Epatica | Hepatica nobilis
L’Anemone (Hepatica nobilis, Schreb., 1771), comunemente nota come erba trinità o fegatella, è una piccola pianta erbacea, primaverile, appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, originaria di Europa continentale e Siberia.
E’ una piccola pianta erbacea perenne, alta dai 5 ai 15 cm, primaverile, appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae; con un rizoma brunastro da cui si sviluppano le foglie basali, coriacee e persistenti in inverno; le foglie, lungamente picciolate, sono trilobate (7-9 x 5-6 cm), cordate alla base, verde scuro sulla pagina superiore e violacee su quella inferiore. I fiori, larghi circa 1,5-2,5 cm, sono formati da 6-8 petali ellittici di colore variabile dall’azzurro-violetto al bianco e al rosa. Vive di solito nei boschi sia caducifogli o di aghifoglie e di preferenza su suoli calcarei. L’Hepatica nobilis include una grande quantità di specie e sottospecie, la maggior parte delle quali è caratterizzata da piccole dimensioni e da piante a foglie verdi, che vengono facilmente confuse con i tipici muschi presenti nel sottobosco; è diffusa comunemente su tutto il territorio italiano ma in particolare sulle Prealpi; sono escluse le isole. All’arrivo della primavera colora tutto il sottobosco di un bel blu-viola.
Il nome generico (Hepatica) venne introdotto dal botanico scozzese Philip Miller (Chelsea, 1691 – Chelsea, 1771) in una pubblicazione del 1754 e deriva dal greco antico “hèpar” oppure ”hèpatos” (= fegato), nome derivato dalla forma particolare delle foglie ma anche dal colore della pagina inferiore della foglie stesse. L’epiteto specifico (nobilis) deriva dal latino (= notabile, noto, conosciuto), probabilmente per la “notorietà” che questa pianta aveva nel passato per le sue supposte proprietà farmacologiche. Inoltre non va dimenticato l’antico concetto della “Signatura” (principio delle affinità formali) col quale si collegava certi effetti terapeutici sul fegato con il colore della pagina inferiore delle sue foglie. Il nome comune “erba trinità” deriva dal Medioevo in quanto negli affreschi di carattere religioso spesso le foglie di questa pianta servivano a simboleggiare uno dei dogmi cristiano-cattolici relativi alla natura di Dio. Il binomio scientifico attualmente accettato (Hepatica nobilis) è stato proposto dal naturalista germanico Johann Christian Daniel von Schreber (Weißensee, Turingia, 1739 — Erlangen, 1810) in una pubblicazione del 1771.
Come tutte le Ranunculacee contiene una sostanza tossica per l’uomo di nome protoanemonina, che con l’essicazione della pianta si trasforma in anemonina perdendo la sua pericolosità ma conservando una blanda azione diuretica sfruttata dagli erboristi mediante la macerazione in acqua. Altri costituenti chimici dell’Anemone: glicoside del lattosio (ranuncoloside); flavonoidi (delfinina, pelargonidina); saponine; triterpeni.
La pianta è tossica e non è più utilizzata in terapia. In passato la medicina popolare si serviva di questa pianta per curare le malattie del fegato e della vescica, nell’ematuria e nell’emottisi; era anche indicata come “depurativo del sangue” e per combattere dolori articolari.
Non è previsto nessun uso alimentare in quanto pianta velenosa come tutte le ranuncolacee, quindi è da sconsigliarne il consumo. E’ compresa nella lista delle piante non ammesse negli integratori alimentari, formulata dal Ministero della Salute.
L’Anemone (Hepatica nobilis, Schreb., 1771), comunemente nota come erba trinità o fegatella, è una piccola pianta erbacea, primaverile, appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, originaria di Europa continentale e Siberia.
E’ una piccola pianta erbacea perenne, alta dai 5 ai 15 cm, primaverile, appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae; con un rizoma brunastro da cui si sviluppano le foglie basali, coriacee e persistenti in inverno; le foglie, lungamente picciolate, sono trilobate (7-9 x 5-6 cm), cordate alla base, verde scuro sulla pagina superiore e violacee su quella inferiore. I fiori, larghi circa 1,5-2,5 cm, sono formati da 6-8 petali ellittici di colore variabile dall’azzurro-violetto al bianco e al rosa. Vive di solito nei boschi sia caducifogli o di aghifoglie e di preferenza su suoli calcarei. L’Hepatica nobilis include una grande quantità di specie e sottospecie, la maggior parte delle quali è caratterizzata da piccole dimensioni e da piante a foglie verdi, che vengono facilmente confuse con i tipici muschi presenti nel sottobosco; è diffusa comunemente su tutto il territorio italiano ma in particolare sulle Prealpi; sono escluse le isole. All’arrivo della primavera colora tutto il sottobosco di un bel blu-viola.
Il nome generico (Hepatica) venne introdotto dal botanico scozzese Philip Miller (Chelsea, 1691 – Chelsea, 1771) in una pubblicazione del 1754 e deriva dal greco antico “hèpar” oppure ”hèpatos” (= fegato), nome derivato dalla forma particolare delle foglie ma anche dal colore della pagina inferiore della foglie stesse. L’epiteto specifico (nobilis) deriva dal latino (= notabile, noto, conosciuto), probabilmente per la “notorietà” che questa pianta aveva nel passato per le sue supposte proprietà farmacologiche. Inoltre non va dimenticato l’antico concetto della “Signatura” (principio delle affinità formali) col quale si collegava certi effetti terapeutici sul fegato con il colore della pagina inferiore delle sue foglie. Il nome comune “erba trinità” deriva dal Medioevo in quanto negli affreschi di carattere religioso spesso le foglie di questa pianta servivano a simboleggiare uno dei dogmi cristiano-cattolici relativi alla natura di Dio. Il binomio scientifico attualmente accettato (Hepatica nobilis) è stato proposto dal naturalista germanico Johann Christian Daniel von Schreber (Weißensee, Turingia, 1739 — Erlangen, 1810) in una pubblicazione del 1771.
Come tutte le Ranunculacee contiene una sostanza tossica per l’uomo di nome protoanemonina, che con l’essicazione della pianta si trasforma in anemonina perdendo la sua pericolosità ma conservando una blanda azione diuretica sfruttata dagli erboristi mediante la macerazione in acqua. Altri costituenti chimici dell’Anemone: glicoside del lattosio (ranuncoloside); flavonoidi (delfinina, pelargonidina); saponine; triterpeni.
La pianta è tossica e non è più utilizzata in terapia. In passato la medicina popolare si serviva di questa pianta per curare le malattie del fegato e della vescica, nell’ematuria e nell’emottisi; era anche indicata come “depurativo del sangue” e per combattere dolori articolari.
Non è previsto nessun uso alimentare in quanto pianta velenosa come tutte le ranuncolacee, quindi è da sconsigliarne il consumo. E’ compresa nella lista delle piante non ammesse negli integratori alimentari, formulata dal Ministero della Salute.