fétel, prelato a Chassy-les-Mines nel dipartimento di Rhône in Francia che, secondo tradizione, avrebbe selezionato per primo questo frutto negli orti del suo convento nel XV secolo; tuttavia la prèmiere ufficiale della pera Abate risale al Congresso di Lione del 1876, mentre bisognerà aspettare la prima metà del Novecento per ottenere il via libera alla sua commercializzazione sicura. Evidentemente questa varietà “molto allungata, rugginosa, irregolare” non ispirava granché i botanici dell’epoca. Per giunta era difficile da coltivare, almeno in Francia. In Italia invece ha trovato terreno fertile, soprattutto in Emilia Romagna, a partire dalla fine della seconda Guerra Mondiale. Le fertili pianure formatesi nei millenni intorno al fiume Po si sono rivelate l’habitat di coltivazione ideale di questa varietà di pera, la cui coltivazione si è progressivamente sviluppata nel corso dei decenni fino a fare dell’Italia il principale produttore mondiale di pere Abate Fetel. Abate Fetel oggi è diventata la varietà di pere più amata dagli Italiani.
L’Abate è una varietà a ciclo autunnale (settembre-maggio). I frutti hanno forma allungata ed elegante, definita “calebassiforme” dal punto di vista botanico, ma “a collo di cigno” nel lessico comune, proprio per indicare il rapporto particolarmente elevato tra la lunghezza dei 2 assi maggiori, tipica e unica dei frutti di questa varietà speciale. I frutti possono avere misure diverse (da 55 a oltre 85 mm di diametro massimo) e pesi diversi (indicativamente da 150 a oltre 300 g per frutto in relazione al diametro). La buccia sottile ha colore verde ruggine con sfumature rossastre nei punti direttamente esposti al sole; occasionalmente i frutti possono presentare una colorazione rosso-rosata dell’epidermide nelle parti più direttamente esposte al sole. I frutti più verdi sono croccanti e molto succosi. Mano a mano che la buccia assume una colorazione progressivamente più gialla, la polpa – che è succosa, bianca e fine, dal sapore dolce-aromatico – diventa sempre più morbida e fondente.
Pera Conference
La pera Conference, considerata una varietà tipica dell’Europa settentrionale, è una varietà tipicamente autunnale dai frutti di medie dimensioni con una forma allungata a fiaschetto, di colore verde chiaro tendente al ruggine; ha polpa color avorio molto dolce, succosa e leggermente acidula, con un gusto molto gradevole. E’ originaria dell’Inghilterra dove venne selezionata dal floricoltore Thomas Francis Rivers; si distinse fin da subito vincendo il primo premio alla National British Pear Conference del 1895; ha cominciato a diffondersi in Italia intorno al 1950 grazie al clima temperato che ne favorisce la crescita. Per crescere ha bisogno di climi freschi temperati e con il tempo si è adattata particolarmente bene in Belgio e Olanda, mentre detiene il marchio Igp nella regione della Savoia, l’unica dedicata alle pere in Francia.
Pera Williams
La Williams è una varietà antica di origine inglese, selezionata alla fine del ‘700 e diffusa in Italia principalmente nella pianura del Po; è fra le più coltivate, più utilizzate per incroci, più trasformate, più antiche. Venne selezionata da tale Williams in Inghilterra nella seconda metà del Settecento e da lì ha fatto il giro del mondo: in Italia la troviamo soprattutto in Trentino Alto Adige e Veneto. La Williams è una varietà estiva disponibile da agosto fino a febbraio. Oltre al colore di fondo della buccia variabile dal verde al giallo in relazione allo stato di maturazione più o meno avanzato – con zone rugginose più o meno estese, si distingue in particolare per la tipica forma “a fiaschetto”. Occasionalmente i frutti possono presentare una colorazione rosso-rosata della buccia nelle parti più direttamente esposte al sole. La polpa è bianchissima e succosa, molto zuccherina e perfetta per sostenere la cottura. La pezzatura dei frutti è media (in genere tra 60 mm e 80 mm di diametro massimo).
Pera Kaiser
Piacque così tanto all’imperatore Alessandro I di Russia, che decisero di rinominarla kaiser in suo onore. Eppure la varietà cui fa riferimento questa pera “aristocratica” è la Beurré Bosc, dedicata (forse più meritatamente) all’agronomo Louis Bosc che per primo la selezionò a inizio Ottocento nel Jardin des Plantes (l’orto botanico di Parigi). Può essere anche chiamata pera imperatore o pera imperatore Alessandro, sempre in relazione alla predilezione dello zar per la pera di origine francese. La Kaiser è infatti una pera francese. Più precisamente, le origini di questa varietà ci portano ad Apremont, un piccolo centro dell’Alta Sassonia da dove proviene il primo esemplare di albero di pera kaiser, nel diciottesimo secolo. La pera Kaiser diffuse prima a Parigi e, successivamente in Europa e nel resto del mondo. Oggi i principali coltivatori di pera Kaiser sono gli Stati Uniti, il Sudafrica e l’Italia, dove è presente nelle zone di pianura con particolare diffusione in Emilia-Romagna e Veneto.
La Kaiser, disponibile da agosto fino alla primavera successiva, si distingue per la forma allungata e il colore della buccia: cannella, tabacco, ruggine, tonaca di frate. In effetti, il colore della pera kaiser varia man mano che il frutto si avvicina alla piena maturazione: quando vengono raccolte, le Kaiser hanno una buccia di tonalità marrone scuro tonaca di frate, che vira fino a raggiungere il giallo ruggine tipico del frutto pronto per il consumo.
La polpa è fine, vagamente granulosa; ha un sapore aromatico, dolce-acido e succoso con molteplici aromi in sottofondo.
Un altro kaiser, l’austriaco Francesco Giuseppe che si dice fosse golosissimo di dolci, l’avrebbe apprezzata tantissimo nell’apfelstrudel al posto delle mele.
I valori nutrizionali della pera Kaiser sono simili a quelli medi delle altre pere, con un elevato contenuto di fibre e di acqua e un ridotto apporto di calorie all’organismo. Le pere Kaiser sono un frutto con molte vitamine (specialmente vitamina C), acido folico e minerali, tra cui soprattutto il potassio.
Pera Decana del Comizio
La Decana del comizio (o solo “Decana”, o solo “del Comizio”) è una pera tardiva, che viene raccolta nei mesi autunnali. Origina in Francia, ad Angers, ai primi dell’Ottocento, selezionata dal frutteto di proprietà del Comizio Orticolo di Maine-et-Loire. In Italia è coltivata soprattutto nelle zone di Mantova ed Emilia Romagna.
La Decana è una varietà estiva caratterizzata da forma “turbinata”, ovvero tondeggiante e lievemente allungata, buccia verde chiaro che tende al giallo con la maturazione, e picciolo spesso e corto. Ed è proprio da questo che, nella maggioranza dei casi, si riconosce la Decana: si distingue per il tipico sigillo in ceralacca rossa sul picciolo (usata per prevenire l’avvizzimento del frutto nella parte peduncolare e dunque, in assenza di frigoriferi, allungargli la vita) oltre che, in molti casi, per l’incartamento del singolo frutto. Nel caso della Decana, la ceralacca protegge ulteriormente dal “ferimento” reciproco tra frutti: la polpa è infatti delicatissima, fine, aromatica e succosa, letteralmente “si scioglie in bocca”.
Pera Santa Maria
La Santa Maria è una varietà estiva tutta italiana: ottenuta dall’incrocio tra Williams e Coscia, venne selezionata per la prima volta a Firenze nel 1951. La pera Santa Maria ha avuto una rapida diffusione al di fuori dei confini della sua regione natia, dapprima nel fecondo clima della pianura dell’Emilia-Romagna, poi progressivamente in tutta l’Italia centro-meridionale. Il motivo del nome “pera Santa Maria” è riconducibile alla devozione del suo scopritore, l’agronomo Alessandro Morettini, il quale decise di dedicare la nuova varietà di pera da lui creata a Santa Maria Goretti.
