Patata | Solanum tuberosum L.
La patata è un tubero commestibile ottenuto dalle piante della specie Solanum tuberosum, molto utilizzato a scopo alimentare previa cottura. La patata erbacea appartiene alla famiglia delle Solanaceae (Dicotiledoni), originaria del Perù, della Bolivia, del Messico e del Cile e portata in Europa dagli spagnoli nel XVI secolo intorno al 1570. Non si conoscono varietà spontanee né si sa da quale specie originaria di Solanum si sia originata la patata diffusa dal Centro e Sud America e ora consumata in diverse parti del mondo.
Il termine patata deriva, attraverso lo spagnolo, dal termine con cui gli indigeni designavano il tubero, potatl. In Italia, all’arrivo, le patate venivano chiamate tartufoli, termine dal qual si ritiene provenga il nome kartoffel, utilizzato in Germania e altri paesi del nord. Pare che il termine con cui è indicata in Francia, pomme de terre, sia stato suggerito addirittura da Luigi XVI per nobilitare l’umile tubero.
La patata, come il pomodoro, contiene un alcaloide velenoso nelle parti verdi, compresi i tuberi quando rinverdiscono: la solanina può causare intossicazioni con dolori addominali, diarrea, e nei casi di cospicua ingestione avvelenamento.
La patata è una pianta erbacea a ciclo annuale. La parte sotterranea del fusto presenta degli stoloni da cui si forma il tubero. La parte aerea della pianta presenta uno stelo alto fino a 150 cm, che tende a prostrarsi a maturità. Le foglie sono composte, le infiorescenze hanno colore che va dal bianco al violetto, i frutti sono delle bacche verdi, violacee o giallastre: tutte le parti aeree della pianta accumulano solanina, un alcaloide che le protegge dall’attacco di parassiti, e non sono quindi commestibili.
Il tubero ha una buccia costituita da cellule suberose che lo proteggono dall’attacco dei parassiti e dalla perdita di liquidi e nutrienti. Le cellule all’interno accumulano grandi quantità di amido e altre sostanze, con fasci fibrovascolari diretti verso gli occhi, le gemme da cui si originano le nuove piante. Le gemme si concentrano sulla testa del tubero, la parte opposta al punto di attacco dello stolone.
A meno che non si lavori per migliorare la varietà della pianta, le patate si riproducono per via agamica, piantando piccoli tuberi, o porzione di tuberi più grandi, che presentino delle gemme. La semina si fa da dicembre a febbraio per le varietà precoci e da marzo ad agosto per le varietà comuni. La pianta teme le gelate primaverili e le temperature molto alte, oltre i 30°C. Ideali i terreni leggermente acidi, sciolti e permeabili
Le varietà disponibili sono tantissime, oltre 5000, e sono classificate in molte maniere diverse; di seguito vengono riportate le varietà di patate o denominazioni locali riconosciute come Prodotti agroalimentari tradizionali italiani.
Regione varietà locale
Toscana Patata bianca del Melo, Patata di Regnano, Patata di Zeri (patate “rosse, bianche, zale” di zeri), Patata rossa di Cetica (patata rossa del pratomagno, patata rossa del casentino).
Liguria Cabannese, Cannellina Nera, Morella, patata di Pignone, Quarantina Bianca Genovese, Quarantina Gialla, Quarantina Prugnona
Piemonte Quarantina Bianca Genovese, Patate dell’alta valle Belbo, Patata di Castelnuovo Scrivia, Patate di montagna di Cesana, Patate di San Raffaele Cimena.
