Saponaria | Saponaria officinalis
La saponaria, detta anche “saponella” o “erba grassa”, è una pianta erbacea con ciclo vitale, annuale, biennale o perenne a seconda della specie (ne esistono circa 30). Appartiene alla famiglia delle Caryophyllacee ed è stata scoperta dal grande naturalista Linneo. Il suo nome deriva dal latino sapo, che vuol dire “sapone”. Questo perché se strofinata insieme all’acqua produce una schiuma che le conferisce proprietà detergenti. In passato, infatti, veniva utilizzata come detersivo naturale al posto del sapone, per lavare tessuti delicati, soprattutto di lana. Per questo motivo, la saponaria viene chiamata anche “erba lanaria”. Ancora oggi la Saponaria officinalis è uno degli ingredienti di alcuni detersivi da bucato e sgrassanti di derivazione naturale.
I primi a farne uso come detergente sembrerebbe siano stati gli Assiri, nel VIII secolo a.C. In Asia, le popolazioni nomadi che vivevano nelle pianure durante il V secolo a.C. utilizzavano la saponaria per sgrassare la lana e tessere i tappeti. Gli Antichi Romani iniziarono a usarla per l’igiene personale nelle terme.
I medici arabi, forse furono i primi a somministrarla in ambito terapeutico, per curare le lesioni cutanee provocate dalla lebbra. Nel XVI secolo, poi, la Saponaria officinalis veniva impiegata come detergente cutaneo, mescolandone le foglie in acqua.
La pianta della Saponaria officinalis cresce in gruppi vicino alle siepi, ai margini dei sentieri o lungo le scarpate, in terreni ben drenati in tutta Europa (anche in Italia), fino in Siberia. Si trova soprattutto nelle zone montuose fino a 1600 metri di altitudine, lungo i sentieri e vicino alle siepi. La Saponaria officinalis presenta un rizoma strisciante ramificato di colore bruno-rossastro, con fusto cilindrico che arriva a un metro di altezza. Le foglie sono piccole e lanceolate, basali e senza picciolo, di colore giallognolo tendente al verde. I fiori sono simili a quelli dei garofani (appartengono alla stessa famiglia), con cinque petali frastagliati di colore rosa tenue o lilla, raccolti in pannocchie terminali, talmente fitti che non si vedono le foglie. Per questo motivo, infatti, un altro nome della saponaria è “garofano a mazzetto”. Fiori molto decorativi, tanto che la Saponaria officinalis è impiegata come pianta ornamentale nei giardini rocciosi. I frutti della saponaria sono delle capsule che racchiudono tantissimi semini bruni.
La Saponaria officinalis contiene diversi principi attivi. Le saponine (acido quillaico, acido saporubinico e saprubrinico) sono le sostanze in grado di produrre schiuma, grazie alle quali la pianta in natura utilizza come difesa da parassiti e micosi. Le saponine sono presenti in tutte le parti della pianta, foglie e gambi, ma soprattutto nelle radici (che possono contenerne fino al 20 percento nel periodo della fioritura) e le conferiscono le proprietà tensioattive. L’acido quillaico è la saponina “marker” che caratterizza il fitocomplesso della saponaria, la cui concentrazione varia da 2,5 – 5 % in base allo stadio di maturazione della pianta. Massima appena prima della fioritura (aprile e maggio), minima nei mesi estivi (luglio e agosto) quando la pianta è fiorita. Altre saponine significative sono l’acido saporubinico e l’acido saprubrinico.
Tra i flavonoidi, nella saponaria, troviamo saponaretina, saponarina e vitessina.
Altri ficomposti presenti nella Saponaria officinalis sono: acido glicolico e acido glicerico, galattano, zuccheri, mucillagini, gomma e olio essenziale.
Le saponine conferiscono alla Saponaria officinalis varie caratteristiche:
- Proprietà fisico-meccaniche (legate alla produzione di schiuma), utili per lavare i tessuti.
- Virtù terapeutiche-fisiologiche (detergenti, depurative, diuretiche, espettoranti e sudorifere), utili per il nostro organismo.
Ampiamente usata in cosmesi naturale per le sue proprietà tensioattive, la Saponaria officinalis, sotto forma di decotto, viene impiegata per detergere l’epidermide, anche pelli delicate, ed è particolarmente indicata in presenza di acne, dermatite e psoriasi, per disinfettare e rimuovere residui cutanei. In alternativa al decotto, viene utilizzata anche la tintura madre di Saponaria officinalis. A livello topico la saponaria può essere utilizzata anche per realizzare uno shampoo fai-da-te con cui lavare i capelli, per rinforzarli, soprattutto se sono sfibrati e tendono a spezzarsi, oltre a detergere il cuoio capelluto.
Alla pianta vengono altresì attribuite proprietà diuretiche, colagoghe, diaforetiche e depurative ma l’uso interno può dare luogo a fenomeni di intossicazione, con sintomi di nausea, vomito e diarrea.
Controindicazioni della saponaria
La Saponaria officinalis, proprio per il suo contenuto in saponine, se ingerita a dosi elevate è tossica e la sua somministrazione va attentamente regolata sempre con la supervisione di un esperto. Se assunta in modo sconsiderato, infatti, può generare effetti collaterali dannosi, anche letali, per l’organismo umano.
A dosi eccessive, la saponaria può generare convulsioni, infiammazioni renali, emolisi e diarrea con sanguinamento, addirittura indebolimento e paralisi ai muscoli, problemi cardio-circolatori fino a morte. A livello topico, se viene utilizzata in modo sconsiderato, la saponaria può provocare irritazioni cutanee e delle mucose. Per questi motivi la saponaria va impiegata con molta cautela.
Una curiosità sulla saponaria
C’è un dolce della tradizione marocchina che come ingrediente contiene anche la saponaria. Si tratta dell’halva, una crema a base di sesamo e zucchero (una sorta di tahin dolce), che può contenere anche mandorle o pistacchi, a seconda della ricetta. La Saponaria officinalis conferisce all’impasto una consistenza gommosa, dato dal fatto che gli olii non si separano.