Le pere Santa Maria hanno dimensioni medio-grosse (180 gr), sode e resistenti, aspetto piriforme; la buccia è di colore verde tendente al giallo con la maturazione e con la possibile presenza sia di lenticelle di colore verde-giallo, con ombreggiature rosate, sia di arrossamenti sulle zone della buccia più esposte al sole. La polpa è bianca e croccante, molto fresca e poco acidula, perfetta per dissetarsi o da abbinare alle spezie in un dolce leggero come le trecce di sfoglia con pere e zenzero. Il sapore di questa varietà estiva è piacevole, zuccherino e succoso, con note aromatiche diffuse e un lieve sentore acidulo. Nonostante la dolcezza si tratta di un frutto con poche calorie e un ottimo contributo in termini di valori nutrizionali: fibre, vitamine e sali minerali sono presenti in abbondanza anche nella pera Santa Maria.
Pera Coscia
La “coscia” è una varietà precoce estiva di piccole dimensioni, liscia, soda, succosa; la buccia ha colore verde chiaro mentre la polpa è bianchissima e granulosa, dolce e profumata.
La coscia è una varietà di pera che viene coltivata in Sicilia (per lo più nella zona che si estende dall’area di Catania a quella di Agrigento); è una delle produzioni più rinomate; è colta precocemente ed è tipica del periodo estivo. Viene infatti raccolta a partire dal mese di luglio e la si può trovare in commercio fino all’autunno.
Le sue dimensioni sono piuttosto ridotte, è di colore verde al raccolto e diventa gialla una volta che ha completato il processo di maturazione.
La sua buccia è sottile e, solitamente, la parte maggiormente esposta al sole assume un colorito rosato con sfumature che arrivano fino al rosso intenso.
Divenne popolare durante il periodo rinascimentale in Toscana, con la dinastia dei Medici, a Firenze.
Venne così chiamata dagli antichi perché la sua piccola forma tonda ricordava la bellezza delle curve femminili, e non è difficile identificarla con il nome di “coscia di monaca“.
Questo frutto richiede una grande quantità di acqua per svilupparsi al meglio, motivo per cui spesso gli alberi di pero vengono piantati in prossimità di fiumi. Viene solitamente innestata sul cotogno.
La coscia è una delle pere più pregiate che si possano trovare, poiché ricca di molti aspetti positivi, come il colore acceso, il sapore intenso, la croccantezza e la coltivazione realizzata completamente al naturale, evitando pesticidi o fertilizzanti commerciali.
Una singola pera può arrivare a pesare al massimo 200 grammi; la polpa è bianca e moderatamente granulosa, estremamente succosa; il suo sapore, delicato e dolce, si abbina in modo perfetto ai formaggi stagionati, come il pecorino e la tuma. La pera coscia può essere persino cotta, in accompagnamento ad altri alimenti o da sola.
Quando acerba (ossia appena colta), il suo gusto è lievemente acidulo; se matura, ha un sapore più zuccherino. In entrambi i casi è consigliato conservarle in frigo, vista la loro delicatezza e di riportarle a temperatura ambiente prima di mangiarle.
La coscia, come qualsiasi altra pera, ha un apporto calorico molto basso, al massimo sessanta calorie; è ricca di nutrienti ed è in grado di dare un buon senso di sazietà; contiene molto potassio e vitamina C, ha proprietà antiossidanti, è ricca di fruttosio e di fibre, che migliorano la digestione e le funzioni intestinali.
Pera Guyot
La Guyot è una pera estiva di medie dimensioni consumata nel periodo tra luglio e agosto; è una pera di origine francese: secondo gli esperti la sua nascita si colloca intorno alla metà dell’800, ad opera del vivaista transalpino Charles Baltet. Tuttavia questa pera porta un nome diverso da quello del suo scopritore: quello di Jules Guyot, medico e fisico francese noto soprattutto per aver messo a punto il sistema Guyot di allevamento e potatura della vite, ma molto attivo anche come vivaista a tal punto che i suoi connazionali gli dedicarono un frutto tutto suo. Per questo motivo esistono diverse varianti del nome della pera Guyot, che è conosciuta anche come pera Jules Guyot e pera Dr. Guyot. Nei paesi di lingua spagnola si è diffusa la denominazione di Limonera, in virtù del suo aspetto per certi versi simile a quello di un limone, mentre solo in Nord America è attestata la presenza della versione pera French Bartlett, che in qualche modo rende giustizia al suo creatore.
La pera Guyot è il frutto di un pero piuttosto rustico, particolarmente resistente ai fenomeni atmosferici, ai climi rigidi e agli attacchi dei parassiti ed è pertanto molto diffuso nei frutteti famigliari come pero domestico: a questa buona resistenza della pianta si deve anche la rapida diffusione della Guyot in Italia, nel secolo scorso. La fioritura nel mese di aprile è la premessa per la raccolta delle pere Guyot a partire da luglio, mentre la maturazione si completa ad agosto; per questo motivo viene anche chiamata Williams precoce dal momento che anticipa di qualche settimana il periodo di maturazione e raccolta delle pere Williams.
L’affinità con la pera Williams non si limita alle tempistiche di coltivazione, ma riguarda anche l’aspetto esteriore. La pera Guyot, proprio come la Williams, è caratterizzata da una buccia color verde chiaro con la presenza di lenticelle, che progressivamente con la maturazione tende a virare al giallo e può presentare degli arrossamenti nelle parti maggiormente esposte al sole. La forma della Guyot è allungata con base più o meno allargata, mentre la dimensione dei singoli frutti è media.
Diversa dalla Williams è invece la polpa della Guyot: non tanto per il colore bianco-giallo quanto piuttosto per la consistenza maggiormente granulosa. Il sapore è piacevolmente dolce, succoso e zuccherino, perfetto per il consumo fresco ma anche per preparare confetture e frullati, con un piacevole bouquet di profumi. La pera Guyot possiede ottime proprietà nutritive: come tutte le pere è ricca di fibre (soprattutto nella buccia) è fonte di vitamine e contiene zuccheri che non provocano picchi glicemici, inoltre fornisce all’organismo un elevato apporto di potassio, un minerale molto prezioso che agisce a livello della contrazione muscolare e quindi può supportare l’alimentazione degli sportivi pre e post allenamento.
Pera Nashi
La Nashi è la varietà di pera asiatica (Pyrus pyrifolia) più nota in Occidente. Nonostante il nome giapponese, che peraltro significa proprio “pera”, la Nashi è originaria della Cina centrale. Le differenze con la nostra Pyrus communis sono piuttosto evidenti: non cresce su un albero ma su un arbusto, ha forma tipicamente tonda e la consistenza di una mela, ma il sapore inconfondibile della pera.
Il nashi o pero giapponese (nome scientifico Pyrus pyrifolia (Burm.f.) Nakai, 1926) è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Rosacee, il cui frutto è comunemente conosciuto anche come pera-mela o pera asiatica. È molto conosciuto in oriente, dove è coltivato da molti secoli.
La pera Nashi è il frutto di una pianta la cui altezza raggiunge, in media, i 5 metri. Il periodo della fioritura di questo albero da frutto è particolarmente affascinante. I suoi piccoli fiori bianchi donano un tocco di poesia al paesaggio e, in passato, sono stati fonte di ispirazione per poeti ed artisti. Le foglie dell’albero da frutto del Nashi sono di un colore verde intenso, con nuance che variano dal verde più chiaro a quello più scuro. La sua ramificazione è ben strutturata usando l’impalcatura a “palmetta”, e i frutti prodotti sono caratterizzati da una forma che varia a seconda della varietà. Il Nashi, a differenza della stragrande maggioranza della frutta, è raccolto quando è già maturo e pronto al consumo.