Lombardia Patata di Campodolcino
Veneto Patata di Rotzo, Patata doc del Montello
Trentino-Alto Adige Patata trentina di montagna
Friuli Patatis cojonariis, Patata di Ribis e Godia
Emilia-Romagna Quarantina Bianca Genovese, Patata di Bologna, Patata di Montescudo, Patata di Montese
Umbria Patata rossa di Colfiorito
Lazio Patata dell’Alto Viterbese, Patata di Leonessa
Abruzzo Patata degli Altipiani d’Abruzzo, Patata di montagna del Medio Sangro
Molise Patata lunga di San Biase
Campania Patata novella campana, Patata di montagna di Trevico
Puglia Patata di Zapponeta, Patata novella sieglinde di Galatina (siglinda te galatina)
Basilicata Patata rossa di Terranova del Pollino
Calabria Patata della Sila
Sicilia Patata novella di Messina, Patata novella di Siracusa
Le patate sono cibi di origine vegetale che rientrano, assieme ai cereali e derivati, nel III gruppo fondamentale degli alimenti. Sono ritenute un alimento carico di calorie, ricco di amido ben digeribile, con un indice glicemico elevato, in grado di spingere la glicemia alle stelle; per questo motivo è stata quasi eliminata in molte diete. Eppure la patata cruda è costituita per oltre il 78% del peso da acqua. In 100grammi di prodotto sono presenti 18 g di carboidrati, di cui 15 di amido e 2 di fibra. I grassi sono presenti in tracce mentre le proteine si aggirano attorno ai 2 g e sono di buona qualità, con presenza di tutti i vari aminoacidi, in particolar modo quelli essenziali. Buono il contenuto di vitamina C e vitamina B6. Tra i minerali abbondano il potassio, il fosforo, il magnesio e il rame. L’apporto calorico è di appena 75-80 kcal, assolutamente modesto. Si tratta quindi di un alimento a ridotta densità calorica e non del mostro ricco di calorie che molti credono.
La situazione può cambiare in maniera decisa a seconda del tipo di cottura che si utilizza (ma anche con la varietà di patata, con la quantità che si consuma, ecc.). La patata al vapore o lessata con la buccia integra mantiene un profilo nutrizionale molto simile a quello del tubero crudo. Quando invece la patata viene fritta, e anche qui bisogna distinguere se parliamo di patate in bastoncini o di chips sottili e croccanti, aumenta notevolmente il contenuto di grassi e l’apporto calorico del prodotto: inoltre con la forte riduzione del contenuto di acqua, che è appena del 3% nelle chips, si concentrano notevolmente i principali macronutrienti. Cento di grammi di patatine fritte da fast food hanno oltre 10 grammi di grassi e un apporto calorico di 160 kcal, il doppio, rispetto al prodotto di partenza. La situazione diventa drammatica con le chips, le classiche patatine fritte in sacchetto, che a causa della estesa superficie assorbono una rilevante quantità di grasso durante la cottura: per cento grammi di prodotto contengono oltre 35 grammi di grassi e un apporto calorico di 540 kcal, quasi otto volte quello di partenza! Quindi, patate al vapore, lessate con la buccia, al forno cotte intere, sono in effetti alimenti a scarsa densità calorica, mentre patatine fritte e chips sono invece da consumare in maniera occasionale e in piccole quantità.
Le patate sono ricche di vitamina C, efficace nel limitare i danni causati dai radicali liberi, molecole di ossigeno nocive per i tessuti organici. Inoltre, la presenza di potassio le rende un ottimo aiuto contro l’ipertensione. Impacchi con fette di patate sono utili anche nei casi di ustioni leggere, e la fecola può essere utilizzata per idratare la pelle secca. Le patate sono alimenti energetici e disinfiammanti dell’apparato digerente; favoriscono inoltre la formazione e l’espulsione di feci abbondanti e morbide e sono utile in presenza di emorroidi, in caso di gastriti, di ulcere dello stomaco e del duodeno, di coliti, specialmente se ulcerose. Le patate sono ricche di carboidrati complessi, dunque indicate per chi soffre di diabete. I carboidrati complessi infatti devono essere scomposti in zuccheri semplici prima di essere assorbiti, il che significa che entrano in circolazione in maniera graduale, contribuendo a una maggiore stabilità della glicemia. Le patate danno un forte senso di sazietà e perciò aiutano a controllare la fame e a perdere peso.
In conclusione, alle patate vengono attribuite proprietà energetiche, protettive sulla mucosa gastrica, diuretiche ed emollienti. Il succo di patata è un concentrato di tutti i suoi principi attivi ma, prima di estrarlo dal tubero, bisogna valutare accuratamente lo stato conservativo della materia prima. Le patate mal conservate e ricche di germogli contengono grosse concentrazioni di solanina; questa è concentrata nella buccia, per cui pelando le patate si ottiene una riduzione drastica dell’alcaloide inizialmente presente; la cottura poi determina un’ulteriore diminuzione (circa il 50%) della solanina totale. A tal proposito è utile conservare i tuberi in locali non illuminati eliminando periodicamente i germogli che tendono a formarsi in superficie.