In Italia, nel 2019, sono morte per cause che si potevano evitare 96.400 persone
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Dati estremamente significativi emergono dalla Relazione sullo stato sanitario del Paese (2017-2021), appena pubblicata sul sito del Ministero della Salute (la precedente datava 2014). Prima di analizzare i dati sono tuttavia necessarie alcune precisazioni circa gli indicatori utilizzati.
La mortalità evitabile si riferisce ai decessi delle persone sotto i 75 anni di età che avvengono per cause di morte contrastabili con stili di vita più salutari, con la riduzione di fattori di rischio ambientali e con adeguati e tempestivi interventi di diagnosi e trattamento della malattia.
È una morte prematura, costituita da due componenti: la mortalità prevenibile, che può essere evitata con efficaci interventi di prevenzione primaria e di salute pubblica, e la mortalità trattabile, che può essere evitata con un’assistenza sanitaria tempestiva ed efficace in termini di prevenzione secondaria e di trattamenti sanitari adeguati. Sono indicatori che forniscono un punto di partenza per valutare le prestazioni del sistema sanitario.
In Italia, nel 2019, sono morte per cause che si potevano evitare 96.400 persone, pari al 63% di tutti i decessi sotto i 75 anni di età, con differenze molto marcate a sfavore degli uomini: 60.987 maschi deceduti contro 35.413 donne, disuguaglianze spiegabili soprattutto con la componente prevenibile, ossia quella maggiormente legata agli stili di vita (per esempio abuso di alcol, maggiore propensione a fumare, non adeguata alimentazione) e ai comportamenti più a rischio (eventi accidentali, attività lavorativa, eccetera). In particolare, la mortalità prevenibile degli uomini è quasi tripla rispetto a quella delle donne (14,9 per 10.000 abitanti versus 5,6 per 10.000 abitanti), mentre la mortalità trattabile è molto simile nei due generi (6,8 per 10.000 abitanti versus 6,0 per 10.000 abitanti). Tali disuguaglianze di genere sono presenti in tutte le regioni: più accentuate in Sardegna e nel Molise, meno evidenti in Emilia Romagna. Le principali cause prevenibili che determinano questo gap di genere sono, tra le altre, il tumore al polmone e al fegato, le cardiopatie ischemiche e gli accidenti. Negli uomini la principale causa di morte è il tumore al polmone, una patologia prevenibile che ha causato 10.713 decessi, mentre nelle donne il tumore al seno, una patologia trattabile che ha provocato 5.958 decessi.
A livello territoriale, si osserva un trend Nord-Sud, con il Nord-Ovest, Nord-Est e Centro che presentano i tassi di mortalità evitabile e le due componenti (mortalità prevenibile e trattabile) più bassi della media nazionale, il Sud e le Isole più alti.
Le Regioni presentano profili diversi rispetto alle due componenti della mortalità evitabile. Alcune presentano solo una componente più elevata della media nazionale e non entrambe, indicando come sia necessario adottare politiche differenziate sul territorio, in termini di programmazione sia di campagne di prevenzione sia di organizzazione delle strutture e dei servizi. La situazione più critica si conferma quella della Campania, dove entrambe le componenti sono più alte della media nazionale; la situazione più favorevole si osserva nella Provincia Autonoma di Trento, dove entrambe le componenti hanno valori più bassi della media nazionale.
Sardegna, Molise, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta presentano tassi di mortalità prevenibile al di sopra della media nazionale e, viceversa, tassi di mortalità trattabile inferiori al valore medio osservato.
Puglia, Abruzzo e Basilicata presentano, invece, tassi di mortalità trattabile al di sopra della media nazionale e al contrario tassi di mortalità prevenibile inferiori al valore medio.
Nonostante ciò, però, a livello europeo il nostro Paese è tra quelli con i più bassi tassi di mortalità evitabile: è preceduta solo dall’Islanda, dal Liechtenstein e dalla Svizzera. I Paesi dell’Est Europa presentano i tassi di mortalità evitabile più alti.