Al tatto delicato, la buccia delle pere Nashi assume colorazioni differenti a seconda della varietà. Al di sopra di essa non passano inosservati una serie di puntini (lenticelle), caratteristica che li identifica da oltre 3000 anni.
Croccante, ma al contempo delicato, il Nashi è un frutto dissetante, fresco, dal sapore unico; ha una polpa dolce e saporita; per gustare a pieno tutto il sapore unico di questo frutto, si consiglia di consumarlo “al naturale”, fresco di frigorifero. E’ un frutto ricco di magnesio, potassio, fosforo, sodio, ferro, calcio, zinco, rame e manganese. Ha un basso contenuto calorico: a 100g di Nashi corrispondono circa 51 Kcal.
Pera Max Red Bartlett
La Max Red Bartlett non è altro che la mutazione rossa della Williams a cui deriva, ma dalla quale si distingue facilmente per la colorazione rossa striata estesa a zone più o meno ampie della buccia. Per capire il grado di maturazione basta osservare la sfumatura della buccia: più la pera è matura, più il rosso cupo e compatto si fa slavato e aranciato, così come le striature passano da una colorazione tendenzialmente verde ad una sempre più gialla. Mano a mano che il colore della buccia varia nel modo sopra descritto, la polpa da croccante e compatta, diventa morbida e aromatica con sentori speziati. Non a caso, la Max Red Bartlett è particolarmente apprezzata per le qualità organolettiche.
Dal punto di vista botanico la forma dei frutti di Williams è definita “piriforme”, ma “a fiaschetto” nel lessico comune, con un rapporto tipicamente < 1,5 tra la dimensione dei 2 assi del frutto. La pezzatura dei frutti è medio-piccola (in genere tra 55 mm e 75 mm di diametro massimo).
Pera Rosada
La Rosada è una pera piccola, ma molto compatta e soda, dalla forma tonda e colore giallo-rosato della buccia; questa particolarità del suo aspetto la rende particolarmente invitante, specialmente in cucina dove è utilizzata spesso e volentieri per guarnire dolci a base di pere; per questo motivo è la regina dei dolci da forno. Oltre al colore della buccia, l’altra sua caratteristica peculiare è la consistenza della polpa: si tratta infatti di una delle pere più croccanti, se consumata quando non è troppo matura. La croccantezza della pera Rosada si accompagna tuttavia a una sorprendente dolcezza, che rende il frutto decisamente appetibile al palato, e a una spiccata succosità che le impedisce di essere percepita come troppo asciutta in bocca. Grazie a queste speciali proprietà organolettiche, la Rosada riesce a distinguersi come una pera del periodo invernale dolce e croccante, capace di resistere alle alte temperature nelle preparazioni culinarie e di prolungare la propria durata per diversi mesi se conservata correttamente.
La pera Rosada si chiama così a causa del colore della buccia, che con la maturazione tende ad assumere tinte che dal giallo-verde tendono al rosso, ottenendo così in un effetto cromatico simile al rosa. Si tratta di una varietà di pera autunnale che è coltivata soltanto in alcune zone e mai intensivamente; nonostante la messa a frutto piuttosto rapida e ricca, infatti, il pero Rosada è spesso incostante e non garantisce una resa sicura e prolungata nel tempo.
Il periodo di maturazione della pera Rosada coincide con la prima parte dell’autunno: solitamente i frutti sono pronti per il consumo a partire dal mese di ottobre e possono essere conservati anche fino a marzo.
Pera Madernassa
Da ottobre in poi nei mercati della provincia di Cuneo in Piemonte i banchi si riempiono di cassette colme di pere, piccole, dure e di color verde-ruggine. Sono i frutti della Madernassa, varietà tipica del Roero che peraltro dà il nome a un noto ristorante stellato della zona. Questa pera rustica darà del filo da torcere ai vostri denti: la consistenza è croccante all’inverosimile e il gusto della polpa, sebbene dolce, può avere punte astringenti mica male. Per queste ragioni si consuma tradizionalmente cotta, preferibilmente nel vino caldo speziato. La Madernassa è Prodotto Agroalimentare Tradizionale piemontese ed è registrata nell’Arca del Gusto Slow Food.
La pera Madernassa è una varietà originaria del Roero[1], da sempre considerata un vanto per la cucina tradizionale locale. Come molte specie autoctone è rimasta a lungo sconosciuta ai più, con un utilizzo limitato ai contadini locali che la apprezzavano per la sua croccantezza e per l’impreziosimento aromatico dato dalla cottura, sia nel vino che al forno.
I primi passi verso il suo riconoscimento ufficiale avvengono nel 2015 a Guarene, quando un gruppo di giovani produttori e imprenditori locali decide di fondare il “Consorzio per la valorizzazione e la tutela della Pera Madernassa di Guarene e del Roero”. Il Consorzio, costituito da 28 soci provenienti da Alba e da 22 comuni del Roero, ha come scopo la promozione del prodotto e l’agevolazione del commercio interno e di esportazione. È formato prevalentemente da giovani imprenditori agricoli che si impegnano a vigilare sulla produzione, sulla conservazione e sul commercio, attraverso un disciplinare che vieta l’utilizzo di diserbanti chimici e riduce il numero di trattamenti per alcuni principi attivi.
Oggi sono ben noti i molti utilizzi di questa varietà, in particolare apprezzata per la produzione di sidro, ma anche per i molti dessert della tradizione.
Ogni anno, nel mese di Ottobre, il paese di Guarene fa da teatro alla “Festa della Pera Madernassa“, tre giorni dedicati alla valorizzazione di questo frutto unico.
La varietà prende il nome dall’omonima frazione di Vezza d’Alba, località molto vicina ad Alba, capitale delle Langhe e alle porte del Roero. È in questa terra infatti che cresce la pianta madre, originatasi a fine 1700 circa nella proprietà di Cascina Gavello. Inizialmente chiamata pera “Gavello” diviene in seguito la “Madernassa”, per omaggiare le colline in cui la varietà cresce al meglio. Sebbene sia possibile consumarla cruda una volta matura, i contadini di queste terre hanno ben presto scoperto quanto fosse adatta alla cottura, in particolare nell’ottimo vino rosso locale. La polpa sprigiona infatti tutti i suoi aromi una volta cotta, preservando croccantezza e compattezza, suoi tratti distintivi. Sempre grazie alla sua croccantezza questa pera si presta anche a molte altre ricette, tra cui la confettura, le tradizionali mostarda e “cognà”, le molte versioni di torta, i liquori e in particolare i deliziosi risotti di Madernassa e formaggio… Queste pere sono poco caloriche (30-35 kcal per 100 g), ricche di fibra insolubile e contengono una discreta quantità di potassio. Hanno un indice di sazietà piuttosto elevato e sono quindi indicate come snack pomeridiano o alla fine di un pasto leggero.
Pera Martin Sec
La pera Martin Sec è un’antica cultivar di pera parte dell’Arca del Gusto di Slow food e prodotto tradizionale piemontese (P.A.T.), segnalata tra le “Pere tradizionali cuneesi adatte alla cottura“.
Il pero di Martin Sec è rustico e un tempo era coltivato per la sua robustezza. I primi documenti che attestano la sua presenza in Francia sono del XVI secolo: nel 1530 venne censita da C. Estienne. Dopo un lungo periodo di abbandono sta vivendo una riscoperta.
La Martin Sec ha forma piriforme, è di piccola pezzatura e dalla buccia sottile, marrone e con faccia arrosata dal sole. La polpa è gialla-crema e leggermente granulosa, croccante e soda. Il sapore è dolce e aromatico. Si tratta di un prodotto tardivo, tanto che il nome di questa varietà in francese è Martin Sec d’Hiver: in realtà, la raccolta si svolge solitamente da metà ottobre a metà novembre, ma il frutto matura durante la conservazione in fruttaio. Il frutto è utilizzabile da cuocere a partire da due settimane dalla raccolta, in generale matura tra dicembre e fine aprile in fruttaio.
In Italia è diffusa soprattutto in Trentino e in Piemonte.
Questa pera è ottima per la cottura, al forno o bollita, e da alcuni è considerata addirittura la miglior varietà di pera da cuocere in assoluto: viene usata nella cucina tradizionale piemontese per la preparazione di timballi e cognà, confetture o nella tipica ricetta delle pere al vino rosso.
Stessa regione, stessa provincia: rimaniamo a Cuneo per assaggiare un’altra varietà pescata dall’Arca del Gusto Slow Food, la Martin Sec. Piccola e color ruggine tendente al rosso, ha polpa compatta e granulosa, molto aromatica, dolce e leggermente tannica. Si tratta della classica pera da cuocere.
Pera Passacrassana
La pera Passacrassana è una varietà tipicamente invernale; ha origini francesi che risalgono all’Ottocento. Il primo a selezionarla fu Louis Boisbunel, al quale si deve anche il debutto ufficiale di questa qualità, presentata nel 1855. Il suo nome molto particolare ha anch’esso provenienza francese: il significato di Passacrassana – termine con cui è stato italianizzata la denominazione originaria “passe-crassane” – è strettamente legato alla terra d’origine di questa pera, dal momento che molto probabilmente è una derivazione dal nome di un piccolo villaggio della Nuova Aquitania, nell’ovest del Paese, di nome Crazannes. Qui, secondo gli studiosi, furono coltivati inizialmente i frutti di questa varietà.
Come molte altre tipologie di pera di importazione francese, anche la Passacrassana fu introdotta con successo in Italia nel secondo Dopoguerra e largamente coltivata in Emilia-Romagna, salvo poi essere progressivamente abbandonata a favore di altre varietà oggi molto diffuse. Quando era molto diffusa, la Passacrassana era la pera autunnale più coltivata in Francia: il suo periodo di raccolta inizia intorno alla metà di ottobre. Può essere subito consumata come pera da tavola al momento della maturazione, oppure può essere conservata in fruttaio dove matura più lentamente per essere disponibile nei mesi invernali: in questo caso si usa come pera da cottura.
Il frutto ha forma tondeggiante, buccia spessa di colore giallo e polpa granulosa, dolce e aromatica. È particolarmente apprezzata cotta o in marmellata: il nostro suggerimento? Provatela come ripieno della torta frangipane, il dolce di frolla profumato di mandorla che si sa, con la pera va d’accordissimo.
La forma della pera Passacrassana non è quella tipica di molte varietà di pere, ma ha un aspetto più tondeggiante e sferico, per certi versi simile a una mela; anche le sue dimensioni sono piuttosto grosse e ne fanno un frutto di pezzatura elevata. Il picciolo è pronunciato e allungato, la buccia è spessa e di colore verde che tende al giallo con la maturazione, assumendo una tipica rugginosità nella parte più alta. Dal punto di vista cromatico, esiste anche una versione rosa della pera Passacrassana, che presenta una tonalità ruggine su tutta la superficie.
La polpa invece è di colore bianco, ha consistenza granulosa e un intenso profumo che ricorda quello delle rose. La Passacrassana è una pera dal sapore dolce e aromatico, che si fa apprezzare sia per il consumo fresco in abbinamento a piatti e alimenti salati come carni e formaggi (scopri i migliori abbinamenti con le pere), sia cotta in forno, accompagnata dalle spezie tipiche dei mesi invernali come la cannella.
Pera Nobile
La pera nobile è una cultivar italiana ovvero un frutto antico autoctono dell’Emilia-Romagna centro-occidentale. In provincia di Parma la sua presenza è attestata già dal XVIII secolo, in alcuni affreschi dipinti in provincia di Parma già prima del 1700, in particolare nel Castello di Torrechiara e nella Rocca di San Secondo. Nell’antico Ducato di Parma Piacenza e Guastalla la coltivazione si sviluppò soprattutto nel XIX secolo durante il periodo di Maria Luigia d’Austria, nata a Vienna e che abituata agli accostamenti agro-dolci, ne apprezzò le caratteristiche e contribuì alla sua diffusione.
La pianta è vigorosa e si adatta bene ai terreni, anche in condizioni di siccità e altitudine elevata. Il frutto ha forma conica, buccia giallo-verde con sfumature rosso–rosate, polpa bianca e profumata; ha un peso medio di 80 grammi. La sua consistenza permette al frutto di conservarsi durante i mesi invernali. La Nobile matura fra ottobre e novembre, giusto in tempo per essere cotta e trasformata in mostarda: costituisce infatti il ripieno tipico del tortel dols, piatto tipico della bassa parmense dal caratteristico sapore agro-dolce che la tradizione fa risalire ai tempi in cui Maria Luisa Asburgo regnava sul Ducato di Parma.
Nella tradizione gastronomica popolare sia di montagna sia di pianura era molto apprezzata cotta con il vino, con le castagne e con le patate.
Pera Picciòla del Monte Amiata
La Picciòla è una tra le varietà di pere più antiche e rare, che cresce solo in provincia di Siena, sulle pendici del Monte Amiata, tra i comuni di Abbadia San Salvatore e Vivo d’Orcia,
e di cui esistono oggi pochi esemplari di alberi, ma tutti molto antichi.
Dal 2009 è un Prodotto Agro-alimentare Tradizionale della Regione Toscana.
La pera picciola è una varietà autunnale, si raccoglie fra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Dura e resistente, si distingue per le dimensioni molto piccole, il colore verde ruggine della buccia e la polpa bianca e consistente. La maturazione è tardiva e avviene a partire dal mese di gennaio, se conservate in ambienti con presenza di calore, oppure da aprile, se la maturazione è condotta più lentamente (un antico metodo contadino consisteva nel far maturare le pere nella paglia). Le pere Picciole hanno consistenza granulosa e sono piuttosto dure, pertanto vengono consumate solo previa cottura: le popolazioni contadine erano solite mangiare le pere lessate insieme alle castagne, oppure le utilizzavano come ingredienti per vari piatti.
La Picciola è una pera che cresce ad altitudini elevate, sempre al di sopra dei 900 metri di quota. Si tratta di una pera molto resistente alle malattie più diffuse che colpiscono i peri e agli attacchi di insetti o di elementi patogeni (scopri le malattie più comuni delle piante di pere); inoltre il pero della Picciola, riconoscibile per le tipiche venature a candelabro della foglia, ha una produttività molto elevata e non necessita di cure particolari: non deve nemmeno essere potato e non richiede l’impiego di trattamenti antiparassitari. Bastano queste peculiarità per spiegare il successo di questo tipo di pera presso le popolazioni contadine del passato, cui il pero Picciolo garantiva una costante fornitura di frutti che potevano essere consumati lungo tutto l’arco dell’anno.
La pera picciola si chiama così (con l’accento sulla “o”) non per le dimensioni ridotte del frutto (il peso medio di una pera picciola si aggira intorno ai 60 g), bensì per quelle elevate del picciolo: la lunghezza del peduncolo può arrivare infatti a superare i 50 millimetri. Ricostruire la storia della pera Picciola non è affatto semplice, perché si tratta di una varietà molto antica, le cui origini si perdono nella notte dei tempi e della quale non c’è traccia nei principali trattati di botanica del passato (Gallesio non la menziona): si può pertanto ipotizzare che già nei secoli scorsi questa varietà di pera fosse abbastanza rara, o comunque concentrata in poche zone.
Pera Cocomerina
Pera briaca, pera Cocomera o meglio ancora, date le dimensioni mignon, pera Cocomerina: sono i nomignoli graziosi con i quali si definisce la piccola pera coltivata ancora sull’Appennino Cesenate. Il nome si riferisce alla polpa che, nel raccolto più tardivo, assume un intenso colore rosso, di cocomero. La buccia è verde e la polpa ha un colore più intenso al centro del frutto, mentre vicino ai semi diventa di un rosa brillante. La forma è ovoidale, piuttosto piccola, tanto che il peso del frutto varia da 20 a 60 grammi. Ha due periodi di raccolta, estivo a fine agosto e tardivo a fine ottobre. In entrambi i casi la Cocomerina va consumata il più in fretta possibile: è infatti estremamente delicata e il rischio è che, con il tempo, sapore e aroma si perdano completamente.