L’analisi dei dati evidenzia pertanto come l’Italia abbia delle politiche di prevenzione primaria e secondaria efficaci avendo uno dei tassi più bassi in Europa, ma anche che la situazione non è omogenea: esistono infatti disuguaglianze di genere a sfavore degli uomini e regionali, con il Mezzogiorno in netto svantaggio rispetto al Centro-Nord.
Sono ancora troppe le disuguaglianze che caratterizzano il Diritto alla Salute nel nostro Paese, come sottolineato dal rapporto Salutequità:
- Nel 2020, l’eccesso di mortalità provocato dalla pandemia da Covid-19 ha comportato in un solo anno a livello nazionale la perdita di 1,3 anni di vita attesa alla nascita per gli uomini (da 81,1 nel 2019 a 79,8 nel 2020) e di 0,9 per le donne (da 85,4 a 84,5), con un impatto sensibilmente differenziato sul territorio.
- La pandemia ha ampliato i divari territoriali
- In Italia la speranza di vita nel 2021 è stata pari a 82,4 anni, ma al Nord si vive mediamente 1 anno e 7 mesi in più rispetto al Mezzogiorno, ove peraltro i livelli di sopravvivenza continuano a peggiorare anche nel 2021.
- Sempre nel 2021 a fronte di una rinuncia alle cure pari a circa l’11% (nel 2019 era 6,3%) a livello nazionale, le differenze tra le Regioni sono molto rilevanti: si passa dal 18% della Sardegna al 6% della Provincia di Bolzano.
- Per quanto attiene la migrazione sanitaria, l’11,4% dei ricoverati residenti al Sud si è recato fuori Regione per motivi di cura, contro il solo 5,6% dei residenti al Nord.
- In merito agli screenings oncologici organizzati e prestazioni sanitarie si osserva una riduzione relativa di partecipazione pari al 10%, 20% e 13% nello screening mammografico, cervicale e colorettale, rispettivamente.
- Sul versante del personale sanitario la Campania può contare su 5,59 operatori sanitari per mille abitanti contro 10,97 della Regione Valle D’Aosta.
- Per quanto riguarda l’accesso ai farmaci a fronte di una decisione nazionale dell’Aifa di autorizzare e rimborsare a carico del SSN un nuovo farmaco per tutti i cittadini, esistono almeno 7 Regioni che hanno adottato un proprio Prontuario Terapeutico Regionale vincolante che di fatto rappresenta un passaggio ulteriore, rallentando l’accesso al farmaco da parte dei cittadini che vi risiedono.
- Se il Covid-19 e il PNRR hanno chiarito la centralità delle cure domiciliari, a fronte di un’Intesa Stato-Regioni sugli standard per l’autorizzazione all’esercizio e l’accreditamento delle cure domiciliari siglata oltre 1 anno fa, circa metà delle Regioni deve ancora recepirla formalmente.
Per garantire maggiore equità delle cure Salutequità ha avanzato le seguenti proposte:
- revisione dei criteri di riparto del Fondo Sanitario Nazionale puntando sui reali bisogni sanitari della popolazione e sul criterio dell’equità;
- definire gli standard di personale sanitario da garantire in tutte le Regioni; definire gli standard degli Assessorati regionali alla salute e al sociale; attuazione in tutte le Regioni degli standard dell’assistenza territoriale;
- rilancio, attuazione e monitoraggio stringente del Piano nazionale Cronicità e Piano Nazionale Governo Liste di Attesa;
- abrogazione dei Prontuari Terapeutici Regionali vincolanti;
- ripensare gli strumenti del Piano di rientro e commissariamento;
- approvare il “Decreto tariffe” per dare attuazione ai Nuovi Livelli Essenziali di Assistenza varati nel 2017;
- definizione e approvazione dei Livelli Essenziali delle prestazioni sociali;
- rafforzamento, ammodernamento e attuazione del Nuovo Sistema di Garanzia dei Lea, cioè il sistema di monitoraggio e valutazione del livello centrale rispetto alla capacità delle Regioni di garantire i servizi e il diritto alla salute ai cittadini, oggi fortemente inadeguato.