Dagli anni Cinquanta anche in Italia si è sviluppata la frutticoltura intensiva, basata su frutteti specializzati e, poco alla volta, le vecchie varietà sono diventate un ricordo: del patrimonio varietale esistente tra Seicento e Settecento, dipinto dal pittore mediceo Bartolomeo Bimbi, che contava 115 tipi diversi di pera, ne sono giunti a noi solo 17. Ma in alcune zone, come nell’Appennino Cesenate, e in particolare nella località Le Ville di Montecoronaro, e altre aree dei comuni di Verghereto e Bagno di Romagna (provincia di Forlì-Cesena). qualcosa si è salvato.
Dolce e molto profumata, dal vago sentore moscato e di sorba, la Cocomerina si conserva per poco tempo ed è molto sensibile alla ticchiolatura. Due i periodi di raccolta: le prime maturano alla fine di agosto, le tardive si raccolgono alla fine di ottobre. Entrambe vanno consumate subito, al momento della raccolta, quasi prima che cadano, altrimenti si perdono molte delle loro caratteristiche organolettiche. Data la particolare aromaticità e la fragilità del frutto, che ne rende difficile la commercializzazione, la pera Cocomerina si presta molto bene alla trasformazione in marmellate o alla conservazione in sciroppo.
Come tutte le antiche varietà di frutti, le Cocomerine erano coltivate essenzialmente per il consumo familiare, selezionate nel tempo dai contadini in funzione dell’ambiente e dell’utilizzo. Oggi si trovano ancora alcuni alberi sparsi nelle campagne dove la vocazione principale è quella zootecnica e l’attenzione è tutta rivolta ai foraggi.
Per valorizzare e incrementare la coltivazione della pera Cocomerina si è costituita un’associazione che, creando una rete di tutti i coltivatori presenti sul territorio, si occupa di raccogliere ogni anno il raccolto, di commercializzarlo e trasformarlo in confetture e conserve, realizzate con ingredienti rigorosamente naturali. Tra le attività c’è il censimento di tutte le piante esistenti, la sistemazione delle piante inselvatichite, l’assistenza ai coltivatori e la realizzazione di un campo didattico-sperimentale.
Pera Spinelli
La pera Spinelli, detta in dialetto siciliano “pira spinieddi“, è una varietà di pera che si coltiva nel territorio sud-orientale della Sicilia, ovvero nell’estesa area dell’Etneo in provincia di Messina.
Matura intorno alla terza decade di ottobre e si conserva in cantina nelle tipiche “pennule” (collane di frutti legati con lo spago a due a due) fino alla primavera successiva.
I frutti, dalla caratteristica forma di una “pera”, ma dall’aspetto tozzo, hanno il peduncolo lungo e legnaceo; hanno dimensioni medio-piccole, con buccia verde a chiazze rosse e polpa bianca e molto compatta, dura; non è molto succosa, ma è dolce e delicata, con un lieve retrogusto aspro. La raccolta delle pere Spinelli coincide con l’autunno inoltrato, quando non ha ancora raggiunto la piena maturazione.
La Spinelli si consuma quasi esclusivamente bollita in acqua o mosto d’uva: viene poi trasformata in canditi o usata come ingrediente per preparazioni tipiche come coniglio in agrodolce e stoccafisso alla ghiotta messinese. Una specialità tipica della tradizione artigianale locale preparata con questo frutto è la “marmellata di pere spinelli“.
Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha inserito la pera spinelli nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Sicilia (PAT).
Pera Signora della Valle del Sinni
Un altro piccolo Presidio Slow Food per una piccola, grande regione: la Basilicata. La Signora della Valle del Sinni è la varietà di pera locale coltivata nel territorio del Metapontino (che comprende i comuni di Nova Siri, Rotondella, Valsinni, San Giorgio, Tursi e Colobraro) fin dal Settecento. Raccolta a partire da luglio, ha buccia gialla con screziature rosso intenso e polpa bianca e profumata. Sprigiona una forte intensità aromatica e una infinita dolcezza in fase di maturazione. Queste peculiarità le hanno fatto acquisire di diritto la denominazione di “Signora”. Oltre ad essere ottima come frutto fresco, è eccezionale la sua resa sotto forma di confettura, essiccata o sotto spirito, e cotta, impiegata nei prodotti da forno, come i biscotti.
La modernizzazione delle colture, purtroppo, sta portando alla scomparsa delle pere nel Metapontino, coltivate oramai solo in alcune aree marginali, dove gli agricoltori e i pastori hanno innestato peri selvatici con ecotipi locali.
Pera Martinone
Le pere tradizionali piemontesi sono molto numerose e spesso di origine molto antica. Tra le varietà più famose, tutte legate l’una all’altra non solo a livello geografico ma anche per una probabile origine comune, ci sono la pera Martin Sec, la pera Supertino, la pera Martin Dobi e anche la pera Martinone.
La pera Martinone è una varietà di pera ottenuta negli anni ’20 del Novecento in provincia di Cuneo, più precisamente a Bagnolo Piemonte, e secondo la tradizione il suo scopritore fu tale Marconetto. Altri nomi della pera Martinone sono pera Bagnola, pera Cannellina tonda e – appunto in relazione a chi per primo la selezionò – pera Marconetto. Le origini del nome Martinone sono legati alla sua dimensione: si tratta infatti di un accrescitivo di Martin, proprio perché veniva considerata una variante più grossa della pera Martin Sec.
La pezzatura della pera Martinone mediamente può arrivare a misurare 65 millimetri di altezza e 70 di larghezza, assumendo quindi una particolare forma panciuta. Il colore della buccia è giallo opaco, spesso rugginoso lungo tutta la superficie, il picciolo è piuttosto corto mentre la polpa è biancastra, dolce e aromatica, di consistenza granulosa. Il sapore della Martinone è aromatico e di grande dolcezza: per questo motivo tale varietà di pera è consumata spesso come frutto fresco, ma molto più frequentemente viene utilizzata come pera da cuocere, anche se considerata di qualità inferiore rispetto alle altre pere da cuocere piemontesi come la Madernassa e la stessa Martin-Sec.
In passato la coltivazione della pera Martinone era molto diffusa in Piemonte in particolare nella zona pedemontana della provincia di Cuneo, dal Monregalese al Saluzzese e si coltivava fino agli 800 metri di quota. Oggi invece le Martinone sono coltivate in pochi esemplari e sono inserite nell’Arca del Gusto della fondazione Slow Food insieme ad altri frutti a rischio estinzione. Il pero Martinone ha il vantaggio di essere piuttosto produttivo e di offrire una buona resistenza alla ticchiolatura (scopri di più sulle principali malattie del pero), l’epoca di raccolta si colloca a metà ottobre: è quindi una tipica pera autunnale, la cui maturazione avviene nel periodo invernale (dicembre-marzo) ed è quindi disponibile fino alla primavera inoltrata.
Pera Spadona
L’Emilia Romagna detiene il primato assoluto in Italia nella produzione di pere. Oltre alla quantità, le qualità qui coltivate sono innumerevoli: fra queste molte sono cultivar rare e/o antiche, tutelate come P.A.T. o registrate da Slow Food. Prendete la Spadona di Forlì Cesena ad esempio: varietà estiva poco propensa alla conservazione, così effimera che si è meritata un posto nell’Arca del Gusto. Ha frutti piriformi medio-piccoli, buccia verde chiaro con sfumature rossastre e polpa bianca e granulosa. Il sapore è dolce e leggermente acidulo, fresco ed equilibrato. Per assaggiarla bisogna fare in fretta: raccolta in agosto, non resiste più di 20 giorni, anche in frigo.
La pera Spadona di Salerno è coltivata da secoli nella zona dei Picentini, nel Salernitano e da qui, a partire dagli anni ’50, si è diffusa anche nella Piana del Sele; è considerata la migliore cultivar di pero campana ed alimenta un discreto mercato che va anche oltre i confini regionali. La pera Spadona è una pera di dimensione media e colore verde, con il lato esposto al sole che tende al rosato, ed una polpa particolarmente succosa e saporita. Tende a maturare in estate inoltrata e la sua commercializzazione si protrae fino a Natale. Purtroppo, per la crisi che attraversa la pericoltura meridionale oggi la coltivazione è concentrata solo nelle aree collinari dei Picentini.
Pera Volpina
La coltivazione della pera Volpina è presente in Romagna da oltre un secolo e in passato era molto diffusa; si tratta di un tipo di pero molto rustico che cresce spontaneamente adattandosi sia sui terreni freschi e fertili sia su quelli più aridi. La zona di maggiore diffusione delle pere Volpine è quella collinare e appenninica della provincia di Ravenna e della valle del Lamone dove, oggi, si celebra la sagra della Pera Volpina a Brisighella dedicata proprio alla specialità locale.
La pianta della pera Volpina è un albero di buona vigoria, resistenza e longevità: proprio per queste sue caratteristiche il pero volpino si può trovare ancora oggi impiantato all’interno dei vigneti in Romagna, dove veniva anticamente utilizzato come sostegno per le viti. La Volpina inoltre è una varietà di pera autunnale – l’epoca di raccolta è fine ottobre – e i frutti si conservano per tutto l’inverno: ecco perché il menu contadino dei secoli passati ne era ricco.
La pera Volpina si presenta come un frutto rustico, dalla buccia spessa e ruvida, che cresce a grappolo e ha dimensioni ridotte, raggiungendo al massimo i 100 grammi di peso. La buccia è di color ruggine e la polpa è estremamente granulosa, poco succosa e dura anche a maturazione completa: anche il sapore della Volpina, oltre che il suo aspetto, è poco invitante, poiché risulta piuttosto aspro e legnoso. Questo spiega perché da sempre questa varietà di pere viene consumata esclusivamente previa cottura. Il consiglio è quello di assaggiarla intera con la buccia, ben stufata nel Sangiovese aromatizzato con cannella, alloro e chiodi di garofano.
La pera Volpina è una specialità riscoperta: rientra a pieno titolo fra i cosiddetti frutti dimenticati, ovvero colture di antica tradizione che sono state progressivamente abbandonate con l’avvento delle varietà più commerciali.
Il nome di pera Volpina deriva dalla tradizione popolare e le ipotesi sulla sua origine sono molteplici: c’è chi sostiene che si riferisca al colore marrone della buccia che ricorda il manto delle volpi, mentre secondo altri il frutto sarebbe prediletto proprio da questi animali che se ne cibano in abbondanza.
La pera Volpina è buona per ottenere confetture di pere, mostarde e pere caramellate al forno, ma la preparazione più famosa è quella del savor, una sorta di marmellata contadina romagnola che si cucina al termine della vendemmia facendo bollire per lungo tempo il mosto non fermentato e aggiungendo frutti autunnali locali, tra cui appunto le pere Volpine.
Pera Scipiona
Frutto a polpa bianco verdognola, tessitura medio fine, tenera, molto succosa, molto zuccherina, leggermente acidula; matura da dicembre a febbraio; dotata di buona conservabilità, questa pera viene consumata tal quale o destinata a prodotti e piatti tradizionali del territorio.
La Scipiona è una pera invernale molto diffusa in Romagna nella prima metà del 1800.
Scipiona è una cultivar a portamento eretto di buon vigore e produttività discreta e costante. Scipiona presenta frutti di dimensioni medio grosse (peso medio 180 g), calebassiformi – allungati (per questo è detta anche Pera Fiasca), lievemente ristretti. Il peduncolo è lungo, di medio spessore, ricurvo, con lieve ingrossamento all’inserzione. La buccia è verde giallognola, liscia, mediamente rugginosa. La polpa è colore bianco – verdognolo, tenera, succosa, dolce, lievemente aromatica.
La vulgata designa questa cultivar come originaria dell’Inghilterra, da dove sarebbe stata introdotta in Romagna alla fine del XVIII secolo, ad opera del conte faentino Scipione Pasolini Zanelli. Tuttavia, i pomologi italiani di fine Ottocento non riscontrarono pere simili a Scipiona in Inghilterra, mentre da più parti si sono notate somiglianze con materiale francese, ed in particolare la pera Longe Vert.
Scipiona ha rappresentato la migliore pera per il mercato da consumo fresco per più di un secolo sul territorio regionale, soprattutto nelle province orientali, da cui si è poi diffusa in tutta Italia.
Pera di Monteleone
L’ultima varietà dell’Arca del Gusto arriva da Monteleone di Orvieto, provincia di Terni. Stavolta parliamo di cultivar antica con cognizione di causa: la prima attestazione la troviamo infatti nell’Herbario Novo di Castore Durante da Gualdo dell’anno 1585. Tra le varietà di pere nominate dal Durante vi è anche una certa “di montelione”. Sarà la stessa pera ottobrina detta anche “papera” per il peduncolo inserito come un becco, oppure “bistecca di villano” per il valore nutritivo e la capacità di conservarsi a lungo? Tra l’altro, proprio a questo scopo i frutti vengono tradizionalmente conservati appesi in trecce o stesi sui graticci.
Chissà, certamente ce n’è da dire sulla Monteleone. La cosa più importante, oltre all’aspetto vigoroso dei frutti colorati di giallo e spruzzati di rosso, è come sempre il gusto. Saporita e aromatica, per tradizione chiama l’abbinamento con le castagne. In tal caso abbiamo la ricetta che fa per lei: i pancakes glutenfree con pere caramellate, soffici ed energetici proprio grazie alla farina di castagne.
E’ una varieta’ di pera a rischio di estinzione, peculiare dell’area vasta dell’Orvietano (Monteleone d’Orvieto, Castelgiorgio, Castelviscardo, Allerona) e terre limitrofe (Orte, Amelia, Alta Tuscia). Viene coltivata ancora tradizionalmente più che a frutteto in grandi alberi singoli, molto vigorosi e produttivi.
E’ chiamata anche localmente “Pera Papera”, per la forma del peduncolo che ricorda il becco dell’oca e per il suo colore giallo vivace. Era anche soprannominata “bistecca del contadino”.
Questa coltivazione di pera rustica e resistente si raccoglie tradizionalmente nella prima decade di ottobre e si conserva per molto a lungo nei mesi autunnali ed invernali.
Gli alberi di norma isolati e grandi, spesso erano utilizzati per segnare i confini o per delimitare colture diverse.
Prima dell’era del frigorifero, si conservava appesa in trecce in luoghi freschi ed asciutti, oppure stesa in graticci.
La “pera Monteleone d’Orvieto” per il tipo di polpa soda e granulosa era ed e’ consumata per lo piu’ cotta; il suo valore nutrizionale ne faceva l’ingrediente ideale per la preparazione di caloriche zuppe dolci, assieme alle castagne. Altro uso classico e’ la cottura al forno delle pere accompagnate con il miele. Oggi e’ un ingrediente per ogni tipo di dolce o pasticceria ed entra nelle ricette orvietane delle crostate di frutta, oppure accompagnata con il cioccolato fondente fuso
Pera di San Giovanni
E’ la varietà più nota in Sicilia. La pera di San Giovanni o piritta di San Giuvanni viene coltivata sull’Etna, a certe altitudini dagli 800 ai 1200 mt.; è una cultivar antica il cui nome deriva dal periodo di maturazione del frutto, a fine giugno, in concomitanza della festa dedicata al santo. È una pera piccola e chiara con polpa succosa e grossolana, aromatica e poco acida. Ideale da consumare fresca. Il Pero cresce bene nei terreni profondi e freschi, meglio evitare terreni siccitosi ne risentono i frutti che formano una polpa più sugherosa e frutti più piccoli.
Per dovere di citazione si segnalano altre due varietà storiche: la pera di San Pietro – stessa zona e stesso periodo di maturazione – così piccola che si può tranquillamente mangiare in un sol boccone, buccia e torsolo compresi; e la pera di Sant’Anna tipica dell’Irpinia, succosa e zuccherina che matura a fine luglio intorno al 26, giusto in tempo per festeggiare la mamma di Maria.
Pera di Sant’Anna
La pera Sant’Anna è un frutto medio-piccolo, dal delizioso sapore zuccherino, di colore giallo che presenta piccole macchie rosse nelle parti più esposte al sole. Si coltiva nella zona dell’alta Ufita, nei comuni di Melito Irpino, Grottaminarda, Bonito e Ariano Irpino.
E’ una varietà abbastanza antica, che matura a fine luglio, intorno al 26, giorno di Sant’Anna, da cui prende il nome. Nella stessa zona si coltiva anche la pera Spina, simile in tutto e per tutto alla Sant’Anna tranne che nelle dimensioni, poiché i suoi frutti sono leggermente più piccoli. Anche la pera Spina è un frutto tipicamente estivo, poiché matura intorno alla fine di luglio.
Pera Lardara
Nel comune di Monte San Giacomo (provincia di Salerno), nel cuore del Cilento, c’è un habitat più unico che raro che permette la crescita di una pera sui generis. La Lardara, varietà autoctona autunnale, è detta anche “pera all’acqua” per il metodo di conservazione che la contraddistingue e ne determina gli usi peculiari.
La Lardara è una pera autunnale che matura soltanto a ridosso dell’inverno; il periodo di raccolta è solitamente a cavallo tra ottobre e novembre, quando i frutti sono ancora acerbi e di colore giallastro, in concomitanza con il primo freddo. Le pere completano poi la maturazione a terra o in soffitta e, quando la loro consistenza è diventata sufficientemente morbida al tatto, vengono immerse in secchi riempiti con acqua di fonte (un tempo veniva utilizzata l’acqua piovana) dove restano fino a quando non sono pronte per il consumo. Alla fine del trattamento la polpa diventa marrone scuro, di consistenza quasi spugnosa e ideale per piatti tipici salati legati soprattutto alle festività religiose. Su tutti spicca l’insalata di pere Lardare con peperoni arrosto o sott’aceto, olive nere, aglio e alici sotto sale.
Conservata in acqua, la pera Lardara prolunga la propria durata e può durare fino anche a 3-4 mesi, grazie anche allo spessore della buccia e al contenuto di antiossidanti. Si tratta di un antico metodo contadino di conservazione delle pere, tramandatosi di generazione in generazione, che consentiva agli abitanti del territorio di disporre di frutta lungo tutti i mesi dell’inverno. Oggi, le pere Lardara vengono consumate soprattutto in occasione di festività o ricorrenze particolari, come il Natale e la Pasqua.
Pera Angelica
L’Angelica o Angelico è una varietà antica di cui esistono attestazioni scritte già all’inizio dell’Ottocento, per cui è probabile che la sua origine risalga ad epoche ancora precedenti. La coltivazione della pera Angelica era piuttosto diffusa in Italia negli anni d’oro della produzione di pere – ovvero gli anni ’60 – specialmente in Emilia-Romagna, Veneto e Marche; con il tempo, questa tipologia di pera è stata progressivamente abbandonata in favore di altre qualità di maggiore fortuna commerciale e oggi essa è coltivata soltanto in alcune specifiche zone del nostro Paese. È soprattutto nelle Marche che si è osservata una vera e propria riscoperta della pera Angelica, che infatti oggi è qui prodotta con il nome di pera Angelica di Serrungarina, dal nome del borgo medievale nel cuore della Valle del Metauro le cui campagne ospitano piante di questa varietà anche di età superiore ai 70 anni. La coltivazione di nicchia delle pere Angelica è presente anche in Emilia-Romagna, dove un’azienda agricola cesenate ha registrato il marchio pera Angelica di Romagna producendone in media 3500 quintali all’anno su un’estensione di 14 ettari.
Altri nomi della pera Angelica, con cui è conosciuta nelle varie zone d’Italia, sono pera Santa Lucia (diffuso prevalentemente al nord, anche se si tratta in realtà di una varietà di dimensioni più piccole), pera Angela e pera Limona. Da non confondere invece la pera Angelica con la pera Angys: la qualità Angelys è infatti diversa e ben più diffusa.
L’Angelica è una pera rustica da gustare in autunno, specialmente in ottobre quando il colore giallo della buccia vira su toni rossastri. La polpa succosa e zuccherina ne fa una varietà molto gradevole per il consumo fresco, ma è ottima anche in confettura e nei dolci da forno.
La pianta della pera Angelica è il classico pero da giardino e da frutteto familiare e questo spiega la sua diffusione nel secolo scorso. Si tratta di un albero particolarmente longevo e produttivo, con impollinazione mediante incrocio con varietà di pero locali. Il periodo di raccolta della pera Angelica è a fine estate, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre – mese in cui Serrungarina celebra il suo prodotto locale con la Festa della pera Angelica – mentre la maturazione si protrae fino ad ottobre e talvolta anche a novembre. La durata delle pere Angelica è buona, con la possibilità di conservarla in frigorifero anche per alcuni mesi.
La Angelica è una pera pregiata ed esclusiva non solo in virtù della sua rarità, ma anche per le caratteristiche organolettiche e di gusto che la contraddistinguono. Si tratta di un frutto di pezzatura non molto grande, abbastanza delicato e sensibile alla manipolazione, con buccia di colore giallo-rosso che trasmette vivacità. La polpa della pera Angelica è bianca, soda e cremosa, il suo profumo è intenso e assaggiandola si può scoprire una pera dolcissima, che al palato rivela anche un delicato sentore di amaretto.
Molto interessanti e apprezzati sono anche i valori nutrizionali della pera Angelica: fibre, sali minerali e vitamine in abbondanza come in tutte le varietà di pera (scopri di più sulle calorie delle pere), con una particolare concentrazione di carotenoidi e polifenoli che supportano la rigenerazione cellulare e donano salute alla pelle. Anche per questo la pera Angelica è considerata un perfetto frutto da snack mattutino o merenda pomeridiana, perfetta per l’abbinamento con i formaggi, mentre il suo contenuto naturale di pectina la rende ideale anche come pera per marmellate (scopri tutto sulla confettura di pere).
Pera Gnocco
Tra le qualità di pere più antiche coltivate in Italia c’è sicuramente la pera Gnocco, una tipologia che nel Parmense era già conosciuta e apprezzata nel 1700. Il pero gnocco è un albero grande, ramoso e dal fogliame abbondante, diffuso in tutta Italia, soprattutto nel centro. Il frutto ha una buccia verdastra e ruvida che si scurisce mano a mano che matura; deve il nome alla “durezza” della polpa, molto soda e compatta.
Oggi coltivazioni di pero Gnocco si trovano soprattutto in Veneto nella zona del Bellunese e del Trevigiano, protette grazie all’ inserimento di questa varietà tra i prodotti dell’Arca del Gusto Presidio Slow Food. Considerata una varietà di poco pregio, la pera Gnocco deve il proprio nome alla sua forma tozza e ha la particolarità di essere una pera da cuocere al forno, diventando in questo modo molto più dolce rispetto al consumo crudo. La raccolta delle pere Gnocco avviene nella prima metà di agosto, ma è necessario attendere qualche settimana prima di poterla considerare pienamente matura: anche per questo motivo a livello locale è chiamata con gli appellativi di pera malvestita o pera bugiarda.
Pera Moscatello
Della Moscatello abbiamo notizie remotissime, già dal Cinquecento, e segnalazioni in tutta la Penisola, dalle Alpi trentine fino alla Sicilia orientale, passando per Roma. Questa piccola pera rustica a forma piramidale deve il suo nome all’inconfondibile profumo che richiama l’aromatico intenso dell’uva. La Moscatello è una primizia estiva, in passato molto richiesta come base per sidri e mostarde: il fatto è che da fresca, nonostante il sapore dolce e succoso della polpa, dura poco più di una settimana.
E’ un frutto molto piccolo, dal sapore dolcissimo e con un aroma che ricorda le uve Moscato in fermentazione. Viene coltivato sulla costa tirrenica in Calabria, negli areali di Amantea, Paola, Longobardi, Fiumefreddo, Belmonte, etc. La pera Moscatello è raccolta da metà giugno a metà/fine luglio. La pianta è molto produttiva e cresce bene in diversi areali: da quelli costieri a zone poste a 500-600 metri sopra il livello del mare.
Diffusissima un tempo in Calabria, dagli anni Settanta in poi si è registrata una flessione nella coltivazione, a favore di frutti dal calibro maggiore; ora c’è un ritorno a questa tipologia di frutto.
La pera Moscatello è destinata al mercato locale. Oltre a essere venduta come frutto fresco, per tradizione viene conservata sotto spirito.
Pera Spina-Carpi
La Spina-Carpi (detta anche Spino) è una varietà antichissima dalle origini incerte: sebbene in passato fosse coltivata un po’ ovunque in Italia, c’è chi la riconduce al largo del Golfo di Napoli, precisamente sull’isola di Capri. Di sicuro lì avrebbe trovato l’ambiente perfetto, visto che teme il freddo e richiede terreni ricchi di nutrienti. Spina Carpi è una pianta di buon vigore e buona produttività; presenta frutti di medie dimensioni (peso medio 260 g), leggermente appiattiti. La polpa è color crema, consistente, granulosa, aromatica, succosa e acidula. La Spina-Carpi matura tra settembre e ottobre, ha forma schiacciata e buccia giallo-verde dalle tonalità ruggine. Il sapore tende più all’acido che al dolce: per questo si preferisce cuocerla e utilizzarla in insalata o nella preparazione di salse e mostarde. Raccolta da metà ottobre, matura a partire da fine di novembre e si conserva naturalmente in fruttaio fino ad aprile. Adatta per la cottura, sciroppata, composte e confetture, gradevole anche per il consumo fresco.
Proprietà delle pere
Costituita principalmente da acqua (84%), la pera è abbastanza ricca di zuccheri (9,8%), come fruttosio, destrosio, lattosio, maltosio, levulosio e saccarosio, e di fibre, mentre le proteine e i grassi sono presenti solo in minima parte. Sono anche ricche di vitamine (A, C, E, B1, B2, B3, B5 e B6) e minerali; fra questi ultimi, i più abbondanti sono il calcio ed il potassio, ma sono presenti anche sodio, fosforo, magnesio, ferro, fluoro, zinco e rame, in buone quantità. Diversi anche gli antiossidanti, tra cui beta-carotene, luteina, zexantina e criptoxantina. Buono il contenuto di acido folico. Tra i principi attivi più importanti vanno citati la lignina, il sorbitolo e la pectina. Il sorbitolo (alcool esavalente) interviene nelle funzioni lassative: non è assimilato dal corpo e nutre la flora batterica che prolifera, agendo da “probiotica” (i microrganismi probiotici sviluppano la fermentazione, regolando i processi digestivi e favorendo la funzione intestinale).
Fra i fitonutrienti presenti nelle pere vanno ricordati gli acidi clorogenico, gentisico, siringico, vanillico, idrossicinnamico, cumarico e 5-caffeoilchinico, arbutina, catechine ed epicatechine, isoramnetina, quercetina, kempferolo, beta-carotene, luteina e zeaxantina e, nel caso delle varietà a buccia rossastra, antocianine.
La buccia contiene una quantità di composti fenolici 3-4 volte superiore rispetto a quella presente nella polpa e circa la metà delle fibre alimentari assumibili con il frutto.
La pera ha un ottimo profilo nutrizionale avendo pochissime calorie, circa 35 per 100 grammi di parte edibile.
La pera apporta numerosi benefici al nostro organismo:
- ha un basso indice glicemico, a dispetto dell’abbondanza di carboidrati, e può essere inserita tranquillamente nell’alimentazione di chi ha problemi di diabete, degli anziani e dei bambini
- ha un elevato potere energizzante, dovuto alla presenza di zuccheri semplici, in particolare di fruttosio, e delle vitamine B1 e B2, che risulta particolarmente efficace al termine della stagione estiva quando, in conseguenza delle temperature elevate, è necessario recuperare vitalità ed energia. Le pere contengono per lo più fruttosio e sorbitolo, glucidi che hanno minore impatto sulla glicemia rispetto a glucosio e saccarosio (più presenti, ad esempio, nelle mele). Quindi la pera può essere consumata dai diabetici.
- favorisce la funzionalità intestinale, perché particolarmente ricca di fibre, sia solubili (come la pectina) che insolubili (come la lignina), che danno sensazione di sazietà, facilitano la regolarizzazione delle attività intestinali, riducono l’assorbimento di grassi, in particolare il colesterolo “cattivo” LDL. Tra i frutti freschi più comuni, la pera è quello più ricco di fibre; ne contiene circa 3,8 g: molto più di kiwi (2,2 g), mele (2 g) o arance (1,6 g). Le fibre inoltre aiutano a dimagrire riducendo l’assorbimento di zuccheri e grassi.
- protegge dalle malattie cardiovascolari e degenerative grazie ai numerosi antiossidanti
- contrasta l’invecchiamento della pelle grazie al contenuto di vitamina A e vitamina E.
In conclusione, la pera è un frutto particolarmente indicato nelle diete dimagranti, innanzitutto per il contenuto di fibra, che esercita un notevole effetto saziante, ma anche per la presenza di potassio e abbondante acqua, che favoriscono la diuresi, contrastando efficacemente la ritenzione idrica, di calcio utile per i problemi alle ossa. Il buon contenuto di acido folico rende la pera un frutto altamente consigliato in gravidanza (salvo i casi di diabete gestazionale per i quali è bene stabilirne quantità precise di assunzione) e in caso di gotta, poiché l’acido folico favorisce l’eliminazione dell’acido urico.
E’ bene consumare la pera lontano dai pasti, come merenda al mattino o di pomeriggio.
Per quanto riguarda la conservazione, dal momento che si tratta di un frutto che matura molto in fretta e va rapidamente incontro a deperimento, si consiglia l’acquisto di piccole quantità, o comunque pari a quante se ne riescono a consumare in pochi giorni.
La pera può essere utilizzata per la preparazione di innumerevoli ricette dolci, marmellate, succhi e liquori.
Al contrario di altri frutti, la pera si presta bene ad abbinamenti con alimenti salati, tra cui quello certamente più noto è con i formaggi, in particolare di capra o di pecora, ma anche morbidi e cremosi, come il brie o il camembert.
Curiosità:
Nel XVIII secolo la pera era l’emblema dello “street food”: veniva offerta lungo le strade dai venditori ambulanti, i c.d. “peracottari”, che preparavano deliziose pere cotte ricoperte di caramello e infilzate in un bastoncino; oggi il termine “peracottaro” viene utilizzato per definire una persona che piuttosto che un servizio efficiente offre prestazioni di scarsa qualità (fare una figura da peracottaro, fare una figura meschina, o da persona incapace).
[1] Il Roero – Roé in piemontese – è una regione geografica e storica del Piemonte, situata nella parte nord-orientale della provincia di Cuneo. Prende il nome dalla famiglia omonima – la casata astese dei Roero – che a partire dal periodo medioevale e per vari secoli ha dominato su questo territorio.